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Autore: Hi Fis    13/01/2011    5 recensioni
"Perché alla fine, tutto ciò che rubiamo all’eternità con le nostre vite sono solo pochi attimi: lo spazio di un racconto.".
Perchè finalmente sono riuscito a scrivere questa storia, che descrive con vari colori la (possibile) relazione fra Jack e il comandante Shepard, e di quello che succede quando si porta la più potente biotica umana mai creata fuori a bere.
Attenzione: non è in alcun modo connessa alle altre mie raccolte/racconti.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In rete, esistono pochissimi racconti relativi a Jack, e di quei pochi, ancora meno trattano di una relazione fra il comandante e la nostra biotica preferita. E di questi, solo una minima frazione è davvero interessante e ben scritta. Spero che queste mie pagine riescano a entrare in quest’ultima categoria, ma l’ultima parola spetta come sempre a voi: sarete voi a esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia.
Spero che vi piaccia.
E ora qualche avvertenza prima di cominciare…
Anzi, sapete che vi dico: al diavolo tutto. Vi lascio senza ulteriori indugi alle 10’515 parole del testo divise in ventisette pagine e sette capitoli: ci vedremo alla fine. ;)
Buona lettura.

 

Capitolo 1

Atmosphere
 
Once I had a halo
But then it caught on fire
Once I knew a good man
But he turned into a liar
Once I saw a blind man
Still looking for his eyes
Once I met a bastard
Who watched his father die…

“Lo sai anche tu che non potrà mai funzionare.” La voce di Line è triste e rassegnata: è il suono di chi si è ormai arreso al proprio fato; di chi è così stanco di lottare contro il mondo, da non voler nemmeno provare a cominciare una nuova battaglia. “Che questo dolore svanisca! Vi prego, lasciatemi sparire.” Questo sembra voler chiedere, raggomitolata sulle ginocchia di Zasie.
“Perché ne sei così convinta?” Le chiede.
Con la testa contro il suo petto, Line sente l’eco delle parole mentre vibrano attraverso la sua carne.
 
…And now, I'll tell you how
I know them all…

Prima, molto tempo prima che lei trovasse il coraggio di bussare alla sua porta mentre la Normandy faceva rotta verso il portale di Omega 4, si era chiesta cosa avrebbe sentito poggiando la testa sul suo petto: avrebbe udito il familiare due tempi, il ta-pum, ta-pum, del normale cuore umano? Oppure, ci sarebbero stati solo gli echi di motori elettrici e turbine idrauliche mentre ruotavano a basso regime, permettendo la circolazione del suo sangue? O magari, ed era la possibilità che la spaventava di più, non ci sarebbe stato più nulla da sentire: dopotutto quell’uomo era un cyborg, un esperimento medico ambulante, carne morta e rianimata. Era un fottutissimo mostro di Frankenstein, che però parlava e agiva come un normale essere umano.
Un notevole essere umano, a voler essere precisi.
 
…I'm looking down on the atmosphere
I'm took my number, and I waited in line
I'm not frail from the exposure
I'm taking pictures with my mind
I'm looking down on the atmosphere
I'm took my number, and I waited in line
I'm not frail from the exposure
I'm taking pictures with my mind…


Ora che era lì, accovacciata sulle sue gambe, Line ascoltava quasi rapita il battere incessante del suo cuore possente: TA-PUM! TA-PUM! TA-PUM!
Cinquanta battiti al minuto: il cronometro dell’eternità e il metronomo del loro tempo assieme, che sembrava sempre passare troppo in fretta.
“Il principe azzurro non scappa con il drago, lasciando indietro la principessa. Non accade mai.”
“Tu saresti il drago, Line?”
La giovane donna smette di ascoltare il suo cuore, per rivolgere su di lui occhi umidi di lacrime in procinto di scorrere, e una fronte segnata dalla rabbia e dalla disperazione.
“Di certo non sono il fottuto principe azzurro.”.
 
Once I met a leader
Born from genocide
Once I knew a preacher
To his grave, he said goodbye
Once I met a good girl
Who shows her face no more
It's hard to learn your lesson
When you become the whole world's whore

And now, I'll tell you how
I know them all…

 (Atmosphere, dall’album degli Shinedown “Us and Them”.)

Shepard ricambia lo sguardo di Jack: “Line” è solo un soprannome che usano fra loro quando sono soli. È la parte finale del nome Jacqueline e un’allusione ai tatuaggi che la ricoprono; ma più di tutto, Line è l’identità che Soggetto Zero assume quando cade la maschera di Jack, la regina degli orrori biotici: quando la donna che avrebbe potuto essere Jacqueline Nought, riesce ad avere lo spazio per esistere.
“Potresti sempre essere la principessa…” Le risponde divertito. “…dato che, come drago, non sei particolarmente spaventosa.”.
 
