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Autore: cassiana    01/01/2011    8 recensioni
Quale orribile verità si cela dentro una vecchia e polverosa soffitta abbandonata?
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La soffitta

Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.



La soffitta



    Ero chiuso in camera con tutte le luci accese, sconvolto dai brividi e con gli occhi spalancati per il terrore. A quel tempo ero ancora un ragazzino e non bastava molto a spaventarmi, in verità. Ero di una sensibilità forse eccessiva e tutti mi chiamavano femminuccia. In realtà a me non interessava nulla degli altri e miei compagni preferiti erano i protagonisti dei libri, soprattutto fantastici, che divoravo con passione. Era il periodo in cui le mie notti erano sconvolte dagli incubi, talmente orribili che i loro particolari ancora mi sono rimasti impressi nella memoria. In tutti una qualche entità maligna che cambiava di sogno in sogno, mi inseguiva e dovunque il sangue scorreva a fiumi. Di solito sognavo di fuggire in luoghi chiusi, spesso la mia casa, ed ogni incubo finiva con la scoperta del cadavere di mia madre straziato in vari modi. A quel punto mi svegliavo e rimanevo in un penoso stato di prostrazione che si prolungava fino alla mattina.
    Queste notti insonni influivano sulla mia vita scolastica ma mio padre, un commerciante, per quanto mi volesse bene e avesse cercato di farmi anche un poco da madre, non capiva da cosa derivasse la mia debolezza. Io non volevo ammettere di passare le mie notti insonni perché mio padre mi avrebbe vietato le mie letture preferite, cosa a cui non potevo assolutamente rinunciare. Tuttavia mi portò dal dottor Keeany, un suo amico. Mi ricordo la prima visita: il dottore fu gentile e scherzava con me ma si vedeva che in realtà era preoccupato. Dopo circa mezz’ora prese in disparte mio padre e cominciò a confabulare con lui mentre io tremavo dall'agitazione. Seppi, più tardi, che la sua diagnosi fu esaurimento nervoso. Mio padre dovette trattenersi dal mettersi a ridere ed esclamò: "In un ragazzo! Non le sembra un po’ troppo precoce?".
    Ma dovette arrivare ben presto il momento in cui dovette ricredersi e riconoscere che la mia mente vacillava pericolosamente. Accadde durante una calda mattinata di Luglio, la scuola era finita da un pezzo e io passavo le mie mattine oziando nel giardino di casa. Ero seduto sulla veranda pensando a non mi ricordo più che cosa quando un suono attirò la mia attenzione. Era un suono breve eppure mi sconvolse come mai mi era capitato. Un rumore di foglie smosse, accompagnato da un grufolio e da uno scalpiccio. Le foglie del cespuglio più vicino a me si mossero disordinatamente ed in quel momento cominciai a gridare, gridare, gridare finché non caddi in deliquio.
    Mi svegliai non so quanto tempo più tardi nella mia stanza. Accanto a me erano mio padre e il dottor Keeany che mi misurava il polso. Probabilmente fu tutto frutto della mia immaginazione ma cominciai a vedere mostri ovunque. Mio padre dovette riconoscere che effettivamente ero affetto da una vera e propria malattia nervosa. A quel punto confessai anche gli incubi che funestavano le mie notti al che il dottore disse: "Signor Garret, suo figlio non ha bisogno di me ma di uno psichiatra."
Mio padre si ribellò:  “Mio figlio non è matto!" esclamò con violenza. No, non ero matto, ma forse sarebbe stato meglio se lo fossi stato. La verità venne fuori solo dopo molti colloqui con lo psichiatra Edwins. La causa della mia prostrazione nervosa risiedeva nell'episodio che adesso narrerò.
    Accadde un giorno di Dicembre. La pioggia cadeva dalla mattina ed io, dopo aver finito i compiti, dopo aver letto un poco, sbadigliavo dalla noia. La casa era vuota e decisi di andare a esplorare la soffitta. Mio padre me lo aveva proibito perché la scala per accedervi era pericolosa e per tutta un'altra serie di motivi che facevano tutti capo al fatto che era lungo tempo che non veniva sistemata. Ritenni quel giorno fatto apposta per avventurarmi alla scoperta dei Misteri della Soffitta Abbandonata, come li chiamai.
