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Autore: PeaceLove    03/01/2011    6 recensioni
Ecco una brevissima storia sull'origine dell'omonima canzone. E' la prima fic che pubblico, siate clementi! Buon lettura :)
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 Giugno 1964 ore 2.50 del mattino

“Piove troppo qui!” disse John a Neil, mentre il furgoncino sgangherato che avevano a disposizione per muoversi tra i canguri procedeva lento nel buio. “Vedrai che domattina andrà meglio!” rispose Neil, poco convinto. Nonostante fossero in Australia, una terra abbastanza calda e soleggiata, la pioggia continuava a battere ininterrottamente sul parabrezza, nello stesso identico modo con cui batteva, la sera prima, sulle teste dei Fab,in concerto ad Adelaide. C’era voluta una giornata intera prima che John Lennon capisse che quello era il nome di un luogo, e non della prostituta con cui aveva passato un’indimenticabile notte a Thaiti. Era giugno, ma le condizioni meteorologiche sembravano non seguire le stagioni. “Ti manca Ringo, John?” commentò Paul. “Cha cazzo c’entra Ringo con questo tempo di merda, vuoi spiegarmelo McCartney?” fu l’acida risposta di Lennon. “Sei stressato, John.” Ribadì dal canto suo Paul. “Mi sa che lavoriamo un po’ troppo. Abbiamo tutti bisogno di una vacanza!” “Ma noi siamo in vacanza, Pauline!” disse George. “Che cosa significa per voi la parola Australia?” “Pioggia.” Ribadì John. “Tanta, troppa pioggia!” Brian alzò gli occhi al cielo. “Falli zittire, Neil. Per favore!” “Comandi, capo.” “E non chiamarmi capo se possibile, grazie.” John notò che Jimmy non era per niente a suo agio, e non se ne curò affatto. Lui aveva proposto a Brian di saltare il tour, una volta che Ringo rese noto agli altri l’imminenza dell’intervento alle tonsille. Ma il manager non ne voleva sapere, gli incassi promettavano faville e a Brian non importava se i ragazzi non volevano suonare senza Ringo. “L’importante” disse loro prima del tour “è che voi saliate su quel fottuto palco. Potete tranquillamente far finta di essere statue di cera, quelle donzelle esagitate non se ne accorgeranno minimamente.” Ciò che non entrava in testa a Brian era che, senza Ringo, loro non erano più i Beatles. Ma ormai erano lì, con il piscio degli angeli che colava dal cielo, rendendo quello schifo di tour un vero e proprio supplizio. “Ragazzi vi prego,” disse Neil “non è proprio il momento! Finiamo questo maledetto tour e torniamocene dalle nostre donne, ok?” “La fai facile tu, “road manager”!” replicò John. “Bada a come parli, Lennon. Forse io non dovrò suonare circondato da ragazzine adoranti, ma la mia professione è tale e quale alla tua. Non sono inferiore a nessuno, chiaro?” “Non scaldarti tanto, Neil!” e poi aggiunse: “Quanto odio questa pioggia!” “Perché le persone si lamentano del tempo?” domandò con voce timida Jimmy. “Insomma, sembra che tutti non possano vivere senza un pezzo di sole che scalda i loro giardini, ma noi del sole non abbiamo minimamente bisogno, anzi. Non è bellissimo bere un tè caldo all’inglese davanti al caminetto e con un buon libro in mano, in un giorno …” indicò con una mano la pioggia fuori dal finestrino. “… come questo?” Dopo quel bel discorsetto John iniziò a guardare Jimmy sotto una luce diversa. Se ne stette zitto per un bel po’, e poi, compiaciuto di se stesso, decretò il suo verdetto: “Tu sei un dannato genio, Jimmy Nicol!” Si sentì Paul in sottofondo: “Benvenuto nel club, amico!” John si voltò verso di lui sgranando gli occhi. “Ok, ok. Me ne sto zitto.” E di nuovo John: “Che ne dite di scrivere qualcosa sulle persone che si lamentano sempre del tempo?”

16 Aprile 1966 ore 4.30 del mattino

“Sono a casa!” urlò John al nulla, entrando in soggiorno. “Dannazione Cyn, è questa la tua impedibile accoglienza?” Cyn scese le scale. Due profonde occhiaie le segnavano il viso. “Fa piano, John! Finirai per svegliare Julian!” John annuì. “Ok. Vai a dormire. Io provo a lavorare sul pezzo.” “Ma John! Sei appena tornato dallo studio! Ti prego, vieni a letto.” “Sta’ zitta, Cyn! Vengo dopo.” La liquidò lui, chiudendosi la porta alle spalle. Appoggiò la sua chitarra sul pianoforte impolverato, urtando qualcosa di duro, che,cadendo a terra, si ruppe in mille pezzi. “Cazzo!” sussurrò John riconoscendo nello strumento il metronomo. “Perché Dio è così buono da non voler farmi lavorare?” Provò a raccogliere i pezzi ma si tagliò con il vetro. “E va bene,” disse succhiandosi la ferita. “oggi ascolto e basta.” Mise il nastro sul registratore, e lo fece partire. “E questo che diavolo è?” si domandò John ascoltando il suono della sua voce che pronunciava parole incomprensibili. Solo allora notò che il nastro era al contrario. “Mi piace.”

“John? Che stai facendo?” domandò Cyn. Suo marito era in ginocchio, appoggiato con i gomiti al letto. In mano teneva un vecchio rosario di zia Mimi. “Non si vede? Sto pregando.” Cyn era sorpresa. “Tu … preghi?” “Sì.” Rispose John, come se fosse la cosa più normale al mondo. “Ringrazio Dio per avermi fatto scoprire una nuova tecnica di mixaggio. Lo sai, Cyn, il nostro nuovo singolo venderà milioni di copie!”
  
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