Una persona normale non stuzzicherebbe mai una biotica instabile in grado di uccidere solo col pensiero, ma Ziusudra “Zasie” Shepard non è affatto una persona normale: i suoi compagni d’accademia non lo hanno soprannominato “The Mad Red” per caso, data la noncuranza con cui si cacciava in situazioni pericolose e potenzialmente letali, dalle quali però, riusciva a uscire quasi sempre incolume. E questo perché mentre i suoi amici imparavano a violare sistemi elettronici o erano equipaggiati con amplificatori biotici, il futuro primo Spettro umano si laureava nell’arte di usare ogni arma da fuoco esistente, conseguiva un dottorato nell’arte di spezzare colli e tibie a mani nude, e un master nella progettazione e costruzione di ordigni esplosivi a partire da semplici fertilizzanti.
Arruolato nei guastatori, desperados che venivano usati in attacchi preventivi contro i pirati dei sistemi Terminus, chiese il trasferimento alle forze speciali dell’Alleanza dopo dieci mesi.
La motivazione? Cercava più azione.
Il suo desiderio venne parzialmente esaudito quando capitò in licenza su Eden Prime, e si trovò in mezzo ad un assalto in grande stile di pirati, schiavisti e mercenari decisi a trasformare la colonia in una nuova Mindoir.
Non era cambiato molto da quei tempi: Shepard è rimasto un adrenalino- dipendente con un sorriso imperituro cucito sulle labbra, grazie al quale può andarsene a ballare la polka in un campo minato. Il pericolo è ancora il suo rancio favorito, in cui si trova a proprio agio quanto un pupazzo di neve al polo.
Basta conoscerlo però, per capire come questa sia solo una facciata: dietro quei luminosi occhi viola e quel sorriso noncurante, scorre un sangue freddo come lo spazio.
Grazie ad esso, Shepard è in grado di pianificare strategie e tattiche vincenti in un battito di ciglia, perfino mentre gli sparano addosso.
Capirete ora perché, nonostante Jack lo abbia imprigionato in una corona azzurra meditando se farlo a pezzi per averla paragonata ad una principessa, il comandante si senta perfettamente a proprio agio.
 
La biotica osserva attentamente il volto di Shepard, i lineamenti sereni e distesi in un sorriso beato, gli occhi chiusi e rilassati: nessuno di quelli che ha ucciso ha mai mostrato una simile calma, una simile fiducia e passività nei suoi confronti.
È Line, non Jack, che passa il dorso della propria mano attorno al volto di Shepard, muovendosi al di fuori della barriera, misurandone le proporzioni dei lineamenti: orecchie, naso, bocca e capelli; indugiando ancora una volta sui tratti somatici assolutamente unici del comandante.
 
Ziusudra è il frutto di un incredibile commistione di geni e culture: la sua carnagione è scura, ma non abbastanza per essere africana. Il bel naso dritto e la fronte larga e piatta fanno risalire una parte dei suoi geni dall’America del sud, la terra dei suoi avi paterni; mentre la mascella forte, le labbra sottili e i capelli rossi tagliati in una corta spazzola rivelano come il resto dei suoi quarantasei cromosomi sia di chiara origine Europea; Irlandese per la precisione. Indeciso da quale etnia prendere gli occhi, il comandante Shepard aveva optato per entrambi: il castano rossiccio di suo padre si era fuso con l’azzurro della madre, generando un viola scuro unico, che condivideva solo con sua sorella gemella, morta da ormai quattordici anni. È di una bellezza anomala, esattamente come il suo nome.
Anche Jack aveva contribuito a modo suo all’aspetto del comandante, vietandogli tassativamente di farsi la barba più di tre volte alla settimana: segretamente, la biotica adorava quell’aspetto lievemente incolto.
Simon Shepard, un mulatto ispanico- americano che il comandante avrebbe imparato a chiamare papà, e Mary Amber Budlin, madre e consigliera, si conobbero durante la seconda ondata di colonizzazione dell’Alleanza: l’amore tra loro arrivò come un fulmine, sbocciando e nutrendosi grazie ai comuni interessi di entrambi.
La prima ondata di pionieri in una nuova colonia è sempre costituita da agricoltori e scienziati, incaricati di creare un insediamento, ma sono gli uomini e le donne della seconda a garantire la sopravvivenza e la crescita della neonata comunità.
Su Mindoir, le navi dell’Alleanza vomitarono in un solo giorno un caravanserraglio di dottori e infermieri, baristi e ballerine, puttane e uomini di religione, funzionari e speculatori, e, infine, insegnanti: entrambi i genitori del futuro primo Spettro umano erano infatti docenti, suo padre di storia e sua madre di letteratura.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse” era una battuta famosa per il comandante Shepard, che l’aveva sentita scambiare innumerevoli volte durante la sua giovinezza; e i tre volumi delle Mille e Una Notte, decima ristampa di un originale del 1948, furono l’elisir d’amore che regalò quattro figli alla giovane coppia. Di quel nucleo familiare, in cui i figli si chiamavano come i personaggi dei miti e delle leggende, e le favole della buona notte erano l’epica storia dell’assedio di Cadice da parte del brutale Napoleone, con tanto di soldatini di plastica schierati, e le leggende delle fate e del piccolo popolo; il comandante era l’unico rimasto in vita.
O meglio, di tutta la sua famiglia, Ziusudra Shepard era l’unico ad essere ritornato dalla morte.
 
