A CaskaLangley: con un giorno di ritardo,
buon Natale <3 Non è per niente una fic natalizia, ma
ci sono
Heid e Ed.
Un abbraccio,
Alexiel.
Un ottimo inizio
Aveva il sapore del mare la pelle di Ed quel giorno. La mattinata
passata sulla spiaggia, a nuotare tra le onde dell’oceano,
l’aveva
emozionato come succede ai bambini quando cominciano a non temere
più
quella grande massa d’acqua e vi si tuffano come pesci, sordi
ai
richiami dei genitori. Ed aveva la capacità di emozionarsi
come un
bambino e di guardarlo come uno che non ha età. Gli
brillavano gli
occhi quando scopriva qualcosa di nuovo e cercava di coglierne ogni
dettaglio, senza accontentarsi di un “funziona
così perché sì,
guarda e basta.”; no, lui andava a fondo, cercava i motivi di
ogni
cosa e quando non li trovava metteva il muso, incrociava braccia e
gambe e guardava con un’espressione torva l’oggetto
di fronte a
sé. Poteva anche essere una persona e a Alfons era successo
parecchie volte di sorprendere Ed a fissarlo. Lo analizzava, cercava
di afferrare ogni soffio di vento che gli attraversava i capelli o
ogni battito di ciglia. Avrebbe potuto giurare di averlo visto
tentare di ascoltare il suo cuore mentre lo baciava, per capire
quanto aumentasse la velocità dei battiti.
“Sei salatissimo, Edward. Hai passato ore
nell’oceano.” mugugnò
Heiderich, baciandogli una guancia e stringendolo. Si stava proprio
stretti su quella piccola poltrona in due, Alfons sotto e Ed sulle
sue cosce e con i piedi che ciondolavano dal bracciolo.
“C’era tanto da vedere. Il ritmo delle onde, per
esempio. O la
sabbia che si alza quando l’onda passa, quando cammino. E di
quanto
si alza l’acqua andando avanti, la marea, i punti in cui
è più
fredda e poi più calda...”
Alfons lo ascoltava parlare e tutta la passione che ci metteva lo
stordì un po’. Era sempre così: si
perdeva nella fame di
conoscenza di Ed e sapeva di non poterlo nutrire fino in fondo, che
Ed non era il tipo di persona da farsi bastare l’amore. Certe
volte
sentiva come un peso sul cuore per quella consapevolezza, come se il
fatto che lui non fosse sufficiente a renderlo felice fosse colpa
sua, ma poi Ed tornava a casa. Lo guardava entrare dalla porta,
levarsi le scarpe all’ingresso e spiare ogni espressione di
quel
volto meraviglioso. Aspettava quasi con trepidazione che Ed alzasse
gli occhi e gli rivolgesse un sorriso, oppure un’espressione
triste
che chiedeva solo un “Vieni qui, ho fatto la cioccolata
calda” e
poi fiumi di parole solo per le sue orecchie affamate di lui.
Edward non era facile da consolare, non sapeva come tirargli fuori le
tenebre dal cuore, ma era semplice provare, perché i suoi
occhi
caldi ma così affilati sussurravano preghiere talmente
intense che
Alfons non era certo che Ed ne fosse sempre consapevole. Sapeva bene
che Ed avrebbe voluto fare tutto da solo, essere sufficiente a se
stesso quando era in difficoltà, ma capitava che quella
forza che
cercava di infondersi lo sopraffacesse, e finiva per piangerla dagli
occhi, come laghi invisibili.
“Domani vieni anche tu in acqua. Diventa noioso dopo un
po’
nuotare da soli. E ho bisogno di qualcuno a cui spiegare ciò
che
vedo, noto e penso.” disse Ed, dando libero sfogo al suo
contorto
romanticismo e lasciandogli un bacio sulle labbra, attento a non
spingerlo troppo contro lo schienale della poltrona. Alfons gliene fu
grato, poi rispose:
“Ho le spalle completamente bruciate, se venissi in spiaggia
sarebbe un suicidio.”
Il broncio di Ed era sempre adorabile, anche quando significava:
questa cosa non la voglio comprendere. Ed era raro.
Ma non poteva farci niente se Alfons aveva la pelle più
delicata di
tutta la Germania ed era stato talmente distratto da dimenticare la
crema solare per dedicarsi a qualcosa di più che a un
“bagno di
sole” durante un pomeriggio impietosamente soleggiato.
