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Autore: silent cloud    31/12/2010    6 recensioni
Il 29 novembre è stato un giorno un po' particolare per me, che per la prima volta mi sono trovata a ricordare George nel giorno della sua morte. Così ho preso in mano un foglio e una penna e ho cercato di scrivere ciò che mi sentivo dentro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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29 novembre 2010

 
Caro George,
sto qui seduta, con la penna in mano, cercando di scrivere qualcosa che abbia un minimo di senso.

Quando tu sei morto io avevo poco più di 7 anni, nemmeno sapevo chi fossi e non ricordo nemmeno che i miei genitori mi abbiano mai parlato di te.
Ma c’era un disco in casa, un disco che mi ha sempre appassionato e incuriosito.
A ogni bambino che va alle elementari viene detto che il primo ominide scoperto prende il nome da una celebre canzone, Lucy in the Sky with Diamonds.
Felice della mia scoperta, a 8 anni, andai da mia madre e le dissi cosa mi avevano insegnato.
Con mia grande sorpresa lei mi rispose che noi quella canzone, dal titolo così lungo e strano, ce l’avevamo.
Così mi mostrò un album dalla copertina sovraffollata, con quattro strani ragazzi baffuti al centro, magico, strano e misterioso.

Il dubbio che il nome del gruppo fosse Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e che l’album si chiamasse Beatles mi è rimasto per anni.

Quello è stato il mio primo incontro con voi.
Quando, quasi 7 anni dopo, ripresi in mano quel disco, fui catturata dalla magia di quella musica, dai colori, dagli odori, dalle sensazioni che essa sprigionava.
Sembrava quasi di sentirlo, l’odore di segatura di Mr. Kite, sembrava quasi di vedere il mondo in technicolor di Lucy in the Sky, sembrava che Within You Without You ti dovesse avvolgere nella sua quiete mistica per sempre.

Il primo dei quattro a colpirmi fu John, i suoi modi di fare schietti, il suo sorriso strabico.
Ma, non so ancora perché, col passare del tempo, mi sono accorta che non era John quello che stavo cercando, che non avevo nulla a che fare con lui, o meglio molto meno che con il ragazzo silenzioso e tranquillo che stava sempre in disparte.

Non so il perché dell’appellativo quiet che ti viene affibbiato. Certo, se per tranquillo si intende l’atteggiamento di una persona che non passa il suo tempo a fare un baccano infernale, allora sicuramente sì, eri tranquillo.
Ma la volontà, il carattere di ferro che ti ritrovavi, sotto quell’aspetto non eri affatto tranquillo.
Hai lottato, hai sempre lottato, hai lottato per ottenere un briciolo di attenzione, per aiutare il mondo.
Mi hai insegnato tante cose, mi hai insegnato a difendere a spada tratta i miei ideali.
Mi hai insegnato a godermi la vita.
Mi hai insegnato a non avere paura della morte, avevo una fottuta paura della morte fino a poco tempo fa.
E le canzoni, ogni testo è così profondo e pieno di amore verso tutti, verso ognuno di noi. E di tranquillità. Hai la capacità di rassicurare, ed è una capacità bellissima. Non sai quanto sia più difficile rassicurare una persona con una canzone che infonderle ansia o straziarla.

Lo vedi? Ti ho scritto una lettera ed è andata a finire che parlato pochissimo di te.
Non so più cosa dire. O meglio lo so. Ma non riesco a dirlo.
Non  riesco ad esprimere quello che provo.
E oggi ne avrei tanto bisogno, avrei tanto bisogno di piangere, ma non ci riesco, non ci riesco proprio. Va al di là delle mie capacità.
Ti prego perdonami. Forse un giorno, quando avrò le idee più chiare ci riproverò.
Nella speranza che ti arrivi qualcosa, almeno un briciolo dell’amore che provo per te.


Grazie. Grazie mille, Georgie Boy.

Giulia
   
 
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