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Autore: OnceUponADream    26/12/2010    0 recensioni
Alice si è trasferita da sola a Roma per lavoro. Oggi è la Vigilia di Natale e lei si sente sola. Le manca la sua famiglia, ma soprattutto il suo migliore amico. Amico con cui non parla da sei mesi. Una moneta buttata nella fontana di Trevi esaudirà il suo piccolo desiderio?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccoli desideri alla Vigilia di Natale

È la vigilia di Natale. Rientro dal lavoro esausta. Sono le otto passate. Sono l’ultima arrivata quindi mi è stato chiesto di lavorare anche durante le feste, e siccome sono quasi tutti a casa il lavoro da fare è doppio. Come facevo a dire di no comunque? Mi sfilo le scarpe e cappotto e cammino nel piccolo ingresso senza accendere la luce. Vado in cucina e riempio un bicchiere d’acqua. Sento qualcosa accarezzarmi le gambe e abbasso lo sguardo intenerita: è Tigro, è il mio persiano di quattro mesi. Lo prendo in braccio iniziando ad accarezzarlo. Lui fa le fusa ma so cosa vuole in realtà: la sua cena. Sta facendo il ruffiano per intenerirmi e portarmi dalla sua parte. Lo faccio scendere e gli riempio la ciotola di croccantini. Gli faccio un’ultima carezza prima di tornare in soggiorno. Mi appoggio alla finestra guardando la città. Amo Roma. Veramente. L’adoro. Solo che non è casa mia. È la prima volta che passo Natale fuori casa. Sono abituata ad un Natale con la neve, ma qui di neve non ce n’è. Ma non è solo questo. È la vigilia di Natale e io sono sola. È la vigilia di Natale e non ho nessuno con cui passarla. In questo momento mi manca la mia famiglia. Passarlo senza di loro è strano. Mamma, papà, Paolo e Alessio…. Vorrei essere con loro in questo momento ma non posso. Ho scelto di venire a Roma per lavorare e questo fa parte delle conseguenze da sopportare. Mi asciugo una lacrima che sfugge al mio controllo mentre il telefono inizia a squillare, distogliendomi dai miei pensieri lugubri.
-Pronto?- rispondo con voce leggermente tremante.
-Tesoro mio! Va tutto bene?- chiede mia madre subito preoccupata. Ma controllare il display no?     
-Si mamma, un po’ di malinconia tutto qua. Mi mancate- replico cercando di tranquillizzarla. La sento sospirare dall’altro capo del telefono. L’ho fatta intristire ecco. Ci mancava solo quello.            
-E tu manchi a noi tesoro! Vorremmo tutti averti qui sai? È così strano festeggiare senza di te. Non è la stessa cosa. Tuo padre sembra disperato. La sua piccolina non è qui con lui-
trattengo a stento un singhiozzo, non è il caso di farla preoccupare ulteriormente. Ricomincerebbe a chiedermi perché ho voluto trasferirmi così lontano da loro e non riuscirei a discutere decentemente.
–Lo so mamma. Ma al lavoro sono l’ultima arrivata, quindi mi tocca lavorare pure domani.-            
-Anche il giorno di Natale lavori! Tesoro non è che cadrai in preda allo sconforto vero?-
chiede      
-Non ne ho il tempo mamma. Ho decisamente troppe cose da fare. Non ho il tempo per deprimermi- 
-Sei sicura? Me lo prometti? Non farai cavolate vero?- sospiro, mai a fidarsi della sottoscritta.         
–Mamma, cosa vuoi che faccia? Lavorerò poi tornerò a casa e passerò la serata con Tigro. Fine.-    
-Uhm, d’accordo. Mi fido. Ho sentito Irene oggi…. Vengono domani al pranzo di Natale.- sospiro.  
–Anche Alessandro?- chiedo esitante. Desidero troppo avere sue notizie, anche a costo di soffrire.   
