Nobile
Fratello…
Yuki, ora era sola. Kaname se n’era
andato e lei non aveva la più pallida idea di quando sarebbe tornato. Ok, c’era
Aidoh, e le faceva compagnia ma a volte era
assillante, e comunque, non era la stessa cosa che avere Kaname
vicino.
La sua assenza l’aveva fatta riflettere, perché ora che era
sola, non doveva avere paura di ferire Kaname, anche
solo con uno sguardo, un gesto, una parola. Sapeva di ferirlo continuamente.
Ogni giorno era come se lo pugnalasse alle spalle, ma la ferita guariva subito
e lui faceva finta che non fosse successo niente. Non avrebbe potuto fare
altrimenti, amava Yuki più di sé stesso. Kaname era consapevole di tutto, eppure, non faceva nulla.
Era consapevole che Yuki, in una
parte del suo cuore, pensava ancora a Zero. Quell’odioso hunter ingrato. Al
solo pensiero, i suoi occhi assunsero un altro colore, il colore del sangue,
del fuoco, della rabbia. Ma in quel momento era sul treno in viaggio, ed in
mezzo ad umani. Subito riassunse la solita espressione seria e tranquilla, e il
colore dei suoi occhi si impallidì in pochi secondi, come un fuoco che si
spegne lentamente, fino a tornare del solito color marrone scuro.
Attorno a lui c’erano solo umani…donne,
uomini, anziani, bambini. Si sentiva soffocare dai loro corpi, nonostante non
fosse così pieno il treno, e dal loro odore, dalla loro essenza, tanto che gli
sembrava di vederla…era come una nebbia afosa, che
poi prese un colore arancione, poi rosso, poi vermiglio. Una nebbia, un
liquido, sangue. Gli sembrava che la pelle avesse cominciato a bruciare.
Sentiva sangue, carne, ferro, aria tutti insieme. Gli girava la
testa. Poi, come dei fulmini, gli passarono davanti agli occhi migliaia di
immagini, migliaia di ricordi. Yuki. Come per magia
tutto tornò normale, i battiti del cuore rallentarono e i muscoli tesi del suo
corpo si rilassarono. Gli umani attorno a lui erano uguali a prima: il bambino
piangeva, la madre lo cullava, gli anziani davanti a lui dormivano, l’adulto
accanto leggeva il giornale…non è successo nulla, si
disse. E’ stato solo per un momento.
Kaname, nel suo profondo però, sapeva che ciò
che era appena accaduto voleva dire solo una cosa: aveva sete, di sangue. E per
arrivare fino a quel punto, la sete doveva essere tanta. Lui non aveva mai
perso il controllo, era un purosangue, ed era capace di vivere solo di
compresse ematiche anche per anni. Ma non era semplice sete di sangue, ma sete
del sangue della sua sorella, Yuki. Quando due
vampiri purosangue si amano, solo il sangue dell’altro può soddisfarli.
Un’orribile condanna.
Doveva tornare a casa, e al più presto.
Yuki, era seduta al tavolino sulla terrazza. Una terrazza ben in
ombra, arieggiata, tranquilla. Nonostante la luce del sole non le nuocesse
troppo , non era più abituata ad uscire durante il giorno. Forse perché Aidoh glielo impediva, dato che si preoccupava per ogni
minima cosa. Ma là fuori, su quella terrazza, non c’era nulla di cui
preoccuparsi. Inoltre Aidoh non era in casa. Aveva
detto che andava…andava dove? Yuki
fece un sorriso, pensando alla sua infantilità…quell’infantilità
che aveva ferito Kaname. L’ espressione serena si
smorzò subito sul suo viso e sentì una fitta al cuore. Come poteva, ogni
giorno, ferirlo così? Era un continuo alti-bassi, come le montagne russe.
Ondate continue
Lo amava però in una nascosta parte del suo cuore c’era ancora Zero.
Ma non poteva tradire Kaname, per quella piccola
parte
Kaname…l’aveva sempre tenuta con sé, protetta, si era
tenuto cura
Ma soprattutto, l’aveva salvata da quel vampiro…
Se non fosse stato per Kaname…Yuki trasalì
Yuki si vergognò immediatamente di ciò a cui aveva pensato, e
cercò di distrarsi. Ma non riusciva…anche lei aveva
bisogno di nutrirsi, ma non voleva. Era così disumano…una
cosa da…bestie. Era suo fratello, la persona più
importante della sua vita, non si sarebbe mai permessa di nutrirsi del suo
sangue.