“Se mettessi una muta da sub?”
“A stento sopporto il cotone con queste bruciature.”
“E se ci andassimo di notte? La luna non brucia.”
Alfons alzò gli occhi al soffitto, sorridendo di fronte alla
testardaggine di Ed. Trovava sempre soluzioni, sempre. O pretendeva
di trovarne, anche quando sembravano impossibili e irrealizzabili.
Quella che aveva proposto, però, era piuttosto semplice.
“Il mare di notte... Suona pericoloso.”
meditò Alfons.
Ed gli poggiò una mano sul petto, mentre avvicinava il suo
viso al
proprio.
“Ti proteggo io, fifone.” lo baciò con
delicatezza, il sapore
del mare sulla lingua, sulle labbra, e la tentazione di sentire
quella sensazione dentro l’acqua, nella solitudine totale e
nel
buio, colpì Alfons come un’onda gigantesca. Ne fu
travolto tanto
che afferrò Ed per i fianchi, temendo di essere allontanato
da lui a
causa di quella potenza, e ricambiò il bacio con
più passione,
quasi cadendo dalla poltrona. Le labbra di Ed si piegarono in un
sorriso soddisfatto.
“Suona come un sì.”
Alfons gli mordicchiò il labbro inferiore e tentò
di controllarsi
mentre immaginava la bellezza di Ed nel buio, sfiorata solo dal
candore lunare. Così bello e così suo: gli
sembrava quasi ingiusto.
Poi pensò che il mondo non è mai giusto e tutto
andò a posto; la
sua ingiustizia gli sembrava facile da sopportare, anche con le
spalle ustionate, il peso di Ed sullo stomaco e le gambe
addormentate.
“Stanotte.” sussurrò Ed.
“Non ne hai avuto abbastanza di acqua, per oggi?”
“Cos’è che si dice delle cose
belle?” rifletté un istante
“Che non annoiano.”
Alfons sorrise e se lo portò ancora più vicino,
gemendo un po’
quando poggiò con troppa forza la schiena contro la poltrona.
“Allora mi avrai intorno per un bel po’.”
Per sempre, avrebbe voluto dire. Ma chissà perché
gli suonò troppo
sdolcinato ed era certo che Ed avrebbe iniziato a disquisire sulla
durata del “per sempre”, chiedendosi come potesse
esistere, se
qualcuno l’avesse vissuto. Poi si sarebbe corretto, dicendo
“se
qualcuno lo stia vivendo, se è per sempre non
finisce.” Dopo
ancora avrebbe scrollato le spalle per dire quanto fosse impossibile
che qualcosa non finisse mai.
Ma ad Alfons piaceva l’idea. Sì... forse
è così: è l’idea
delle cose che ci piace, ma quando troviamo qualcosa di concreto,
reale, corporeo, allora è diverso. Lì scatta
l’amore, qualcosa di
travolgente e immenso, incalcolabile e inestimabile. Non
c’è il
vuoto, ci sono castelli da costruire, stanze da riempire, passi da
compiere, respiri da catturare e ricordare, baci da custodire come
segreti, piacere da sprigionare come una tempesta che edifica e non
distrugge.
“Sono una persona difficile. Mi lamento, ho bisogno di un
sacco di
cose e potrei tradirti con una biblioteca.”
“Se tu mi permetterai di tradirti con un telescopio, allora,
potrò
accettare tutto il resto del pacchetto. Sai, sono paziente.”
disse
Alfons, le labbra vicine al collo di Ed e le braccia avvolte intorno
alla sua vita. Sentiva il sale sotto le mani.
“Bene,” sussurrò Ed, con un tono
soddisfatto “se sei disposto
a questo, sarà semplice tuffarsi in acque oscure, in una
notte di
luna piena.”
Cominciò a togliergli la maglia, sorridendo, e Alfons rise.
Edward
non sapeva che un “per sempre” poteva essere anche
un sorriso
così, uno di quelli che ti tengono sveglio di notte nella
speranza
di non vederli morire nella labile e umana memoria.
Ma gliel’avrebbe insegnato, piano piano. Per ora
lasciò che le
cose arrivassero da sole; e un tuffo nell’immenso oceano in
piena
notte gli sembrava un ottimo inizio.