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Autore: purplebowties    30/12/2010    3 recensioni
Lui le direbbe "Ti amo" forse per la centesima volta, con la carta colorata e luminosa tra le dita, e la guarderebbe carico di stupore, beandosi dei suoi occhi scuri e profondi, pensando di non meritarsi ne lei ne quelle attenzioni così dolci, così quotidiane.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bart Bass, Blair Waldorf, Chuck Bass, Nate Archibald
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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Timeline: dopo la 4X11 ("The Townie")
Paring: Chuck\Blair, implicito (Blair non compare direttamente nella shot, ma c'è)
Summary: Lui le direbbe "Ti amo" forse per la centesima volta, con la carta colorata e luminosa tra le dita, e la guarderebbe carico di stupore, beandosi dei suoi occhi scuri e profondi, pensando di non meritarsi ne lei ne quelle attenzioni  così dolci, così quotidiane.
 
Weak, weak, weak.

 
Like some drunken Elvis singing
I go singing out of tune,
saying how I've always loved you, darling,
and I always will.
Oh when you're still waiting for the snow to fall,
does it really feel like Christmas at all?

 

Pensa che vorrebbe veramente chiamarla e gridarle al telefono quanto la ama quando arriva la notte di Natale, tanto che con un gesto impetuoso sfila il palmare dalla tasca e resta a guardare il numero apparire luminoso sullo schermo. E' di nuovo ubriaco.

Alla radio stanno trasmettendo quella dannata canzone malinconica dei Coldplay ed il sole è già tramontato da un pò, così come il suo scarso interesse per un paio di squillo di lusso neozelandesi, troppo formose e troppo allegre, così banali da fargli provare pena per se stesso, chiuso in una stanza d'albergo a tentare di dimenticare troppe cose: Blair, il glorioso impero in pericolo e gli occhi freddi di Bart che lo hanno tormentato per giorni, puntuali come il secondo anniversario della sua morte, inquisitori come sempre.

Debole, debole, debole, hanno ripetuto incessantemente per una settimana, al ritmo degli gli infiniti bicchieri di scotch che ha ingurgitato, quasi li potesse vedere veramente nei riflessi luminosi delle bottiglie - freddi, distanti, carichi di disapprovazione - ed ora Chuck un pò ci crede per davvero, perchè questo Natale non ci sarà nessuno disposto a sollevarlo di peso da terra e a dirgli il contrario, che lo guarderà come se meritasse di essere chiamato uomo.

Lui non è un uomo, è solo un ragazzino cresciuto troppo velocemente. Si è fatto fregare dalla sua finta madre (la parola gli brucia un pò in gola quando la pensa, perchè lui non ha una madre, nè una vera, nè una finta, e non ha più nemmeno un padre, o forse non l'ha mai avuto veramente), ha perso Blair (per l'ennesima, dolorosa volta) e sta per correre a chiedere aiuto a quell'essere viscido che è Jack, perchè Dio, vuole farsi male, vuole sentirsi ripetere quella parola all'infinito, finchè ogni fibra di lui ci crederà totalmente, finchè anche la voce di Blair che gli ripete dell'uomo meraviglioso che potrebbe essere si sarà spenta.


 Debole, debole, debole.

Pensa che la vorrebbe veramente qui con lui in questo momento, perchè lei gli si arrampicherebbe sulle spalle e farebbe scorrere la mani sotto la sua camicia firmata fino a farlo ridere, fino a costringerlo, dispotica e pretenziosa come solo lei sa essere, a baciarle ogni piccolo lembo di pelle e poi gli darebbe il suo regalo, impacchettato ed infiocchettato con cura, perchè solo Blair sa quanto lui ami scartare i pacchetti e quanti pochi ne abbia scartati nella sua vita. Lui le direbbe "Ti amo" forse per la centesima volta, con la carta colorata e luminosa tra le dita, e la guarderebbe carico di stupore, beandosi dei suoi occhi scuri e profondi, pensando di non meritarsi ne lei ne quelle attenzioni  così dolci, così quotidiane.


"Perchè piangi, Charles?"

Gli occhi freddi di suo padre gli furono di nuovo addosso. Chuck osservò Nate e Blair correre per il salotto di casa Waldorf con i loro pacchetti colorari. Il Natale di Manhattan brillava di luci e neve fuori dalle finestre.

"Loro hanno avuto dei regali, padre. Perchè io no?"

E le lacrime scorrevano, facendolo vergognare per quel crimine, facendolo tremare scioccamente, come un debole.

"Perchè loro sono bambini, Charles. Tu non vuoi essere grande?"

No, forse non voleva essere grande; voleva essere abbracciato come il signor Waldorf abbracciava Blair ed essere portato a giocare a basket come il Capitano faceva con Nate.

Chuck annuì, asciugandosi le guange con la manica della camicia.

