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Autore: _Scarlet_    14/12/2005    3 recensioni
Scritta di getto per presentare la mente di un personaggio. Niente di che. Inizio forse di una storia più lunga...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Forse sono i suoi occhi. Ho sempre avuto un debole per gli occhi, mi sconvolgono gli occhi. Mi ghiacciano il sangue nelle vene. Tutti i tipi di occhi, nessuno escluso, che siano dolci, impauriti, languidi, vanitosi, terrorizzati, terrificanti, deformi. Tutti.

Per questo indosso sempre occhiali scuri, non certo per vezzo estetico. Da almeno un decennio ho passato l’età dei vezzi estetici. Li porto perché mi evitano di incrociare gli sguardi altrui, o almeno di distinguerli troppo nitidamente. Ne risente la mira, ma fino ad ora nessuno si è lamentato, se escludiamo gli psicologi del plotone.

L’ultimo Freud mi ha dato dello “psicotico” nel suo rapporto bimestrale, sottolineando più volte questa mia dipendenza da un così semplice ritrovato della tecnologia umana e mettendola in relazione ad un presunto eccesso di violenza da parte del sottoscritto. Quando gli ho estirpato l’esofago lo ha addirittura gridato, aggiungendoci un poco gentile “fottuto”. Fottuto psicotico. E poi zak…via gola, via voce. Aveva più palle di quanto si potesse immaginare il dottorino…

Ricordi. Sadici, piacevoli ricordi. Il rumore delle macchine da guerra che corrono in lungo e in largo per il villaggio è, volendo usare un eufemismo, assordante. I cingoli sono inadatti ad un’arte raffinata come la guerra, il loro chiasso, oltre a distrarmi dal flusso del mio rimembrare,  mi impedisce di godere appieno dello sguardo di questa ragazzina.

Avrà probabilmente quindici o sedici anni, ma è già una donna ormai. Lo si legge nella sua espressione: matura. Quella maturità che non viene dalla cultura, dallo studio, dalla riflessione ma dalla cruda esperienza della vita. Provo un vago fremito di piacere nel constatarlo.

Anche il suo corpo però annuncia con ciarlante evidenza il suo non essere più bambina: coperta com’è da solo un lenzuolo in lino lercio di fango e pioggia, lascia vedere il seno tondo, pieno ma quasi cadente e i fianchi sporgenti, abbondanti, così in contrasto con un volto sottile e pulito come il suo.

Parla nella sua incomprensibile lingua, ma non spreco fiato per dirle che non la capisco. Primo, lo sa benissimo. Secondo, non mi capirebbe a sua volta. Uso lo stesso metodo razionale quando si tratta di conversare con mia moglie e infatti non litighiamo da almeno vent’anni. Sono vent’anni che non ci parliamo. Ecco come si evitano i divorzi, altro che terapie di gruppo o psicologi della coppia!

Si alza tremante, la mente detta i movimenti al corpo che però preferisce ascoltare i consigli della paura, e incede incerto. Mi da le spalle e si dirige a un accumulo di sterpaglie e fieno. Il suo fondoschiena butterato ha qualcosa di affascinante, mi ricorda una Luna di cioccolata che ondeggia nel cielo notturno. Se un proiettile non mi avesse ridotto in pezzi la macchina fotografica imprimerei su pellicola i suoi glutei selenici.

Ora ha in braccio un neonato, estratto dal groviglio di erba verso cui si era diretta. Si volta e me lo mostra come se fosse una sorta di messaggio universale, come se quel botolo di carne significasse “Non puoi farmi del male”. Oh, leggo la speranza nei suoi occhi, un sentimento prorompente che si specchia nello sguardo ignaro di tutto del bambino, uno sguardo sereno e incurante di ciò che sta accadendo. Beati i bambini. Dovremmo ucciderli tutti prima di compiere un anno, evitandogli l’inutile resto dell’esistenza.

Le sorrido in modo benevolo, corrugando le numerose cicatrici che attraversano il mio volto rosso come i canali attraversano la superficie di Marte. In mezzo a tanto macello, a tante urla, a tante grida, a tanto sangue, a tanti proiettili, a tanti morti deve essere il paradiso per lei trovare qualcuno che le mostra un sorriso.

“Capitano, le navi sono sbarcate sul pianeta…”

Mi volto lentamente per ritrovarmi di fronte l’irritante grugno di Hottkiss, secondo in comando in questa operazione, come suo solito apparso in silenzio alle mie spalle. Irritante comportamento. Lancia uno sguardo indifferente alla giovane, aspettando un ordine da parte mia. Penso che questo insulso essere sia nato per ricevere ordini, anzi, che goda nel riceverne. Forse prova un perverso senso di compiacimento nel sentire che qualcuno impone la propria volontà sulla sua.

“Perfetto, faccia allestire un campo entro due ore a est del villaggio. Domani dobbiamo arrivare alla capitale…”

Mi annoio immensamente con la guerriglia urbana, ma qualcuno deve pur condurre le truppe fino a là.

Indico con un cenno della testa la ragazza e il bambino al mio secondo che, non capendo, di rimando mi rivolge un interrogativo sguardo.

“Carne fresca per le truppe che hanno combattuto. Porti la ragazza e il piccolo alle cucine, ci penserà Garritor a preparare tutto per la cena.

Mi avvio verso l’uscita della capanna, Hottkiss già pronto a eseguire l’ordine con precisione. Un cane addestrato non saprebbe fare meglio di questo omuncolo.

“Ah, Hottkiss…non li spaventi né faccia capire loro cosa sta succedendo. La carne è più morbida se non muoiono terrorizzati….

Esco sulla strada sterrata che fungeva da via principale del villaggio. I corpi dei nativi sono stati schierati uno affianco all’altro su tutta la via. Un dolce odore di sangue bruciato si spande nell’aria. La ragazza esce accompagnata da Hottkiss poco dopo, in lacrime. Lacrime di gioia. Mi guarda e mi sorride in modo tanto ampio che quasi ho paura le si spezzi il viso come un vaso di terracotta caduto a terra. Le sorrido in risposta. Da sola sarebbe comunque morta, così almeno sarà di una qualche utilità…

  
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