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Autore: bibabirba    23/12/2010    3 recensioni
Sabrina è una ragazza toscana come tante alla prese con le sue prime esperienze in ogni campo: amore, scuola, lavoro. Un'unica costante: il suo amore per un ragazzo romano, Antonio, conosciuto al mare di quattro anni più grande. La storia è quella di un amore acerbo che per entrambi i nostri protagonisti, pian piano si trasforma in qualcosa di più.
Sicuramente tutti avranno avuto la fortuna di vivere un amore "estivo", per così dire, nato nel luogo di vacanza, quindi costellato da picchi altissimi ma poi magari costretto a soccombere per la lontananza. A volte però, nonostante tutto sembri remare contro, alcune circostanze possono stravolgere tutto nuovamente specialmente se si è convinti che il primo amore non si scorda mai.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutte!
Mi presento, mi chiamo Sabrina ed ho trent'anni.
Generalmente non frequento questo fandom del sito perchè scrivo nella sezione Twilight Cast (queste sono le mie storie per chi fosse interessato: Improvvisamente tu e Sette giorni
), ma dato che era da un pò che questa storia, in parte ispirata alla mia esperienza personale, mi girava per la testa, ho provato a buttarla giù!
Non so cosa ne è uscito fuori e se vale la pena di portarla avanti. Mi affido a voi e ai vostri pareri.
Grazie mille in anticipo a tutte e buona lettura!



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Capitolo 1. Primo incontro


Apro la porta del mio nuovo appartamento in una città sconosciuta che condividerò con persone, al momento, sconosciute.
A trent'anni non avrei mai creduto di ritrovarmi in una situazione del genere. Ho accettato questo lavoro per una finanziaria che però mi ha portato via dalla mia città natale e dalla mia bella Toscana, per approdare alla capitale.
Ho fatto il concorso quasi per caso, non credevo di farcela. Quando è arrivata la notizia con la destinazione però, i miei genitori sono rimasti basiti. Non credevano che avrei accettato, pensavano che non avrei mai trovato il coraggio di mollare tutto e andarmene. Invece li ho stupiti e, sinceramente ho stupito anche me stessa ma si sono ripetuta in più di un'occasione che era la mia grande occasione e che non potevo non provarci.
E' stata dura trovare un appartamento in città che non costasse un occhio della testa, ma fortunatamente le vecchie amicizie coltivate in tanti anni, in questo caso in particolare, hanno dato i loro frutti. Devo ringraziare una sola persona per questa casa: Silvia.
E' stata lei a trovarla. Ha la mia età e ci conosciamo da quando avevamo quattordici anni. Ci siamo sempre mantenute in contatto nonostante lei abitasse a Roma ed io in un paesino vicino a Firenze. Ci siamo conosciute al mare, in campeggio, dove sono sempre andata in vacanza con i miei genitori da quando sono nata: a dir la verità non ho ricordi di aver passato vacanze altrove con loro. Non mi è mai dispiaciuto però, mi ero fatta le mie amicizie e quindi il divertimento, non è mai mancato.
Quando ho chiamato Silvia per dirle che mi sarei trasferita a Roma, è impazzita dalla gioia e si è subito prodigata affinchè trovassi una sistemazione decente. Alla fine mi ha trovato questo appartamentino, in zona Eur e non molto distante dalla finanziaria nella quale devo iniziare a lavorare, da condividere con altre due persone: Alessio, suo cugino, studente universitario anche lui toscano, e Federica anche lei studentessa e originaria di Pesaro. Queste sono le uniche informazioni che ho delle persone con le quali condividerò la casa per i prossimi sei mesi almeno. Il contratto che mi è stato offerto ha quella durata, rinnovabile certo, ma non si sa se, eventualmente, sarà confermata la destinazione Roma, oppure no. Lavoro moderno.
- Ciao! - Sento strillare da una voce femminile da dietro una porta.
- Ciao. - Rispondo.
Si affaccia una ragazza carina e con un gran sorrisone. - Io sono Fede, tu devi essere Sabrina giusto? - Dice avvicinandosi.
