Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mizar19    10/01/2011    16 recensioni
Un paese perbenista. Alcune famiglie. Due ragazze molto diverse, ma al contempo troppo simili. No, non è un "incontro-corteggiamento-passiamoaifatti-lietofine". Loro sono già felicemente assieme.
Inseriamo ora alcuni elementi di turbolenza: un trasloco repentino, sexy compagne di scuola, austere o lunatiche, incomprensioni e incomunicabilità.
Si verrebbe così a creare un mosaico di individui, ognuno con le sue ossessioni, i suoi desideri e le sue paure; un eterogeneo gruppo di ragazzi (e non solo) le cui vicende si legano e intrecciano attorno a quella di Maria Cristina, appassionata giocatrice di pallavolo, e Federica, poliedrica artista.
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La decima Musa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
32. t.s.e. Care lettrici [e cari lettori (se ce ne sono)], siamo arrivati alla fine: l'ultimo capitolo di Fior di pesco. Ci sarà ancora un epilogo, che pubblicherò nel giro di qualche settimana, che, però, avrà una funzione di cerniera con il seguito. Mi dispiace chiudere questo primo capitolo, scrivendo ho provato una tristezza che non avrei immaginato, tanta era la foga di volermi liberare di questa storia per potermi concentrare sul seguito, a cui sono molto più affezionata.
Ci tengo a ringraziare tutti quanti: dai semplici lettori, a cui spero di aver trasmesso emozioni (senza pretese), a coloro che hanno recensito con più o meno costanza la storia, spronandomi a fare meglio, a continuare, e a coloro che mi hanno aiutata nei momenti tristi relativi soprattutto a quest'ultimo periodo. Nello specifico, vorrei dedicare questo capitolo a tre persone a cui non ho mai dedicato nulla: hacky87, Apia e Wrath (la prima perchè è una delle mie seguaci più fedeli, la seconda per il piacevole scambio epitstolare e tutto il resto, la terza perchè ultimamente mi ha su(o)pportata abbastanza!).
Vi lascio dunque questo trentaduesimo capitolo come regalo di compleanno (il mio), sperando che questi diciannove siano molto meglio dei diciotto. Il 2010 è stato un anno da dimenticare, da seppellire assieme a tutto ciò che ha comportato, nella speranza che sorga un 2011 più sereno e positivo (anche per voi).
Ci risentiremo con l'epilogo, attraverso il quale vi fornirò il link alla storia inedita (nonostante sia pronta da Natale, non posso ancora pubblicarla perchè sta venendo giudicata per un concorso) che vi permetterà di sapere cosa ha cambinato Monica dopo essere stata scaricata in malo modo e aver ricevuto un pugno in faccia!
Fatemi sapere se questa storia vi è piaciuta, se ha avuto un senso per voi e se ha significato qualcosa. Grazie ancora!


***

Capitolo XXXII
FIOR DI PESCO


Davide collegò le casse all'ipod di Mattia, annuendo soddisfatto. Si sfregò le mani sudate sui jeans: era nervoso.
Federica sedeva sul bancone dell'angolo bar, sfogliando alcuni spartiti con aria assorta, la punta dell'indice che risistemava meccanicamente gli occhiali sul dorso del naso. Qualche metro più in là, Veronica stava facendo esattamente la stessa identica cosa, gesto meccanico compreso. Accanto a loro giacevano due custodie nere: una, più piccola ed affusolata, racchiudeva l'amato violino di Federica, l'altra una vecchia chitarra classica appartenuta ad Erica. In un angolo, su un palco di legno, c'era anche una tastiera.
Walter stava aiutando Elena con il cibo nella piccola cucina: saltuariamente li si sentiva imprecare per poi inveire l'uno contro l'altra. Quando un forte rumore metallico aveva raggiunto la stanza in cui stavamo trafficando, Davide si era precipitato in cucina, ruggendo come una belva idrofoba.
Terminato di attaccare palloncini e altri festoni colorati realizzati dalle sorelle Mantovani, mi ero seduta sul tavolo da biliardo, osservando gli altri affaccendarsi fra musica, cibo e altri dettagli e provando una profonda sensazione di inutilità.
- Che ore sono? - domandò Davide. Il suo tono era sempre più nervoso.
- Sono solo le cinque, stai calmo! Prima delle sette non arriverà nessuno - tentai di rassicurarlo, ma non pareva molto convinto. Anzi, non pareva nemmeno avermi ascoltata.
- A che punto siete di là?! - esclamò Davide, rivolto in direzione della cucina.
- Abbiamo quasi finito! - rispose Elena di rimando.

