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Autore: Dea Elisa    10/01/2011    2 recensioni
Ma poi… cosa t’interessava di lui?
Delle sue scelte, dei suoi diritti di cambiare casa quando voleva.
Ti convinci che si trattasse tutto di una questione di principio.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Così vai via, non scherzare no

20 giugno 2010

 

 

Piangevi.

Erano due ore che piangevi.

Alternavi momenti di lucidità a minuti interminabili di pura devastazione interiore.

Troppi ricordi, troppe parole interrotte, confuse, non dette.

Ti siedi di nuovo su quel divano al centro del salotto, aspettando che scendesse la sera.

Perché non potevi continuare a stare male.

Non per lui.

 

“Riccardo te l’ha detto?”

“Cosa?”

“Che ha trovato da lavorare in un altro posto.”

“Dove?”

“Non me l’ha voluto dire. Parte domani, si trasferisce con Dario e Alessandro.”

 

Eri uscita dallo studio di Sergio con la sensazione di non essere più al mondo.

Ti reggevi alle pareti per non cadere a terra da un momento all’altro, tanto le tue gambe ti tremavano.

Osservavi attorno a te la gente che rideva, scherzava, chiacchierava.

Eppure eri in un ospedale.

Ogni giorno eri a contatto con storie fatte di sofferenza, di tristezza e proprio oggi… oggi tutti ridevano.

 

Accendi la radio.

Non c’era niente di speciale, se non un notiziario il cui radiofonico si lamentava delle mezze stagioni che si stavano andando estinguendo.

E infatti c’era un freddo cane, nonostante la primavera inoltrata.

Cambi la modalità dello stereo e lasci che un Baglioni di un cd lasciato lì dentro da anni si diffondesse a volume moderato nell’ambiente.

Canzoni d’amore.

Tutto quello di cui avevi bisogno per cadere di nuovo in quella crisi depressiva.

 

Ma poi… cosa t’interessava di lui?

Delle sue scelte, dei suoi diritti di cambiare casa quando voleva.

Ti convinci che si trattasse tutto di una questione di principio.

Lavoravate insieme da più di quattro anni e… non riesci a ricacciare un’ennesima lacrima, che bagna il rivestimento del divano.

Ti doveva un saluto.

Un ciao Gandini.

Un addio Cristiana.

Un non ci rivedremo più, ma in questi anni sono stato bene con te.

Figurarsi.

La sua capacità emozionale espressiva era limitata quanto il verde di un semaforo.

Sospiri.

No, non era questione di principio.

O almeno non solo.

 

Piangere, urlare, dire no.

Non serve a niente già lo so, è finito tutto.1

 

L’unica piccola speranza che ti rimaneva era pensare che sarebbe partito la mattina dopo.

D’istinto getti gli occhi sulla porta.

Quella che avrebbe potuto aprirsi da un momento all’altro.

 

E quel disordine

che hai lasciato nei miei fogli

andando via così.2

 

Dovevi cercare qualcosa da fare, altrimenti ti saresti corrosa la mente, sempre e solo su quella sua immagine.

 

Metti in stand-by Baglioni e ti rechi in cucina, dove cerchi tra i cassetti e le ante della credenza qualcosa di commestibile che non fossero gomme da masticare o caramelle.

Trovi una barretta di cioccolato bianco quasi finita.

Ma poi riponi anche quella, considerando il fatto che eri patetica.

Patetica, sì, ad affondare la disperazione nella cioccolata, quasi fosse una diciottenne che ha appena scoperto di non potersi nemmeno più illudere dell’amore.

 

Tu avevi ancora quattro ore, per illuderti.

Telefoni ad Elena, tanto per sottrarre dieci minuti dal conto alla rovescia.

Ti assicura che stava bene, che non tornava per cena, tantomeno a dormire.

Si giustifica con un devo studiare più falso che mai.

 

Così accendi la tv.

Dopo un excursus sulla vita degli orsi polari, un talk-show con ragazze inviperite e una soap-opera olandese che in quanto a depressione raggiungeva quasi i tuoi livelli, era inevitabile mandare al diavolo anche quel genere di intrattenimento.

 

Sergio ti aveva afferrato delicatamente per un polso prima che potessi raggiungere il raggio d’azione delle porte automatiche dell’ingresso.

“Sei sicura di stare bene?”

“Sì.”

“Vuoi che ti accompagni io a casa?”

“No.”

“È per Riccardo, vero?”

Lo squadri.

“È sempre per Riccardo.”

 

Ti addormenti così, con il viso bagnato dalle lacrime, la voce di Sergio che ti perseguitava, l’immagine di lui impressa nella mente.