La scala che portava alla botola d'entrata scricchiolava sommessamente mentre salivo e la botola cigolò quando l'aprii. Mi ero portato una lampada per fugare le tenebre e la alzai di fronte a me. Ciò che mi si presentò alla vista mi sembrò del tutto normale.
    La soffitta, naturalmente, era molto polverosa e ingombra da vecchie cianfrusaglie: poltrone dalla copertura strappata, mobili in pessime condizioni, vecchi giornali. La mia attenzione fu catturata da un grosso baule che giaceva in un angolo. Emozionato ed anche un po’ impaurito cercai d'aprirlo, ma la serratura era bloccata. Mentre cercavo un martello o qualche attrezzo simile per scardinarla, il mio sguardo cadde su una cassa. Provai ad aprire quella, allora, ed ebbi successo. Al suo interno oltre che vecchi stracci trovai uno scrigno. Ero emozionato, forse apparteneva a mia madre! Mio padre, infatti, aveva eliminato ogni presenza della moglie dalla casa, anche se non riuscivo a capire perché; ed ogni volta che gli chiedevo di lei mi dava delle risposte vaghe e cambiava discorso.
    Emozionato decisi di controllare l'interno dello scrigno. Mentre stavo per aprire il coperchio un brivido di terrore mi percorse la schiena. Posai in fretta la scatola e rimasi per un lungo tempo così, in preda di un terrore folle che aumentò ancora di più quando una lama di luce uscì dallo scrigno e una serie di bisbigli maligni cominciarono ad invadere la soffitta. Ero così atterrito che non riuscivo a muovermi e l'unica cosa che potevo fare era restare lì ad ascoltare. Le voci mi stavano raccontando di cose turpi avvenute in quella casa. Mi dissero che mia madre era una creatura folle che si compiaceva di orribili delitti e compiva, aiutata dai suoi accoliti, riti satanici. Mi dissero che mio padre avendola scoperta mentre cercava di succhiare il mio sangue aveva compreso la sua natura e l'aveva uccisa, decapitandola e aveva nascosto il suo cadavere nel baule. Naturalmente non me lo dissero così chiaramente, ma questo fu ciò che riuscii a capire. Non aspettai un attimo di più e corsi giù dalle scale con le lacrime agli occhi. Mio padre mi trovò accoccolato davanti alla stufa mentre cercavo di scaldarmi dal gelo che mi aveva penetrato fino alle ossa, in stato di shock. Pensò che avessi la febbre e mi mise a letto ed io mi dimenticai di tutto.
    Il dottor Edwins mi rassicurò affermando che era stata tutta una mia fantasia e da allora ho intrapreso una terapia per placare la mia mente sconvolta. In questi dieci anni sono entrato due volte in un istituto e alla fine sono guarito. Mi sono creato un esistenza normale anche se non sono più tornato nel mio paese natale. Tuttavia in questi giorni sono dovuto tornare per la morte di mio padre. Ieri mattina si sono svolti i funerali ed è stato tutto molto triste. Ho deciso di fare radere al suolo questa casa anche se mi sono sforzato di passare l'ultima notte qui. Sento che dei brividi cominciano a corrermi per la schiena e la paura si sta insinuando dentro di me. Mi sono chiuso a chiave in camera anche se non so se questa sarà una difesa sufficiente. Dei passi dietro la porta....oh, mio Dio, di nuovo quel bisbigliare! Stai tranquillo, non farti prendere dal panico. La porta geme dietro di me, non oso voltarmi. L'armadio alla mia destra si apre, una testa rotola verso di me....Cristo! E' quella di mia madre!.... no, non posso cadere nelle mani di quest'incubo vivente!....so che non potrò uscire vivo da questa casa e piuttosto di affrontare le orribili creature al di là della porta....E' passato qualche minuto, adesso anche le assi del pavimento cominciano a contorcersi. Ho preso il tagliacarte e mi sono tagliato le vene dei polsi...sto perdendo sempre più le forze, il sangue macchia questi fogli, sgocciola sul tappeto...sento che sto morendo....queste sono le mie ultime parole....la porta si spalanca!
Che Dio mi perdoni.....




 

   
 
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