Selfish damnation.
Ma devi”.
Le sue parole erano state ben
calibrate per perforarle la mente e radicare nei terreni impervi del
suo
inconscio.
Le aveva studiate e cadenzate
quasi come se stesse recitando una parte, quella di un Damon Salvatore
diverso
dal solito, un Damon Salvatore innamorato.
Perché era questo ormai: non più
un vampiro, non più un mostro, solo un uomo.
Era un brivido quello che gli
percorreva lungo la schiena eppure la sua espressione austera non
tradiva alcuna
emozione.
I denti serrati trattenevano il
magone che si stava addensando in gola facendola bruciare:era
rimpianto, non
sete
Lei stava lì, ritta dinanzi a lui,
con gli occhi pieni di confusione, ignari di ciò che stava
per accadere: lo
aveva pregato di non dirglielo, di rimanere zitto ma non poteva, non
più ormai.
Il suo egoismo lo aveva portato ad
amare Katherine più di qualsiasi altra cosa, distruggendo
quel poco che era
rimasto di umano in lui.
Eppure la fiamma che alimentava
l’amore verso quella donna si era affievolita e pian piano
l’odio e il rancore
che fino a quel momento avevano albergato nel suo cuore erano scomparsi
lasciando posto a qualcosa di più umano e caloroso.
Non bollente,ma caldo come la
pelle di lei sotto il leggero tocco delle sue dita.
Non divino,ma umano come la
lacrima di lui che su una guancia gli sfregiava il viso.
Doveva impedire che lei ricordasse
anche se avrebbe voluto essere di nuovo dannatamente egoista.
Gli occhi di lei si chiusero e
sembrò che il tempo avesse smesso di scorrere.
Avvolse il ciondolo attorno al
collo di lei e le diede un rapido sguardo:Dio
come era bella.
Fu tentato di poggiare le sue
labbra su quelle di lei ma questo era come giocare sporco.
Scappò via, lasciando la finestra
aperta, e durante la corsa un sorriso affiorò tra le sue
labbra: avevano ancora
il suo profumo.
…Ma
devi”
I suoi
occhi si schiusero e la realtà che percepivano sembrava
diversa.
Si
sentiva confusa, stordita come se si fosse risvegliata da un coma
durato anni.
Il fresco
della sera penetrava da una finestra, lasciata per un arcano motivo
aperta, e
le sfiorava la pelle nuda delle braccia.
Si guardò
intorno tentando di ricordare ciò che era intenta a fare
fino a un minuto prima.
La sua stanza
era così come era sempre stata eppure c’era
qualcosa di diverso.
Si
ricordava perfettamente della sua prigionia in quella casa di campagna
e di
quando Stefan e Damon l’avevano salvata.
Damon…
Nel
pronunciare il suo nome ebbe un tuffo al cuore e non se ne
spiegò il motivo.
Avvicinò
le dita tremanti al cuore ma si scontrarono con la superficie fredda
della sua
collana: che strano, era sicura di averla
persa!
Chiuse
gli occhi e si sforzò di ricordare stringendo tra le mani la
collana che le
aveva regalato Stefan.
“…ma
devi”.
Riaprì gli occhi sussultando a
quel ricordo di certo non frutto della sua immaginazione: era troppo
vivido e
reale per essere stato solo un semplice pensiero.
Fissò per
un attimo il vuoto di fronte a se, vuoto che poco prima sembrava essere
stato
occupato da qualcuno.
“Ma cosa
combini Elena!” si disse mentalmente e si avviò
verso il letto spegnendo la
luce.
Posò una
mano sulla sua fronte: era calda, terribilmente calda ma non aveva la
febbre.
Chiuse
gli occhi stanchi ma ciò che vide fu l’immagine di
Damon.
“Ecco
cosa devi fare Elena, devi
togliertelo dalla testa”.
Ma
nonostante questo sorrise, si girò chiudendo gli occhi e
concedendosi
finalmente alle sue fantasie.