Davide aveva affittato per una sera la sala sotto la parrocchia, nella quale si tenevano concerti di band locali il sabato sera. Era un locale ampio a sufficienza per ospitare più di cinquanta persone, anche se quella sera non ci sarebbe di certo stata una simile folla! Avremmo senz'altro avuto più spazio per respirare.
Era strutturato in tre ambienti: una sala principale, nella quale avevamo sistemato la tavola e le sedie, una sala minore che sarebbe stata adibita a guardaroba, attraverso la quale si accedeva ad un bagno, e una piccola cucina su cui si apriva una piccola zona bar.
Avevamo aperto i tavoli pieghevoli, formando un lungo ed unico piano di appoggio, sistemato le sedie, dispiegate le tovaglie multicolori. Ci attendevano solamente le stoviglie di plastica, ancora nelle loro confezioni.
Il pavimento di cotto emanava una spiacevole sensazione di gelo. Fortunatamente avevamo acceso il riscaldamento tre ore prima ed ora si stava molto meglio: avevamo ricreato un microclima ideale per poter sopravvivere con una maglietta a maniche corte, mentre fuori la temperatura era di poco superiore allo zero.
Il tema era stato scelto da Davide quasi un anno prima, dopo aver visto un'esilarante commedia: quella sera avremmo dovuto vestirci da figli dei fiori. Per Veronica e Federica non era stato troppo difficile, dato che il loro guardaroba si accostava molto allo stile hippy. Io avevo dunque attinto da quello della mia ragazza, che si sarebbe anche premurata di farmi i capelli (contro la mia volontà). Non ci eravamo ancora vestiti, dato che fuori faceva troppo freddo: i nostri cambi ci attendevano nella sala più piccola.
Federica estrasse il violino della custodia e balzò a terra. Si diede un'occhiata intorno, lo sguardo pensieroso, poi individuò un solido sgabello. Lo afferrò e ci salì sopra.
Impugnò l'archetto e lo adagiò sullo strumento, poi iniziò a suonare. Non avevo la minima idea di cosa fosse, nè chi fosse il compositore, ma mi piaceva. Dovevo confessare la mia totale ignoranza in materia musicale che non fossero i gruppi che amavo: non capivo assolutamente nulla di spartiti, sonate, scale et similia. L'unica cosa che avevo imparato era che un movimento "veloce" si definiva allegro, e quello doveva esserlo.
Veronica alzò gli occhi verso la sorella, sorridendo. Si alzò in piedi e raggiunse la tastiera, poi la accese. Iniziò a battere il tempo con il piede destro, poi s'inserì abilmente fra le note di Federica, che le fece l'occhiolino.
Elena sbucò dalla cucina assieme a Walter, per godersi meglio la performance delle due sorelle. Entrambi indossavano un grembiule da cucina, avevano i capelli arruffati e i volti arrossati, più che per il continuo batti beccarsi che per la reale fatica o il caldo.
Davide si sedette accanto a me sul tavolo da biliardo, rilassandosi finalmente per alcuni minuti, mentre Mattia prese una sedia.
L'esecuzione delle due ragazze fu interrotta dal trillo del campanello: avevamo chiuso la porta a chiave per evitare che qualche avventuroso ragazzino scendesse non invitato.
- Sul più bello! - sbuffò Veronica, immobilizzando le dita a mezz'aria.
- Vado io! - balzai in piedi, prima che Davide potesse muovere un muscolo. Dovevano senz'altro essere Giorgio e Lara. Olivia sarebbe arrivata più tardi perchè era occupata con una riunione a scuola stando a ciò che aveva detto il festeggiato.
Vidi i due ragazzi salutare sorridendo attraverso il vetro della porta.
- Benvenuti! - li accolsi, tenendo loro aperta la porta.
- Ciao Mari - disse Giorgio, baciandomi una guancia, cosa che fece anche Lara subito dopo.
- Come vanno i preparativi? - mi domandò la ragazza, togliendosi un capello morbido di lana grigio e blu.
- Alla grande! Venite sotto: Davide è isterico, Elena e Walter in cucina sono come Tom e Jerry e le altre due stanno dando sfogo alla loro vena musicale. L'unico tranquillo sembra Mattia - riassunsi rapidamente ciò che stava avvenendo al fondo delle scale. Loro risero.
- Non è una sorpresa -
- Allora, tutti i vestiti di là. Se volete cambiarvi subito fate pure, noi aspetteremo ancora mezz'ora -
Giorgio e Lara andarono a riporre le loro giacche con le nostre, per poi andare ad abbracciare un sempre più nervoso Davide.
- Amico, rilassati o ti rovinerai al serata - lo ammonì Giorgio, posando un braccio sulle spalle di Lara.
- Ragazzi! - trillò Federica, saltellando con il violino ancora stretto in mano.
- Ehi! - esclamò Giorgio, abbracciandola.
Elena e Walter urlarono dei saluti confusi dalla cucina, da cui proveniva di nuovo un rumore sospetto.
- Si può sapere cosa state facendo?! -, Davide era davvero suscettibile.
- Lotta con le presine! -
Scoppiai a ridere, mentre un'Elena piegata in due dalle risate usciva dalla stanza per andare a salutare i due appena arrivati. Aveva gli occhi lucidi e il naso rosso.
- Scusate... - tossicchiò, ancora scossa.
- Se succede qualcosa alle tartine... - sibilò Davide. Elena gli posò una mano sul capo, fissandolo con occhi gelidi.
- Dubiti di me? -
- No, ehm... no! -
- Meglio così! - disse in tono autoritario, per poi tornare in cucina.
Davide sospirò, sedendosi sul tavolo da biliardo, proprio dove ero seduta io fino a poco prima.
- Iniziamo a prepararci, che ne dici? - propose Veronica, che aveva appena finito di suonare un breve ritornello con la chitarra, per saggiare l'accordatura dello strumento.
- Meglio, altrimenti divento matto! L'inattività mi uccide -
- No, tu ci aspetti qui! - intervenne Mattia. Assieme ai nostri abiti, avevamo nascosto anche i regali per Davide. Lui borbottò qualcosa fra i denti, poi si rassegnò.
Ci precipitammo nell'altra stanza, per recuperare i nostri vestiti, poi ci spostammo nella stanza principale, appoggiando il mucchio sul tavolo da biliardo, ormai eletto casa base.
- Ele, Walter! Venite che ci vestiamo! - li chiamò Veronica.
- Era ora! Qua abbiamo finito, lasciamo tutto qui e guai a chi si avvicina -, Walter puntò minaccioso un dito contro di noi uscendo dalla cucina. Lui ed Elena avevano abbandonato i grembiuli e tutto il resto.
- Ci cambiamo... qui? - domandò Giorgio.
- Sì - rispose sorniona Veronica - Ma se tu vuoi andare in bagno liberissimo -
Giorgio si limitò a ridacchiare, poi si mise tolse la felpa.
Mi sfilai la maglia con un gesto unico, per poi sbottonarmi i jeans. Veronica era già in mutande e si stava infilando una veste marrone e verde, decorata da stravaganti motivi floreali.
