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Autore: Prof    02/01/2011    6 recensioni
Francia aveva smesso di scrivere, e ora, con il mento poggiato sul palmo della mano e il gomito sulla scrivania, attraverso le lenti da lettura scrutava concentrato lo schermo del computer, in assoluto silenzio. Visto da dietro, si potevano benissimo vedere i capelli perfettamente curati fermati da un piccolo nastrino rosso, che formava un bel fiocchetto che ricadeva con dolcezza. Inghilterra si scoprì a pensare che conciato in quella maniera non stava affatto male. Scacciò il pensiero a calci.
Fanfiction in cui Inghilterra sì e Francia no.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The right to be ridiculous
Maritombola: #26. "The right to be ridiculous is something I hold dear." (I'll go crazy if I don't go crazy tonight, U2)   
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francia, Inghilterra
Genere: comico, (un pizzico di erotico)
Rating: giallo
Avvertimenti: oneshot, shonen ai
Disclaimer: di Hidekaz Himaruya
Note: si ringrazia per la supervisione ladyaethelflaed, soprattutto per avermi sopportato. Da tempo avevo voglia di scrivere una fanfic in cui Inghilterra sì e Francia no. XD
Riassunto: Francia aveva smesso di scrivere, e ora, con il mento poggiato sul palmo della mano e il gomito sulla scrivania, attraverso le lenti da lettura scrutava concentrato lo schermo del computer, in assoluto silenzio. Visto da dietro, si potevano benissimo vedere i capelli perfettamente curati fermati da un piccolo nastrino rosso, che formava un bel fiocchetto che ricadeva con dolcezza. Inghilterra si scoprì a pensare che conciato in quella maniera non stava affatto male. Scacciò il pensiero a calci.




The Right to be Ridiculous



Le dita di Francia scivolavano veloci e precise sulla tastiera nera, producendo con ritmo cadenzato un'orecchiabile, seppur curiosa, melodia.
Improvvisamente il rumorio cessò, e Inghilterra voltò appena la testa verso l'altro, che gli dava le spalle seduto alla scrivania.

Francia aveva smesso di scrivere, e ora, con il mento poggiato sul palmo della mano e il gomito sulla scrivania, attraverso le lenti da lettura scrutava concentrato lo schermo del computer, in assoluto silenzio. Visto da dietro, si potevano benissimo vedere i capelli perfettamente curati fermati da un piccolo nastrino rosso, che formava un bel fiocchetto che ricadeva con dolcezza. Inghilterra si scoprì a pensare che conciato in quella maniera non stava affatto male. Scacciò il pensiero a calci.

Stava già per alzarsi speranzoso dal letto sul quale si era accasciato, in attesa che l'altro si fosse ricordato dei suoi doveri da ospitante, ma il ticchettio riprese prima che lo stimolo dei nervi arrivasse ai muscoli per dargli il comando.
Inghilterra sbuffò, lasciando galleggiare lo sguardo verso il soffitto; nelle orecchie ancora il rumore dei tasti pigiati.

A ben ricordare Francia era appiccicato a quel dannato computer da quando lui aveva bussato alla porta della suddetta rana, e preteso di entrare; quindi, se l'orologio non scherzava, almeno tre quarti d'ora erano passati.

Anzi, Inghilterra era rimasto ben stupito che Francia lo avesse condotto direttamente alla sua stanza, senza perdersi come al solito in inutili convenevoli e frivolezze, e per giunta andando direttamente incontro ai suoi desideri senza che gli fosse stato detto niente – e su questo non c'era molto da ragionare, visto che in fondo Francia non era nient'altro che un pervertito della peggior specie.

O almeno, questo è quello che aveva pensato Inghilterra; se non che, entrando nella camera da letto, Francia invece di fare quello che avrebbe dovuto fare, o che l'ospite si aspettava che facesse, si era diretto con estrema tranquillità davanti al computer acceso, e sedutosi alla scrivania con un gesto fluido, gli aveva detto con tono non curante che “poteva pure accomodarsi”.

