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Autore: Leliwen    07/01/2011    4 recensioni
"Forse è il caso che smettiate di lavorare con me." Disse a bruciapelo, una volta entrati nel nostro appartamento.
Mi voltai così velocemente che per poco non finii lungo disteso.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Un brutto quarto d'ora
Fandom: Sherlock Holmes
Personaggio/Coppia: Holmes/Watson
Prompt: 3. Bottiglia per la tombola di [info]maridichallenge ; "SHERLOCK HOLMES Holmes/Watson, Divano" per il p0rnFest #4; 3. Steampunk per la Warning Table di [info]holmes_ita ; "La vita non è altro che un brutto quarto d'ora, composto da momenti squisiti " di Oscar Wilde per Acchiappa la citazione di [info]holmes_ita
Rating: R
Avvertimenti: Steampunk, sesso non descrittivo, movie-verse
Genere: Avventura, Romantico, Introspettivo
Riassunto: "Forse è il caso che smettiate di lavorare con me." Disse a bruciapelo, una volta entrati nel nostro appartamento.
Mi voltai così velocemente che per poco non finii lungo disteso.


Note: è la prima cosa sul fandom di Sherlock Holmes che scrivo... quindi, beh! è altamente possibile che i due risultino OOC... Grazie a [info]zephan82 l'ha letta in anteprima e me l'ha betata ^_^
Dedica: per [info]queenseptienna come regalino di un bellissimo e felicissimo Nuovo Anno (ormai il Natale è passato... questo Babbo Natale s'è fatto proprio attendere!!!)


Un brutto quarto d'ora
Bottiglia

Holmes era una persona con una spiccata fisicità; impossibile da non notare, soprattutto per uno venuto dall'ambiente militare. Al rapporto umano, al contatto fisico, all'universo femminile, d'altra parte, era completamente avulso se non addirittura insofferente. Ecco perché, più vivevo con lui e più non potevo far a meno di notare alcuni rari distinguo. E quasi unicamente incentrati sul sottoscritto. Non avevo capito cosa lo legasse così intensamente a me fino a quando non ci trovammo ad affrontare alcune delle più mostruose invenzioni meccaniche uscite dalla mano diabolica del professor Moriarty, dopo che questi era riuscito a metter le mani sulla sua chiave di volta, senza che potessimo far nulla per fermarlo.

Holmes escogitò l'impossibile per trascinarmi fuori dal pasticcio in cui mi ero cacciato con le mie stesse mani e alla fine, quando mi venne a tirar fuori dall'ospedale con un pezzo di ferro al posto della mia già malandata gamba, non disse una sola parola. Nulla sulla mia sbadataggine o sul mio comportamento incosciente; nulla sul fatto che avrei potuto finire per far ammazzare entrambi o che dovevo esser grato per il fatto che ci avessi rimesso esclusivamente quel catorcio di gamba che mi ritrovavo; nulla su come la sua mente sopraffina fosse riuscita a trovare una soluzione anche senza il sottoscritto, nonostante il caso sembrasse essere impossibile.
Chiamò invece una carrozza e mi aiutò a salire. Ancora incerto sull'utilizzo della mia gamba di metallo ero un poco restio a provare i gradini della carrozza ma le sue mani, strette attorno al mio braccio e al mio fianco, mi assicuravano che non sarei stato lasciato. Mi seguì poco dopo, con riverente attenzione, aiutandomi a sedere e a flettere quel nuovo marchingegno che ora faceva parte del mio corpo. Era ben oliato e non faceva alcun rumore quando si muoveva e, sotto i pantaloni, si notava appena; ma entrambi sapevamo che era lì e il rumore disomogeneo dei miei passi, quando dopo un silenzioso viaggio in carrozza arrivammo al nostro appartamento a Baker Street, sembrava volercelo ricordare.