- Oddio, non pensavo indossassi un intimo simile! - scoppiò a ridere Mattia, dopo aver afferrato la sua morbida camicia colorata. Impiegammo qualche secondo per trovare la persona in questione: Elena portava un paio di mutande rosa, decorate da teneri gattini altrettanto rosa.
- Sono mie! - esclamò Veronica.
- Devo... devo averle prese per sbaglio - sbuffò Elena, infilandosi rapida il suo paio di jeans a zampa d'elefante. La sua compagna rise di fronte al suo imbarazzo per essere stata colta in flagrante con un paio di slip tanto femminili.
Federica stava indossando una maglietta dai colori psichedelici e una lunga gonna morbida, in vita portava una cintura di cuoio a frange e ai piedi sandali dello stesso materiale. Anche Veronica si stava sistemando una cintura di cuoio dall'aria molto nativo americana. Elena aveva recuperato una camicia bianca e un gilè di stoffa colorata, mentre Davide, già vestito di tutto punto, indossava gli immancabili occhiali rotondi. Dal canto mio, indossavo una tunica dallo scollo rettangolare, stretta in vita da una fascia di stoffa, che mi copriva fino alle ginocchia, calzai rapida un paio di scarpe di tela.
- Capelli - sogghignò Federica, stringendomi le braccia al collo per poi baciarmi. Ruffiana a tradimento.
- Non vanno bene legati così? - le domandai speranzosa, indicando la coda di cavallo. Lei scosse la testa. Si portò dietro di me e tolse l'elastico di stoffa blu, per poi arrotolarselo al polso. Mentre alzavo gli occhi al cielo, notai Giorgio e Lara: erano davvero deliziosi!
Lui indossava un paio di pantaloni di stoffa color vinaccia, decorati da toppe e ricami, una camicia bianca morbida e un paio di scarpe basse di tela color panna; lei un lungo vestito con scollo rettangolare dello stesso colore dei pantaloni di Giorgio e decorati dallo stesso motivo di rattoppi e ricami, stretto in vita dalla classica cintura, nei piedi un paio di infradito di corda.
- Li avete fatti fare? - domandò Federica, incantata dall'abito di Lara.
- Mia nonna è una sarta - spiegò la ragazza, annuendo.
- Sono davvero meravigliosi -
Federica tornò quindi a concentrarsi sui miei capelli: li divise in due grandi ciocche ai lati del capo, per poi annodarle in due lunghe e morbide trecce; lanciò un'occhiata attenta al tavolo da biliardo, poi afferrò un nastro dai colori vivaci e me lo annodò attorno al capo.
- Oh sì, sei tremendamente figlia dei fiori - asserì Giorgio, serio.
- Io, invece, mi sento la figlia di Toro seduto - borbottai, scostando dal volto alcune sottili ciocche che Federica aveva volutamente escluso dalla pettinatura.
- I'm so cool! - asserì Walter, sistemandosi il gilè blu che terminava con delle lunghe frange. Sotto indossava una maglia lunga dai colori sgargianti e un paio di jeans a zampa d'elefante; attorno al capo un nastro di cuoio.
Anche Federica si sistemò attorno al capo un nastro di cuoio, che si adagiò perfettamente fra i suoi morbidi riccioli.
- Bella. Sei proprio bella - le dissi, passandole un braccio attorno alla vita e baciandole con trasporto una guancia.
- No, stammi lontana! - esclamò Elena, balzando indietro, mentre Veronica le si avvicinava con un nastro dai toni rosati.
- E' per il tema! Smettila di fare così -
- No, pussa via! Non riuscirai mai a farmi mettere quel... coso! -
Scoppiammo a ridere, osservando quella sorta di inseguimento per la sala, che terminò con i ruoli invertiti: Veronica afferrata bruscamente e sollevata di peso da Elena.
Notammo che Davide osservava l'orologio con insistenza: in meno di un'ora sarebbero arrivati gli altri.
- Mettiamo via questo pasticcio - disse Walter, afferrando i nostri abiti con l'aiuto di Mattia. I due baldi giovanotti si presero la briga di riportare tutto nella sala.
- Mi aiutate con piatti e bicchieri? - domandò Davide, squarciando con forza la busta di plastica contenente i piatti.
- Subito -
Ci adoperammo attorno a lui per terminare di sistemare il tavolo e curare i dettagli dell'ultimo minuto. Elena e Walter tornarono in cucina per accendere il forno nel quale avrebbero poi riscaldato la pizza della panetteria dei genitori di Davide.
Veronica e Matti avevano preso in mano gli strumenti e stavano suonando un allegro motivetto che mi pareva familiare, lui alla tastiera e lei alla chitarra classica, per rendere più piacevole il nostro lavoro.
Dopo mezz'ora il campanello suonò di nuovo e Davide sobbalzò.
- Vado io - proclamò, correndo rapidamente su per le scale, seguito dalle risate sommesse di Federica.
Tornò giù poco dopo, deluso, assieme a mio fratello e Francesca, già vestiti di tutto punto.
- Che bella con le trecce! - esclamò Francesca, abbracciandomi con tanto entusiasmo che quasi caddi per terra.
- Non esagerare - la ammonii, mentre recuperavo l'equilibrio.
- Gliele ho fatte io - pigolò Federica, stringendosi al mio braccio. Sorrisi e posai un bacio sui suoi capelli.
- Le fai anche a me?! - le domandò entusiasta Nex, spalancando gli occhi. La mia ragazza annuì e la fece sedere, per poi dedicarsi ai suoi lunghi capelli scuri.
- Walter? - domandò mio fratello.
- In cucina. Stranamente ora sono silenziosi, avresti dovuto sentirli prima - ridacchiò Mattia, informando mio fratello delle varie lotte all'ultimo sangue, delle tartine volanti e delle tenzoni a colpi di mestolo.
Il campanello suonò di nuovo e Davide si precipitò nuovamente ad aprire: era chiaro che attendeva con ansia Olivia. Io, invece, no. Non per cattiveria, nè per indifferenza, semplicemente non avevo voglia di parlare con lei. Nè di vederla. Figurarsi trascorrere una serata assieme, nella stessa stanza.
Eppure sarebbe dovuto arrivare, primo o poi. Nonostante fosse una constatazione ovvia, quando la vidi scendere le scale assieme a Davide mi si formò un groppo in gola. Non ero ancora pronta: eravamo state buone amiche per sei anni e ora?
- Ciao Olly! - la salutò Nex, agitando una mano. Anche chi la conosceva andò a salutarla, poi Davide si dedicò alle presentazioni di Elena e Veronica. Ero proprio curiosa di scoprire se la sua era davvero omofobia o l'unico obiettivo del suo odio ero io.
Federica si avvicinò lentamente a me, per poi avvicinare le labbra al mio orecchio, proteggendole con la mano.
- Mari, vuoi parlare? Vuoi che andiamo un momento in cucina? -
- No, amore, grazie. Ma va bene così... Non guardarmi in quel modo! Lo so che in realtà non va bene, ma non ho intenzione di scappare - mormorai, scostandole un ciuffo di capelli dalla fronte, per poi baciargliela, mentre lei chiudeva gli occhi.

