Sorridi
4 giugno 2010
Era una giornata buia e
tetra, una di quelle che
costringono a tenere le luci accese a mezzogiorno, comportando un
inutile
dispendio di energia elettrica, considerando l’enorme
dimensione di quel pronto
soccorso.
Sergio se ne sarà fatto una ragione.
Dalla finestra si distinguevano solo grossi nuvoloni dello stesso
colore dell’asfalto.
Si dice che la natura sia lo specchio dell'anima, almeno nella
concezione
simbolista.
Beh, se fosse stato davvero così, avresti cancellato il sole
dal sistema
solare, per dire addio al caldo, addio alla vita e addio al mondo.
E con lui a tutta la sofferenza che gli teneva dietro.
La vedesti camminare in corridoio accanto a quello
pseudo-specializzando.
Chissà perché la tua gelosia non sembrava mai
troppa.
Un lampo illuminò per mezzo secondo quella fascia di
mattonelle bianche
raggiungendo i piedi della donna, che proseguiva il suo tragitto.
Peggio di un pugno allo stomaco.
Peggio dell’afasia ad un concerto.
Peggio di un calcio negli stinchi.
O di una pallottola nel cuore.
Odiavi troppo quella donna, o forse perché l’amavi
troppo, e per
l’ennesima volta era colpa di quell’insensato
dualismo dei sentimenti.
L’unica cosa che facesti fu rifugiarti nella gelida sala
medici, e bere un sorso
della ancor più ghiacciata acqua del frigorifero.
Come se ti avesse intercettato, Cristiana entrò nella stanza
un attimo dopo di
te, sorridendo.
Un sorriso sincero, solare, gioioso.
Sorrideva alla pioggia?
Al cielo plumbeo?
A Guidi?
A te?
Alla sua felicità e di conseguenza al tuo dolore?
Rimanesti a contemplarlo finché non sparì,
lasciando spazio a qualche parola.
“Mi ha lasciata. E invece di piangere rido. È
normale?”
Che fosse normale o no, non aveva importanza.
Perché ora sorridevi anche tu.