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Autore: VaniaMajor    29/12/2010    3 recensioni
Dopo le avventure in La Fonte dei Desideri, Ranma, Ryoga e Mousse si trovano nella difficile situazione di dover combattere contro i tre fratelli Mario, possessori di un colpo micidiale, per evitare che questi sconosciuti si fidanzino con le sorelle Tendo a causa di una vecchia bugia di Genma Saotome! Ranma riuscirà a salvare Akane e a battere il colpo invincibile della Mano degli Dei?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Qualche minuto dopo, il gruppo era di nuovo seduto al tavolo, intento a scrutare con aria malevola un Genma Saotome ricoperto di bernoccoli e contusioni. Nodoka e Kasumi, che erano appena tornate dal giro di commissioni, si affrettarono a raggiungere la famiglia.
«Cos’hai combinato, stavolta, tesoro?» chiese Nodoka, corrugando le sopracciglia e avvicinandosi la katana quel tanto che bastava da far sudare abbondantemente l’esperto di arti marziali.
«Già, vorrei saperlo anch’io, amico mio.- disse Soun Tendo, acido- Com’è che questi sconosciuti sono coinvolti con le mie figliole?»
«Beh…è una storia lunga.» borbottò Genma.
«Inizia col raccontarla, papà.» disse Ranma, corrucciato.
«E il messaggio per Kagome?» sussurrò Mousse. Ryoga gli fece cenno di tacere. Se quei Mario venivano per la sua Akane, lui voleva sentire la storia di Saotome. Genma sospirò, conscio di non avere più alcuna via di fuga.
«Va bene.- disse, incrociando le braccia sul petto e assumendo un’aria contrita- Incontrai i Mario tredici anni fa…»

«Papà!»
«Cosa c’è, Ranma?» chiese Genma Saotome al figlioletto di quattro anni che era seduto nell’incavo del suo gomito, mentre arrancava nella neve. Il bimbo si strinse al cappotto non troppo pesante del padre.
«Freddo!- esclamò, quasi piangendo- E fame! Ho tanta fame, papà!»
«Insomma, figliolo!- disse Genma, serio- Che razza di uomo sarai se piagnucoli a ogni sciocchezza?!»
Il piccolo Ranma lo guardò con occhi lacrimosi, asciugandosi il naso.
«Questa è la terra del nord, è naturale che faccia freddo.- disse Genma, spazzando con lo sguardo i monti innevati e ricoperti di conifere che stavano attraversando- Dovrai resistere, come tuo padre, perché qui non troveremo riparo…né cibo…» Abbassò lo sguardo, iniziando a tremare. «Né riparo…né cibo!» ripeté, per poi cadere in ginocchio nella neve, piangendo fiumi di lacrime e stringendo a sé il basito figlioletto. «Ho freddo!!! Ho fame!! - gridò Genma- Ma che mi è saltato in mente di venire così a nord?! Moriremo, stavolta moriremo!!!»
«Papà!» strillò Ranma, fagocitato dalle braccia del padre.
«Abbi coraggio come tuo padre, Ranma!!!- continuò a piangere Genma, sempre più disperato- Moriremo insieme, da padre e figlio!»
«Papà, io vedo una luce, là.» disse il piccolo Ranma, attirando l’attenzione paterna. Genma alzò gli occhi lacrimosi, seguendo la direzione indicata dal dito del figlio. Si accorse così che sul monte a fianco si ergeva una grande e lussuosa villa quasi nascosta dalle conifere. Alcune finestre erano illuminate.
«Siamo salvi, Ranma!- disse Genma, alzandosi in piedi- Di sicuro, in quella casa ci sarà qualcuno che potrà darci da mangiare!» Quasi correndo, Genma si risistemò il figlio in braccio e si diresse verso la villa tra gli alberi.

«E’ questo il modo di trattare tuo padre?!» sbottò Genma, quando Ranma lo centrò con un calcio in piena faccia.
«E’ il minimo, padre disgraziato!- disse Ranma, irato- Mi hai quasi fatto morire congelato in montagna!»
«Se non fosse per me, saresti diventato un ghiacciolo tra i monti!- replicò Genma, risistemandosi gli occhiali- E’ questo il tuo ringraziamento?!»
«Ma che dici?!- sbottò Ranma, stringendo i pugni- Fui io a trovare la casa, l’hai detto tu stesso!»
«Già, ma fui io a guadagnarmi cibo e alloggio!» esclamò Genma.
«Già. E’ il come che ci interessa.» disse Nabiki, sarcastica.
«Quando il signor Saotome si caccia in queste situazioni, di solito vende Ranma al miglior offerente.» disse Akane, osservando Genma con occhi in cui non si leggeva un briciolo di fiducia.
«Hai fatto questo, tesoro?!» sbottò Nodoka, mettendo mano alla katana.
«Fermi tutti, fatemi finire!- disse Genma, cercando di placarli- Allora, come dicevo ci dirigemmo verso quella villa…»