Nei quindici minuti successivi il campanello suonò almeno una decina di volte e a ondate arrivarono i compagni di squadra di Davide, alcuni ragazzi della compagnia teatrale e del coro, compagni di classe e alcuni cugini. La stanza si popolò di risate, voci allegre, schiamazzi, ma, soprattutto, di colori.
- Ho fame - brontolò Federica, poggiando il mento sulla mia spalla e assumendo un'aria disperata.
- Ma non sono nemmeno le sette e mezza! - risi della sua espressione.
- Uffa -
- Fede! - esclamò Manuela, una nostra compagna di classe appena arrivata.
- Ciao Manu! -
Si abbracciarono, poi Manuela iniziò a chiederla come andava, se la scuola era tanto divertente quanto la nostra, di Roma d'inverno e altre cose. Ne approfittai per svicolare un momento: volevo parlare con Nex.
Non fu facile trovarla in mezzo a tutta quella confusione, soprattutto perchè tutti si somigliavano. Finalmente individuai due trecce castane uguali alle mie e mi aggrappai ad una di esse.
- Ahi! Sei scema?! - esclamò Nex, dandomi uno spintone.
- Scusa, ti stavo cercando... -, m'interruppe, alzando la mano come un vigile alzerebbe la paletta.
- No, non le ho parlato e non so cosa pensi o che intenzioni abbia -
Sospirai scoraggiata.
- Seconde te dovrei andare a parlarle? -
- Direi di sì: finchè non ti confronti direttamente con lei non potrai capire cosa pensa esattamente -
- Lo so, sono un'idiota, però non ne ho proprio la forza. Non voglio sentirmi aggredire per la mia omosessualità, non ne ho alcuna intenzione - asserii, ed era la verità.
- Posso capire che sia spiacevole... -
- No, Nex, non puoi capire. E' una sensazione di tremenda inadeguatezza e solitudine, soprattutto se certe accuse ingiuste ti vengono rivolte da un'amica -
Francesca sospirò, sconfortata: non sapeva più dove sbattere la testa.
- Senti Mari, fai come ti pare. Non voglio forzarti, però non fossilizzarti troppo sulle tue posizione: se lei è stupida, non abbassarti al suo livello -
Mi lasciò sola, impalata come uno stoccafisso, a rimuginare. Cercai con gli occhi la mia ragazza: avevo di nuovo bisogno di lei. In realtà un pensiero decisamente più indecente prese forma davanti ai miei occhi, ma non sarebbe stata una saggia mossa afferrare con impeto Federica per poi amoreggiare con lei. Almeno non davanti a tutti...
La individuai dopo aver vagato per po', intenta ad intrattenere pubbliche relazioni con nostri compagni di classe. Colsi più di una volta la parola Roma. Basta. Non volevo mai più sentir parlare di quella maledetta città!
Mi avvicinai di soppiatto alle sue spalle, per poi posarle una mano sul capo. Lei ruotò di scatto il viso stupito, per poi lanciarmi un sorriso caldo che sciolse tutto ciò che di gelato era rimasto in me dopo la chiacchierata con Francesca.
- Puoi venire un attimo o stavi...? - lasciai volutamente la frase in sospeso. Non avevo la minima intenzione di indagare sul genere di discorsi con cui li stava intrattenendo.
- Tranquilla, vai - fece segno Roberto, uno dei ragazzi. Lei si alzò sorridendo, poi mi seguì docilmente fino alla stanza più piccola. La afferrai per un polso, trascinandola in bagno. Chiusi a chiave la porta e poi le fui addosso.
Lei mormorò qualche parole che non colsi, sorpresa. Ma non durò a lungo: quando la appoggiai al muro, lei con le gambe strette attorno alla mia vita, gemette in modo contenuto. Mi passò le braccia dietro al capo, mentre le baciavo e succhiavo un'orecchia, scendendo lungo il collo, sorreggendola con entrambe le mani posate sul suo sedere.
- Mari... - boccheggiò, per poi cercare le mie labbra.
- Dimmi - ansimai nella sua bocca, sempre reggendola contro il muro. La gonna le era risalita fino alla vita e potevo scorgere i suoi slip viola.
- Ti amo -
- A-anch'io ti amo, cucciola - mormorai, chiudendo gli occhi per baciarla ancora.
- Torniamo... di là? - ansimò Federica, il cui corpo pareva tremendamente in disaccordo con le sue parole, dato aveva iniziato a muovere il bacino contro il mio.
- Dici? A me non è che vada molto... ho voglia di mangiarti di baci -
- Io... però... ricordi cosa mi avevi detto? Su una nuova prima volta... - sussurrò imbarazzata, abbassando gli occhi.
- Certo, amore, ma non voglio certo farlo qua. Ho solo tanto bisogno di sentire il tuo corpo contro il mio - le spiegai, stringendo le sue labbra fra le mie e mordicchiandole il labbro inferiore.
- Ah, bene... - mormorò Federica, baciandomi con foga. Era chiaro cosa desiderasse il suo corpo in quel momento, ma non sarei mai andata contro le sue richieste. Mi pareva davvero il minimo. E poi avremmo avuto tempo più tardi, se fossi stata fortunata.
Non trascorse molto tempo prima che decidessi di tornare di là: sia perchè qualcuno avrebbe potuto aver bisogno del bagno da un momento all'altro, sia per rispetto nei confronti di Davide.
Incrociai gli occhi di Olivia nel momento in cui richiuse la porta dell'altra stanza alle mie spalle: era uno sguardo di odio e disgusto, disprezzo e rabbia. La fissai con rancore e tristezza. Sarei voluta andare da lei e urlarle in faccia tutte le cose orribili che pensavo di lei, ma non ne avevo il coraggio, nè la voglia. Federica avvertì subito la tensione e posò una mano sulla mia spalla, stringendola dolcemente.
Olivia spostò il suo sguardo su di lei con disgusto e disprezzo, se possibile, ancora maggiori di quelli che aveva riservato a me. Cosa c'è che non va in te?
Circondai con un braccio le spalle della mia ragazza in un gesto protettivo, poi la spinsi via, interrompendo quell'intenso gioco di sguardi.
- Vuoi una tartina? - domandò con voce stanca Federica, adocchiando Elena nella cucina.
- Okay... -
Entrammo nel piccolo ambiente, dove Elena stava mettendo in forno una seconda di teglia di tartine e Walter suddivideva quelle della prima infornata su alcuni vassoi.
- E' vietato sostare in cucina - disse subito Elena, ancora voltata di spalle.
- E' un'emergenza - spiegò Federica ed Elena subito si voltò, preoccupata dal quel tono di voce.
- Cosa succede?! -
- E' Olivia! Non... riesco a reggerla - ringhiai, soffocando l'impulso di rifilare un pugno al muro e risparmiando dunque alle mie nocche un dolore inutile.
- Una di voi due si ricorda per caso di Giulia, la migliore amica di Veronica? O meglio, la migliore amica di Veronica finchè decise di fare comingout - domandò Elena, sospirando e appoggiando le natiche al bancone della cucina. Anche Walter si fermò ad ascoltare: lui sì che conosceva bene quella ragazza. Fra Elena e Veronica e i tre moschettieri c'era sempre stata molta frequentazione, maggiore rispetto a quella delle due ragazze con me e Federica.
- Sì, io me la ricordo bene - asserì Federica, io mi limitai a scrollare le spalle. La conoscevo di vista, non ricordavo di averle mai rivolto la parola.
- Non avete idea di quanto tempo ha passato detestando Veronica, rivolgendole battute acide, aggredendola ogni volta che poteva. Veronica provò più volte a parlarle, ma finivano sempre per litigare furiosamente, finchè un giorno, serenamente, davanti ad una cioccolata calda, si sono chiarite. O almeno parzialmente. Giulia le ha spiegato perchè non voleva accettare la sua omosessualità con toni pacati e adducendo motivazioni ragionevoli. Non sono più state amiche, è vero, ma perlomeno ora si salutano e riescono a sostenere una normale conversazione senza sbranarsi -
- Quindi dovrei invitare Olivia per un tè? - domandai, ironica.
- Mari, non fare del sarcasmo. Devi parlarle con calma, pacatamente, non devi darle motivo di aggredirti, altrimenti la situazione degenererà -
- Il fatto è che non voglio rovinare la serata a Davide: se andassi a parlarle finirebbe come dicevi tu! Sarebbe uno sbranarsi a vicenda! -
- Non ho detto che tu debba per forza farlo ora. Oltretutto è troppo presto, secondo me -
- Anche secondo me. Dalle il tempo di sbollentare - intervenne Walter.
Sbuffai, mentre Federica mi carezzava un braccio come per tranquillizzarmi.
- Certe volte... certe volte mi chiedo come sia possibile che nel 2010 ci siano ancora persone tanto ottuse e bigotte -
- Ci saranno sempre, quindi fattene una ragione - sibilò Elena. Sembrava molto nervosa: che avesse litigato con Veronica? Non mi pareva di averle viste discutere. Magari era stato qualcun'altro, forse i suoi genitori.
- Ele... va tutto bene? - le domandò Federica, avvicinandolesi.
- No, ma tu stai tranquilla - tentò di rassicurarla. Federica la abbracciò con forza, stringendole i fianchi. Elena sobbalzò, poi però ricambiò l'abbraccio, posando la guancia sui suoi capelli. Rimasi ad osservarle in silenzio. Non ero minimamente infastidita o turbata: avevo perfettamente chiara in mente l'intensità con cui Elena amava Veronica.
- Sicura che non ne vuoi parlare? - mormorò Federica alzando lo sguardo per cercare i suoi occhi.
- Diciamo che non ho voglia di approfondire l'argomento, ma è la solita storia dei miei fratelli. Abbiamo litigato per bene proprio prima della festa - spiegò Elena, carezzandole i capelli.
- Mi dispiace -
- Dai Ele, sono due imbecilli. Lo sai! Cosa stiamo a fare noi, altrimenti? - sorrise Walter, indicandosi con aria eloquente.
- Tu taci - ridacchiò Elena, stringendo con più forza Federica e baciandole una guancia con trasporto.
- Invece di farti la ragazza di Mari, continua con le tartine - le ingiunse Walter, autoritario.
Lei si limitò a ridere, mostrandogli il medio, poi si liberò dall'abbraccio di Federica, che ringraziò con alcune parole all'orecchio.
Tornammo nella calca della sala, dove Veronica stava suonando la tastiera e Mattia la chitarra classica. Alcuni cantavano, altri ballavano, tutti ridevano e pareva divertirsi moltissimo. Davide stava cantando con Giorgio, duettando sulle note della canzone che i due fratelli Mantovani stavano eseguendo. Lara osservava Giorgio compiaciuta con occhi languidi; Olivia stava riservando uno sguardo molto simili a Davide.
Federica andò a prendere il violino dopo avermi posato un bacio sulla guancia, poi raggiunse i fratelli e s'inserì nell'esecuzione, per la gioia dei presenti. Tastiera, chitarra classica e violino non erano forse una gran combinazione, però loro tre stavano bene assieme e l'importante era divertirsi.
Mi sedetti assieme ad alcuni compagni di squadra di Davide che non se la sentivano di cantare e ballare. Stavano parlottando fra loro, bicchieri di coca-cola alla mano.
- Sai qualcosa della cena? - mi domandò improvvisamente uno di loro di cui proprio non riuscivo a ricordare il nome.
- Stanno scaldando le tartine, penso che fra poco le porteranno in qua - scrollai le spalle.
- Davide ha avuto una bella idea per il tema: è originale! Non come le solite feste in cui tutti fanno i fighi e si mettono cravatte, tacchi e altri ninnoli - rise un altro.
- Oh sì, per fortuna. Tanto non mi sarei messa i tacchi nemmeno se fosse stata una festa elegante - annuii sorridendo.
 
