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Autore: Martina1705    01/01/2011    5 recensioni
Io non sono pazzo. E' vero, certe volte mi faccio trasportare un po' troppo dalle mie emozioni, ma non sono pazzo. Piuttosto ho agito per amore, io.
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io non sono pazzo. E' vero, certe volte mi faccio trasportare un po' troppo dalle mie emozioni, ma non sono pazzo. Piuttosto ho agito per amore, io.
Inizia tutto una sera come un'altra, stiamo vedendo uno stupidissimo film come ogni mercoledì sera; odio i film del mercoledì sera. Eppure continuo a guardarli, perché so che a un certo punto, ogni volta, le nostre mani finiscono con l'incontrarsi -non e' una cosa dolcissima?- e talvolta non sono solo le nostre mani a incontrarsi, come la settimana scorsa, ricordi?, abbiamo fatto l'amore e mi hai detto ti amo - credo che sia stata la notte più bella della mia vita. E le nostre mani si sono incontrate anche tre sere fa, ma tu stavolta ti sei allontanato bruscamente. Ti guardo perplesso: cosa c'e' che non va? Tu continui a evitare il mio sguardo e io lascio perdere; in ogni caso il problema mi si sarebbe presentato di lì a qualche minuto.
'Hei ragazzi,' ti alzi parlando nervosamente e torturandoti le mani 'io vado a prendere la cena al cinese.'
Ti copri in fretta e furia ed esci. Quando ritorni, lo fai con sei porzioni di cena e la più brutta sorpresa che potessi aspettarmi: sei con una ragazza.
'Ragazzi, lei e' Stephanie, Steph, i ragazzi. Moriva dalla voglia di conoscervi, quindi...' tieni lo sguardo basso, quando lo alzi vaghi nervosamente con gli occhi in giro per la stanza, stasera non mi hai guardato una sola volta. Mentre quell'oca del Campidoglio fa il giro delle conoscenze, sento che potrei senza problemi farla in mille pezzi e conservarla nel freezer fra gli spinaci e la scatoletta dei ghiaccioli di Jinki. Abbandono quasi subito quest'idea, il freezer mi serve anche per la carne e i cubetti di ghiaccio, non c'e' abbastanza spazio per tutti. Che peccato. Mi congedo con un semplice 'Stasera non ho fame' e senza salutare nessuno mi chiudo nella mia stanza. Rimanendo solo con me, a guardare il soffitto, la prima sensazione che provo e' la tristezza. La riconosco, e' la sensazione di frustrazione per la totale impotenza davanti alla realtà. Ho provato qualcosa del genere forse quando i miei mi dissero che il mio cagnolino era scappato. Io ero piccolo, ma capivo perfettamente il significato della parola morire, e capivo perfettamente che Step non mi avrebbe più svegliato abbaiando, che tornando da scuola non lo avrei più trovato a farmi le feste. Mai più. E mi sentii impotente. E mi sentii triste. Sì più o meno la sensazione e' quella, ma stavolta la sento più a fondo, stavolta la sento rodermi l'anima. Ma quanto vuoi che sopravviva la tristezza in me? Ho appena il tempo di sentire gli occhi umidi e gonfi e ingoiare le lacrime prima di sentire qualcos'altro nascere: Rabbia. Sissignore, Rabbia con la R maiuscola. Ma non contro te, amore come potrei mai? No, io sono furioso con lei, con quella sgualdrina che ti ha rubato dalle mie braccia tra un sorriso affettato e un'accavallata di gambe; sei sempre stato terribilmente sensibile a queste stupidaggini. Dio, quanto la odio. Ancora adesso a pensarci mi va il sangue alla testa, ma sta' tranquillo, Kibum sistemerà tutto, va bene?
Rimango chiuso nella mia stanza per giorni; non mangio, non dormo, non mi alzo nemmeno dal letto, sono impegnato a pensare, devo trovare una soluzione. Finalmente la trovo e decido quindi di infrangere la mia gabbia di silenzio. Mi sgranchisco un po’ e apro la finestra, la luce forte del sole mi acceca per qualche secondo. Quando apro la porta della mia camera, cadi ai miei piedi e ti svegli. Sei rimasto qui seduto ad aspettarmi tutto questo tempo? Oh, come potrei mai essere arrabbiato con un pulcino come te? Ti aiuto a rimetterti in piedi e apri appena la bocca per dire qualcosa. Lo so, lo so che ti dispiace, che non avevi intenzione di ferirmi, che hai avuto un attimo di confusione, lo so e non ho bisogno di sentirtelo dire. Sono i sorrisi affettati che ti conquistano? Bene, te ne servo uno dei miei migliori.
‘Buongiorno!’ ti dico e ti abbraccio. Amo il tuo profumo, prima o poi mi ricorderò di chiederti come si chiama.
Mi sembri sbalordito, ti aspettavi una sfuriata, piatti volanti in giro per la stanza? Eh, beh, Kibum è sempre imprevedibile, non lo sai? ‘Jongh caro, scusami tanto per come mi sono comportato, sono proprio uno stupido! Davvero, mi dispiace. E mi dispiace anche per Steph, ci è rimasta tanto male?’
‘Ehm, lei… veramente…’
‘Senti facciamo così, dammi il suo indirizzo, voglio andare a scusarmi personalmente!’