E Inghilterra si era accomodato, questo sì; in un primo momento, quasi come se fosse stato intimidito, o facendo solo palesemente finta di non avere secondi scopi, si era seduto appena sul bordo del letto. Dopo dieci minuti di silenzio, salvo il rumorio della tastiera, si era schiarito la voce e aveva chiesto nel modo più gentile che gli poteva venire che diavolo stesse facendo Francia.
La risposta pervenuta fu rapida, troppo rapida per uno che amava parlare a oltranza, e troppo vaga, con un tono che lasciava intendere la poca importanza dell'argomento: un “semplice documento da correggere e poi da rispedire a Germania” gli aveva detto, insomma questioni burocratiche e noiose legate all'Unione.

Dopo venti minuti Inghilterra si era seduto più all'interno del letto, in una posizione molto più comoda, e non poteva fare a meno di chiedersi se quel documento fosse davvero così noioso, visto che a quanto pareva assorbiva molte attenzioni francesi; ed era risaputo che genere di materiale era in possesso di mani tedesche. Altro che documenti per l'Unione Europea... Pervertiti. Entrambi!

Dopo trenta minuti, la pazienza andata a farsi benedire direttamente da quell'altro rompiscatole di Vaticano, Inghilterra si era lasciato cadere a pancia insù sul letto, di traverso, e ogni tanto lanciava occhiatacce di fuoco in direzione di Francia, ma tanto quello gli dava le spalle quindi c'era poco da fare, oltre a sbuffare a ripetizione.

A quasi un'ora dal suo arrivo, Inghilterra si poteva dire decisamente irritato: non era concepibile da mente inglese che Francia, con lui sottoscritto, in una camera provvista di letto, con nessunissimo altro rompiscatole in giro per casa e con tutto il tempo del mondo, non avesse ancora combinato, nella maniera più assoluta, nulla.   
Qualunque cosa ci fosse scritta in quella dannata mail tedesca, non poteva essere così importante da tenerlo muto per quasi un'ora.

Con uno scatto Inghilterra si alzò dal letto, incamminandosi con apparente tranquillità verso la rana; non aveva abbandonato la casa in mano di Scozia per un nonnulla.
Arrivato di fianco all'obiettivo, poggiò una mano sulla scrivania; gli fu concessa una breve occhiata, seguita da un “Mh?” interrogativo.

Inghilterra chiuse gli occhi, e mentre si concedeva un breve sospiro contò mentalmente fino a dieci, saltando i numeri pari. Quando li riaprì Francia aveva il naso ancora appiccicato allo schermo del computer.

“Ci vuole ancora molto con questo documento?” e davvero fece di tutto perché il tono risultasse più neutro possibile; che invece fosse uscito piuttosto irritato era solo un'impressione. Nient'altro.
Francia non lo degnò nemmeno di un'occhiata questa volta: “Ci vuole il tempo che ci vuole, Angleterre; tu intanto fai come se fossi a casa tua.”

Se gli indizi c'erano già tutti, quella fu senz'altro la prova che fece luce sul caso. Inghilterra aggrottò, se è possibile, ancora di più le sopracciglia, mettendo su il broncio più seccato che aveva nel repertorio.
Non sapeva che diamine si era bevuto Francia per essere così “tranquillo” quel giorno; stava di fatto, però, che non gli andava affatto bene, e avrebbe fatto tutto quello che necessitava affinché le cose cominciassero a girare come voleva lui, o come doveva essere fin dal principio.

Fece una leggera pressione sulle spalle di Francia, costringendolo a indietreggiare con la sedia fino a staccarsi dalla scrivania, e senza aspettare un sì, un no, un nì, con la grazia di un'imposizione si sedette, divaricando le gambe, sulle cosce dell'altro, in modo da, uno, poterlo incenerire con una sola occhiata, due, occupargli completamente la visuale impedendogli di vedere nient'altro che non fosse il suo sguardo assassino.

Senza nemmeno aspettare che l'espressione stupita svanisse dal viso di Francia, e senza nemmeno chiedere “permesso” - che tanto una tale educazione con la rana sarebbe stata gettata al vento – allacciò le braccia dietro al collo dell'altro, avvicinando il proprio viso fino a sentire sulle labbra il respiro caldo dell'altra Nazione.