Le labbra di Line si serrano attorno alla barriera biotica che circonda quelle del comandante, scambiando con lui il più strano dei baci, per ora l’unico atto d’intimità in cui possono indugiare: il solo e unico ostacolo che rimane al loro rapporto è il ricordo degli stupri ripetuti di cui Jack è stata oggetto. Ciò che Line e Zasie hanno condiviso prima di Omega 4 è stata un’eccezione, alimentata dall’angoscia e dalla paura del rimpianto: ora che sono sopravvissuti entrambi, devono costruire giorno per giorno la loro relazione.
Anche se Shepard non assapora le labbra di Jack, percepisce il suo calore e il suo peso, e quando alla fine si separano, la barriera biotica cade e Zasie è finalmente libero di continuare.
“E poi…” dice con voce dolce, “… tu di certo non sei un mostro più di quanto lo sia io.”.
 
Jack scatta in piedi come se l’avessero punzonata con un taser: dandogli la schiena, la biotica dipinta si afferra le spalle con le mani, stringendosi in un freddo abbraccio solitario.
“Non sai quello che dici.” Sibila nel silenzio della stanza.
“Essendo tecnicamente un cyborg non- morto penso di sapere esattamente di cosa sto parlando.”
Jack scuote la testa decisa: “Io sono una criminale. Sono un’assassina. Non sarò mai una persona normale: non sarò mai una dei buoni.”
Line non vede il comandante raccogliere uno dei cuscini dal divano e lanciarglielo contro, colpendola con precisione alla schiena.
“Jack, cosa ti fa credere che io sia normale? Cosa ti fa credere che sappia cosa sia la normalità? Corro in battaglia brandendo un fucile anticarro di quaranta chili. Posso cambiare sesso ad una mosca da un chilometro di distanza usando una pistola. Posso sfidare Grunt alla lotta e vincerlo e battere Legione in un test del QI: questo non mi rende forse un mostro, a mia volta? Questo non mi rende a mia volta anormale, esattamente come tutti coloro che sono a bordo? Esattamente come tutti i nostri amici?”
 
Sotto Shepard, la cinquantina di membri che popolavano i cinque ponti della Normandy erano divenuti una grande e coesa famiglia: contro la paura e la disperazione che i Razziatori seminavano, l’equipaggio aveva eretto un muro invalicabile di solidarietà reciproca, che aveva coinvolto tutti, nessuno escluso. Sotto il comando di Shepard, contava solo chi fossero e cosa potessero fare, non a quale specie appartenessero o il loro passato: “Tabula Rasa” aveva ordinato il loro leader, costringendo tutti a lasciare i propri trascorsi e pregiudizi fuori dal portellone della Normandy.
Questo non voleva dire che fosse tutto rose e fiori, ovviamente, ma Jack era riuscita ad accettare l’idea che forse avere amici, amici veri, non fosse così impossibile per lei.
Accettare di poter amare e di poter essere amata però, era tutt’altro paio di maniche: al contrario di Jack, Line non era stupida e conosceva bene la sua immagine riflessa nello specchio. Conosceva bene quel relitto umano, che la gente aveva impietosamente ribattezzato Jack, in possesso di una bocca da tappare con uno scarpone e un corpo straziato da nascondere sotto due dita di tatuaggi.
C’era un valido motivo se Jack odiava la galassia intera e vestiva di stracci: era la sua rabbiosa risposta ad un mondo che le aveva sempre dato solo violenza, disprezzo e odio; la follia che lei stessa sbandierava era l’unica cosa che le avesse impedito di mettersi una pistola in bocca e farla finita tanto tempo fa.
 