–Si penso di sì. Irene non mi ha detto nulla quindi suppongo di sì. Me lo avrebbe detto se non veniva. Non credi anche tu?-
annuisco ma lei non può vedermi ovviamente. Mi tocca rispondere.    
–Con la fidanzata di turno immagino.- commento acida. Non sono riuscita a trattenermi. Mi ha sempre dato molto fastidio quel suo cambiare ragazza ogni settimana. E sapevo bene perché.              
–Alice… È il tuo migliore amico! Non si dicono certe cattiverie!- mi sgrida mia madre sconvolta.
–Era mamma…. Era.- dico stanca. Odio doverglielo ripetere tutte le sante volte. Non capirà mai.   -Non lo senti da quanto?- chiede titubante. Io con la mente torno a quel giovedì di sei mesi prima. Quel giovedì io cui lo informavo che a breve mi sarei trasferita. Parole pesanti erano cadute tra di noi. Pronunciate da entrambi. Mi aveva pesantemente insultato, dicendo cose che non mi meritavo affatto. Semplicemente avevo avuto un’occasione e non me l’ero lasciata scappare.
-Da quando gli ho detto che partivo.- mormoro piano. Solo pensare a lui mi fa star male.
-E non potresti chiamarlo tu tesoro? Ti manca. Lo so. Si sente. E tu manchi a lui.- vorrei crederci.    
–No mamma. Non è solo una questione di orgoglio, è lui che ha sbagliato non io. In più ha detto che non voleva più sentirmi ne vedermi. Ora scusarmi ma devo andare. Ci sentiamo domani d’accordo? Ti voglio bene. Ciao- chiudo la chiamata senza darle il tempo di rispondere. Ho mentito. Non ho niente da fare in realtà. Solamente non riuscivo più a parlare con lei e fare finta che andasse tutto bene. Mi siedo sul divano chiudendo gli occhi. Pensare ad Alessandro mi fa sempre soffrire. Non è solo, o meglio, non era solo il mio migliore amico. Era un fratello, un consulente, il mio primo amore…. Amore segreto e ovviamente non corrisposto. Avevo sempre fatto in modo che non lo scoprisse e avevo cercato di dimenticarlo in tutti i modi possibili. Peccato che tutti i ragazzi con cui cercavo di uscire non andavano bene a lui e/o a Paolo. Due fratelli troppo iperprotettivi e gelosi. Sbuffo e mi dirigo in bagno. Mi spoglio per poi infilarmi sotto la doccia. L’acqua mi scorre addosso. Resto sotto il getto dell’acqua fino a quando non diventa fredda. Poi esco. Mi avvolgo nell’accappatoio e mi guardo allo specchio. Il vetro riflette l’immagine di una ragazza smunta, capelli castano scuro tagliati appena sotto il mento con occhi grandi color nocciola. Mi sposto i capelli che sono caduti sul viso. Non mi piace quello che vedo. Ho delle occhiaie paurose e sono pallida, nonostante la doccia calda. Vado in camere e mi metto i pantaloni della tuta e un maglione nero. Lascio i capelli sciolti, bagnati, non mi va di asciugarli e torno in soggiorno. Accendo la luce e prendo il portatile. Mi avvolgo in una coperta sedendomi sul divano. Accendo il pc e mi appare una foto di me a Central Park scattata circa un anno prima. Sorrido tristemente. Mi piacerebbe tornare a New York ma non posso farlo. Chiudo gli occhi pensando a quella vacanza. Alessandro era con me, per esempio, e non mi odiava. Riapro gli occhi. Nono dovevo pensarci. Mi fa solo stare male. Mi collego ad internet aprendo il browser. Sbadiglio andando a controllare le ultime notizie e successivamente le mail. Ne ho un paio di lavoro, ma la maggior parte sembra pubblicità. Le apro eliminando le cose che non mi interessano. Ma poi mi blocco. Ce ne è una di Alessandro. Non credo ai miei occhi. La rileggo un sacco di volte prima di convincermi. Ha scritto.