All'ultimo virò deciso, sfiorando appena le labbra dell'altro, fino a posare le proprie sull'orecchio destro di Francia, cominciando senza indugio a stuzzicarlo, con piccoli morsi, prendendo la carne trai denti, leccando e baciando quasi con foga.

Sentì distintamente le braccia di Francia scivolargli lungo i fianchi, il suo corpo tendersi sotto di lui e verso di lui, e stava già esultando internamente per aver trovato una soluzione a quell'apatia, quando d'improvviso, tra un bacio veloce e l'altro, gli mancò l'appoggio del collo dell'altro.

Inghilterra ci mise qualche secondo di troppo per capire che Francia, invece di gradire il trattamento che non si stava meritando, aveva allontanato la testa fino a farla sporgere oltre la sua spalla. Sentì di nuovo quel ticchettio battente sui tasti, solo più lento e incerto.

Rimase per un'indistinta manciata di secondi a bocca aperta, in momentanea apnea, soppesando bene cosa Francia stava non facendo; d'istinto si aggrappò con più forza alle sue spalle, stringendolo in un abbraccio forse un po' troppo stretto. Francia, invece di lamentarsi, soffocò una risatina.

“Cosa c'è di tanto divertente in quel cavolo di documento crucco?” chiese, in pratica sbuffando contro la spalla dell'altro.
“Niente.” gli fu risposto con un tono schifosamente lieto. “Anche perché sto leggendo delle mail di Italia. Il documento per Germania l'avrò finito di visionare da almeno più di mezz'ora.”

Inghilterra raddrizzò la schiena scattando come una molla, tenendo ancora ben salda la presa su Francia, nemmeno ci fosse stata la possibilità che si mettesse a scappare. Non si preoccupò nemmeno di dissimulare l'espressione di pura irritazione stupita che sicuramente gli era dipinta in volto.
“Tu... cosa?!” esclamò con voce troppo stridula.

Francia lo scrutò interrogativo, come se non stesse capendo veramente quale fosse il nocciolo della questione: “Sto rispondendo a delle mail di Italia.” ripeté scandendo bene le parole.
Inghilterra si concesse due secondi per sbattere le palpebre, prima di esplodere indignato: “Ma se Italia abita praticamente appiccicato a te!”
Francia gli concesse uno sguardo interrogativo: “E questo... che c'entra con le mail?”
“C'entra che quel disastro ambulante ficcanaso e rompiscatole ti verrà a fare visita una volta sì e pure l'altra!”
“Italia non è un rompiscatole, Angleterre!”
“E invece sì! È così rompiscatole che rompe le scatole pure quando non c'è!”

Solo a quel punto Inghilterra di accorse di aver alzato troppo il tono della voce, o per meglio dire di aver praticamente urlato. Sotto di sé Francia lo scrutava tra lo stupito e il sorpreso, senza emettere fiato. Inghilterra continuò a sostenere lo sguardo, pregando che tutto quel calore che gli aveva invaso il viso non lo stesse palesemente tradendo. Al massimo sarebbe stato costretto a strozzarlo.

A sorpresa però, Francia chinò la testa, sopprimendo malamente una risata dietro la mano.
“Angleterre... sei ridicolo...”

Inghilterra avvampò all'istante, punto sul vivo, indignato fino al midollo per lo sghignazzamento indecoroso che aveva come oggetto la sua serissima persona.
“È un mio diritto, stupida rana! E sarà mio diritto essere ridicolo almeno fin quando sarà diritto di Italia essere un rompiscatole!”

Francia scoppiò a ridere senza ritegno.
Poggiò una mano sul capo di Inghilterra e con troppa forza gli scompigliò tutti i capelli, aggiungendo caos al caos.
“Oh, povero bambino che nessuno ascolta!” lo schernì, praticamente soffocando dalle sue stesse risate.
Senza preavviso strinse in un abbraccio Inghilterra, che si irrigidì all'istante; e mentre lo canzonava e lo prendeva in giro, ricevendo come compenso strilla e maledizioni stridule direttamente nelle orecchie, tra l'agitarsi sdegnato di Inghilterra riuscì a premere il tasto invio della tastiera.

    




   
 
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