Una bella ragazza vestita di velluto rosso camminava nei
corridoi di una elegante casa canticchiando una
filastrocca:
Little Miss Muffet,
Sat on a tuffet,
Eating her curds and whey;
Along came a spider,
Who sat down beside her,
And frightened, Miss Muffet,
away.
La ragazza aveva gli occhi limpidi e trasparenti come vetro,
capelli lucenti e sistemati in boccoli aggraziati e labbra atteggiate un
sorriso affabile. La filastrocca che stava cantando in quel momento
era stata composta per lei, quando era ancora piccola, da una vicina di casa….
La vicina era sempre stata intrigante agli
occhi della piccola Miss Muffet… una donna un po’
sciatta, dai lunghi capelli neri scarmigliati e dai penetranti occhi scuri
come la notte. Vestiva sempre e soltanto di nero e viveva in una grande e tetra
casa di pietra. Passava le sue giornate affacciata
alla finestra di una delle torri, ricamando e componendo filastrocche.
L’occasione per
comporre l’ennesima filastrocca si era presentata a quella donna così sola anni
addietro, quando la piccola e graziosa fanciulla si
era messa a fare merenda sulla veranda di casa.
Il ragno citato nella filastrocca l’aveva colta di sorpresa
e da allora aveva cominciato ad avere un folle terrore di tutti gli aracnidi,ma da qualche tempo a quella parte aveva trovato un modo
per esorcizzare la paura…
Tenendo alto il candelabro che aveva con sé, la bella
giovane aprì una porta fatiscente, nascosta dietro i lussuosi mobili della
casa. La ragazza sollevò l’orlo della gonna e prese a scendere delle vecchie
scale, che scricchiolavano ad ogni suo passo. Dopo appena una
decina di scalini si trovò in un piccolo ambiente buio, pieno di vecchi oggetti
accatastati qua e là.
L’unica fonte di luce era costituita da
una piccola finestrella impolverata, ma a quell’ora
di notte era pressoché inutile.
Miss Muffet si diresse verso un
piccolo tavolo semplice e spoglio, che si trovava nell’angolo più lontano dalla
finestra, e dopo aver elegantemente raccolto la gonna e le varie sottogonne
attorno a sé, si sedette su un rozzo sgabello.
Sul tavolo erano poggiati un barattolo di vetro e una
piccola scatola, da cui estrasse uno spillo. Poi rivolse la sua attenzione al barattolo, del
quale prese a svitare il tappo.
Delicatamente fece uscire dal barattolo uno dei tanti ragni
che si trovavano al suo interno e ricominciò a canticchiare la filastrocca…
L’espressione dolce e raffinata del suo viso cambiò
nettamente mentre osservava il ragno che camminava su una delle sue curatissime
mani… lo sguardo si fece perso e malevolo e mentre continuava a cantare con
voce isterica prese una delle sottili zampe del ragno e la recise con forza dal
corpo.
La ragazza cantava, cantava e
seviziava il ragno privandolo dei propri arti.
Dopo averlo ridotto a un corpo
informe, privo di qualunque possibilità di movimento, prese lo spillo e infilzò
quel corpo martoriato, lasciandolo ancora non del tutto morto, bloccato al
legno del tavolo dallo spillo acuminato.
Vicino a quel corpo se ne stavano, immersi nel loro riposo
eterno, altre decine.
Come cambia le cose il tempo…chi un tempo era il carnefice
ora è la vittima, mentre la vittima è diventata il più
spietato dei carnefici.