Fece un sospiro. Era molto stanca e debole. Non si nutriva da un po’. Chiuse
gli occhi. E si addormentò, con le braccia e la testa appoggiati sul tavolino.
Erano le una di pomeriggio. Kaname
scese dal treno, tirando un grande sospiro, e si diresse velocemente verso il
tabellone con gli orari delle partenze. Il primo treno che portava a casa
sarebbe passato alle una e mezza. Andò a comprare un altro biglietto. Al
diavolo il viaggio, e il Consiglio degli Anziani.
Era un po’ di tempo ormai, che non stava a casa per più di 3
giorni con Yuki e tutto sommato si sentiva in colpa.
Passò mezz’ora. Kaname prese il
treno. Ma stavolta, stette ben attento e cercò il più possibile di distrarsi,
guardando fuori dal finestrino e non pensando a niente. Non era abituato ai
viaggi nei treni pubblici, per niente. Ma non c’erano i suoi compagni e perciò
aveva preferito prendere un treno normale. Inoltre aveva pagato anche di meno
(non che i soldi gli interessassero molto, dopotutto).
Sentivo caldo, ma più che caldo era un piacevole tepore.
Molto meglio di prima, che aveva cominciato a far freddo e a soffiare vento. Ed
ero comoda, non più su quel rigido tavolino. C’era un buonissimo odore familiare
e un suono…forse lo scoppiettare del fuoco. Mi
sembrava di essere in un sogno…era tutto così
piacevole. Forse ero davvero in un sogno. Non volevo aprire gli occhi. Poi
sentii qualcosa sfiorarmi la testa. Una sensazione che mi fece venire la pelle
d’oca…era una carezza. Ancora non volevo aprire gli
occhi. Era forse un angelo? Il mio angelo custode, colui che mi protegge sempre
e che era venuto a consolarmi e farmi compagnia, per colmare il mio vuoto e
farmi dimenticare la sete.
Ma i vampiri non hanno angeli custodi. Sono figli delle
tenebre, vivono nell’oscurità e infettati dal peccato. Questo pensiero mi riportò
bruscamente alla realtà. Non poteva essere nessun angelo. Aprii gli occhi.
Avevo qualcosa nella mano ma col tatto non riuscivo a percepirla. Mi schiarii
la vista. Era un’altra mano. Ma era diversa…più
grande e così familiare…Riuscivo a vedere le sue vene
attraverso la pelle. Vene così conosciute…Erano
identiche a quelle della mia mano. Posizionate tutte ugualmente. Mi spaventai
per una frazione di secondo. E poi, fu tutto chiaro.
Mio fratello era a casa con me. Era tornato! Spostai
lo sguardo. Ero sul mio letto a baldacchino, con le coperte addosso e il fuoco
che scoppiettava silenziosamente nel camino. L’odore era quello di Kaname che stava in ginocchio per terra, con la testa e le
braccia sul bordo del letto, e mi teneva la mano. C’era anche la traccia
di un morso sul mio polso, ma lievissima e senza segni di “traforazione” nella
pelle.
Tirai le mie conclusioni. Kaname
aveva bisogno di nutrirsi ma non l’aveva fatto, ed era sprofondato nel sonno.
Alla vista di mio fratello, il nobile purosangue, inginocchiato al mio letto,
mi si strinse il cuore.
Avrebbe potuto benissimo mordermi e calmare quella sete che
durava ormai da tempo. Anch’io avevo sete, ma in quel momento me ne dimenticai.
Avevo il cuore pieno di dolore e felicità allo stesso tempo. Merito davvero
tutto questo? Era da settimane che aspettavo Kaname.
Tuttavia, non credevo sarebbe davvero tornato, per me. Sono sempre stata la
causa dei suoi dolori, fin dal primo giorno in cui mi salvò. Causo sempre
dolore a tutti quelli che mi stanno intorno. Sono proprio inutile…
Tutte le emozioni che mi stavano travolgendo presero vita e sgorgarono dai
miei occhi, percorrendo le guance e cadendo sulla coperta. Sulle mani. Non
facevo altro che fissare la mano di Kaname. Si mosse.
Lui era lì. Si era svegliato e mi stava guardando con quegli occhi profondi,
scuri, impenetrabili, inespressivi…così familiari. E
fu allora che mi resi conto davvero di quanto mi era mancato. Mi chinai verso
di lui e lo presi tra le mie braccia, stringendolo con tutta la forza che mi
era rimasta. Non finivo più di piangere. Mi sentivo una bambina. Ero patetica.