Al posto della faccia hai un punto interrogativo, sei così tenero. Un po’ titubante mi scrivi l’indirizzo su un pezzo di carta e me lo consegni, io ti stampo un bacione sulla guancia e vado a prepararmi. A dir la verità sono un po’ nervoso, non ho mai fatto qualcosa di questo tipo. Non me ne do tanto pensiero, sono troppo occupato a prepararmi. Mi faccio una lunga doccia, prendo il vestito migliore che ho e mi spruzzo un po’ di profumo. Mi dirigo fuori saltellando. Strada facendo mi fermo prima in una piccola pasticceria, prendo dei pasticcini colorati che mi fanno impazzire, appena esco non resisto e ne mangio uno; dio! Sono deliziosi. Poi mi fermo in farmacia e compro tutto il necessario per quel che ho intenzione di fare, sono sempre più teso. Per trovare quella dannatissima casa credo di aver fatto tre volte il giro di tutta la città, alla fine sono costretto a chiedere indicazioni; e, finalmente, eccoci qua. Nascondo il sacchettino della farmacia in tasca e suono il campanello.
Apri la porta sorridendo, ma quando mi vedi la tua espressione cambia e si contrae in una piccola smorfia. Subito mi offri un sorrisetto forzato.
Ti amo in questo momento, ti amo davvero, proverò per sempre a imitare il tuo sorriso; il sorriso che offri solo alle persone che non sopporti o di cui hai un po’ di paura, un inspiegabile impercettibile timore.
Mi dispiace quasi per quello che sto per fare, ma va fatto, anche per il bene di Jongh, che non ne capisce tanto di queste cose, lui. Io rispondo al tuo sorriso, ma il mio è un sorriso sincero, un po’ inquietante, lo capisco da come mi guardi, ma è un sorriso che mi viene dal cuore. Ti abbraccio delicatamente, voglio farti sentire al sicuro. ‘Tesoro! Io sono Kibum, ti ricordi di me? Oh, che maleducato che sono!’ ti porgo la mano e tu me la stringi un po’ titubante, non hai idea di che cosa sta succedendo, sei completamente disorientata. ‘Sono l’amico di Jonghyun… l’altra sera, devi davvero scusarmi!, avevo avuto proprio una brutta giornata e proprio non vedevo l’ora di seppellirmi nel mio letto!’
‘Sì, Jongh… Jonghyun me l’ha detto che non stavi molto bene…’
‘Ecco! Volevo scusarmi tutto qui e…’ tiro fuori il pacchetto della pasticceria e sorrido più che posso ‘ho portato i dolcetti!’
‘Bene, allora… entra, entra pure!’ Alla fine ti sei lasciata convincere, lo sapevo, il mio visetto allegro conquista chiunque. Beh, che dire peggio per te. Ci sediamo sulle poltrone del salotto, che casa adorabile che hai! Mangiamo tutti i pasticcini e ridiamo come dei matti, sai Steph, saremmo proprio una bella coppia, noi due; se avrò un’altra vita starò attento a incontrarti di nuovo. Continui ad agitare la tazzina di ceramica bianca, ogni tanto i miei occhi vengono confusi dai fiorellini dipinti sul bordo.
‘Kibum, caro, andresti a prendermi un’altra tazzina di caffè?’
Chiamami di nuovo in quel modo e lo spazio nel freezer ti assicuro che lo troverò volentieri, a costo di ingoiare  interi tutti i ghiaccioli di Jinki.
‘Certo, vado e torno! Non scappare intanto!’
Non so se sia più stupida questa battuta o tu che ne ridi, avrò tempo più tardi per giudicare, ora è il mio momento.
Prendo la tua tazzina e la mia, vado in cucina, finalmente ci siamo. Ho un attimo di esitazione, la tazzina resta a mezz’aria fra me e la macchinetta. Anche Kim Kibum ha avuto una parvenza di ripensamento alla fine.
‘Key, tesoro! Il mio lo lasceresti amaro?’
La tua voce stridula, i tuoi stupidi modi da stupida ragazza mi riportano alla realtà, cos’è quest'idea del ripensamento? Non siamo ridicoli. Prendo il flaconcino che avevo nascosto, spezzo una decina di pillole e ne svuoto il contenuto nel tuo caffè; aspetto che si sciolga completamente e torno in salotto con te.
Ci sorridiamo e stavolta i ruoli si invertono, il sorriso vero e spontaneo è il tuo, il mio è un ghigno, qualcosa di mostruoso.
La mia espressione non si scompone, rimango sorridendo con la tazzina appoggiata alle labbra mentre bevi il primo sorso.
Svuoti velocemente la tazzina.
Sorridi.
‘Dio, quant’è buono! Ne berrei a litri.’
Sorridi.
Fai una piccola smorfia.
Sorridi.
Ti porti una mano alla gola, ti sporgi in avanti, spalanchi gli occhi, inizi a respirare a fatica.
Sorridi.
Mi guardi con un’aria interrogativa. ‘Che succede?’ mi implori con gli occhi di aiutarti, hai la gola troppo asciutta per parlare, per gridare.
Sorridi.
Ti accasci sulla poltrona e lasci cadere la tazzina che si infrange in mille cocci di ceramica bianca. Qualche frammento ha qualche macchia di rosa, di verde. Le poche gocce di caffè che erano rimaste sul fondo vengono velocemente assorbite dal parquet.
‘Ci hai messo davvero poco. Speravo almeno che avessi aspettato di vedermi andare via!’ Scoppio a ridere, mi compiaccio con me stesso per la battuta. Rido come non ho mai riso; Dio!, quanto sono felice. Prendo l’ultimo invitante pasticcino rimasto sul tavolo e gli do un morso. Al ritorno ne comprerò un’altra scatola e li mangeremo assieme, Jongh, per festeggiare. Esco canticchiando e mi immergo nella calda luce del sole, oggi c’è una gran bella giornata e io sono dannatamente felice. Ora non ci dividerà più nulla, vero Jongh?
  
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