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Autore: Evazick    03/01/2011    4 recensioni
(Seguito di Lethal Bloody Venom, dopo "A Dangerous Christmas")
"Non sono così forte come dici, Jennifer," le dissi dentro di me. "Sto in pena per lui, rido ma non smetto un attimo di preoccuparmi, ho paura che non torni mai più. Sai, pensavo di avere un cuore a prova di proiettile, di poter resistere a qualunque cosa come una roccia… ma mi sbagliavo. Non ce l’ho, e non lo avrò mai."
(AU! Killjoys, make some noise!)
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Disclaimer: i MCR, Grace e Korse non mi appartengono, ma tutti gli altri personaggi sì. Qualunque cosa riguardante Battery City e i Killjoys è frutto della mente contorta di Gerard Way, e io mi limito ad usarle per far contenta la mia mente malata. Ah, e non scrivo per soldi.
Nota dell'autore: eccomi tornata con un'altra storia di Eve (scritta in un altro carattere, così Dawn_ ci legge meglio XD). I My Chemical Romance appariranno fra qualche capitolo, non vi preoccupate. Ah, e desidero festeggiare con voi il fatto che ho ricevuto i biglietti del concerto per Natale ù.ù *felicità al settimo cielo*
Pubblico questa storia da oggi perchè è il compleanno di Kumiko_Chan, la mia fedele critica ^_^ Grazie per tutti i tuoi scleri e le tue recensioni omeriche, grazie per Gerard il Vichingo, per Simon che è stile 'Cubicles andante' e il coyote pedofilo (e sai di cosa parlo XD), grazie per avermi recensito sempre e comunque. Ci conosciamo da pochi mesi e non ci siamo mai incontrate, ma sei diventata importante per me. Ti voglio bene, Sunshine. <3

A Challenge

 

STRIKE! Per la terza volta di fila!”

“Ma come diavolo fai?! Per favore, spiegamelo!”

“Niente affatto. Pagare, prego.”

Sbuffai scocciata e allungai due dollari alla nanetta di dieci anni coi capelli ricci che stava accanto a me con un’aria soddisfatta. Si infilò i soldi in tasca e poi guardò verso di me con un sorriso smagliante. “Giochiamo di nuovo?” mi chiese angelica.

“’Fanculo, Grace! Mi avete praticamente rubato tutti i soldi, tu insieme al bowling!”

“Non è colpa mia se sei una schiappa,” replicò lei con una smorfia di sfida. Le rivolsi uno sguardo furioso che lanciava fulmini e la voglia di saltarle addosso e fargliela pagare a forza di solletico era forte, ma la bambina scappò dai miei piani non appena vide una figura alta, bianca e azzurra fermarsi sulla strada e venirci incontro. Lo salutò e lo abbracciò da piccola ruffiana quale era. “Ehi, Grace,” la salutò Joshua per poi rivolgersi a me. “Cos’è successo mentre ero via?”

“È successo che quella piccola peste – indicai la bambina – mi ha fottuto tutti i soldi battendomi per cinque volte di seguito a bowling. È semplicemente ingiusto!”

“Però una partita l’hai vinta,” mi disse lei come se mi stesse facendo un enorme favore. Sì, ma si vedeva benissimo lontano un miglio che mi hai lasciato vincere, pensai amaramente, ma almeno mi ero guadagnata un paio di munizioni in più per la mia pistola a raggi. E quelle facevano sempre comodo nel 2019, in quella che un tempo era la California.

Avevo quasi perso il conto dei giorni passati da quando ero tornata di mia spontanea volontà in quel mondo parallelo, ma sapevo perfettamente che erano passati circa quattro mesi. Non avevo nessun rimorso per quello che avevo fatto, per tutto il dolore che avevo causato abbandonando la mia famiglia e i miei amici, ma onestamente quello era l’ultimo dei miei problemi. Adesso che non c’erano più i My Chemical Romance, i Killjoys erano rimasti tre: io, Showpony e Grace. Ed era molto più complicato gestire la situazione in un numero così limitato invece che in sette. A volte speravo che i ragazzi tornassero, ma sapevo che era impossibile: non avevano legami con quel mondo, erano stati loro a decidere di andarsene, e di sicuro vivere una vita costantemente sul filo del rasoio e in pericolo non mancava decisamente loro. Io invece avevo rinunciato a tutta la mia vita per seguire il mio destino e il mio amore, ed ero pronta ad affrontare qualunque cosa pur di restare con Joshua. Come se mi avesse letto nel pensiero, il ragazzo mi si avvicinò e mi baciò dolcemente.