Nella cabina del comandante, dopo essere stata colpita dal cuscino, Jack si era ricoperta di una barriera impenetrabile ai proiettili, per impedire a Shepard di toccarla, per impedirgli di avvicinarsi a lei; tuttavia, le sue protezioni non possono fermare le parole.
“…E per quelle cavolata dell’essere dei buoni, ti informo che c’eri anche tu quando abbiamo salvato la dannata Galassia. Se non fosse stato per te, io, Grunt e Legione saremmo stati presi dagli sciami dei Collettori. Tu sei nella nostra squadra Line, nella mia squadra: tu sei una dei buoni esattamente come tutti noi. Il fatto che per tutta la vita la gente ti abbia detto che appartieni ai cattivi, agli indesiderabili, che tutti ti abbiamo detto che sei uno zero, non lo rende necessariamente vero.”.
Di fronte a quelle frasi e a quel tono così accorato, così… dannatamente sincero, che non ammette repliche, le sue barriere cadono come gli argini di una diga e Jack si ritrova a piangere:
“Tu per me, sei molto importante.” Le dice il comandante mentre la fa girare per guardarla negli occhi:
“Tu per me, sei indispensabile e insostituibile.” Le ripete mentre la stringe in un abbraccio.
Dal rifugio del suo petto, Jack pronuncia solo quattro parole, mentre bagna la maglietta di Shepard:
“Ti odio da morire.”
“Anch’io ti odio, Jack.” Le fa eco il comandante con un sorriso, prima di baciarla sui capelli.
E quando infine i singhiozzi cessano, Zasie sussurra:
“Asciugati le lacrime Line, e vestiti. Ti porto a bere sulla Cittadella.”.
 
Capitolo 2
Progressi e Svolte
 
“Bene, bene, bene, chi si vede: i fantastici quattro. Andate forse da qualche parte?”
Jeff “Joker” Moreau apostrofa così il gruppo che si dirige verso il portellone d’uscita.
Shepard e Garrus sono entrambi in abiti civili, il Turian addirittura senza il suo immancabile visore tattico, facendolo sembrare nudo, mentre Jack è “vestita” per l’occasione, indossando una maglietta prestatale da Kasumi sotto un suo giubbotto di pelle rosso, abbinandolo con jeans e stivali senza tacchi. Anche Shepard indossa una giacca simile, ma color senape, con sotto una maglietta smanicata che mette in risalto le sue braccia muscolose e completando poi il tutto con pantaloni coordinati.
Tali invece è celata dentro la sua solita tuta ambientale, ma di sicuro è la più ansiosa del gruppo a lasciare la Normandy: non capita tutti i giorni che il tuo migliore amico, e salvatore della Galassia, ti porti fuori a bere sulla Cittadella.
“Tu che ne dici, Cracker?” gli risponde Jack, usando il soprannome che gli ha affibbiato.
“Dico che se volete passare, dovete pagare pedaggio.” Ribatte il pilota, manovrando la consolle al suo fianco: in risposta ai suoi comandi, il portellone interno della Normandy si chiude di scatto, mentre un’icona rossa annuncia il bloccaggio della serratura.
“E cosa vorresti per farci uscire, Joker?” chiede Tali.
“Bhè, tutti voi andate sempre a divertirvi lasciandomi sempre da solo con IDA. Ho dei bisogni anch’io, sapete? Quindi che ne direste di un piccolo tributo in natura?”.
Inutile specificare oltre, dato che i suoi occhi percorrono le curve delle due donne con un luccichio eloquente.
“Ora lo ammazzo.” È il commento di Jack, in procinto di rilasciare i suoi poteri biotici sul pilota e tramutarlo in un mucchietto di cenere fumante.
“Al tempo, Jack.” La ferma però il comandante, rivolgendosi al Turian al suo fianco con un cenno d’intesa, che è raccolto al volo:
“Dopotutto, non mi sembra così irragionevole. Voglio dire, ci ha salvato le chiappe nella Base dei Collettori. Direi che è nostro dovere dimostrargli la gratitudine che si merita.”.
Mentre Garrus parla, Shepard fa un cenno d’intesa alle due donne, impercettibile al pilota.
“Mi sembra giusto.” Commenta Tali, che ha capito tutto.
Jack si limita ad annuire divertita: non sa ancora cosa hanno in mente gli altri, ma di sicuro sarà divertente. Così, mentre Jack e Tali si avvicinano ancheggiando al pilota, Shepard ordina:
“A occhi chiusi Joker, mi raccomando!”
 “O mamma! Sapevo di aver fatto la scelta giusta quando mi offrirono di pilotare la nave…”.
Comincia a cantilenare Joker, serrando gli occhi come un bambino a Natale.
 
Quando sente qualcosa di rugoso e duro contro la pelle della sua guancia, il pilota apre gli occhi di scatto, trovandosi faccia a faccia con Garrus e le sue fauci spalancate.
I Turian, esattamente come i serpenti terrestri, posseggono articolazioni della mandibola dislocabili: ciò gli permette di inghiottire bocconi molto grandi che vengono poi assorbiti attraverso il loro lungo apparato digerente.
Quello che Joker ha di fronte alla faccia è l’apertura orale di un Turian, spalancata alla sua massima estensione, con scintillanti e appuntiti denti conici a circondare una lingua rasposa come quella di un felino, e un piccolo becco osseo a fare da labbra, che Garrus ha usato per “tamponare” la guancia barbuta del pilota.
“Allora, non si ringrazia, Joker?”
“Credo di essermela appena fatta addosso, comandante.”
A quell’uscita nessuno, nemmeno Jack, riesce a rimanere serio.
 
