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Autore: JulieDashwood    19/12/2010    2 recensioni
In mezzo a moltissime altre provenienti da tutto il mondo, il mio occhio cadde proprio su quella apparentemente insignificante lettera. [...]
Con un groppo al cuore, lessi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Back To December

Era una fredda mattina di Dicembre, quando mi accorsi per caso della scrittura familiare di una lettera scarlatta.

In mezzo a moltissime altre provenienti da tutto il mondo, il mio occhio cadde proprio su quella apparentemente insignificante lettera.

<< Bill, non abbiamo molto tempo prima che arrivi il pullman per l’aeroporto. Già preparate le valigie? >> disse Tom aprendo la porta della stanza del fratello, senza neanche bussare.

<< Pronte. Leggo solo qualche lettera..>> dissi senza distogliere lo sguardo dalla lettera scarlatta.

<< Muoviti.>> disse secco Tom, e uscì dalla stanza.

Aprii la busta lentamente ed estrassi un foglio bianco qua e là macchiato d’inchiostro, scritto fittamente da una scrittura che ben conoscevo.

Con un groppo al cuore, lessi.

 

 

“ Odio gli addii.

Odio dover dare un ultimo saluto.

Perché, poi? Non ha alcun senso.

Non è meglio ricordarsi il volto di chi ti lascia sereno, senza smorfie di dolore che lo alterano, privo di tutte quelle lacrime che ne faranno sgorgare altre al solo rammentare.

Perciò ti ho lasciato andare quel giorno.

Non sono venuta di corsa all’aeroporto, con il viso rigato da lacrime, per salutarti.

Non ti ho abbracciato e poi baciato come in uno di quei film strappalacrime che tanto ti piacciono, no.. non ho fatto niente del genere. 

 

Se t’importa saperlo, sono restata a casa mia.

Quel giorno  c’era un cielo azzurro  come da giorni non si vedeva, ho spalancato le finestre e respirato l’aria del mattino.

Ho acceso la radio ed ho messo il cd che mi hai regalato per il mio compleanno, ho anche inserito nel lettore dvd l’ultimo film che avevamo guardato. 

Sono salita nella mia camera, ho indossato la felpa che hai dimenticato sul mio letto -  era asciutta -  ho respirato tutto il suo profumo.. il tuo profumo.

Mi sono messa sulle punte dei piedi ed ho tirato giù dallo scaffale il nostro album di foto, sono tornata nel soggiorno, mi sono distesa nel divano.

Ero circondata da te.

Ho preferito salutarti così, con le foto sorridenti e innamorate del nostro viaggio a Parigi, con l’odore che emanavi quando ti bagnavi con la pioggia, con la musica che componesti solo e soltanto per me, con quel film che ti faceva piangere come un bambino.

 

Ogni giorno che è passato da quella data - ancora cerchiata in rosso nella pagina del calendario di tre anni fa, ed ora attaccata sopra al mio letto - Ti ho guardato vivere nelle foto.

 

Ora però tutto è diventato insopportabile.

Il profumo piano piano è svanito dalla felpa, ora sa di lavanda, il profumo della mia stanza.

 Non mi ricorda più te.

Le foto, la musica, il film.. sono lentamente diventati una tortura.

Ogni volta che ascolto il tuo cd, mi chiedo quale altra musica avresti potuto comporre per me, se fossi rimasto.

Quando guardo il nostro film, penso a quali altri avrebbero potuto strapparti quelle lacrime e quali altri avrebbero potuto farti sorridere.

Quando sfoglio il nostro album, mi domando quante altre foto avremmo potuto fare in chissà quali posti.

Mi sto distruggendo con l’unico modo che avevo per vivere.

Dove sei?

Dove sei?

Dove sei?

Non lo capisci che ho bisogno di te?

Non lo capisci?

Salvami. 

 

 Per sempre irrimediabilmente incondizionatamente tua,

Juliet. ” 

 

Mi abbandonai tremante nel letto, senza riuscire a muovermi. La mia mente vagava nei ricordi.

Juliet..come avevo potuto credere che a lei non importasse nulla di me. Come avevo potuto permettere che il mio stupido orgoglio facesse trascorrere tutto questo tempo, per riportare alla mente il volto di colei che mi aveva insegnato ad amare.

Non l’ho più cercata, neanche provato ad ascoltare una delle numerosissime chiamate che mi faceva ogni giorno, durante i primi mesi di separazione.

 

<< Bill, non hai sentito le ultime tre telefonate che ti ho fatto? Il pullman è già sotto. >> disse Tom entrando in camera nello stesso modo di prima.

Non risposi, a dire il vero non avevo neanche voglia di rispondergli.

All’improvviso scattai in piedi.

<< Tom, passami quella busta lì. >> dissi tremando.

Tom me la consegnò.

