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Autore: _Syn    26/12/2010    1 recensioni
Per CaskaLangley.
Ed aveva la capacità di emozionarsi come un bambino e di guardarlo come uno che non ha età.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphons Heiderich, Edward Elric
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A CaskaLangley: con un giorno di ritardo,
buon Natale <3 Non è per niente una fic natalizia, ma ci sono Heid e Ed.
Un abbraccio,

Alexiel.


Un ottimo inizio


Aveva il sapore del mare la pelle di Ed quel giorno. La mattinata passata sulla spiaggia, a nuotare tra le onde dell’oceano, l’aveva emozionato come succede ai bambini quando cominciano a non temere più quella grande massa d’acqua e vi si tuffano come pesci, sordi ai richiami dei genitori. Ed aveva la capacità di emozionarsi come un bambino e di guardarlo come uno che non ha età. Gli brillavano gli occhi quando scopriva qualcosa di nuovo e cercava di coglierne ogni dettaglio, senza accontentarsi di un “funziona così perché sì, guarda e basta.”; no, lui andava a fondo, cercava i motivi di ogni cosa e quando non li trovava metteva il muso, incrociava braccia e gambe e guardava con un’espressione torva l’oggetto di fronte a sé. Poteva anche essere una persona e a Alfons era successo parecchie volte di sorprendere Ed a fissarlo. Lo analizzava, cercava di afferrare ogni soffio di vento che gli attraversava i capelli o ogni battito di ciglia. Avrebbe potuto giurare di averlo visto tentare di ascoltare il suo cuore mentre lo baciava, per capire quanto aumentasse la velocità dei battiti.
“Sei salatissimo, Edward. Hai passato ore nell’oceano.” mugugnò Heiderich, baciandogli una guancia e stringendolo. Si stava proprio stretti su quella piccola poltrona in due, Alfons sotto e Ed sulle sue cosce e con i piedi che ciondolavano dal bracciolo.
“C’era tanto da vedere. Il ritmo delle onde, per esempio. O la sabbia che si alza quando l’onda passa, quando cammino. E di quanto si alza l’acqua andando avanti, la marea, i punti in cui è più fredda e poi più calda...”
Alfons lo ascoltava parlare e tutta la passione che ci metteva lo stordì un po’. Era sempre così: si perdeva nella fame di conoscenza di Ed e sapeva di non poterlo nutrire fino in fondo, che Ed non era il tipo di persona da farsi bastare l’amore. Certe volte sentiva come un peso sul cuore per quella consapevolezza, come se il fatto che lui non fosse sufficiente a renderlo felice fosse colpa sua, ma poi Ed tornava a casa. Lo guardava entrare dalla porta, levarsi le scarpe all’ingresso e spiare ogni espressione di quel volto meraviglioso. Aspettava quasi con trepidazione che Ed alzasse gli occhi e gli rivolgesse un sorriso, oppure un’espressione triste che chiedeva solo un “Vieni qui, ho fatto la cioccolata calda” e poi fiumi di parole solo per le sue orecchie affamate di lui.
Edward non era facile da consolare, non sapeva come tirargli fuori le tenebre dal cuore, ma era semplice provare, perché i suoi occhi caldi ma così affilati sussurravano preghiere talmente intense che Alfons non era certo che Ed ne fosse sempre consapevole. Sapeva bene che Ed avrebbe voluto fare tutto da solo, essere sufficiente a se stesso quando era in difficoltà, ma capitava che quella forza che cercava di infondersi lo sopraffacesse, e finiva per piangerla dagli occhi, come laghi invisibili.
“Domani vieni anche tu in acqua. Diventa noioso dopo un po’ nuotare da soli. E ho bisogno di qualcuno a cui spiegare ciò che vedo, noto e penso.” disse Ed, dando libero sfogo al suo contorto romanticismo e lasciandogli un bacio sulle labbra, attento a non spingerlo troppo contro lo schienale della poltrona. Alfons gliene fu grato, poi rispose:
“Ho le spalle completamente bruciate, se venissi in spiaggia sarebbe un suicidio.”
Il broncio di Ed era sempre adorabile, anche quando significava: questa cosa non la voglio comprendere. Ed era raro.