“Cara Alice,

Ma poi è giusto iniziare così? Non penso ma era quello che suonava meglio. Non sono in grado di scrivere una lettera neanche sotto forma di mail. Non sono nemmeno sicuro di star facendo la cosa giusta sai? È solo che Ali… mi manchi. Mi manchi terribilmente. Non mi rimangio quello che ho detto perché so di aver ragione, pensavo la maggior parte delle cose che ho detto sai? Hai sbagliato a scegliere di trasferirti. C’erano altre opzioni. Avevi altre proposte mi sembra! Qua c’erano, ci sono la tua famiglia, i tuoi amici. Io. Qua ci sono io. Come fa un semplice lavoro ad essere più importante di tutto questo? Ho ancora impresso il ricordo di te che fai i bagagli e te ne vai senza voltarti. E io che non ti fermo. Che non ci provo nemmeno. Continuo a rimpiangerlo. Avrei quantomeno dovuto provarci invece ti ho lasciata andare. Il tuo posto è qui Ali. Insieme alla tua famiglia. Insieme a me. Il tuo migliore amico. Sei stata egoista ad andartene te ne rendi conto? Hai fatto soffrire tutti. Sentiamo la tua mancanza e sono preoccupati per te. Sarebbe anche ora di tornare a casa non lo pensi anche tu? Per favore Ali… è così dura odiarti. Torna a casa ti scongiuro. Facciamo tornare tutto come prima. Se torni ti prometto che dimenticherò tutto e tornerò ad essere il tuo migliore amico. Probabilmente sono sbronzo e domani neanche mi ricorderò di questa mail ma non importa. Tra poco è Natale Ali…. Domani secondo l’orologio. Segna le tre e un quarto del 24-12. Sarà il primo Natale che trascorro senza di te. E ho paura di scoprire cosa accadrà. Però ti conosco. Tu non hai la minima intenzione di tornare vero? Quel lavoro è troppo importante per te. Più importante di noi. Di me. Credo che sia meglio chiudere qui prima che cominci a scrivere cose di cui probabilmente a mente fredda mi pentirei. Ciao Ali…. O è meglio addio? Non lo so nemmeno io. Buon Natale”

Mi asciugo veloce qualche lacrima che è sfuggita al mio controllo. È ovvio che ce l’abbia ancora con me. Che non abbia capito perché avevo bisogno di andarmene. Avevo bisogno di cambiare aria, di allontanarmi da lui, di dimenticarlo. Non potevo continuare a confrontare ogni uomo con cui uscivo con lui. Non potevo continuare a soffrire perché usciva con altre donne. Chiudo gli occhi ripensando a tutte le lacrime che ho trattenuto a causa sua. Solo due persone ne sono a conoscenza, solo due persone sanno tutto: mio fratello Paolo e Rebecca la mia migliore amica. Sono gli unici due che non si sono opposti alla mia partenza. Ho veramente bisogno di parlare con uno dei due, ma è la Vigilia pure per loro. Becca sarà cono il suo fidanzato e non voglio disturbarla. Mio fratello…. Beh è mio fratello. Non si sa mai cosa possa stare facendo. Gli mando un messaggio chiedendogli di chiamarmi non appena libero. Guardo l’ora. Sono le dieci e mezza. Non ce la faccio a rimanere chiusa in casa. Mi infilo le scarpe, la sciarpa, il cappotto e la cuffia. Prendo la borsa ed esco. Cammino per le strade di Roma senza una meta. Oggi fa veramente freddo. La temperatura è scesa di tanto. Ho freddo alle mani. Sono una stupida. Non mi sono ancora decisa a comprare un paio di guanti. Dovrò prenderli prima o poi. Le mie mani sennò saranno costrette a soffrire ancora. Cammino osservando la poca gente in giro. Più che altro sono coppiette. Riesco solo a deprimermi di più. Alzo lo sguardo quando per sbaglio vado a sbattere contro una persona, mi scuso e guardo dove sono arrivata. Sono in Via Condotti. Non so nemmeno come ho fatto ad arrivare fino a qui. Non avevo fatto particolarmente attenzione alle strade. Alzo le spalle incamminandomi per la via guardando le vetrine. Arrivo in piazza di Spagna. Mi fermo ad osservare le decorazioni. Era un po’ che non passavo di qui. Non ho mai molto tempo per girare per la città. Decido poi di arrivare fino a fontana di Trevi. Tanto ormai sono in giro. Non mi costa niente camminare ancora un po’. Mi incammino verso via Borgognona. Passeggio senza fretta e nell’arco di dieci minuti sono arrivata. Sarà pure la Vigilia ma davanti alla fontana c’è comunque gente. Arrivo di fronte e osservo le persone che lanciano in acqua una moneta. Alzo le spalle tirando fuori dal portafoglio un euro. Perché no? Tanto che male può fare? Mi volto dando le spalle alla fontana e stringo forte la moneta esprimendo il mio desiderio prima di lanciarla in aria. Entra perfettamente in acqua. Ora devo solo aspettare che faccia il suo dovere. Mi allontano per lasciare spazio agli altri. Faccio qualche passo e le note di “Ci sei sempre stata” risuonano nell’aria. Tiro fuori il cellulare e rispondo.
-Ehi sorellina. Va tutto bene?- chiede mio fratello. Sembra preoccupato.
-No Paolo…. Non direi. Sono in giro per Roma la notte di Natale da sola. Mi sa che non va bene, per niente. Non credi pure tu? Non è normale. Per niente- mormoro affranta io. Lo sento sospirare.   
–Lo immaginavo dal tuo messaggio. Ma cosa è successo? E perché sei in giro da sola scusa? È pericoloso! Non mi piace! Torna a casa per favore!-
non lo ascolto riprendendo a camminare.          
–Ho ricevuto una mail di Ale…. Era parecchio confusa a dire la verità. Passava da un argomento all’altro senza un nesso, ma non importa. C’erano scritte un sacco di cose. Un po’ ha ribadito le ultime cose che mi ha detto, poi continuava a ripetere che gli manco e che devo tornare a casa. Vuole che tutto torni come prima. Vuole che torni per essere la sua migliore amica. Ma quello è uno dei principali motivi per cui me ne sono andata! Che cosa cavolo devo fare? Me lo spieghi?-           
-Punto primo: calmati Ali! Punto secondo: stai tornando a casa vero? Punto terzo: è un idiota e lo sai anche tu. Sarà pure il mio migliore amico ma è un idiota patentato. Non devi fare caso a quello che dice. Ieri ha bevuto troppo, decisamente troppo. Ali tu hai avuto un’occasione unica, ti è stato offerto di lavorare a “La Repubblica” dopo solo qualche anno di laurea! Dovresti esserne orgogliosa! Non sei stata né egoista né egocentrica e mi sembra di avertelo già detto. E poi Ali… stare vicino a lui ti faceva soffrire e allontanarti ti serviva. Avevi bisogno di crescere….-                
 