Lessi l’indirizzo, poi guardai Tom negli occhi. << Andrete al meet senza di me, mi dispiace. >>

Tom si alterò. << COSA, COME..? Non puoi pretendere questo…perché mai poi??!! >>

Infilai il cappotto di fretta. << Leggi la lettera, devi capire. >> Uscii.

Avevo un po’ di soldi in tasca, non doveva costare molto un biglietto per il treno.

Lei era così vicina, a pochissime ore da dove mi trovavo, e aveva bisogno di me.

 

Arrivato alla stazione attesi impazientemente la chiamata per il mio treno.

<< Il treno diretto alla stazione di Berna sta arrivando al binario 9.>> disse una voce meccanica, ma che infiammò il mio cuore.

Corsi al binario, salii nel treno.

Non m’importava dei continui flash diretti verso il mio volto, la mia mente era assente.

Una ragazzina si avvicinò timidamente verso di me, mi disse il suo nome, mi diede una penna e un quaderno. Senza pensarci scrissi “ Juliet ”, ma una volta resomi conto di ciò, cancellai e scrissi “ A  Greta, con affetto, Bill Kauliz.”

 

Finalmente arrivò la mia fermata. Misi gli occhiali da sole che, per fortuna, avevo lasciato nella tasca del cappotto, e mi coprii il volto con una grossa sciarpa.

Poi adocchiai un ragazzo dall’aria distinta.

<< Scusa..>> dissi tossendo e cercando di camuffare la voce. << Sai indicarmi questa…>> indicai l’indirizzo nella busta << ..via? >>

Il ragazzo mi spiegò che non era molto lontano dalla stazione, mi scrisse le indicazioni su un angolino della busta e si congedò cordialmente.

Corsi verso l’appartamento di Juliet. Era quasi sera quando arrivai.

Suonai al citofono, trepidante all’idea di risentire la sua voce, ma non fu così.

<< Si? >> disse una voce sconosciuta. << Chi è? >>

<< Juliet? >> dissi tremante. << S-sono Bill… >>

<< Juliet ci ha lasciato >> disse la voce freddamente.

 

Mi sentii morire.

 

Poi la voce parlò di nuovo. <<… si è trasferita nell’altro isolato. Sei un suo amico? >>

Asciugai le lacrime e quasi risi al pensiero del grosso spavento preso. << S-si.. ecco… potresti darmi il suo nuovo indirizzo? >>

<< Sapessi un po’ più di te..dimmi almeno il tuo cognome >> disse la voce con un tono di malizia.

Sbuffai. << Sono Bill Kaulitz, un vecchio amico di Juliet. >>

La voce rise.

<< ..ed io sono Demi Moore. Comunque, Juli sta per arrivare, deve prendere gli ultimi scatoloni. >>

<< Grazie. >> dissi senza far caso al suo sarcasmo, e mi misi in un angolino seduto vicino al cancelletto.

Aspettai per più di un’ora, cominciava a esserci davvero freddo e iniziai a perdere le speranze di vedere la mia Juliet.

 

Ad un tratto, però, vidi i fari di una macchina; il cuore mi balzò in gola.

Vidi scendere una figura snella che rigirava tra le mani delle chiavi, provocando un tintinnio.

 

Mi alzai e camminai lentamente verso la figura. Quando fui abbastanza vicino alla luce, la vidi.

I capelli raccolti in una coda, più lunghi dell’ultima volta che l’avevo vista.

Delle occhiaie le contornavano gli occhi, ma non riuscivano tuttavia ad imbruttirla, era di una bellezza senza pari.

Juliet si accorse di me, ma non riuscì a capire chi fossi. << Ehi, chi sei? >>

La sua voce seppure stanca risultava sempre melodiosa.

Andai sotto la luce dei fari della macchina e mi vide.

<< B-BILL! >> urlò lei ansimando. La strinsi a me.

<< Juliet..>> dissi senza trattenere le lacrime. << Perdonami anche se non lo merito. >>

Lei mi posò un dito sulle labbra. << Sei venuto, sei venuto a salvarmi. Non ho nulla da perdonarti. >>  E mi baciò.

<< non posso credere…tu sei qui…>> disse Juliet piangendo.

La strinsi più forte.

<< Sono qui, e ti giuro sulla mia stessa vita che mai più me ne andrò. >> dissi asciugando le sue lacrime.

Juliet si avvicinò ancora di più a me, potevo sentire il suo cuore battere nel mio petto.

Passai le mie dita tra i suoi morbidi capelli, e lei ricominciò a baciarmi, scatenando in me tutto l’amore represso in quei tre anni.

<< Ti amo >> disse lei dolcemente.

<< Ti amo >> risposi con la voce tremante dall’emozione. 

 

Dal cielo cominciò a scendere dolcemente la neve, ma non sentivamo freddo.

Fintantoché eravamo uno stretto all’altro, il calore che il nostro amore ci dava, bastava.    

 

  
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