- Già. Piacere di conoscerti. - Le porgo la mano e lei la stringe caldamente e poi mi trascina con se continuando a parlare.
- Allora, questo è l'ingresso, quella è la cucina, quello è il salotto, questa è la mia stanza, quella di Alessio, il bagno e questa è la tua! - Esclama indicandomi una porta dopo l'altra e fermandosi davanti ad una bianca, diversa dalle altre.
- Sistemati pure. Hai bisogno di una mano con le valigie? - Chiede. Ma io sono un pò frastornata e non rispondo subito. Il mio sguardo è stato catturato da quella che ha definito la mia stanza. E' piccola ma c'è un letto matrimoniale, un armadio grande, un cassettone ed una scrivania. Non me l'aspettavo così spaziosa, credevo che avrei dovuto starmene in una specie di sgabuzzino.
- Ehi! Ci sei? - Mi domanda sventolandomi una mano sulla faccia per farmi distogliere lo sguardo.
- Si scusa. Mi ero incantata. Non credevo.... non me l'aspettavo....così.... grande ecco! - Dico trovando le parole.
- Si effettivamente ci siamo sistemati bene. La ragazza che l'occupava prima, si è laureata ed è tornata a casa poco più di dieci giorni fa. Quando Silvia ci ha detto di aver trovato un altro inquilino per condividere nuovamente le spese, io e Alessio siamo stati felicissimi. Soprattutto perchè lei ha garantito per te. Non mi andava di mettermi un altro estraneo in casa.... -
- Bè, comunque non ci conosciamo.... - Dico stringendomi nelle spalle.
- Silvia ci ha parlato tanto di te e anche..... - Si ferma dubbiosa se proseguire oppure no.
- Anche? - Chiedo invitandola a continuare.
- Antonio. - Risponde girandosi dall'altra parte e facendo per andarsene. Istintivamente la blocco prendendola per un braccio.
- Antonio? - Quasi urlo. L'ultimo nome che avrei voluto sentire, o anche il primo, dipende dai punti di vista.
- Antonio il fratello di Silvia e cugino di Alessio. Lui. - Risponde togliendo la mano dal braccio che avevo afferrato per farla fermare.
- E' qui? - Domanda stupida.
- Come è qui? - Appunto.
- Cioè abita ancora a Roma? -
- Certo, viene spesso qua, esce con Alessio. - Risponde con fare ovvio.
- Oddio! - Dico buttandomi a sedere sul letto.
- Qualche problema con lui? - Domanda.
- Più o meno. E' una storia lunga e complicata. -
- Se hai voglia di parlarne..... - Scuoto la testa. Devo riprendermi dallo shock.
- Come vuoi, allora ti lascio sistemare, se hai bisogno sono di la. - Detto questo scompare dalla mia vista lasciando libero sfogo alla mia mente di affacciarsi sui ricordi.

Era l'estate del 1994, avevo quattordici anni. Era l'estate del primo importante cambiamento: avrei iniziato le superiori a settembre. Come ogni anno, ero in campeggio con i miei genitori, era una consuetudine trascorre le vacanze estive lì, nel solito campeggio che ormai loro frequentavano già da vent'anni.
Le vecchie amiche che avevo fino all'anno prima, avevano deciso di non venire quell'anno al mare, o almeno, non nel solito campeggio ed io ero un pò triste proprio perchè, conoscendomi, ci avrei impiegato un pò prima di rifarmi una compagnia. Non che non fossi un tipo socievole, semplicemente non ero tipo da primo passo nella conoscenza.
Poi, una ragazzina bionda e smilza, mi si avvicinò una mattina di metà luglio sulla spiaggia, chiedendomi se mi andava di giocare a beach volley con lei ed altri ragazzi. Giocavo a pallavolo già da quattro anni ed ero anche bravina, già che ero il capitano della squadra, quindi colsi l'occasione al volo.
Ci presentammo e, dopo aver chiesto il permesso ai miei genitori, seguii Silvia alla volta del campo da beach.