-Si ma Paolo…. Mi sento sola. Tu, mamma, papà, Alessio, mi mancate. Soprattutto in questi giorni. È così difficile!- mormoro piano.
-Si, Ali, lo comprendo; però devi tenere duro. A capodanno io e Alessio scendiamo te lo prometto. Passeremo un paio di giorni da te e scommetto che riusciremo anche a farti venire un esaurimento vedrai.- sorrido all’idea, non è per niente male come prospettiva, anzi… mi va più che bene.           
–Macché esaurire! Mi mancate talmente tanto che lo vedo impossibile.- ride divertito e io con lui.   
–Esagerata! Non ci vedi solamente da agosto e ci hai praticamente sbattuto fuori a calci alla fine.- rido nuovamente. È vero. Ma avevo dei validi motivi per farlo. Molto ma molto validi.                        
–Sì ma mi avevate distrutto casa! Vi siete persi in continuazione costringendomi a venirvi a recuperare tutte le volte. Mi sembra di aver ragione. E comunque è come l’altra volta…. La casa non si è espansa in questi quattro mesi…. Quindi o dormite nella stessa stanza o uno dorme sul divano, io la mia camera non ve la cedo………- mi fermo. Sono davanti ad una chiesa. È veramente tanto che non vado a messa. È tutta illuminata. Guardo l’ora: sono già le undici e mezza.   
–Si va beh ma che egoista…. Comunque stai tornando a casa vero?- arrossisco, mi scopre sempre.  
–Si Paolo! Tranquillo. Ora scusami, è meglio che chiuda. Ci sentiamo domani d’accordo?-               
-Va bene. Non stare in giro ancora tanto ok? E fammi uno squillo quando arrivi a casa compreso? Ciao sorellina. Ti voglio bene.- metto giù guardando la chiesa. Sono indecisa. Non so cosa sia meglio fare. Ma in fondo, non so come trascorre il tempo. Tolgo la suoneria ed entro in silenzio; la messa è già iniziata. La chiesa è gremita. Mi siedo in fondo e ascolto le parole del parroco con attenzione. La chiesa è al buio. Ogni persona tiene in mano una candela. A mezzanotte si accendono tutte le luci segno che Gesù è nato. Resto dentro ancora una decina di minuti poi esco; sono stanca. Mi avvio verso casa accingendomi a rispondere ai messaggi di auguri che mi arrivano. Sorrido leggendo quello di Becca. Perfino il mio capo mi manda gli auguri di Buon Natale. Sono sconvolta. Tengo d’occhio la strada di tanto in tanto. Mi sono allontanata parecchio da casa. E domani devo pure andare al lavoro. Sarò uno zombie. Fortunatamente devo fare solo mezza giornata. Sbuffo. A volte è davvero stancante essere l’ultima arrivata. Cammino con calma osservando il cielo. È scuro. Non promette niente di buono. Spero che non piova, non avrei niente con cui coprirmi. Fortunatamente il tempo regge fino a quando non arrivo al portone di casa. Faccio lo squillo a Paolo poi mi metto a cercare le chiavi nella borsa e la ricerca dura un paio di minuti. Avere una borsa grande è talmente scomodo a volte! Non si trova mai niente. Sto per entrare quando.
-Ali…. Aspetta! Non chiudere!- mi blocco sull’uscio di casa riconoscendo la voce. Mi volto lentamente e lui è veramente qui…. E sta correndo verso di me. Non può essere assolutamente vero 
–Ale……. Tu………. Cosa?......?- non riesco nemmeno a formulare una frase coerente talmente sono sconvolta. Lui sorride beffardo fermandosi a pochi passi da me.
-Va tutto bene Ali? Sembri leggermente frastornata. Hai visto un fantasma?- mi sbeffeggia divertito –Tu…. Brutto idiota! È colpa tua ovviamente! Cosa credi! Dici di non volermi più sentire ne vedere, non ti fai vivo per sei mesi e nel giro di ventiquattro ore mi mandi una mail incomprensibile e ti presenti sotto casa mia! Scusa se sono un pochino sconvolta!- esplodo infuriata. Ma come si permette di prendermi in giro come se tra di noi non fosse cambiato dopo come mi ha trattato?        