"Forse è il caso che smettiate di lavorare con me." Disse a bruciapelo, una volta entrati nel nostro appartamento.
Mi voltai così velocemente che per poco non finii lungo disteso.
"Di cosa state parlando?" gli chiesi con una sottile vena di risentimento a colorire il tono della mia voce.
"Non è la prima volta che venite ferito a causa di questo lavoro investigativo, cui vi ho obbligato a partecipare." rimasi allibito: era la prima volta che ammetteva apertamente di avermi plagiato, spinto, circuito in modo da farmi lavorare con lui "Questa volta siete salvo per... miracolo." terminò con una voce sottile che non gli apparteneva.
Miracolo? Da quando in qua i miracoli facevano parte dell'universo razionale di Sherlock Holmes. Questo mi mise in allerta, più della sue paranoie. Aveva già provato, più di una volta, con argomenti molto più razionali di questo, ad allontanarmi dal suo lavoro di investigatore, ma mai in questo modo, mai con questa luce assurda negli occhi, mai con questo tono di voce quasi implorante.
Mi voltai, ignorando per un istante le sue parole, posando sulla credenza la bottiglia d'olio per la mia nuova protesi di ferro e notando come il medico, o forse sarebbe più giusto definirlo fabbro, avesse ragione nel dire che col tempo e l'utilizzo la gamba artificiale non mi avrebbe dato maggiori problemi della mia vecchia gamba. Lo studio era, come sempre, estremamente disordinato e le cose di Holmes invadevano quasi tutto lo spazio vivibile. Ma avevo imparato ad ignorarlo tempo addietro.
Mi tolsi il cappotto e lo adagiai su una poltrona, sciogliendo anche la cravatta.
"Quindi non mi state chiedendo di abbandonarvi perché vi sarei d'intralcio?" gli chiesi, cercando di tenere la mia voce il più possibile incolore.
Il silenzio prolungato mi fece voltare e lo vidi pallido, gli occhi spiritati fissi sulla bottiglia d'olio, il labbro stretto nella morsa dei suoi denti.
Lasciai il bastone che tintinnò per terra e lo raggiunsi, circondandogli le spalle con le braccia.
Non so cosa mi convinse a imporgli in quel modo la mia presenza, non so cosa m'immaginassi che potesse accadere. Forse volevo solo rompere quella trance indotta dalla bottiglia posata lì, in bella mostra, a memoria del mio incidente, volevo che mi staccasse con forza da sé, così come credevo si sarebbe comportato con chiunque avesse avuto l'ardire di superare quella soglia immaginaria e invadere il suo spazio vitale stringendolo in un abbraccio.

Ciò che non mi aspettavo era che rispondesse all'abbraccio. Che insinuasse il volto nel mio collo e si aggrappasse con entrambe le mani alla stoffa scura del mio abito. O che tremasse.
Mi ritrovai a cullarlo, come si culla un bambino, a far scivolare le mie dita sulla sua schiena, a mormorargli parole tranquillizzanti all'orecchio mentre lui salmodiava uno straziante "non lasciarmi". Cosa mi convinse a baciarlo non sarò mai in gradi di dirlo, ma quel giorno, sotto l'assalto gentile delle mie labbra, sentii tutta la sua debolezza cadermi addosso, tutta la fragilità di quell'uomo intransigente e scapestrato, tutta la disperazione di qualcuno che ha bisogno di essere amato. Con discrezione, col contagocce, come si ama un gatto, ma amato.

Ed è quello che da quel momento ho continuato a fare. Cioè, non quel giorno. Quel giorno gli ho imposto la mia presenza, schiacciandolo contro il mio petto, facendolo distendere sul divano, adorando con le mie labbra ogni centimetro della sua pelle, senza dargli tregua, senza fermarmi mai, nemmeno quando mi ha implorato di smettere. Non andava bene che Sherlock implorasse, anche se sentire la sua voce supplicarmi di smettere, prima, di dargli di più, dopo, mi dava la più sensazionale sensazione di ebbrezza mai provata prima. Il mio corpo scivolava sul suo, slittando contro la sua pelle accaldata e sudata, sciogliendosi nella frizione delle nostre virilità. E la protesi meccanica, che lo faceva rabbrividire ogni volta che la sua pelle calda vi finiva a contatto era il solo monito per quello che era successo pochi giorni prima.
Quella notte è passata così, con noi due sul divano, allacciati tanto stretti da non capire più dove finisse l'uno ed iniziasse l'altro, ad assaporare ogni istante di questa nostra vita, che non è altro che un brutto quarto d'ora, composto da momenti squisiti.*
Non l'ho lasciato, ovviamente; figurarsi se una semplice amputazione e relativo ingranaggio di una gamba metallica avrebbe potuto impedirmi di essergli accanto. Gli ho dato l'amore di cui aveva bisogno, senza invadere i suoi spazi, lasciando a lui il compito di decidere quando dormire insieme e quando no, quando coccolarci o quando sentire il bisogno invece di rimanere da soli. E a poco a poco ha addirittura imparato a leggere i miei bisogni.
Devo dire che, incredibilmente, il freddo, cinico, spietato Sherlock Holmes ha imparato ad utilizzare la sua sopraffina scienza della deduzione anche in ambito di relazioni di coppia. Non che lo adotti con qualcun altro che non sia il sottoscritto, ma si è addolcito almeno un po'.
E mi ucciderà se saprà che lo penso.

* CITAZIONE: "La vita non è altro che un brutto quarto d'ora, composto da momenti squisiti " di Oscar Wilde.


Come già detto, è la prima storia che scrivo su questo Fandom. Ogni critica è più che ben accetta!
  
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