Genma bussò alla porta della grande villa, lottando contro le raffiche di vento e neve che cercavano in tutti i modi di mandarlo a gambe all’aria. Dovette attendere qualche minuto, ma poi un uomo alto, con occhi severi e lunghi capelli scuri, venne ad aprire.
«Sì?» disse questo, squadrando i due con aria scettica.
«Per favore…- disse Genma, battendo i denti- Ci siamo persi. Abbiamo freddo e fame. Fateci entrare…»
L’uomo guardò Genma con ben poca simpatia, ma poi si soffermò sul piccolo Ranma e il suo sguardo si addolcì.
«Entrate.» disse burbero. Genma non se lo fece ripetere due volte. Seguì l’uomo alto e la luce del candelabro che teneva in mano, attraversando un grande atrio lussuoso dal pavimento in marmo.
«Quali sono i vostri nomi?» chiese l’uomo, imboccando un corridoio.
«Io sono Genma…ehm…Tendo, e questo è mio figlio Ranma.» rispose Genma, guardandosi attorno con una punta d’invidia per l’evidente ricchezza di quella famiglia. Non gli andava di rivelare il suo nome, anche perché aveva in programma di rubare il più possibile da quella casa per poi rivendere la roba a valle. Lui e suo figlio dovevano pur sopravvivere, che diamine!
«Io sono Daisuke Mario,  e questa è la mia casa.- disse l’uomo, annuendo, aprendo una porta- Il mio sangue è per metà italiano, come avrà sicuramente capito dal mio cognome.»
Genma annuì, ben poco interessato ora che si era reso conto del fatto che stavano entrando nella calda cucina della casa.
«Purtroppo la corrente è saltata e la servitù dorme di già.- disse il padrone di casa, poggiando il candelabro su un grande tavolo- Dovrete accontentarvi di quello che riuscirò a trovare nel frigorifero.»
«Andrà benissimo.» disse Genma, che aveva già l’acquolina in bocca. Daisuke Mario iniziò a tirare fuori cibo dal frigorifero, mentre i due ospiti si guardavano attorno.
«Papà?»
Una vocina provenente dalla porta li fece voltare tutti e tre. Sulla soglia stavano tre bambini in pigiama.
«Che ci fate ancora svegli?» chiese Daisuke Mario, sollevando un sopracciglio con un certo divertimento.
«Abbiamo sentito dei rumori.- disse quello che sembrava il più grande- Chi sono loro?»
«Vi presento Genma Tendo e suo figlio Ranma.- disse l’uomo- Signor Tendo, questi sono i miei figli. Tsukasa, il maggiore, ha sette anni. Eikichi è il secondogenito e ne ha sei. Il più piccolo è Shinji e ha quattro anni.»
«Come me, papà!» esclamò Ranma, sorridendo al bambino, che sorrise a sua volta.
«Possiamo giocare con lui, papà?» chiese Eikichi.
«Veramente sarebbe tardi…» replicò Daisuke Mario, ma vedendo lo sconforto negli occhi dei quattro bambini, sorrise. «Però potete tenergli compagnia mentre mangia qualcosa.»
I bambini strillarono di gioia. Ranma saltò giù dalle braccia del padre e si immerse in una conversazione fitta con i tre fratelli Mario, che nel mentre gli facevano assaggiare tutti i loro cibi preferiti. Genma ne approfittò per mangiare a sazietà, sotto gli occhi attenti del signor Mario.
«Signor Tendo.»
Genma si voltò al richiamo del padrone di casa.
«Sì?» chiese, con la bocca piena.
«Signor Tendo, vedo che lei è un esperto di arti marziali, o almeno questo deduco dal suo abbigliamento.» disse Daisuke Mario.
«E’ esatto.- disse Genma, gonfiando il petto- Sono…ehm…Tendo, della scuola Tendo di arti marziali indiscriminate. Ranma è il mio erede.»
Daisuke Mario annuì.
«In questo caso, presumo vorrà sdebitarsi in qualche modo per la mia ospitalità.- disse il signor Mario, facendo rimanere Genma a bocca aperta- I maestri delle scuole di arti marziali sono persone d’onore e non lasciano mai un debito insoluto. Non è così?»
Genma ci mise un istante a ricomporsi.
«Ehm…naturalmente. Certo.- disse, burbero e con una gran faccia tosta- Al momento però non ho denaro. Non so proprio come sdebitarmi con lei.»
«Perché non combattiamo tra noi?- chiese il signor Daisuke, stupendo Genma- E’ molto tempo che non mi batto con un degno avversario e ne sento la mancanza.»
«Lei pratica le arti marziali?» chiese Genma, stupito. Il signor Mario annuì.
«Ho una mia tecnica.- disse, facendo un gesto vago con la mano- Facciamo così: se lei mi batte, mi sentirò soddisfatto; se invece la batto io, penserò a una richiesta da farle.»
Genma fece un sorrisetto.
«D’accordo.» disse. Bastava battere quel damerino e cibo e alloggio sarebbero stati gratis. Non aveva nessuna voglia di sgobbare per guadagnarsi il pane. Lasciando Ranma con i tre bambini, Genma si alzò e seguì il signor Daisuke.