-La mail è meglio se la ignori…. Ero ubriaco marcio Ali…. Non mi ricordo nemmeno la metà di quello che ti ho scritto. Neanche tu ti sei fatta sentire mi sembra. Non è solo colpa mia……-             
-Non sono stata io a dirti che non volevo più vederti ne sentirti. Ti mi hai chiesto di non farmi viva e io l’ho fatto. E poi… ti aspettavi davvero di ricevere una mia chiamata dopo quello che mi hai sputato addosso?- mi stava facendo solamente innervosire. Cosa c’era venuto a fare a Roma?            
-Non sono l’unico ad aver detto cose pesanti mi sembra! E da quando dai retta a quello che ti dico scusa? Potevi provare a chiamarmi comunque, non pensi? Cosa ti costava scusa?- sbianco                
-Cosa mi costava?!? Che non ci tenevo a sentirmi sbattere il telefono in faccia, ecco cosa!-               
-Non l’avrei mai fatto.- mormora piano
-Oh, si invece. Ti conosco come le mie tasche mio caro. L’avresti fatto eccome. Ora scusami ma è tardi e domani mattina devo andare al lavoro.- provo ad entrare ma mi blocca tenendomi per un polso. Mi volto con un’espressione abbastanza eloquente dipinta sul volto: se potessi lo incenerirei. 
–Lasciami.- nervosa. Non voglio restare ancora fuori con lui, non voglio litigare ancora.                      
–Ferma! Non mi hai nemmeno chiesto perché sono qui, a quest’ora assurda!- è serio, troppo serio   
-Forse perché non mi interessa Ale. Non ci hai pensato? Non voglio sentirmi dire le stesse cose: che sono egoista, che devo tornare a casa, che questo non è il posto adatto a me, che penso solo ed esclusivamente a me stessa eccetera eccetera. La conosco la solfa Ale tranquillo che la conosco.-      
-Hai dimenticato testarda e orgogliosa ma ferma.- stringe la presa vedendo che provo a divincolarmi. –Non è per questo che sono venuto, non voglio litigare con te Ali…. Sono stufo. Ali…. Per favore! Puoi ascoltarmi senza parlare? Riesci a non interrompermi?- annuisco perplessa. –Bene, questi sei mesi sono stati un inferno. Avevo un vuoto dentro al petto che non sapevo come colmare. C’ho provato. Ti assicuro che c’ho provato in tutti i modi possibili ed immaginabili, ma il dolore per la tua mancanza era sempre lì, non m abbandonava mai. Credevo di impazzire, mi sa che sono impazzito. Non c’è stato giorno che non abbia pensato a te, solo che ero, sono ancora tranquilla, troppo stupido e troppo orgoglioso per chiamarti. Mi limitavo a chiedere tue notizie a Paolo o a Becca, al massimo a mia madre. Perfino lei era più informata di me. Mentre tu so che hai evitato accuratamente di chiedere di me. Quindi non pensi più a me, a noi?- non riesco a stare zitta. –Non è così, sol oche facendo così ho evitato di soffrire ulteriormente.- mormoro piano.
-Ma non dovevi stare zitta? Comunque mi fa piacere sapere che ti sono mancato, che non mi hai dimenticato. Però non sono ancora arrivato al dunque, il motivo che mi ha spinto a prendere la macchina e farmi sei ore di viaggio. È Natale Ali…. Come potevo passarlo senza di te? Sto tergiversando. Oggi, o meglio ieri, mamma è venuta a chiedermi se passavo il Natale con i tuoi come al solito e io ho iniziato a pensare a tutti i nostri natali passati insieme. E il dolore per la tua mancanza è diventato in sopportabile, ma non era solo quello…. C’era dell’altro e forse ci ho messo veramente troppo a capirlo, ma ti amo Ali…. Ti amo veramente tanto e probabilmente ti amo da sempre. Scusa se ci ho messo così tanto tempo per capirlo.- lacrime silenziose scorrono sul mio viso –Ali… va tutto bene?- chiede asciugandomi il viso. Scuoto la testa troppo confusa e frastornata.     
 
