Jàrnsa ed Hel, che nel frattempo era corsa ad abbracciare l’umana colma di gioia, attesero che la maestosa flotta di drakkar compisse il proprio ingresso all’imbocco del fiordo. Molta gente abbandonò le proprie occupazioni per correre a salutare i nuovi venuti; tutti rimasero colpiti dal numero elevatissimo delle navi e dei rispettivi passeggeri. Nessuno si era accorto che su quei drakkar fossero presenti soprattutto dèi ed einherjar! Ci si domandava, in effetti, come fosse possibile che, partita una sola imbarcazione per l’Islanda, ve ne fossero così tante di ritorno, per di più cariche di passeggeri, ma la meraviglia del momento mise a freno questi interrogativi. Subito il locale comandante delle truppe si recò al porto per accogliere i rinforzi appena arrivati mentre la folla, festante, si rallegrava per l’arrivo di un aiuto così consistente che avrebbe contribuito alla lotta contro i giganti, ne erano sicuri. Tutti ritrovarono ottimismo e speranza alla sola vista di quelle navi.
C’era grande trambusto sulle banchine, quel giorno: civili e truppe si erano precipitati per assistere a quell’evento e per dare l’accoglienza migliore che potessero a quelli che già consideravano eroi della patria ancor prima di averli visti scendere. Hel scortò Jàrnsa, aiutandola a farsi strada tra la folla, perché potesse riabbracciare quanto prima il marito Baldrir. Non fu loro facile, in effetti, arrivare sul luogo dell’approdo, e diversi furono gli spintoni che fu necessario assestare a coloro che erano troppo pigri o troppo poco riguardosi per spostarsi, anche dopo una gentile richiesta verbale. Infine Jàrnsa incrociò da lontano, in un attimo che non avrebbe di sicuro dimenticato per molto tempo a venire, lo sguardo del marito, che si apprestava a scendere dall’imbarcazione. Si domandò quali e quante stragi quei cari occhi avessero visto; subito si promise di evitare di parlarne con Baldrir. Meglio, piuttosto, dargli semplicemente l’affetto che gli era mancato per tanto tempo e che anch’ella non vedeva l’ora di rendergli, si disse.
Anche se
alla donna parve che ciò avesse richiesto
un’eternità, in poco tempo Baldrir,
facendosi largo tra i compagni e le numerose persone che, festanti,
acclamavano
lui e gli altri a gran voce, riuscì a raggiungerla; non
disse nulla fino ad
allora. Procedeva, deciso, guardandola dritto negli occhi, come se
volesse che
la sua attenzione non fosse attirata, anche solo accidentalmente, da
nulla e
nessuno che non fosse lei. Arrivato dinanzi a lei le diede un lungo e
appassionato bacio, stringendola con le mani ancora graffiate dalle
numerose
battaglie che avevano combattuto. Gli sfuggirono, come sfuggirono a
Jàrnsa,
lacrime di commozione, che sia l’uno che l’altra
avevano temuto di non poter
mai più piangere. La donna chiuse gli occhi, sentendo il
ventre del marito
ondeggiare a ogni respiro, come amava fare ogni volta che si
abbracciavano;
infine i due sciolsero l’abbraccio, sorridendosi felici. Hel
li guardava a
breve distanza, sentendo qualcosa di piacevole dentro di sé,
che non avrebbe tuttavia
saputo descrivere.
- Su quella
neve dovevi esserci tu! –
disse
semplicemente Jàrnsa al marito, piangendo ancora.
Thorgrim
Haraldsson, appena sceso dal drakkar
Fjölnsviðr,
si guardava attorno spaesato. Non si
aspettava un’accoglienza del genere, dato che alla partenza
poche erano le
persone presenti sul molo per salutare la spedizione; a lui che, per di
più,
era un introverso di natura, l’essere acclamato come un eroe
procurava un certo
imbarazzo, compensato solo in parte dalla gratificazione che quel
trattamento
gli garantiva. Lo faceva sentire strano l’idea che,
normalmente, la gente lo
tenesse limitatamente in conto o che, quantomeno, lo trattasse come
chiunque
altro, mentre in quel momento, per come lo guardavano, avrebbe potuto
benissimo
essere un re. Nonostante le sue perplessità cercò
di comportarsi nel modo che
riteneva più opportuno alla situazione, salutando, tra molti
sorrisi, la folla
accorsa anche per lui. Quest’ultima non aveva saputo nulla
dell’ammutinamento
che a Thorgrim era toccato in Islanda, così si era sparsa la
voce che egli
fosse ancora il comandante della spedizione e, naturalmente, questo gli
garantiva
la maggior parte delle attenzioni della folla. Baldrir non vi
badò: in quel
momento pensava solamente a Jàrnsa. Al contrario Thorgrim,
rendendosi conto di
questo fatto, che un poco lo inquietava, cercò di parlarne
con Baldrir, usando
la dovuta discrezione. Felice per l’amico, attese che questo
si allontanasse un
attimo dalla moglie, che salutò gentilmente, e gli
parlò.
- Baldrir… questa gente mi ritiene ancora il comandante.
Dovrebbe
toccare a te, mi dispiace…
- Non c’è nulla di cui dobbiate dispiacervi, comandante.
Anzi,
vista la professionalità che avete dimostrato sulla nave e
viste le vostre
ormai migliorate condizioni di salute, vi rinomino ufficialmente
comandante!
Thorgrim si allontanò un poco da lui, guardandolo fisso,
come per
metterlo meglio a fuoco; non se lo aspettava, ma non gli nascose la
propria
felicità.
- Grazie, Baldrir. Sapere di poter contare su qualcuno come te
è quanto
di meglio si possa chiedere a un amico. Sarai sempre trattato con il
riguardo
che meriti!
Gli sorrise, lasciandolo di nuovo in compagnia della moglie.
Osservò,
felice, i suoi compagni venire accolti. Vide, tra gli altri, Erik
Magnusson e
lo stesso Sweyn Sigurdsson, verso il quale non nutriva più
nessun rancore per
il fatto che fosse stato il fomentatore dell’ammutinamento.
Non era il momento
per serbare rancore, era solo quello di essere felici!
Mentre si dirigeva dal capo delle truppe di stanza nella regione, accorso apposta sul luogo, il comandante Haraldsson notò una mendicante che, forse solo per l’eccitazione del momento, gli parve bellissima, anche sotto degli abiti laceri. Lei lo riconobbe.