Tali ritrovò il fiato per prima, dopo aver pericolosamente vacillato per circa un minuto tentando di non cadere sul pavimento per il gran ridere:
“Forza Jeff, apri la porta, prima che chieda a IDA di mettere tutto l’accaduto su extranet.”
Il pilota franco- americano sbiancò come un cencio:
“Non lo faresti mai.” Balbettò mentre sbloccava il portellone.
“IDA?” chiese Tali.
“Sarebbe un piacere obbedire a questa richiesta, capo ingegnere.” Confermò l’IA.
“In alternativa, puoi ricattarlo.”
“Grazie del suggerimento comandante. Ci penserò.”
“Non dirai sul serio, IDA.”
Mentre il pilota cominciava a bisticciare con lo spirito della Normandy, una morbida voce femminile attirò l’attenzione del gruppo:
“Comandante, un momento.”
“Samara! Immagino tu non abbia intenzione di unirti a noi.”
L’anziana Justicar s’inchinò lievemente in direzione di Shepard:
“L’offerta è allettante, ma il mio Codice mi costringe ad astenermi da queste libagioni.”
“L’universo non scomparirà se per una notte godi anche tu della compagnia altrui, Samara.”
Shepard vide l’Asari considerare attentamente la sua offerta, e poi scartarla.
“Sarà per un'altra volta, temo.”
“È un peccato. Allora, cosa posso fare per te?”
Il comandante vide lo sguardo inquisitore di Samara fissarsi come un faro fendinebbia su Jack, che abbassò gli occhi:
“Dopo la sconfitta dei Collettori, il mio giuramento nei tuoi confronti è sciolto, come sai. Ora il mio codice m’impone nuovamente di cercare e punire i malvagi.”
La Justicar diresse la sua attenzione verso Shepard:
“A questa chiamata io non posso sottrarmi. Esso è manicheo: bianco o nero, con confini ben definiti. Anche un solo atto di malvagità non può essere cancellato, non importa quanto bene sia stato fatto per bilanciarlo.”
“E il tuo Codice ora ti impone di uccidere Jack.”
L’anziana Asari annuì, dispiaciuta:
“Anche se lei è il tuo legame, il codice deve essere rispettato. Mi dispiace.”.
 
Tutti i presenti percepirono l’aura omicida di Samara mentre si estendeva, corrodendo letteralmente lo spazio fra le due. Per tutta risposta, Jack s’illuminò come una fiamma al metano, attivando i suoi noduli di eezo e ricoprendosi della più spessa barriera biotica che avesse mai generato.
“Sapevo che non poteva durare.” Mormorò tra se, prima di alzare uno sguardo devastato dal dolore verso Samara:
“Che cosa aspetti? Fatti sotto, maledetta.”
Jack non si illudeva sull’esito dello scontro: poteva anche essere il più potente biotico umano mai creato, ma contro una Justicar Asari aveva le stesse possibilità di una mosca contro un ragno. Se avesse reagito, Samara avrebbe usato le sue capacità per strapparle l’anima dalla carne; se fosse fuggita, sarebbe stata schiacciata dai suoi poteri.
Queste erano le Justicar: inesorabili, inarrestabili e incorruttibili. Monaci addestrati nell’assassinio, votati alla violenza e servitori di un codice inflessibile, che regolava attentamente il loro comportamento.
 
La fama leggendaria e il rispetto timoroso degli altri Asari verso il loro ordine sono da attribuire a una sola e spaventosa abilità, al contempo il loro segreto meglio custodito e la loro arma più spaventosa.
Le origini di questa terribile capacità risalivano a millenni orsono: dopo secoli di studio e isolamento, asceti Asari avevano compreso come entrare in contatto con l’energia vitale di tutti gli esseri viventi, piegandola al proprio volere. Come regolarne il flusso, donando capacità quasi taumaturgiche, e come estirparla da un corpo, lasciando solo un guscio vuoto e senza vita. Nei tempi antichi, per questa conoscenza erano state combattute aspre battaglie e molte vite erano state perdute: così, i pochi superstiti di quella forma di meditazione avevano fondato una setta di guerrieri, col compito di proteggere gli Asari dalla loro stessa cupidigia per quella terribile capacità.
Nel tempo, la setta divenne l’ordine delle Justicar, e quella dote il centro della loro dottrina mistico-guerriera: la capacità di saccheggiare la vita e di donarla a piacimento.
 