Mi fu subito simpatica soprattutto perchè tentò immediatamente di mettermi a mio agio. E poi, quel suo accento romano, mi stava già troppo simpatico. Quando arrivammo al campo, poco distante dalla spiaggia dove ero fino a poco fa con i miei, lo vidi. Bello come il sole, moro, occhi verdi e fisico appena un pò palestrato. Rimasi incantata a guardarlo mentre Silvia mi elencava tutti i nomi delle persone che erano lì in attesa di iniziare a giocare. Quando arrivò il suo turno, scoprii che era il fratello di Silvia e che si chiamava Antonio.
- Sai giocare? - Mi chiese.
- Direi di si, gioco in una squadra a casa. - Risposi imbarazzatissima e con una voce resa leggermente stridula dall'emozione. Non avevo alcuna esperienza con i ragazzi. O meglio, avevo avuto qualche corteggiatore, ma non ero mai stata interessata. Certo c'era stato qualche ragazzo che mi piaceva ma, sfortunatamente per me, a nessuno di loro piacevo io. Erano sempre interessati a Lorenza, la più formosa della scuola ma anche mia amica da quando eravamo piccole.
- Allora lei gioca con me! - Esclamò contento e prendendomi per un braccio attirandomi dietro di se.
- Giochiamo a coppie? - Domandai notando che in tutto eravamo in quattro.
- Si due contro due. Volevamo fare maschi contro femmine ma poi sarebbe durata troppo poco. -
- Come volete. - Lui mi guardò un attimo pensieroso.
- Ti consiglio di spogliarti però, altrimenti ti resterà il segno. - Mi guardai capendo immediatamente a cosa si riferisse. Indossavo dei pantaloncini sotto al ginocchio e una t-shirt larga sopra che arrivava fin sotto il sedere. Avrei avuto una perfetta abbronzatura da muratore se non mi fossi spogliata.
- Certo si. - Risposi mentre mi sfilavo la maglia e i pantaloni. La fortuna era dalla mia perchè, quella mattina, avevo scelto il mio costume preferito e che, secondo me, mi stava meglio. Era un semplice bikini a triangolo nero, ma mi ci sentivo a mio agio perchè le mutandine erano a vita bassa ma non molto scosciate e poi, conteneva abbastanza bene il mio seno che, specialmente nell'ultimo periodo, aveva subito una notevole, quanto gradita, trasformazione, facendomi passare in poco tempo da una seconda scarza ad una terza abbondante. I poteri della crescita!
Antonio mi osservò da capo a piedi e con un ghigno che non lasciava presagire niente di buono, commentò la mia mise.
- Carino! Non credevo che ci fosse tutta questa mercanzia sotto! -
Inutile dire che io avvampai e mi stampai un sorrisino ebete sulla faccia.
- Non me la fare scappare subito, scemo! - Silvia arrivò in mia difesa.
- E che ho detto? - Chiese Antonio alzando le mani in segno di resa.
- Non ci fare caso, è un orco a volte ma devo sopportarlo, è mio fratello! - Mi consolò Silvia.
- Tranquilla, è tutto a posto. Ma quanti anni ha? - Domandai notando che lui si era allontanato un attimo e non poteva sentirci, ero curiosa di sapere se sarebbe potuto essere alla mia portata.
- Diciotto ma ne dimostra tre di cervello! - Come non detto. Era maggiorenne e non mi avrebbe mai degnato neanche più di tanto della sua presenza figuriamoci quello a cui avevo ambito dal primo momento che lo avevo visto.
- Giochiamo? Tocca a noi! - Antonio venne a prendermi ed iniziammo la partita.
Mentre giocavamo avevo avuto l'occasione di guardalo ancora più da vicino. Era veramente carino, quei boxer neri con il classico arcobaleno nel sedere poi, gli stavano benissimo. Il petto aveva un piccolo accenno di peluria e i muscoli erano ben delineati ma non abbondanti. L'abbronzatura era già ben presente, o forse semplicemente aveva un colorito olivastro. I suoi tratti erano dolci e decisi allo stesso tempo e i suoi occhi sarebbero diventati la mia ossessione, ma quel giorno ancora non sapevo quanto mi avrebbero perseguitato, quindi lo passai ad osservarli per cogliere ogni sfumatura di colore possibile. Erano di un verde dorato assolutamente unico.
