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Autore: Fiamma Drakon    01/01/2011    4 recensioni
Mentre il ragazzo si accingeva a mangiare la fetta di torta al cioccolato che accompagnava - come sempre - il suo thé, lo sguardo attento di Sebastian, allenato a cogliere anche i più piccoli dettagli, scorse un particolare sul quale, fino a poco prima, non aveva posato la propria attenzione.
«Signorino...» esordì con totale disinvoltura, così da attirare l’attenzione del più giovane «... i suoi pantaloni sono sporchi» fece notare.

[Lieve Sebastian/Ciel] [Per Alex Simon]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inchiostro Ciel, seduto dietro la scrivania del suo studio, lavorava già da qualche ora immerso nel più assoluto e rigoroso silenzio. L’unica eccezione ad esso era il sottile, ininterrotto grattare della penna - saldamente stretta nelle sue mani - sul foglio dinanzi a lui, sul quale lentamente stava prendendo forma quella che, all’apparenza, aveva tutta l’aria d’essere una lettera.
Il conte pareva essere estremamente concentrato nella sua occupazione, tanto da riuscire ad estraniarsi completamente da tutto ciò che lo circondava.
L’unica cosa per lui degna d’attenzione in quel momento era ciò che la sua penna stava tracciando sulla carta.
All’improvviso, la porta dello studio s’aprì.
Ciel sobbalzò, lasciando cadere inavvertitamente la penna.
«Signorino, il suo thé».
Sebastian fece il suo elegante ingresso nella stanza portando con sé un vassoio d’argento.
«Sebastian!» lo richiamò il conte, guardandolo con severità mentre gli arrivava al fianco «Bussa prima di entrare!» l’ammonì, severo.
Il moro strinse gli occhi in una parvenza di debole indignazione, poi replicò pacatamente, mentre gli sistemava innanzi la tazzina: «Come desidera».
Rialzandosi, aggiunse: «... anche se dovrebbe saperlo, che a quest’ora le servo il thé pomeridiano».
Ciel, da sopra il bordo della chicchera, gli lanciò una penetrante e assai eloquente occhiata cupa, che tuttavia il maggiordomo ignorò completamente.
Mentre il ragazzo si accingeva a mangiare la fetta di torta al cioccolato che accompagnava - come sempre - il suo thé, lo sguardo attento di Sebastian, allenato a cogliere anche i più piccoli dettagli, scorse un particolare sul quale, fino a poco prima, non aveva posato la propria attenzione.
«Signorino...» esordì con totale disinvoltura, così da attirare l’attenzione del più giovane «... i suoi pantaloni sono sporchi» fece notare.
Il Phantomhive intercettò lo sguardo di Sebastian e ne seguì la traiettoria, finché non incontrò una serie di macchioline nere che ben spiccavano sul tessuto azzurro dei suoi pantaloni, cadute molto vicine alle sue “parti intime”. A terra, poco distante, giaceva abbandonata la sua penna.
Ciel riportò gli occhi sul demone, la punta della sua forchetta stretta tra le labbra.
«È colpa tua» sentenziò semplicemente, affilando lo sguardo.
Sebastian non fece una piega a quell’accusa: si limitò solamente ad increspare le labbra in un sorrisetto vagamente malefico.
«Le vado a prendere un panno» asserì, voltandosi per andarsene.
«No, non importa» lo fermò il conte: dopotutto, quel pomeriggio non aspettava nessuna visita.
Il maggiordomo si volse a fissarlo, cogliendo un vago principio di rossore sulle sue guance che lo divertì.
«Come maggiordomo dei Phantomhive è mio dovere far sì che il signorino sia sempre impeccabile» gli contestò con calma.
Ciel lo fissò con una certa perplessità rabbiosa: che usasse quell’essere il maggiordomo dei Phantomhive come giustificazione per le sue ovvie abilità sovrannaturali era un conto, ma sbatterglielo in faccia come scusa per pulirgli i pantaloni era tutt’altro. Non lo accettava.
Il demone se ne andò, piantandolo in asso con assoluta indifferenza.
Al giovane conte non rimase che restare ad attendere, senza avere alcuna possibilità di opporsi - il che, era dannatamente frustrante.
Solo al pensiero che Sebastian avesse seriamente intenzione di pulirgli i pantaloni - oltretutto in un punto del genere - mentre li aveva ancora indosso sprofondava in un abisso d’imbarazzo dal quale credeva che difficilmente sarebbe riemerso.
«Potrei imporgli di lasciar perdere, ma si chiederebbe - e mi chiederebbe - il perché...» rifletté, chinandosi a raccogliere la penna.
Quando si rialzò, si trovò davanti Sebastian con un panno bagnato stretto in una mano. Il moro aggirò la scrivania e si inginocchiò per metà al suo fianco, così da avere una migliore visuale del “nemico da combattere”.
Nel momento in cui Ciel percepì l’acqua fredda che attraversava il tessuto e gli sfiorava la pelle sentì il viso arroventare inspiegabilmente.
Perché una tale vicinanza al maggiordomo lo metteva tanto a disagio? Eppure era lui che, ogni mattina, si occupava di vestirlo e lo aiutava a lavarsi.
Non capiva l’improvviso senso di disagio che l’aveva d’un tratto assalito: era come se adesso si vergognasse di averlo così vicino.
Non se lo spiegava, così come non riusciva a spiegarsi perché, osservando il maggiordomo - il quale, facendo sfoggio di un’infinita pazienza, tentava di pulirgli i pantaloni - riuscisse a carpire un che di armonioso nel suo aspetto, qualcosa che, tutto sommato, l’attirava. Era imbarazzante ammetterlo, ma il demone aveva un certo, innegabile charme.
Però lui era un maschio, Sebastian pure: non era naturale una cosa del genere.
«Ma perché vado a fare pensieri del genere?! Devo smetterla!» si disse, determinato.
Dimenticarsi di questo genere di cose, ecco cosa doveva fare, nonostante il tocco leggero dell’uomo sulla sua gamba continuasse a sbattergli davanti quel pensiero. Era una situazione che aveva dell’incredibile e dell’assurdo e che - Ciel ne era più che convinto - non si era mai verificata prima di allora.
Ma perché adesso sì?
Chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi, riassumere una posizione almeno vagamente naturale, cercando di ignorare il lieve strusciare del maggiordomo contro la pelle più vicina al cavallo dei suoi pantaloni.
Per sua fortuna, in parte ci riuscì.
«Posso lasciarlo fare. Devo, altrimenti chissà cosa andrà a pensare... e poi è un suo dovere, come ha detto lui...» pensò, addossandosi contro lo schienale.
In quel momento, Sebastian alzò gli occhi a guardarlo con un certo disappunto.
«Signorino, temo dobbiate darmi i vostri pantaloni adesso, prima che sia troppo tardi».





Angolino autrice
Finalmente riesco a trovare il tempo di postare questo tentativo di Sebastian/Ciel che è secoli che ho scritto °-° sperando che non sia così schifosa e che piaccia soprattutto ad Alex Simon, che me l'aveva chiesta :D
Well, mi eclisso. Bye bye!
F.D.
   
 
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