Non era successo nessun avvenimento straordinario in quei quattro mesi (tranne i soliti scontri con i Draculoidi) rispetto a quel mio primo mese in California, un sacco di tempo prima. Il mio incubo personale, Simon, era finalmente morto, non c’erano più stati rapimenti improvvisi e non vedevo Korse da un sacco di tempo. Finalmente le cose iniziavano a girare nel verso giusto, considerata la mia epocale sfiga, sempre pronta a farmi finire in situazioni da cui dovevo tirarmi fuori usando tanta fantasia e colpi di culo. Come quando dovevo fermare un furgone della Better Living mentre io lo rincorrevo pattinando. O come quando avevo dovuto salvare me e Gerard da un esercito di scheletri agli ordini di un demone. Oppure come quella volta che ero riuscita a scappare dal garage assediato da Simon attraverso un buco nel muro. O come…

Eve, dacci un taglio, mi zittì la mia vocina interiore, annoiata da tutti i miei discorsi senza senso (o seghe mentali, come dir si voglia). Sorrisi: la potevo considerare quasi un’amica, un’amica isterica e nevrotica da proteggere e che non era mai d’accordo con me, ma che in fondo mi sarebbe mancata se non ci fosse stata.

“Terra chiama Eve, terra chiama Eve.” Joshua sventolò la sua mano davanti ai miei occhi con un sorriso, e mi accorsi solo in quel momento di essermi incantata e persa tra i miei pensieri. Lui mi guardò preoccupato. “Tutto okay? Sembravi totalmente da un’altra parte.”

“Sì, tranquillo. Stavo solo pensando a delle cose.”

Lo vidi intristirsi leggermente, e gli occhi grigi gli si annuvolarono. “Hai nostalgia di casa?” mi sussurrò.

“No, non è questo,” gli sussurrai di rimando. “Non è niente di cattivo. Vagavo solo un po’ con la testa, tutto qui.” Lo abbracciai forte. “Lo sai che non potrei mai rinunciare a te.”

Lui si tranquillizzò e poi mi lasciai cullare tra le sue braccia.

 

Un paio di giorni più tardi la situazione era la stessa: Showpony era andato a sbrigare delle cose per il Dr. Death Defying, e io e Grace eravamo dietro il Diner che ci allenavamo con le pistole a raggi. Anzi, a dir la verità stavamo giocando a chi colpiva più oggetti. A differenza del bowling stavo letteralmente stracciando la bambina, che aveva iniziato a usare la sua pistola viola da nemmeno un mese ed era una totale imbranata. Un poco alla volta riuscii a vincere tutti i soldi che avevo perso, e alla fine non potei fare a meno di soffiare sul foro d’uscita del proiettile e di infilarmi la pistola nella cintura come se fossi stata un cowboy. Grace continuava a fissarmi stupita, incapace di realizzare che, una volta tanto, ero stata io a battere lei. “Uno a uno, palla al centro,” le dissi con un ghigno malefico. “Pensaci due volte prima di sfidarmi ancora a una sparatoria.”

“Giochiamo a bowling?” mi chiese lei disperata.

“Niente affatto, fammi godere un po’ la vittoria,” dissi, ma poi andai nel garage a recuperare dieci lattine bianche vuote della Better Living e un paio di sassi della dimensione giusta che avevo poi lisciato per trasformarli in due palle perfette. Sembrava più di giocare a bocce, ma ci divertivamo lo stesso.

Ovviamente la bambina vinse, ma questa volta mi lasciò tenere i soldi che mi ero faticosamente riguadagnata. Stavamo terminando la seconda partita quando Joshua ci raggiunse: non aveva più addosso la tenuta da Showpony, ma un paio di jeans e una maglietta. Aveva un’aria preoccupata, e si vedeva che aveva corso. Mi preoccupai immediatamente. “Che è successo?”

“C’era…” iniziò, con ancora il fiatone. “C’era una ragazza, sul ciglio della strada, a dieci chilometri da qui. Sembrava svenuta, o forse era morta o stava male, e l’ho portata qui. È dentro il Diner, l’ho messa su uno dei tavoli.”

Ero sorpresa: Joshua era un tipo sospettoso a causa del suo passato, non si metteva a portare in salvo ragazze svenute. Normalmente avrebbe controllato accuratamente che non fosse una spia della Better Living, ma chissà perché quella volta non l’aveva fatto. Forse perché lei sembrava morta e lui voleva saperne qualcosa di più. Lasciai perdere il bowling e corsi a tutta velocità verso l’interno del Diner: la ragazza era lì, sdraiata sul tavolo vicino alla porta. I jeans e la maglietta erano sporchi di sabbia, e i capelli rossi in disordine. Inizialmente non la riconobbi, ma non appena Showpony e Grace entrarono sbarrai gli occhi e feci per urlare, ma il ragazzo mi tappò svelto la bocca. “La conosci?” mi chiese togliendomi la mano dalla bocca. Non feci in tempo a rispondergli che la ragazza si svegliò. Sbatté le palpebre, confusa, poi si mise a sedere a fatica. Non appena il suo sguardo incrociò il mio spalancò gli occhi e urlò: “Eve! Tu cosa ci fai qui?”

Jennifer?!

  
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