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Autore: michi_isbell_    19/12/2010    0 recensioni
Si sentiva come un vuoto dentro, difficile da riempire, se non con l'unica cosa che lo rendeva vivo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maledette quelle scale, cigolavano, come al solito.

Erano due anni ormai che mandavano fuori quello scricchiolio quando qualcuno ci camminava sopra, eppure non si era ancora abituato e ogni volta prendeva un tale spavento che lo tramortiva.

Lui, un gran duro fuori, un fifone dentro.

Temeva più di ogni altra cosa il buio, perchè il vuoto prodotto dall'oscurità lo portava ad immaginare che lì prendessero forma tutte le cose più brutte del mondo, a sua insaputa.

Da piccolo aveva sempre tenuto una lucina accesa sul comodino durante la notte, ora la sua stanza pullulava di candele, che appena calava il buio, accendeva con cura, per creare la giusta atmosfera rassicurante.

Eppure il buio ormai era il suo mondo, nonostante la sua paura.

Le notti lui prendeva vita, dopotutto era un musicista, un cantautore, e i suoi concerti si svolgevano sempre di notte, e la cosa non gli era mai dispiaciuta.

La notte, quando suonava, diventava meno paurosa e si sentiva veramente sollevato.

Con la sua chitarra fra le mani, il microfono davanti, e la sciarpa al collo si sentiva fortissimo, capace di sollevare il mondo con un dito.

Quella notte era appena rientrato da un concerto di beneficenza e si sentiva veramente in pace con sè stesso, per aver svolto al meglio il suo lavoro anche stavolta.

La sua Michelle in spalla, era entrato nella casa buia e a tentoni aveva trovato l'interruttore della luce e aveva fatto scomparire le sue paure, chiudendosi dietro la porta.

Ancora un po' annebbiato dall'alcool -ultimamente beveva spesso e volentieri- si buttò sul divano di pelle nera, sfinito, cercando di fare meno rumore possibile.

Chiuse gli occhi quell'attimo che bastò per sistemarsi la vista un po' appannata, e contemplò la sua Eko appoggiata al muro.

Sì, le aveva dato un nome, Michelle, perchè lei era un po' come la sua ragazza: lo accompagnava ovunque, nel bene e nel male, e lui ne era gelosissimo.

E poi era pure meglio di una ragazza vera, infatti non aveva manie di shopping e condivideva sempre i suoi gusti musicali.

Gli scappò un sorriso ripensando a quando, a Natale di quattro anni prima, aveva trovato sotto l'albero quello strano pacco a forma di "albero rovesciato", e all'emozione che aveva provato la prima volta che aveva pizzicato quelle corde, e il suo primo concerto.

Si alzò di scatto, dopotutto non poteva dormire di sotto, la luce costa e soprattutto il gatto non gradiva.

Sembrava alquanto irritato dalla presenza del padrone che si era impossessato abusivamente del suo giaciglio.

Barcollando raggiunse le scale e ci cascò di nuovo. Il primo scalino buttò fuori un cigolio talmente acuto che perfino il gatto saltò in aria per lo spavento. Lui fece lo stesso e dopo aver lanciato mille maledizioni allo scalino proseguì con più calma, aggrappandosi ai muri a fianco della stretta scala a chiocciola.

Per fortuna si era riproposto che non avrebbe più bevuto. Ma quel testone del batterista aveva tanto insistito per un drink tutti assieme che poi si sa, uno tira l'altro. Ed ora era di nuovo piacevolmente ubriaco.

Giunto in cima alle scale, imboccò il corridoietto a destra, e si infilò in camera sua, dopo aver sbirciato nella camera del fratello per assicurarsi che fosse tutto a posto.

Pazzesco. Lui, il fratello minore, che doveva badare al fratello maggiore.

Sì, aveva avuto qualche problema ultimamente, problemi mentali dicevano, ma per lui era soltanto un modo per farsi notare.

Accertatosi che suo fratello era fosse nel suo letto, entrò nella sua stanza e dopo essersi barricato dentro a chiave, accese tutte le candele e corse in bagno, dove buttò fuori tutto quello che aveva bevuto, trattenendo a forza dentro di sè l'anima.

Quando ebbe finito, alzò lo sguardo e tirandosi la pelle del viso verso il basso con le mani, si osservò nello specchio. Gli occhi lucidi, il volto esangue, le borse nere sotto i meravigliosi occhi azzurro cielo e i lunghi capelli mossi a contorno. Era lui quello?

Gli mancava qualcosa ultimamente, qualcosa di vitale. La sua esistenza da mesi si basava su concerti, prove, alcool e sonno. Del resto gli piaceva quella vita spensierata, se l'era cercata.

Ma si stava riducendo una straccio. Dal suo sguardo non traspariva più nulla, e non era tanto convinto che fosse solo effetto dell'alcool, forse davvero non provava più niente.

Le sue canzoni, lo dicevano tutti, erano piene di significato, ed emozionanti.

Ma appunto le sue canzoni, non lui.

Schizzò dell'acqua sullo specchio, in modo da distruggere il riflesso, e accendendosi una sigaretta si sedette sul davanzale della finestra, a guardare la luna, col fumo che gli bruciava i polmoni ma che, come tutte le cose che lo facevano star male fisicamente, gli facevano bene psicologicamente.

   
 
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