"Hai già avuto i tuoi soldi. Arthur ti porterà a comprare quello che vuoi domani."

Bart Bass si allontanò a grandi passi e lui restò a guardarlo. Debole, debole, debole.


A Chuck il Natale non piace. Da piccolo Natale significava vestirsi adeguatamente - senza macchie di colore, senza inutili tocchi di stile - e aspettare in silenzio che suo padre avesse finito di stringere le mani a uomini eleganti ed intimiditi per ricevere un mazzo di banconote da cento dollari, se era stato silenzioso ed educato. Da adolescente il Natale significava passare di festa in festa ed ubriacarsi, anche solo per il gusto di mettere in imbarazzo Bart, aspettare inutilmente che lui si arrabbiasse: suo padre non si arrabbiava mai, si limitava a guardarlo con disprezzo e poi proseguiva la sua vita come se Chuck non esistesse, come se fosse solo qualcosa da ripudiare ed odiare, da lasciare in un angolo a marcire nell'indifferenza e nella disapprovazione.

Ora Natale è solo un giorno come gli altri, senza nessuno da deludere e senza nessuno con cui festeggiare.

Alla fine decide di chiamare Nate, perchè non ha il coraggio di chiamare Blair, di fingersi allegro mentre le fa gli auguri o di sentire il suo tono preoccupato trafiggergli il cuore e lasciarlo sguazzare nei sensi di colpa. E' stato lui a rovinare tutto ed è lui che deve pagare adesso, che deve starle lontano e aspettare che si faccia più forte, che viva la sua vita senza il veleno tossico che è lui, senza il tormento del loro rapporto malato, malsano, logorante.

Decide di chiamare Nate perchè è la prima persona con cui parlerebbe dopo Blair: il suo migliore amico non è di certo una mente, ma lo conosce da prima che inizino i suoi ricordi e sembra davvero la cosa più logica da fare adesso. Il telefono squilla due volte prima che Nate risponda.

"Nathaniel," sospira nella cornetta e non ha bisogno di vederlo per sapere che Nate sta sorridendo sollevato, perchè diamine, non avrebbe mai avuto l'invadenza di chiamarlo, ma ha sperato per giorni che Chuck si sarebbe fatto sentire, anche solo per sapere che è vivo e che tornerà, perchè Praga è un ricordo ancora troppo fresco e, Nate lo sa fin troppo bene, con Chuck Bass non si può mai sapere.

"Volevo augurarti buon Natale," dice ruvido, secco, e chi se ne frega che a New York non sarà Natale prima di altre dodici ore e che Nate è probabilmente impegnato a guardare porno notturni sulla televisione a pagamento della sua suite (perchè Serena è partita e il libro nero di Chuck è stato bruciato nel caminetto mesi fa): il tempo è un particolare piuttosto effimero e lo è ancora di più quando hai ingurgitato troppo alcol e a stento riesci a seguire il filo dei tuoi stessi ingarbugliati pensieri.

"Anche a te," risponde Nate.

Il vero motivo per cui Chuck lo ha chiamato resta appeso al filo immaginario della cornetta per altri venti minuti di chiacchiere inutili, ma almeno Nate lo fa sorridere un pò quando gli dice che Rufus ha fatto di nuovo le valige e che tutti gli Humprey e il loro chili non zampetteranno per l'attico durante tutte le vacanze di Natale. Gli racconta di Serena e del suo viaggio on the road, di come i propositi di ritrovare se stessa siano prevedibilmente e letteralmente andati all'aria con una foto postata su Gossip Girl in cui la sua sorellastra fuma erba con un paio di abbronzati californiani e Chuck commenta un pò anche se stesso quando dice che certe cose non cambiano mai, con un tono rassegnato che li fa sospirare tutti e due e poi ridere scioccamente, perchè è questo che fanno due amici quando sono entrambi troppo soli.


Quando la vera domanda arriva, tuttavia, Chuck sa che Nate deve essersi già preparato una risposta, perchè non esita quando lui gli chiede di Blair; anzi, pare proprio che stesse aspettando quel momento, con il tono fin troppo pacato e calmo per essere completamente spontaneo.

"E' in Francia per il weekend, con Eleonor e la squadra di padri," gli dice cautamente e Chuck tira un mezzo sospiro di sollievo perchè almeno sa che lei è felice: forse malinconica, ma pur sempre felice, con la sua famiglia e lontana da lui, dal suo Natale a base di disperazione e da quella zucca vuota e piena di problematiche che è Serena.

"Dovresti chiamarla," aggiunge Nate dopo un pò e Chuck sa che è Nate ha ragione, per una buona, dannatissima volta.

Eppure, quando chiude la conversazione, il suo telefono finisce dritto contro il muro, lanciato in uno scatto d'ira. Adesso è la voce di Blair quella che sente, quando la solita parola gli rimbomba troppo forte nella testa:
 debole, debole, debole.


 
   
 
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