Lui era entusiasta del mio gioco, infatti vincemmo tutte le partite.
- La prossima volta cambiamo le squadre. - Si lamentò Fabio, amico di Antonio e in squadra con Silvia. Lei era una vera schiappa ma ci metteva tanta volontà.
- Potremo fare maschi contro femmine. - Proposi.
- Ma sei impazzita? - Urlò Silvia. - Hai visto come gioco, ti farei impazzire.... - Vidi comparire due sorrisini felici sulle facce del duo maschile.
- Ho visto come giochi, certo. - Risposi io convinta. Adoravo le sfide e comunque almeno, avrei avuto di nuovo la possibilità di rivedere Antonio se fossi riuscita ad organizzare una nuova partita. Anche se non avevo possibilità con lui, la mia vista ne avrebbe giovato senz'altro.
- Allora domani stessa ora? - Chiese Fabio.
- Certo. - Risposi. Silvia scosse la testa sconsolata ma gli feci cenno di stare tranquilla, credevo nelle sue potenzialità e poi
avevo già una tattica in mente: infondo era alta, bastava solamente insegnargli a saltare al momento opportuno per fare il muro. 
- Stasera che fai? - Mi domandò poi Silvia.
- Niente, perchè? -
- Noi avremo organizzato un falò. Ti andrebbe di venire? Passo a prenderti io alle nove. -
- Perchè no! - Riposi contenta. - Devo solo chiedere ai miei. - Antonio mi guardò nuovamente in maniera strana. Non sapevo neanche se interpretare quello sguardo in maniera positiva o negativa. Ero comunque felice, conscia di aver quantomeno attirato la sua attenzione. I miei ormoni da quattordicenne, che ancora non aveva dato neanche il primo bacio, si stavano prodigando in una danza al pensiero che avrei potuto passare la serata con loro, in particolare ero contenta di poter godere della presenza di Antonio naturalmente.
Mi preparai tutta felice e emozionata indossando un paio di jeans, una maglia nera aderente che lasciava la schiena scoperta e le mie affezionatissime Converse nere. Fortunatamente i miei non mi crearono alcun problema, anzi, erano contenti che mi fossi rifatta subito delle amicizie.
Silvia passò a prendermi puntuale e insieme ci dirigemmo verso la spiaggia dove gli altri, usufruendo delle ultime luci del giorno, stavano preparando tutto l'occorrente per il falò.
- Vedrai ci divertiremo.. - Mi disse tutta sorridente.
- Chi c'è stasera? - Volevo avere la conferma che almeno lui ci sarebbe stato.
- Noi, mio fratello, Fabio, Claudia e Simone. -
- Claudia e Simone non li conosco giusto? Cioè non erano con noi oggi pomeriggio. - Dato che avevo fatto la domanda per sapere se continuare a sentirmi su di giri o no e non volevo che lei se ne rendesse conto, dovevo dimostrarmi interressata il più possibile anche agli altri componenti del gruppo.
- No. Loro oggi erano in barca, sono fratelli come me e Antonio, anche loro romani. Vedessi quant'è carino Simone.... -
- Ho capito, è off-limits! - Dissi ridendo.
- Hai capito l'antifona! - Rispose lei su di giri.
Quando arrivammo nel luogo adibito a falò, avevano praticamente finito di sistemare tutto: c'erano due legni grandi, che molto probabilmente sarebbero serviti da appoggio o da panchina, attorno a delle pietre sistemate circolarmente con dei pezzi di legno e delle pigne sistemate all'interno.
- Alla buon ora! E' già tutto pronto e voi non avete fatto niente! - Esclamò contrariato Fabio.
Silvia si limilitò a fargli linguaccia e a sussurrarmi di non farci troppo caso perchè voleva solo farsi notare.
- Loro sono Claudia e Simone. - Disse indicandomi una ragazza bionda e con gli occhi chiarissimi che sembrava tanto tedesca invece che italiana, ed un ragazzo biondo anche lui con gli occhi chiari.