«Quanto è da te, tutto questo.» disse Soun Tendo, scuotendo il capo.
«Beh, almeno una cosa la sappiamo.- disse Ryoga- Questi Mario sembrano delle brave persone.»
«Quindi quei tre sarebbero miei amici d’infanzia?- disse Ranma, pensieroso- Ti dirò che non me li ricordo affatto.»
«Hai giocato con loro solo quella notte, Ranma.- disse Genma- Ce ne siamo andati la mattina dopo.»
«Ne consegue che ha perso, vero signor Saotome?» chiese Akane, sollevando un sopracciglio con sarcasmo.
«Ehi…» cercò di replicare Genma.
«E chissà cosa gli avrà promesso?» borbottò Ranma, scuro in volto.
«Beh, non certo te.- disse Nabiki, stuzzicandolo- Aveva solo figli maschi.»
«Per fortuna che allora Ranma non si trasformava ancora in ragazza.» disse Kasumi, preoccupata. Akane la guardò come se la vedesse per la prima volta.
«Aspetta un po’…- disse, facendo due calcoli- Tre ragazzi vengono qui, cercando la famiglia Tendo. L’unica moneta di scambio del signor Saotome era il figlio e non avendolo potuto vendere…»
«Mi hai detto di scappare con le mie figlie…» mormorò Soun Tendo.
«Oh santo cielo!» mormorò Nodoka, portandosi una mano alla bocca.
«Beh…che altro potevo fare?» chiese Genma, dando corpo ai loro ragionamenti.
«Saotome!! Hai venduto le mie figlie?!» urlò Soun Tendo, scagliandosi sul vecchio amico.
«Oh cielo…» disse Kasumi, mentre gli altri cercavano di dividere i due contendenti.
«Papà, sei un idiota!- gridò Ranma, tirando un pugno in testa al padre- Che diavolo ti è saltato in mente?!»
«Signor Saotome, questa non gliela perdono!» esclamò Akane, irata.
«Dov’è il problema?- chiese Nabiki, tranquilla- Sembra che siano molto ricchi, no? Potrebbe anche essere la nostra fortuna.»
La sua frase cadde in un silenzio attonito.
«Sentite…- disse Genma, cercando di riprendere fiato e compostezza- la sua tecnica non era umana. Non avevo nessuna possibilità contro il suo Kami no Te no Ken. Così, gli ho fatto una promessa che non avrei mai mantenuto.»