Jack aveva visto Samara usarla, riducendo interi schieramenti nemici in gusci secchi e fragili, mentre la vita fluiva da loro alla Justicar.
Non voleva finire così: che almeno le fosse concesso di morire in modo onorevole, con il collo spezzato, e non schiacciata come erba morta.
Il comandante Shepard si frappose fra i due membri della sua squadra, mentre il resto dei presenti osservava quella che prometteva di degenerare in breve in una terribile battaglia fra le due biotiche:
“Samara, quando ti accolsi a bordo, mi spiegasti il Codice delle Justicar e i suoi cinquemila dogmi. Ricordi?”
Eccolo, il comandante Shepard: un soldato che si frappone fra due fra le più distruttive forze che abbia mai incontrato, con un sorriso imperituro sulle labbra.
“Lo ricordo, sì. Sei stato l’ascoltatore più attento che mi sia mai capitato di avere.” Gli occhi di Samara erano fissi su Jack.
“Grazie, Justicar. Non pretendo di aver compreso tutto ciò che mi hai insegnato, ma ricordo in particolare un paragrafo…”.
“Fatti da parte, Shepard. Lascia che me la veda io con lei.” Tentò di interromperlo Jack.
 “…Il quarantaduesimo Sutra della Spada.” Concluse il comandante.
La Justicar sembrò rilassarsi, esibendo perfino un lieve sorriso di sorpresa, mentre tornava a guardare il comandante.
Ah, quello.”
“Già, quello.”
“Shepard, cosa sta succedendo?” chiese Jack, perplessa dal cambio improvviso di atteggiamento della Justicar.
“In breve, in tempi disperati e quando non vi è altra alternativa, il Codice autorizza una Justicar ad arruolare degli… attendenti al suo fianco, allo scopo di aiutarla a perseguire il suo scopo.” Spiegò Shepard.
“Ben detto: è un Sutra poco utilizzato, ma cionondimeno esiste. I Razziatori sono una minaccia spaventosa è vero, forse il più grande male che esista.
Io potrei anche prendere Jack sotto la mia ala, se tu sarai il suo Garante, Shepard. Tuttavia, sai bene quanto me che se anche alla fine i Razziatori dovessero essere sconfitti, il mio Codice m’imporrebbe comunque di giustiziarla.”
Quando sconfiggeremo i Razziatori, ci penseremo, Samara: sai bene che Jack è troppo potente per essere eliminata così dalla scacchiera.”.
Il pathos era palpabile nell’aria: Samara faticava a nascondere gli istinti ai quali il Codice la precettava. Nonostante i suoi voti, alla fine chiese:
“Immagino che il vostro legame non abbia nulla a che vedere con la tua richiesta.”
“Ovviamente no, Caedo Justicar.” Rispose il comandante, con tono formale.
Pochi sapevano sostenere lo sguardo inquisitore di una Justicar, ma Shepard era fra quelli: Samara osservò a lungo l’umano, trapassandolo da parte a parte con i suoi occhi azzurri come il ghiaccio, sondando in profondità la sua anima.
Un rapido sorriso increspò le labbra di Samara:
“Sia. Prenderò Jack come mia attendente e il Codice sarà soddisfatto. L’iniziazione avverrà domani.” Detto questo, l’Asari semplicemente voltò le spalle al gruppo, dirigendosi nelle sue stanze con passo regale.
 
“Sono un po’ confuso. Qualcuno può spiegarmi cosa diavolo è successo?” chiese Garrus quando la calma fu ristabilita.
“Molto semplice: ho appena preso due piccioni con una fava. Non credevo però, che si sarebbe mossa così in fretta: la missione deve averla scossa più di quanto pensassi.”.
“Ti spiace elaborare?”
“Jack sarà addestrata da Samara nel combattimento e con i poteri biotici. Allo stesso tempo, ci siamo assicurati la sua collaborazione: finché il nostro nemico saranno i Razziatori, Samara combatterà al nostro fianco e lei e Jack potranno restare sulla Normandy, poiché il Codice la obbliga a essere responsabile della sua attendente ovunque vada.” Spiegò Shepard, abbracciando la nave con lo sguardo.
“E se non volessi?” chiese la biotica.
“L’hai sentita: sarà costretta a ucciderti, mietendo chiunque si metta sul suo cammino. Quindi potresti accettare, per favore?” Il comandante stressò particolarmente il tono sulle due ultime parole.
“Cosa dovrei fare?” chiese Jack.
“Niente più che giurare formalmente che ti voterai alla sconfitta dei Razziatori, chiamarla Eda mentre ti addestra alle arti marziali Asari e partecipare a un paio di funzioni religiose.”
“Eda?”
Shepard annuì deciso:
“Significa Maestra.”
“Non dovrò dormirci assieme, vero?”
Zasie sorrise divertito:
“No, quel privilegio spetta a me.”.
“Ok, ho un’ultima domanda, perché mi sta venendo un gran mal di testa: tu sapevi che avrebbe tentato di uccidermi?”.
“Ovviamente no. Ho elaborato questa soluzione nel momento in cui ti sei accesa come una fiamma. Dato il poco tempo a disposizione, direi che mi merito almeno un dannato grazie.”
“Grazie, comandante.” Rispose immediatamente Joker dal cockpit: “Ho visto tutta la mia vita passarmi di fronte agli occhi.”
“Siamo in due.” Fece eco Garrus.
“Diciamo pure tre.” Disse Tali.
“Non c’è di che. E ora direi che è il momento di andare a bere: la notte sta invecchiando.”.
 