- Ciao Sabrina. - Mi presentai.
- Tu sei l'asso della pallavolo. - Commentò Simone. Io abbassai lo sguardo imbarazzata. - Me l'ha detto Antonio prima, dice che sei davvero brava nonostante la tua altezza..... - A quel commento le mie antenne da ragazzina indispettita, subito si alzarono e captarono quelle parole dandogli un significato molto dispregiativo.
- Anche se sono alta solo 167 centimetri, alla rete ci arrivo e anche bene, per cui mi accontento! - Risposi un pò stizzita. I commenti sulla mia altezza mi avevano da sempre infastidita, certo fosse dipeso da me mi sarei fatta sicuramente più alta. E poi pensare che comunque Antonio l'aveva commentata, mi dava ancora più ai nervi. - E comunque, poi non è che anche lui sia una cima, mi pare! - Esclamai con una punta di acidità.
- No certo, però almeno al metro e settantotto ci arrivo....e anche alla rete! - Intervenne Antonio con il solito sorrisino idiota che aveva assunto quel pomeriggio quando mi aveva vista in costume.
- Ahahaha divertente. - Continuai.
- Ok ragazzi sediamoci che io inizio a suonare qualcosa. - Si intromise Simone prendendo la sua chitarra per spezzare quell'aria un pò elettrica che si era venuta a creare.
Silvia andò a sedersi immediatamente vicino a lui mentre io mi ritrovai seduta tra Fabio e Antonio. Solo in quel momento, quando notai Claudia seduta vicino a Fabio, mi resi conto che eravamo in sei e quindi tre ipotetiche coppie. Simone iniziò a suonare La canzone del sole ed io cercai di non farmi sopraffare dall'emozione, di ritrovarmi seduta vicino al primo ragazzo che aveva suscitato in me un vero interesse.
Mi resi conto che spesso mi guardava ma poi, come me, distoglieva subito lo sguardo.
La mia attenzione però, veniva continuamente messa alla prova da Fabio che, come una macchinetta, mi faceva domande a raffica.
Scoprii così che Antonio faceva il liceo scientifico e che aveva, come già mi aveva anticipato Silvia, diciotto anni; mentre Fabio, non ancora diciannovenne, aveva frequentato nuovamente il quarto anno di geometri dato che l'anno prima era bocciato e che abitava a Pisa.
Notavo quanto Claudia, l'altra ragazza romana e sorella di Simone, fosse interessata a tutti i discorsi che faceva Fabio.
Pensai immediatamente che a lei piacesse e quindi tentai in ogni modo di farla partecipare attivamente alla conversazione. Fabio era un tipo carino, biondo, occhi chiari, fisico asciutto, ma ormai i miei occhi avevano già deciso di farsi piacere una sola persona quella sera, quella stessa persona che, a distanza di anni, mi avrebbe distrutto più volte il cuore; ma questo ancora non potevo saperlo.
Fu così che riuscii finalmente a concentrarmi solo su Antonio.
Aveva lo sguardo fisso sulle fiamme che si levavano alte davanti a noi e sorseggiava una birra. Era seduto a terra con le gambe incrociate e ogni tanto alzava la testa al cielo e si perdeva a contemplare le stelle.
Anche quella sera mi feci incantare dalla sua bellezza: indossava una t-shirt bianca e un paio di jeans che facevano risaltare perfettamente il suo fisico.
Più di una volta mi scoprì mentre lo osservavo, facendosi comparire un sorrisino compiaciuto sul volto. Io, assolutamente imbarazzata e lievemente a disagio, distoglievo immediatamente lo sguardo.
Poi come se la cosa fosse normale, mi posò un braccio sulla spalle e si voltò a fissarmi.
- Quanti anni hai? - Mi chiese a bruciapelo.
In quel momento ringraziai tutti i Santi del Paradiso della scarsa luce, perchè mi sentii avvampare. Quel contatto, il suo contatto, aveva fatto incespicare più volte il mio cuore prima di fargli iniziare una corsa impazzita.
Mi costrinsi a non ditogliere lo sguardo e a parlare.