«Non se la prenda, signor Tendo. Non ho ancora trovato nessuno in grado di battere il mio colpo speciale.» disse Daisuke Mario. Genma, che si era ripreso da poco, borbottò qualcosa di intelligibile.
«Allora? Cosa vuole che faccia?» chiese, mogio.
«Ecco, in realtà non saprei proprio. Ci dovrei pensare.- disse l’uomo, poi chiese- Ha figlie, signor Tendo?»
«Perché?» chiese Genma, sospettoso.
«Vede, tengo molto al progredire della tecnica della nostra famiglia. So che i miei figli impareranno alla perfezione il Kami no Te no Ken,  ma ho bisogno di essere sicuro che venga trasmesso anche i miei nipoti.- spiegò Daisuke, corrugando la fronte- Ci vuole una costituzione fisica particolare perché questa tecnica funzioni e per trasmetterla i miei figli avranno bisogno di donne forti. Credo che le figlie di un maestro di arti marziali dovrebbero andare bene, per questo le chiedevo…»
«Sì! Sì, ho tre figlie!» esclamò subito Genma, vedendo una via di fuga. Non aveva voglia di fare niente per quell’uomo e quella bugia era un’ottima scappatoia.
«Davvero?» chiese il signor Mario, con una punta di sospetto nella voce.
«Certo.- disse Genma- La maggiore ha sette anni, la seconda cinque e l’ultima quattro, essendo la gemella del mio Ranma.»
La sicurezza con cui fece queste affermazioni sembrò convincere il signor Mario.
«Le piccole sono rimaste a casa, ma sono tutte e tre sane e forti e la gemella di Ranma mostra propensione al combattimento.- continuò Genma, infervorato- Sarei lieto di prometterle a una dinastia di combattenti!» “Perdonami, Tendo, ma è una causa di forza maggiore.” pensò intanto.
«Allora siamo d’accordo. Combiniamo questo fidanzamento.» disse il signor Mario, sorridendo.
«Oh, non adesso! Sono ancora piccoli.- obiettò Genma, iniziando a sudare- Aspettiamo finché non andranno al liceo, anche perché io resterò lontano da casa ancora a lungo, essendo mio desiderio addestrare Ranma come un vero uomo.»
«E sia, d’accordo.- disse il signor Mario, stringendogli la mano- I nostri ragazzi si incontreranno quando il mio Shinji compirà diciassette anni. Dove la troverò signor Tendo?»
«A Nerima.- disse Genma, stringendo la mano a sua volta- La mia casa è a Nerima, Tokyo.»

«E questo è tutto.» disse Genma, annuendo con aria pensierosa. Un calcio ben assestato lo fece volare nel laghetto del giardino, da cui riemerse in formato panda.
«Ma che ‘questo è tutto’, deficiente! Almeno potevi dargli un indirizzo falso!» disse Ranma, abbassando la gamba.
«E adesso cosa faremo?» chiese Kasumi, preoccupata.
«Non preoccuparti, Kasumi.- disse Akane, combattiva- Chiarirò io le idee a quei tre.»
Ranma sbuffò.
«Fammi il favore, Akane!- disse- Se quelli hanno davvero una tecnica così favolosa, tu non riuscirai a fargli nemmeno il solletico.»
«Stai dicendo che sono debole?!» esclamò Akane, piccata.
«Sto dicendo che me ne occuperò io.- disse Ranma- Non ho voglia di perdere tempo a raccoglierti col cucchiaino.»
«Idiota!» gridò Akane, tirandogli dietro il piatto dei sakura-mochi.
«Akane, Ranma ha ragione!- disse Ryoga, alzandosi in piedi- Lascia che siamo noi a proteggerti.»
«Guarda che la cosa non riguarda solo Akane.» fece notare Nabiki, sarcastica, facendolo arrossire. Anche se stava cercando di rinunciare ad Akane, Ryoga faceva ancora una fatica del diavolo a non farsi immischiare.
«Ranma ha ragione.- disse Soun Tendo- Saremo noi a proteggervi e questo è quanto. Domattina andrete tutte e tre in qualche luogo sicuro e aspetterete che riconduciamo alla ragione quei tre ragazzi.»
«Potreste andare dal Dottor Tofu.- disse Nodoka, preoccupata a sua volta- Sono certa che non vi rifiuterà il suo aiuto.»
«Figurarsi, sarà contento come una pasqua.- disse Nabiki, sospirando e alzandosi- Fate quello che vi pare, io vado di sopra. Chiamatemi quando è pronta la cena.»
«Allora siamo intesi, ce ne occuperemo noi.» disse Soun Tendo, scambiando un’occhiata con Ranma e Ryoga, che annuirono.
«Ehi, e il messaggio per Kagome?» chiese Mousse, seccato.
«Aiutaci domattina e poi prenderemo il treno per andare a casa di Kagome.» disse Ranma, stringendosi nelle spalle.
«Perché dovrei? Sono fatti vostri.- sbuffò Mousse- Io me ne torno da Shan Pu.»
«Codardo!- lo beffeggiò Ranma- Dillo, allora, che ti fa paura questo fantomatico Kami no Te no Ken!»
«Saotome, come osi?!- sbottò Mousse- Verrò anch’io, domattina!»
«E il pesce ha abboccato.» mormorò Ranma a Ryoga, che lo guardò storto.
Akane sbuffò in maniera molto sonora e si alzò da tavola, uscendo dalla stanza a passi rigidi e marziali. Ranma sapeva che la ragazza si era arrabbiata con lui, ma non si pentiva di essersi fatto avanti. Non vedeva l’ora di testare quel colpo che era riuscito a sconfiggere suo padre tanti anni prima.

   
 
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