- Permesso! Fate passare! - stava praticamente urlando Walter, che precedeva Elena, la quale reggeva una pericolante torta dall'aspetto delizioso.
- Qui -, Davide indicò con cipiglio autoritario una zona del tavolo di fronte a lui, dove la ragazza depose il vassoio, sgranando per un attimo gli occhi quando la torta scivolò rapidamente da una parte.
- Agli ordini, messere - ironizzò Elena, dando una pacca sulla spalla ad un Davide molto più teso del solito. Effettivamente lo capivo: doveva gestire una trentina di persone, fare in modo di parlare e stare un po' con tutti, essere disponibile, controllare che tutti si divertissero, assicurarsi che il cibo fosse sufficiente (e commestibile), chiedere ai fratelli Mantovani di suonare questo e quest'altro, ogni tanto caricare una canzone con l'i-pod per farli riposare, tenere a bada le due belve in cucina e dare retta alla sua ragazza. Mi pareva troppo persino per uno stoico come lui.
- Su di giri, vero? - domandò ridacchiando sottovoce Giorgio. Lara ed io mostrammo un'espressione esasperata, poi scoppiammo a ridere.
- Okay gente, è il momento dei regali! - dichiarò Veronica, invitando Walter a recuperare tutti le buste, i pacchi e i pacchetti nell'altra stanza.
Tutti si affannarono per trovare il proprio, tentando di riconoscerlo dalla forma e dal colore della carta colorata che lo avvolgeva, per poi precipitarsi addosso al nostro beniamino e soffocarlo con le richieste d'attenzione.
Federica suonava il violino, seduta sul tavolo fra i regali; dalle sue dita si sprigionava una malinconica melodia, che contrastava con il sorrisetto che le curvava le labbra rosee. Le schiacciai l'occhiolino, lei ricambiò.
- Fede... grazie - sospirò Davide, che, nonostante tutto, apprezzava la presenza della migliore amica su quel tavolo. Lei arricciò le labbra come a volergli dare un bacio, lanciandone uno nell'aria.
Lasciammo che passassero per primi i compagni del teatro, poi i ragazzi dell'istituto musicale, dopo di loro i compagni di squadra, i cugini, i nostri compagni di classe e, infine, noi.
Avevamo unito le finanze per comprare anche a lui una console Wii e due videogiochi che sapevamo che desiderava con ardore.
- Non ci credo! - aveva esclamato, strappando violentemente la carta la quadri.
- Così possiamo continuare con i tornei anche a casa tua! - aveva riso Veronica, abbracciandolo e dandogli un bacio sui capelli. Olivia, alle sue spalle, le lanciò uno sguardo di fuoco, che Federica notò immediatamente.
- Che cazzo vuole quella? - sibilò a denti stretta, udita anche da Giorgio che le consigliò di non farci caso.
- Sì, ma è stupida o cosa? Mia sorella è lesbica, lo sanno anche le pietre! - ringhiò lei, sull'offensiva.
- Calmati, amore - le sussurrai all'orecchio, mentre Davide si avvicinava per abbracciarci. Probabilmente lo fece apposta, ma Federica fu più affettuosa del solito e rimase abbracciata a lui molto a lungo.
Dopo un vasto giro di abbracci e ringraziamenti, Davide procedette con il taglio della torta, aiutato da Elena che posava con eleganze le fette di torta nei piatti di plastica gialla, per poi passarli alla sua compagna, che provvedeva ad aggiungere un cucchiaino, anch'esso di plastica, per poi allungarlo alla persona più vicina. Dopo cinque minuti avevamo tutti la nostra porzione fra le mani. Era davvero squisita.
- Dove l'hai comprata? E' buonissima! - domandò una ragazza del gruppo teatrale, Alina.
- L'ha fatta lei - sorrise Davide, indicando Elena, che si era rifiutata di assaggiare la sua creazione perchè aveva spiluccato per tutto il giorno e si sentiva fin troppo satolla.
- Complimenti! E' fantastica - disse uno della squadra dai capelli color carota. Elena sorrise, scrollando una mano nell'universale gesto interpretabile come ma figurati, è una sciocchezza.
- Domani, ragazzi, a casa mia si organizza un torneo, è un ordine - sentenziò Davide, con la bocca piena di torta.
- Ovviamente! Io ci sono di sicuro - asserì Simone.
- Idem! - s'aggiunse Elena, che, se era necessario menar botte ai videogiochi, era sempre presente.
Olivia tossicchiò, posando il piatto di plastica già svuotato del suo contenuto, per poi tornare ad incrociare le braccia e a fissare il suo sguardo d'odio verso di me.
Non era il momento, non era il luogo e non era giusto. Ma fui presa da un impulso irrazionale, imprevedibile, che non riuscii nemmeno a tentare di frenare. Mi avvicinai rapida ad Olivia, le afferrai un braccio e la trascinai a forza in cucina, sorda alle sue proteste. Chiusi la porta alle mie spalle, sbattendola con forza.
- Ora parliamo - stabilii.
- Io non ho niente da dire. Sei tu quella che avrebbe dovuto parlare, ma molto tempo fa! - ringhiò Olivia, arretrando, come se le desse fastidio stare a meno di due metri da me.
- Cosa avresti preteso?! Che io venissi da te a parlarti della mia vita privata?! -, tentavo di controllare la rabbia nella voce, ma era difficile.
- No, ma almeno che tu avessi un po' di rispetto verso di noi! -
- Spiegami: in cosa vi avrei mancato di rispetto? -, mi appoggiai al muro, assumendo un'espressione curiosa e scettica allo stesso tempo. Ero davvero ansiosa di ascoltare le sue ragioni. Anzi, le sue stronzate.
- Noi giravamo bellamente nude davanti a te, facevamo la doccia assieme... avresti almeno potuto dirci qualcosa! -
Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Io che ero la prima a vergognarmi e a rintanarmi in un cantuccio quando loro saltellavamo al naturale per lo spogliatoio; io che detestavo fare la doccia in palestra ed erano state loro a costringermi a farla, per "consolidare l'intesa di squadra", testuali parole.
- Perchè sei così egocentrica da pensare che io ti abbia mai guardata? -
- Se io avessi potuto mimetizzarmi in uno spogliatoio maschile avrei senz'altro dato una bella occhiata - replicò lei, scettica.
- Be', quella sei tu, non io. Io ho rispetto nei vostri confronti, contrariamente a quanto credi tu -, le puntai contro un dito accusatore.
- Ti prego, non fare la santarellina vittima delle insinuazioni altrui! - esclamò scocciata, per poi aggiungere con tono disgustato - Da quanto tempo sei così? -
- Da quando sono nata. Non ci si diventa da un giorno all'altro, mi spiace per te. E se invece intendi da quanto tempo sto con le ragazze, allora la risposta è tre anni e qualcosa. Soddisfatta ora? - risposi amareggiata. Non ero totalmente certa di quali fossero le sue intenzioni.
- Tre anni?! -
- Sì. Io amo Federica, a dispetto di cose pensi tu -
Lei non rispose, si avvicinò a me per poi scansarmi con un colpo e uscire dalla porta alle mie spalle. Rimasi interdetta a fissare le piastrelle opache di fronte a me. Rabbrividii e scossi la testa, poi uscii dalla stanza di pessimo umore.