–Ripetilo. Ti prego ripetilo!- mormoro piano. Ho paura che sia soltanto un sogno.
-Che cosa? Che ti amo? Ti amo Ali…. E ti giuro che non stai sognando.- gli butto le braccia al collo scoppiando in un pianto a dirotto. Mi abbraccia confuso non comprendendo la mia reazione.             
–Ti amo anch’io stupido testone che non sei altro. Ti amo da troppo tempo e ho sofferto così tanto!- non riesco a fermare le lacrime. Lui mi allontana un attimo per poi posare le sue labbra sulle mie. Lo stringo forte a me in modo che non scappi. Si libera dolcemente della mia presa appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Mi dispiace per tutto il dolore che ti ho causato Ali…. Non ti prometto che non capiterà più, è una cosa impossibile, ma che proverò ad evitarlo.- sorrido e sento qualcosa colpirmi il viso. Alzo la testa. Sta nevicando! Sta nevicando a Roma! Non è possibile.
-Buon Natale amore mio.- mi dice Ale riprendendo a baciarmi. Allora i miracoli possono accadere…. E buttare una moneta nella fontana di Trevi funziona davvero…. Ale è qui con me e mi ama…. Cosa posso volere ancora?

 

 

                                                                                   FINE

Partiamo dal presupposto che non sono in grado di fare le note finali. Spero di riuscirci a scriverle decentemente ma non importa. Punto primo spero la storia vi sia piaciuta. Ero in vena di romanticherie quando è nata, volevo pubblicarla il 24 ma tra una cosa e l'altra non c'è l'ho fatta. Ieri era natale e non sono nemmeno riuscita a stare al pc in pratica quindi è saltato di nuovo. E così mi sono ridotta a oggi. Io rispetto ad Alice odio la neve -.- non la sopporto, oggi infatti sta nevicando e sono depressa o nervosa non lo so ancora scusate XD Però è vero che amo Roma è una delle città più belle che io abbia visitato e mi piacerebbe da matti vivere lì. La possibilità che ci siano errori è molto alta, quindi mi scuso profondamente. Non avevo voglia di ricontrollarla. Ho finito di tediarvi, un bacione e buone feste a tutte.

 

  
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