- Quattordici. - Risposi rendendomi conto solo in quel momento che avevo trattenuto il fiato.
Abbassò la testa sorridendo e tornò a fissare il fuoco.
Il suo braccio poggiato alle mie spalle però, mi stava facendo vivere dei momenti di pura elettricità. Mi sentivo lo stomaco chiudersi e fare le capriole. Non riuscivo a muovermi e soprattutto, non volevo farlo. Non sapevo il motivo per cui lui non togliesse il suo braccio dalle mie spalle e neanche mi interessava più di tanto. Ero troppo presa dall'emozione per farmi delle domande.
La sua aria da strafottente, che aveva tenuto anche tutto il pomeriggio, quella sera non riuscivo più a scorgerla. Vederlo così tormentato davanti al fuoco mi aumentò notevolmente lo stato d'ansia che già provavo.
Non ero mai stata in contatto con un ragazzo o almeno non in quel modo. Lui sembrava non rendersi assolutamente conto dello stato d'animo che mi aveva procurato, dato che non sembrava affatto intenzionato a spostarsi da quella posizione. Il problema però, o comunque quello che aveva iniziato ad infastidirmi dopo un pò, era che non sembrava neanche interessato ad intrattenere una conversazione, come se, il fatto che io avessi quattordici anni, fosse l'unica cosa che aveva voluto sapere da me.
- Tutto bene? - Feci quella domanda dopo aver trovato la forza e il coraggio non so ancora dove, prima di porgliela.
Lui mi fissò, sempre più vicino. Quando aprì bocca sentii il profumo del suo respiro avvolgermi: sigarette e birra.
- No. Tu? - Chiese vicinissimo alla mia bocca.
Annaspai in cerca d'aria e mi voltai immediatamente verso il fuoco. Neanche lo conoscevo e lui tentava di baciarmi. La cosa più sconvolgente però, fu che io non mi infuriai alzandomi e facendo chissà quale scenata. No, rimasi seduta rigida nella stessa posizione con il suo braccio sempre poggiato sulle mie spalle.
Come se la sua presenza non mi procurasse già abbastanza agitazione, si spostò ancora più vicino a me facendo scontrare i nostri bacini. Tornai ad osservarlo e lo trovai a fissarmi divertito.
- Che c'è? - Domandò sempre sorridendo. Quando rideva era, come se fosse stato possibile, ancora più bello e mi ritrovai ad ingoiare più volte a vuoto prima di rispondergli.
- Hai freddo? -
- No. - Rispose lui aggrottando le sopracciglia.
- Ti sei avvicinato, pensavo fosse per quello. - Dissi ben conscia di stare dicendo una cavolata bella e buona. Anche se non avevo esperienza, non ero tanto stupida da credere che mi stesse così vicino solo perchè sentiva freddo. Volevo però tentare di metterlo in difficoltà in qualche modo. Il fatto che lui si sentisse totalmente libero di comportarsi come voleva, un pò mi indisponeva.
- Ti do fastidio? - Ecco che con tre semplici parole, quella in difficoltà ero io. Cosa avrei dovuto rispondergli? Non volevo sembrare nè troppo interessata nè totalmente disinteressata.
- Non saprei. - Gli dissi infine.
- Cioè? - Chiese lui sempre più divertito dai miei atteggiamenti.
- Tu perchè lo fai? - Domandai cercando di non fargli capire quanto in realtà, fossi contenta di quella situazione.
- Mi piaci. Tu e la tua vicinanza. - Confessò ad un millimetro dal mio collo. Il leggero movimento d'aria che causarono le sue parole a distanza così ravvicinata da me, mi procurò dei brividi. Quella sua affermazione poi, contribuì notevolmente a farmi venire la pelle d'oca.
Rimasi impalata, quasi pietrificata non sapendo neanche cosa dire o fare.
- Rilassati. - Mi sussurrò ancora prima di far poggiare definitivamente le sua labbra sulla mia pelle. Quando lo fece, tutte le sensazioni che avevo provato pochi secondi prima, mi sembrarono insiginificanti per l'uragano che si stava scatenando dentro di me.