Capitolo 3
Intermezzo
 
Il trasporto pubblico della Cittadella è costituito da diverse migliaia di veicoli di proprietà della stazione, utilizzabili da qualunque utente. Basta versare la cifra richiesta, digitare la destinazione, e l’auto porta i passeggeri alla meta prescelta, calcolando in tempo reale il percorso migliore. Se si possiedono i requisiti necessari, si può anche assumere il controllo diretto dell’auto, ottenendo un piccolo sconto sul tragitto.
Dato che Shepard era in grado di guidare qualunque mezzo più piccolo di una fregata da guerra, era lui al posto del pilota.
“Va meglio?” chiese alla biotica a fianco a lui, intenta a massaggiarsi le tempie.
“Ngh. La prossima volta potresti trovare il modo di salvare la giornata prima di farmi usare i miei poteri? L’emicrania mi sta uccidendo.”.
“Direi che sta migliorando, dato che adesso parla. Che ne pensi Tali?” Per tutta risposta, la Quarian scosse la testa in direzione di Garrus.
“Fottiti, Turian.” Sibilò Jack dal suo posto a fianco al comandante.
Shepard inserì il pilota automatico e il tassametro cominciò a calcolare il nuovo importo.
“Lascia fare a me.” Si offrì il comandante: con le mani ora libere dalla cloche, circondò il cranio della biotica con le dita, cominciando a massaggiarlo delicatamente.
“Cosa stai facen… OOOH!” mugolò Jack, sentendo la morsa attorno alla sua testa allentarsi improvvisamente, obbedendo alle mani esperte di Zasie.
“Qualunque cosa tu stia facendo, ti prego non fermarti. MHH!” Continuò la biotica, ruotando la testa e offrendo la nuca al comandante.
Dopo qualche minuto della sua medicina, Zasie interruppe il suo massaggio, lasciando una Line rilassata e placata, al posto di una Jack dolorante.
“Dove hai imparato a farlo?” gli chiese Garrus.
Shepard riacquistò il controllo della vettura, prima di rispondere.
“Che tu ci creda o no, per un’estate ho lavorato come parrucchiere. Non hai idea di cosa si possa imparare, in una sole estate.”.
“Il Famoso Comandante Shepard, il Leone di Elysium, l’incubo dei Razziatori è stato un acconciatore? Questo sì che è difficile da credere.”.
Il comandante sorrise, prima di iniziare a raccontare:
“Successe l’anno seguente l’assalto di Mindoir: era il 2171. Io avevo diciassette anni, ero orfano e senza nemmeno un credito in tasca…”.
Line, Tali e Garrus rimasero in silenzio, mentre il comandante raccontava la sua storia di com’era diventato parrucchiere per un’estate: una storia di perdita, ira, perdizione e salvezza, simile alle molte altre che conosceva e aveva vissuto. Solo che in questo caso era stato lui a essere salvato, prima di riuscire a rovinarsi la vita.
“… È stata lei a farmi questo taglio, prima che me ne andassi…” Concluse il comandante passandosi una mano tra i capelli.
“E mi piace come il primo giorno.”.
 
Capitolo 4
Yin + Yang = Bang!
 
“Ed eccoci arrivati: Yellow Flag!” disse Shepard indicando una luminosa insegna olografica che si rifletteva a intermittenza su una strada ai confini del distretto industriale dell’agglomerato Zakera.
“Sembra promettente.” Commentò cautamente la biotica.
“Qui troverai di tutto, Jack: criminali che cominciano la loro salita verso l’alto e uomini onesti in procinto di scendere verso il basso, il tutto affogato nei migliori alcolici che potrai mai trovare sulla Cittadella.”.
“Che aspettiamo?”
Il quartetto entrò in un ampio salone di forma ellittica, in cui un primo anello di tavoli era disposto attorno alla pista da ballo centrale, in cui almeno un centinaio fra Umani, Turian, Asari, Salarian e perfino un Elcor, si dimenavano rapiti dai ritmi della musica e dalle luci stroboscopiche, governati dalla postazione centrale del DJ Volus, che si dimenava sulla consolle come se fosse posseduto da demoni invisibili.
Esattamente dall’altra parte della sala, un’ampia scalinata portava al piano superiore del locale, separando in due l’enorme bancone ricurvo del bar, al quale clienti assetati sciamavano a fare rifornimento, ognuno secondo i propri gusti e la propria biologia.
Jack vide due barman Turian agitare con abilità cocktail fluorescenti che furono serviti all’istante, mentre le loro controparti Salarian e un Umano facevano lo stesso con gli altri clienti, tra cui un Hanar che, ha giudicare dalla squillante tonalità rosa gambero, non era al suo primo drink della serata. Nel frattempo, camerieri Asari sciamavano in tutta la sala, servendo gli ordini ai tavoli.
 