In conclusione, con Olivia non avevo chiarito un bel niente e mi ritrovavo al punto di partenza. O forse in una posizione ancora peggiore.
Nonostante il pensiero della mia amicizia ormai irrimediabilmente perduta (almeno era ciò che percepivo), ero riuscita a trascorrere serenamente il resto della serata in compagnia di Federica e di tutti gli altri. Anche Elena era di cattivo umore, ma non pareva avere intenzione di approfondire la questione con noi, come già aveva detto a Federica. Davide non pareva essersi accorto del diverbio fra me e la sua ragazza, ma era meglio così: era stato molto impegnato a star dietro a tutti quanti, a controllare cosa suonava i fratelli Mantovani o l'i-pod, ad intrattenerci adeguatamente e altre incombenze da festeggiato e organizzatore. Alla fine, però, anche lui si era divertito e pareva felice.
Ci aveva salutati con un allegro "a domani, schiappe, vi straccerò!", per poi raggiungere la macchina di sua madre. Così anche noi che eravamo rimasti per aiutarlo a pulire, eravamo tornati a casa. 
I genitori di Federica sarebbero arrivati il giorno dopo assieme a Mattia e un Claudio piuttosto contrariato. Avevamo in programma un pranzo di famiglia, che ovviamente comprendeva anche Walter, Ludovico e Lilith.
In bagno l'acqua scorreva, Federica si stava lavando i denti, mentre io ero già nel letto, assonnata e stanca, gli occhi che bruciavano. Mi strinsi al cuscino, sprofondando il volto fra la stoffa profumata, e raggomitolandomi in posizione fetale sotto al piumone. Nonostante fosse aprile, ancora non avevo avuto il coraggio di sostituirlo con una coperta più leggera.
E la questione di Valentina? Gemetti sottovoce. Dovevo ancora finire quel discorso con mia sorella: era necessario fare un po' di luce in quel groviglio di bugie e inganni. Maggie, che ruolo hai, o hai avuto, in questa vicenda? Non riuscivo a fidarmi completamente di lei, la conoscevo troppo bene e non ignoravo certamente i suoi trascorsi, proprio per questo non potevo credere ciecamente alle sue parole. Non era mai stata bendisposta verso di me. Pareva odiarmi con tutte le sue forze, anche quando cercavo di aiutarla o le ero stata vicina, lei mi aveva sempre respinta, dicendo che la mia pietà la schifava. Perchè mi odi?
- Mari... - mormorò Federica al mio orecchio, infilandosi sotto alle coperte e abbracciandomi da dietro. Produssi un gutturale verso disarticolato, senza aprire gli occhi.
- Dormiamo? - chiese, baciandomi l'orecchio visibile fra i capelli, l'altro era schiacciato contro il cuscino.
- Sì - mormorai affaticata. Ero davvero molto stanca - Buonanotte, amore -
- 'Notte anche a te - mormorò dolcemente, stringendosi alla mia schiena e poggiando la fronte contro la mia nuca. Mi addormentai serena.