Ma non poteva farci niente se Alfons aveva la pelle più delicata di tutta la Germania ed era stato talmente distratto da dimenticare la crema solare per dedicarsi a qualcosa di più che a un “bagno di sole” durante un pomeriggio impietosamente soleggiato.
“Se mettessi una muta da sub?”
“A stento sopporto il cotone con queste bruciature.”
“E se ci andassimo di notte? La luna non brucia.”
Alfons alzò gli occhi al soffitto, sorridendo di fronte alla testardaggine di Ed. Trovava sempre soluzioni, sempre. O pretendeva di trovarne, anche quando sembravano impossibili e irrealizzabili. Quella che aveva proposto, però, era piuttosto semplice.
“Il mare di notte... Suona pericoloso.” meditò Alfons.
Ed gli poggiò una mano sul petto, mentre avvicinava il suo viso al proprio.
“Ti proteggo io, fifone.” lo baciò con delicatezza, il sapore del mare sulla lingua, sulle labbra, e la tentazione di sentire quella sensazione dentro l’acqua, nella solitudine totale e nel buio, colpì Alfons come un’onda gigantesca. Ne fu travolto tanto che afferrò Ed per i fianchi, temendo di essere allontanato da lui a causa di quella potenza, e ricambiò il bacio con più passione, quasi cadendo dalla poltrona. Le labbra di Ed si piegarono in un sorriso soddisfatto.
“Suona come un sì.”
Alfons gli mordicchiò il labbro inferiore e tentò di controllarsi mentre immaginava la bellezza di Ed nel buio, sfiorata solo dal candore lunare. Così bello e così suo: gli sembrava quasi ingiusto. Poi pensò che il mondo non è mai giusto e tutto andò a posto; la sua ingiustizia gli sembrava facile da sopportare, anche con le spalle ustionate, il peso di Ed sullo stomaco e le gambe addormentate.
“Stanotte.” sussurrò Ed.
“Non ne hai avuto abbastanza di acqua, per oggi?”
“Cos’è che si dice delle cose belle?” rifletté un istante “Che non annoiano.”
Alfons sorrise e se lo portò ancora più vicino, gemendo un po’ quando poggiò con troppa forza la schiena contro la poltrona.
“Allora mi avrai intorno per un bel po’.”
Per sempre, avrebbe voluto dire. Ma chissà perché gli suonò troppo sdolcinato ed era certo che Ed avrebbe iniziato a disquisire sulla durata del “per sempre”, chiedendosi come potesse esistere, se qualcuno l’avesse vissuto. Poi si sarebbe corretto, dicendo “se qualcuno lo stia vivendo, se è per sempre non finisce.” Dopo ancora avrebbe scrollato le spalle per dire quanto fosse impossibile che qualcosa non finisse mai.
Ma ad Alfons piaceva l’idea. Sì... forse è così: è l’idea delle cose che ci piace, ma quando troviamo qualcosa di concreto, reale, corporeo, allora è diverso. Lì scatta l’amore, qualcosa di travolgente e immenso, incalcolabile e inestimabile. Non c’è il vuoto, ci sono castelli da costruire, stanze da riempire, passi da compiere, respiri da catturare e ricordare, baci da custodire come segreti, piacere da sprigionare come una tempesta che edifica e non distrugge.
“Sono una persona difficile. Mi lamento, ho bisogno di un sacco di cose e potrei tradirti con una biblioteca.”
“Se tu mi permetterai di tradirti con un telescopio, allora, potrò accettare tutto il resto del pacchetto. Sai, sono paziente.” disse Alfons, le labbra vicine al collo di Ed e le braccia avvolte intorno alla sua vita. Sentiva il sale sotto le mani.
“Bene,” sussurrò Ed, con un tono soddisfatto “se sei disposto a questo, sarà semplice tuffarsi in acque oscure, in una notte di luna piena.”
Cominciò a togliergli la maglia, sorridendo, e Alfons rise. Edward non sapeva che un “per sempre” poteva essere anche un sorriso così, uno di quelli che ti tengono sveglio di notte nella speranza di non vederli morire nella labile e umana memoria.
Ma gliel’avrebbe insegnato, piano piano. Per ora lasciò che le cose arrivassero da sole; e un tuffo nell’immenso oceano in piena notte gli sembrava un ottimo inizio.

  
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