Eppure, era più forte di me. Piango per ogni cosa. Kaname
ha un enorme potere su di me, ogni volta che mi guarda, sembra che riesca a
leggere la mia mente e capire cosa provo. E quand’è così, mi sento ancora più
piccola, indifesa e debole.
Gli misi la mano sulla nuca ed iniziai ad accarezzargli i
capelli. Erano ancora freddi. Adoravo accarezzarglieli. Per me era
tranquillizzante. In quel momento non mi aspettavo nulla da lui e non l’avrei
affatto biasimato se era arrabbiato con me. Col mio stupido comportamento ogni
volta lo ferivo.
“ Nutriti se vuoi. Mi hai salvato la vita. Sono ancora in
debito con te, e lo sarò sempre. Fa’ di me quello che desideri. Anzi,
merito una punizione. Puniscimi, nobile fratello ” dissi in lacrime.
Finalmente sentii la sua voce:
“ Non posso, piccola Yuki. Mi
sentirei un mostro. Sono un mostro. Va’ da Zero se ciò ti renderà felice. Lo
faccio perché ti voglio bene. Ti do il permesso.”
Detto questo, si staccò dal mio abbraccio e si alzò da
terra, uscendo dalla stanza. Ero incredula a quanto avevo appena sentito. La
mia bocca era asciutta. Non riuscivo a pronunciare parola. Kaname
era tornato fino a casa per dirmi questo?! Certo che ero stata davvero
un’insensibile nei suoi confronti, per farlo arrivare a dire questo. Sei
contenta ora?? Ci sei riuscita! Complimenti! Mi odiavo.
Scesi dal letto in fretta e furia. Ero scalza. Corsi verso
la porta ma improvvisamente sentii che la forza mi stava lasciando. Caddi per
terra stordita. A gran fatica cercai di rialzarmi e ripresi a correre
goffamente verso Kaname, incespicando nel nulla.
“ Kaname! Fermati!” urlai a
squarciagola. Lui si fermò sospirando, ma senza voltarsi.
Con le gambe tremanti avanzai lentamente verso quella sagoma
immobile. Presi per mano Kaname. La sua pelle era
congelata e di un colorito quasi azzurro. Non era il solito colorito. Mi
sembrava di aver preso per mano la Morte.
Ma tutti questi pensieri furono interrotti improvvisamente,
quasi soffocati, dal bacio che ricevetti. Faceva perfino male. Sentivo i suoi
canini appuntiti sulla mia bocca. Ero senza respiro. Ma d’istinto, senza
nemmeno accorgermene, iniziai a ricambiare con baci ancora più violenti. Baci
sulla bocca, sulle guancie, sul mento, sul collo…baci
sanguinari.
Cominciava a far freddo, stava calando la sera. E con lei,
l’oscurità.
I petali cadevano, le foglie si seccavano, la natura moriva
per poi rinascere.
Stava arrivando l’autunno.
Fuori dalla finestra si intravedevano solo rocce e buio.
Penetrai i miei canini in quel candido collo
senza neanche pensarci, e bevvi, quasi allo sfinimento. La mia mente era
annebbiata e la vista confusa, vedevo tutto rosso. Ma non ci feci molto caso.
Stavo pensando solo a nutrirmi il più possibile. Era come una droga. Mi sentivo
sempre più rinnovata e piena di forze.
Quando fui sazia, tolsi la bocca dal suo collo,
e mi accorsi che Kaname era completamente appoggiato
a me. Sentivo il suo peso premere contro il mio corpo.
Capii che si era addormentato per la debolezza.
Cercai di svegliarlo, dandogli dei strattoni. Finalmente riuscii nell'impresa.
Aveva aperto gli occhi.
Mi distesi sul pavimento con lui e gli spostai
il viso verso il mio collo. Mi sentivo schiacciare.
La sua bocca mi stava toccando la pelle, poi si
aprì e sentii caldo. Poi qualcosa di pungente.
Pian piano il peso sopra di me si sollevò
a gattoni, ma continuava a nutrirsi.
Trovavo un po' ironica la cosa. Entrambi avevamo
sete nello stesso momento. E abbiamo bevuto uno alla volta. Non c'era qualcosa
di sbagliato? La cosa non si bilanciava...Ora avrei dovuto sentirmi di nuovo
debole.
Ma non fu così. Che sia il semplice fatto di
bere il sangue della persona amata?
Finalmente Kaname
si alzò, e mi prese delicatamente in braccio. "Nobile fratello, non
lasciarmi mai più, d'accordo?" Gli accarezzai il bellissimo viso e giocai
coi suoi capelli. Lui mi guardava sorridendo, con quegli occhi color rame.
"Te lo prometto Yuki"