 

Riapri gli occhi quando è già buio.

La lucina dello stereo ti ammiccava irritante, così fai per alzarti e spegnerlo del tutto.

 

Bussano alla porta e tu ti volti, di scatto.

Il tuo cervello, che sembrava essersi svuotato dopo quella dormita, ricomincia ad elaborare dati su dati, facce su facce, parole su parole.

E il tuo muscolo cardiaco sembrava seguirlo a ruota, per ossigenarlo ad una velocità inopportunamente alta.

 

Cammini nel buio fino alla porta: quei cinque centimetri di spessore che separavano te da lui, lui da te.

Tralasciando il fatto che poteva essere chiunque.

 

Il meccanismo scatta e l’enorme piano di legno ruota sui cardini, non mancando di cigolare.

“Ciao.”

Entra senza chiedere permesso.

Strofina i piedi sul tappetino, poi aspetta che tu richiuda la porta.

 

“Pensavi che me ne andassi senza salutarti?”

 

“Pensavo che…” avevi già la voce alterata, e lui se ne accorge. “Che non te ne andassi.”

Porti una mano su un fianco, e passi l’altra sulle tue labbra, sfuggendo il suo sguardo.

 

“Hai pianto” non ti risponde.

 

“No” stride la tua voce.

 

Si avvicina e ti appoggia una mano su una spalla.

“Hai gli occhi-”

 

“Ti ho detto che non ho pianto.”

Indietreggi, facendo scivolare via quel contatto.

Eviti persino di sfregarti gli occhi, tant’era palese il contrario.

 

“D’accordo. Allora…”

 

Dimmi addio.

Dimmi che non ti rivedrò più.

Dimmi che per i prossimi due o tre, o sei mesi passerò una vita d’inferno.

Dimmelo, così potrò prenotare in anticipo un posto in una clinica psichiatrica.

 

“Hai lo stereo acceso.”

 

Chi segue ogni tuo passo,

chi ti telefona

e ti domanda adesso…3

 

“Eh?”

 

Lo indica.

“Stavi ascoltando qualcosa?”

 

“No.”

 

S’incammina verso quella mensola.

“Cioè, sì” rimedi.

Lo vedi abbassare il volume al minimo e premere play come se conoscesse a memoria quel modello di stereo, come se lo usasse ogni giorno.

 

Tu come stai…3

 

Poi un assolo di chitarra.

E, mentre attende la canzone successiva, torna verso di te.

“Non abbiamo mai ballato insieme.”

 

Scuoti la testa.

 

Così vai via, non scherzare no.4

 

Ti prende la mano sinistra.

 

Ma le mie mani tremano.

 

Appoggia l’altra sulla tua schiena che, in un movimento rapido ma delicato porta verso di lui.

Intreccia le dita della sua mano con le tue.

 

Rabbrividisci, ma sollevi il capo per incontrare i suoi occhi che luccicavano alla poca luce proveniente dalle finestre.

 

Cosa mi è preso adesso…

 

“Che vuoi che sia se tu te ne vai” canti quando arriva quel verso.

E sorridi, tornando ad abbassare lo sguardo.

 

Mentre i minuti passano…

 

Riccardo ti stringe addosso a lui.

Trattieni il respiro quando senti sfiorare la sua guancia con la sua.

 

Ma sì è lo stesso…

 

Ti appoggi alla sua spalla, aspettando il ritornello, intrappolata in quell’abbraccio che no, non era lo stesso.

 

Amore mio non te ne andare…

 

Stringi tra le tue dita la stoffa della giacca di Riccardo, singhiozzando, malamente celata dal ridotto volume dello stereo.

 

Senti sul tuo capo la sua mano, che più volte ti accarezza i capelli.

 

Se te ne vai…

 

La musica si ferma.

“Cosa succede se me ne vado?”

Aveva bloccato lui la riproduzione.

 

Gli posi un bacio sulle labbra, che inumidisci di pianto.

“Un lento l’ultimo oramai.”








Io odio le song-fic, e credo di avere anche un motivo fondato: seguono una canzone, quindi qualcosa di non originale, e ne riportano le parole, quindi - mi ripeto - qualcosa di non originale.
Ma amo questa canzone e le altre che ho inserito in questa fanfiction, perciò non sono riuscita a non inserire le parole di Baglioni, con cui, come avete letto, la storia si è formata da sola.


1. Amore Bello - Claudio Baglioni
2. Mille Giorni Di Te E Di Me - Claudio Baglioni
3. E Tu Come Stai - Claudio Baglioni
4 (e tutte le altre citazioni che seguono). Amore Bello - Claudio Baglioni







   
 
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