*

Federica aveva preso l'aereo con la sua famiglia alle sei di sera. Sarebbero tornati per il ponte tra fine maggio ed inizio giugno.
Veronica ed io avevamo già progettato di organizzare una festa a sorpresa per sua sorella ed eravamo partite con largo anticipo ad avvisare gli invitati. Avevo fatto un giro di telefonate, aiutata da Giorgio e Davide, per contattare i loro colleghi del gruppo teatrale e i compagni dell'istituto musicale. Tutti erano stati entusiasti dell'idea: le feste a sorpresa trasmettono sempre allegria, vuoi per il brivido nell'organizzare qualcosa alle spalle del diretto interessato, vuoi per la complicità che si crea nella complessa rete di innocenti bugie per tenere il festeggiato all'oscuro, intrecci che poi è sempre spassoso rievocare.
Veronica ed io avevamo passato un'interno finesettimana a progettare ogni dettaglio, dalla locazione, al numero di bibite da comprare. Sempre meglio partire in anticipo con questo genere di cose, perchè è un classico arrivare qualche giorno prima completamente disorganizzati e brancolanti nel buio, cercando di arrabattarsi all'ultimo minuto con ciò che rimane.
La torta sarebbe stata senz'altro una sacher, di cui Federica era estremamente golosa: era sempre bellissimo vederla abbuffarsi del suo dolce preferito, osservando il cioccolato disegnarle eleganti riccioli attorno alle labbra, per poi sorriderne orgogliosa e pretendere saltuariamente una fotografia.
E poi anch'io avevo avuto la mia sorpresa.
Margherita aveva bussato una sera alla porta della mia camera, mentre io ero impegnata a chattare con Federica. Avevo chiuso la conversazione e lei si era seduta sul mio letto, facendomi segno di raggiungerla.
- Domani hai voglia di andare a fare due passi? Posso aiutarti con il regalo per Federica - aveva mormorato, sostenendo il mio sguardo con una certa timidezza, come se il voler partecipare al compleanno della mia ragazza, che un tempo era stata anche sua amica, fosse qualcosa di cui vergognarsi.
- Molto volentieri. Verrai anche tu al compleanno, no? - le domandai, stringendomi le ginocchia con le braccia e poggiandoci sopra il mento.
- Se per te va bene... -
- Sì, certo! A tutti farebbe piacere, Maggie - le dissi, ed era vero, non la solita bugia per rabbonire.
Così il pomeriggio seguente eravamo uscite, lei avvolta nel suo cappotto rosso, i corti capelli nascosti sotto un basco nero, che le conferiva un'aria molto parigina, io stretta in una giacca nera, la metà inferiore del volto sepolta sotto una spessa sciarpa di lana.
- Avevi già un'idea, o stiamo andando alla cieca? - mi chiese ridacchiando.
- Abbastanza alla cieca - ammisi sbuffando. Non avevo la minima idea per il suo regalo: lei aveva tutto ciò che desiderava, non mi pareva avesse bisogno di nulla.
- Dai, ora ci verrà un'idea - mi spronò Margherita, prendendomi a braccetto. Le avevo sorriso fra la lana.
Avevamo passeggiato tranquillamente per la via principale, un'area pedonale ai cui lati negozi di ogni tipo (dal vestiario, al mobilio d'epoca, alla gastronomia) sbucavano come funghi. Era piacevole passeggiare in quell'aria frizzante, la via non tropo gremita, ma comunque popolata e vivace, l'aria trasportava stralci di discorsi e risate.
- Andiamo da Lush, ti prego! Voglio annusare il sapone! - esclamò Maggie, spalancando gli occhi e afferrandomi una mano. Fui trascinata ridendo da Margherita verso il negozio in questione.
Entramme e fummo avvolti non solo dal tepore del riscaldamente, ma anche dall'intenso profumo dei vari tipi di sapone artigianale, sistemato su banconi di legno come forme di formaggio.
Margherita si lanciò su una forma di sapone al miele, annusandolo con gli occhi chiusi. La seguii sorridendo.
- Mm, che buono - mormorò, porgendomene un pezzo già tagliato da annusare. Non potei non concordare con lei.
- Guarda! Al cocco -, Margherita afferrò un'altro spicchio e se lo avvicinò alle narici, per poi avvicinarlo alle mie.
Restammo alcuni minuti ad annusare il sapone artigianale, indugiando parecchio su quello al mandarino, che mi ricordava ovviamente Federica. Margherita alla fine si decise per un pezzo di sapone alla mandorla e ci stavamo giusto avvicinando alla cassa, quando Margherita mi colpì un braccio con forza, agitata, indicandomi una persona di spalle. La riconobbi immediatamente dai lunghi e mossi capelli neri.
- Andiamo via? - domandai sottovoce a Margherita.
- Buonasera, posso aiutarvi? - domandò il ragazzo alla cassa. Sfoderammo subito un gran sorriso e mia sorella gli porse il pezzo di sapone scelto. - Sì, questo, per favore -
Lei pagava, io tenevo d'occhio Valentina, che, assieme ad altre due ragazze, stava annusando i prodotti del negozio.
Si voltarono mentre Margherita afferrava lo scontrino dalle mani del ragazzo, Valentina mi rivolse un sorriso sprezzante, riservandone invece uno carico d'odio per mia sorella.
- Usciamo - sentenziò lei, prendendomi per mano. Loro tre ci seguirono in strada.
- Che cosa vuoi?! Mi sembrava di essere stata chiara! - ringhiò immediatamente Maggie, senza lasciarle il tempo di aggredirci.
- Mi fai schifo, Volpe. Ora ti riduci ad uscire con quell'invertita di tua sorella? - ridacchiò Valentina, supportata dall'annuire frenetico delle due ragazze al seguito.
- Non chiamare mia sorella in quel modo, stronza! - esclamò Margherita, impedendomi di mandarla personalmente a quel paese. Le amichette di Valentina, che dovevano essere quelle che alternava alle due stupide mie compagne di classe, ammutolirono e la osservarono nervose, temendo forse la sua reazione.
- Sappi che me la pagherai, Volpe -
- Oh, Visconti, sono terrorizzata! - le risi in faccia - Anche mia sorella sta tremando di fronte alle tue minacce -
- A te non conviene parlare, data la tua posizione -
- Ah sì? E quale sarebbe la mia posizione? Vuoi andare a dire a tutti che sono lesbica? Fa' pure! Penso non ci sia nemmeno più gusto tante son le voci che circolano su di me. Tante quante quelle che circolano su di te... - sogghignai, lasciando volutamente la frase in sospeso. Le sue gesta da ubriaca erano note ai più, soprattutto le sue performance sessuali e i vari servizi resi la sera in discoteca.
- Non permetterti di fare certe insinuazioni - squittì la scagnozza di destra, scuotendo la riccia chioma disordinata.
- Non sono insinuazioni, Michela, lo sai meglio di me - intervenne mia sorella, che evidemente non era estranea a quell'ambiente.
- Margherita, non credere di poterci rivolgere ancora la parola. Dopo il numero che ti sei fatta con mia cugina... -, mia sorella la interruppe con tono rabbioso.
- Cosa cazzo me ne frega di voi, secondo te?! Non siete mie amiche, non lo siete mai state! E non sai quanto mi pento di averti dato corda, avrei dovuto mandarti a quel paese. E spero che tua cugina non incroci ancora la mia strada! Devo anche starvi a sentire mentre progettate di rovinare la vita a mia sorella? No, non credo proprio. Quindi abbassa la cresta e torna nel tuo pollaio a fare la regina, che ti riesce bene. Le uniche persone con cui puoi rapportati sono queste imbecilli che ti porti appresso -, indicò con un gesto del braccio le due ragazze dagli occhi spalancati.
- Non temere, ne riparleremo. Spera di non essere tu ad incrociare la nostra strada - la minacciò Valentina, puntandole contro un dito terminante con una lunga unghia laccata di viola.
- Valentina, non ti conviene usare quel tono con mia sorella - la avvertii, posando una mano sulla spalla di Margherita.
- Dovrei avere paura di te, mezza-donna? - domandò con tono a metà fra lo scettico e l'indignato.
- Sono molto più donna io di te - asserii.
- Senz'altro, Mari - annuì mia sorella - E ora andiamo che non possiamo perdere altro tempo ad ascoltare le tue farneticazioni -
Si voltò, afferrandomi e costringendomi a seguirla.
- Ne riparleremo, Volpe, statene certe! - esclamò, noi scoppiammo a ridere, stringendoci la mano.

