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Autore: Alexiel Mihawk    18/12/2010    4 recensioni
Spesso si era chiesto se ne valesse la pena, ma la risposta a quella domanda era sempre la stessa.
Kalos kai Agathos.
Se non siamo noi a lottare, a proteggere, a pensare, a costruire allora chi?
Ulisse era stanco, stanco e stufo di quella guerra che si protendeva da oramai dieci anni. E per cosa? Per il controllo economico sull’Egeo? Per una donna? Per lo stretto sul Mar Nero?
Genere: Guerra, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Giuditta.
Perché lei è.
Non mi sono dimenticata di te tesoro, non potrei mai.
Questa è per te, perché io ti sono vicina anche se non ci sono.
Buon Compleanno




Kalos kai agathos.  
Il vero carattere di un grande uomo. – Vivekananda

 






Spesso si era chiesto se ne valesse la pena, ma la risposta a quella domanda era sempre la stessa.

Kalos kai agathos.
Se non siamo noi a lottare, a proteggere, a pensare, a costruire allora chi?
Ulisse era stanco, stanco e stufo di quella guerra che si protendeva da oramai dieci anni. E per cosa? Per il controllo economico sull’Egeo? Per una donna? Per lo stretto sul Mar Nero?
No, niente giustificava tutto il sangue che aveva visto in quegli anni, tutte le vite che aveva veduto spezzarsi, i giovani che aveva guardato perire.
Tuttavia era stanco di quella situazione di stallo. Erano ormai mesi che si trovavano a guardarsi negli occhi; tre volte era andato a parlare con i Troiani sperando di riuscire a trovare un accordo e tre volte aveva fallito, a quel punto anche una battaglia all’ultimo sangue sarebbe stata ben accetta.
Villici, Barbari, così li chiamava Agamennone, ma Ulisse non lo giudicava meglio di loro. Certo, il grande Re era anche un gran guerriero, ma tra loro non era sicuramente il migliore, nonostante fosse il più arrogante, e lui quell’arroganza era arrivato a non sopportarla più.
Persino Achille era arrivato a volerlo soffocare nel sonno (anche se soffocare era un eufemismo, considerando che l’Acheo avrebbe più volentieri trafitto mortalmente il suo discusso Re),  e molti gli avrebbero dato volentieri una mano.
Ma Ulisse era un guerriero ed era consapevole che quei pensieri non erano consoni al suo status, non erano propri ad un uomo della sua levatura, eventuali attriti non avrebbero fatto altro che acuire le loro debolezze ed aumentare un eventuale vantaggio dei Troiani su un esercito oramai stanco e stremato.  Egli non avrebbe dovuto far altro che pregare Atena e pensare a qualche astuto ed ingegnoso trucco per sconfiggere il nemico.
Egli sapeva benissimo che essere un kalos kai agathos lo portava ad avere alcuni doveri (oltre che numerosi diritti) tra i quali governare (cosa così noiosa e ripetitiva di cui avrebbe volentieri fatto a meno) e guidare in battaglia i suoi soldati (che avrebbe decisamente preferito sapere a Itaca a bere dell’idromele sotto un ulivo ombroso), ma gli mancava sua moglie (non che in dieci anni non si fosse dedicato anche lui ad attività di un certo tipo con schiave e trofei di battaglia) che sapeva essere lontana, ad Itaca, insieme al padre oramai vecchio e ad un figlio di cui si era perso l’infanzia.
Per gli altri era stato più facile, molti non avevano famiglia, altri l’avevano sacrificata per poter partecipare ad un’insensata guerra (come quello stolto di Agamennone, sempre lui, che aveva avuto il coraggio di sacrificare la sua figlia prediletta ad Artemide), altri ancora non l’avrebbero mai avuta.
Era triste, pensò Ulisse dirigendosi alla guerra.
 







Note:
il contesto è quello di una guerra di troia (storicamente accertata per chi non lo sapesse) per ragioni economiche di supremazia sull'Egeo. Quindi i personaggi pregano gli Dei, ma le beghe se le risolvono da Soli, Ifigenia è morta, non è svolazzata via per l'aere per miracolo divino.


 
   
 
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