Non so quale oscura forza o spinta da chissà quale reminescenza di coscenza, mi fecero scansare da quel contatto tanto piacevole.
Mi spostai leggermente da lui che, evidentemente colto di sorpresa, per poco non rischiò di cadere con la faccia a terra.
Sfilò il suo braccio dalle mie spalle e mentre tentava di non sembrare troppo stupito, parlò.
- Ok. Scusa. - Disse tornando ad osservare il fuoco come se niente fosse successo. - Ti va di parlare? - Aggiunse dopo un pò.
- Certo. - Risposi io, felice di quel suo cambio di rotta.
Desideravo ardentemente baciarlo o comunque anche solo toccarlo, ma prima volevo almeno conoscerlo un pò. I miei ormoni si lamentarono della mia scelta, mentre la mia coscenza esultava contenta non sapendo però, che così avrebbe decretato per molto tempo, la mia assoluta convinzione che nessuno sarebbe mai stato come lui.
Parlammo un sacco quella sera, e delle cose più disparate, senza sosta. Più lo conoscevo e più mi piaceva. Più parlava e più adoravo la sua voce. Più mi raccontava di sè e più desideravo sapere.
Mi raccontò della vita che faceva a Roma, di quello che avrebbe voluto fare una volta diplomato se la sua "carriera" calcistica glielo avrebbe permesso. Giocava in una squadra che militava in eccellenza e mi confidò che, proprio la prossima stagione, sarebbe stata molto importante per lui, perchè degli esaminatori sarebbero andati ad osservarlo. Non sembrava comunque molto interessato mentre ne parlava, appariva più lievemente costretto a farsi piacere la situazione. Come se non riguardasse la sua vita. Mi parlò dei suoi genitori e di quanto, particolarmente suo padre, desiderasse che sfondasse nel mondo del calcio. Fece anche un rapido accenno a quanto gli piacesse anche poter diventare, un giorno, un vigile del fuoco. Tutte cose che contribuirono, nel tempo, a rendermelo assolutamente unico.
Non provò più a baciarmi quella sera e mi accompagnò, insieme agli altri, fino alla mia tenda presentandosi ai miei genitori. Loro rimasero talmente incantati dal suo savoir faire, che, specialmente mia madre, non faceva altro che ridere compiaciuta guardandomi ogni cinque secondi.

Il ricordo di quei primi momenti trascorsi insieme, mi fa stringere il cuore.
Quando mi sono trasferita avevo pensato al fatto che comunque io e Antonio saremo stati nella stessa città, finalmente. Ma sapevo anche che ormai erano già passati quasi tre anni dal nostro ultimo incontro o contatto, e credevo comunque che avrei potuto scegliere se vederlo o no. Invece la mia cara e dolce amica Silvia, mi aveva giocato un brutto tiro.
Con questi pensieri afferro il cellulare componendo il suo numero.
- Sei già arrivata? - Mi risponde lei tutta contenta.
- Vieni. Immediatamente. Qui. - Le dico io agitatissima.
- C'è qualcosa con non va con la casa? - Mi chiede lei spiazzata dalla mia reazione.
- Quando pensavi di dirmi che tuo fratello è in città e che frequenta abitualmente questa casa a quanto dice Federica? - Sputo fuori acida.
- Ok, Sabry. Calmati e respira. Tra poco sono da te e comunque pensavo che lo sapessi che aveva ottenuto il trasferimento circa un mese fa. -
Sbuffo.
- Dai ti aspetto. - Dico dopo aver ritrovato un minimo di calma.
Riattacca il telefono ed io mi ritrovo a fissare la mia immagine allo specchio.
E adesso che faccio? Mi chiedo. So che non potrò in alcun modo evitare di vederlo e il solo pensiero mi fa di nuovo sanguinare il cuore.
Troppo volte gli ho permesso di ferirmi, troppo volte gli ho creduto, troppe volte ho pensato che sarei stata capace di vivere la mia vita indipendentemente da lui. Sarò costretta a frequentarlo e sono, putroppo, consapevole che inevitabilmente mi trascinerà nel turbine della passione.

   
 
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