Per il regalo avevo avuto una fortuna sfacciata: Mattia mi aveva telefonato di nascosto per avvertirmi che Federica aveva rotto l'mp3, così avrei potuto provvedere e comprargliene uno nuovo. Ero andata a sceglierlo con Veronica, che era stata molto contenta della cosa.
- Almeno è utile! - aveva ripetuto più volte mentre osseravamo i piccoli congegni rettangolari.
Alla fine avevo optato per un semplice modello dal design essenziale, nero, ma con una memoria decisamente abbondante, requisito fondamentale dato che Federica portava sempre con sè vagonate di musica, di cui si nutriva e ne percepiva il bisogno costantemente, come d'ossigeno per sopravvivere. Infatti da quando aveva perso l'mp3 era diventata intrattabile.
Poi avevo avuto un'illuminazione: stavo girovagando con Lara un'ozioso pomeriggio di inizio maggio, quando eravamo capitate in un negozio di arredamente stravagante per la casa. Lara si era perdutamente innamorata di una stampa raffigurante una veduta aerea di New York in bianco e nero e stava occhiaggiando disperata il prezzo, troppo alto per le sue risorse, sperando, forse, che si sarebbe abbassato suggestionato da quell'intenso sguardo. Mentre lei tentava di mettere in pratica quelle doti paranormali, io vagavo per il negozio senza meta e senza perchè, solo per curiosare e rovistare fra paccottiglia e pezzi da collezione. Stavo giusto ridacchiando di una cornice pelosa e leopardata quando la vidi: una semplice stampa quadrata, non troppo grande, ma dall'aspetto affascinante. Era la fotograia dai colori soffusi di un ramo ricoperto da fiori di pesco. Rimasi a contemplarla per alcuni minuti, con la bocca spalancata. Era una visione tanto semplice quando incantevole: quei piccoli fiori bianchi, candidi, emanavano una purezza che contrastava con il colore violaceo dello sfondo, catturando l'attenzione su di loro grazie a questi giochi di luce. Trasalii quando Lara mi posò con forza una mano sulla spalla, sospirando sconsolata.
Mi limitai a grugnire qualcosa, indicandole la stampa. Anche i suoi occhi si spalancarono.
- Bello, vero? -
Lei annuì, poi s'affrettò a cercare il prezzo. Costava solo ventisei euro! Molto meno del previsto.
- E se lo prendessi per Federica? -
- Mari, sai cosa significa il fiore del pesco? - mi domandò Lara, assumendo un cipiglio autoritario. Io scossi la testa, pronta a bere ogni sua parola.
- Nel linguaggio dei fiori, significa "amore eterno". Direi che è perfetto, se è questo che vuoi trasmetterle. Perchè lo pensavi come un regalo per Federica, vero? - sorrise maliziosa notando il rossore che andava diffondendosi sulle mie guance.
- Mi sembra un'idea... dolce, che ne pensi? -
- Se Giorgio lo regalasse a me, lo riterrei molto romantico - asserì Lara, passandosi una mano fra i corti capelli chiari.
- Bene, allora lo compro! - sentenziai, afferrandolo saldamente.
Alla cassa, una signora di mezza età dall'aria annoiata e gli occhi stanchi afferrò con malagrazia le banconote che le stavo porgendo, per poi impacchettare rapidamente quella stampa. Osservai quei fiori luminosi sparire nell'oscurità della carta, soffocati da uno strato d'argento opaco.
- Grazie e arrivederci! - salutammo uscendo dal negozio.
La signora non si degnò di risponderci, ma tornò a concentrarsi su qualcosa che teneva sotto al bancone.
- Sai Mari, sono contenta che alla fine tutto si sia risolto - sospirò Lara, osservando l'azzurro cielo di maggio. L'aria inizia a diventare più calda e si poteva iniziare ad osare giacche leggere.
- Mm, io penso che invece ci siano ancora molte questioni in sospeso. Ad esempio Monica: non posso far finta che non esista, non sparirà ignorandola. Andrò a parlarle uno di questi giorni, vorrei tanto spiegarle. Ci ho provato ultimamente, ma mi evita come la peste, e la capisco! Poi devo anche sistemare la storia con Federica.: non è facile dimenticare cosa è successo, però io ci tengo ancora a lei, davvero. La amo -
- Per sempre? - domandò Lara, accennando al sacchetto che stringevo fra le dita.
- Non lo so, ma sarebbe un buon inizio -



***

La posta di Mizar: data la nuova e pratica funzione di Efp, risponderò direttamente ad ogni recensione, così sarà più pratico (almeno spero, in caso contrario fatemelo notare e ripristinerò la formula precedente!)!


A presto,
Mizar

   
 
Leggi le 16 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mizar19