Anche in quel locale così affollato e multiculturale, il quartetto che era appena entrato non passò di certo inosservato: chiunque era un ospite benvenuto allo Yellow Flag, finché pagava i suoi conti e non creava problemi, ma due Umani, un Turian e una Quarian stretti assieme come fossero fratelli, erano una vista comunque poco comune anche per quelle pareti. Difatti, furono subito intercettati da una cameriera, che si presentò a loro con un sorriso sulle labbra e un vassoio in mano:
“Benvenuti allo Yellow Flag, io sono Kania. Volete un tavolo o preferite buttarvi nella mischia?” Sorprendentemente, almeno per Tali, lo sguardo della giovane Asari rimase fisso solo su di lei, ignorando completamente gli altri, mentre un blu più scuro si diffondeva sulle sue guance.
“Un tavolo per favore...” Chiese Shepard, facendosi portavoce del gruppo e allungando all’Asari una fiche che pescò dalla sua tasca.
A quel gesto, l’Asari squadrò il comandante dalla testa ai piedi, stringendo la fiche nella sua mano:
“La padrona aveva detto che sarebbe venuto. È un vero onore incontrarla, comandante.” Disse l’Asari chinandosi verso Shepard e restituendogli la fiche, sulla quale era impressa la parola “Flux”, in una vernice ormai scrostata dal tempo.
L’Asari non perse tempo, accostando la mano libera dal vassoio al suo comunicatore: in risposta alla sua chiamata, una giovane donna li raggiunse attraversando abilmente tutto il locale. Jack non passava inosservata, dati i suoi tatuaggi e la sua testa rasata, ma al confronto della padrona del locale sembrava quasi normale, data la benda che ne copriva l’occhio sinistro e le cicatrici vistose che le sfregiavano la guancia destra.
A rinforzare la sua somiglianza con un anacronistico pirata, c’era il sigarillo che la padrona del locale stava fumando e che si tolse dalla bocca con ostentazione, prima di gettare un braccio al collo del comandante.
“Shepard, è molto che ti aspettavo.”
“Ciao Jenna. È bello rivederti.” Le rispose il comandante.
“Garrus, Tali: squadra che vince non si cambia?”
“Puoi dirlo forte Jenna.”
“E questa è...?” chiese la donna, guardando interrogativamente Jack e il braccio di Shepard attorno alla sua vita.
“Jack.” Si presentò la biotica, offrendo una mano che Jenna strinse nella sua.
“Gli amici di Shepard sono miei amici. Venite, vi accompagno al vostro tavolo.”.
 
“Allora, cosa vi sembra?” chiese Jenna al quartetto alle sue spalle, mentre fendevano la folla in direzione delle scale.
“Devo ammettere che sono impressionato. Come hai fatto a sistemarlo?”
“Doran.” Rispose la donna al comandante. “Riusciresti a crederci? Ci aveva messe nel suo testamento, come uniche eredi di tutto il suo patrimonio: il suo clan non era per niente contento che tutta la sua fortuna passasse a delle Terrestri, ma era a prova di avvocati.”.
“E hai aperto subito qui?”
Jenna scosse la testa:
“Dopo essere uscita dall’ospedale, ho provato a gestire per un po’ il Flux da sola, ma senza mia sorella, era un compito superiore alle mie forze. E poi sai anche tu come vanno queste cose: una ragazza sola a gestire un locale multiculturale nei pressi delle fondamenta della stazione? I concorrenti mi avrebbero fatto a pezzi. Così ho venduto tutto e ho comprato questo posto: dopo la Battaglia della cittadella, i prezzi in questo quartiere erano irrisori. Radunare la clientela e arredare il tutto, è stato un altro paio di maniche, ma per fortuna, ora non è più un problema: sto perfino pensando di ingrandirmi.”.
“Allora, permettimi di aiutarti.” Disse il comandante, offrendole un creditometro.
Jenna prese una boccata dal suo sigaro prima di rispondere:
“Hai già fatto molto per me comandante. E anche se non hai potuto salvare mia sorella dai rottami della Sovereign, così come hai fatto con me, io non te ne faccio una colpa.”.
“Forse me la faccio io.”.
Jenna scosse la testa:
“Il passato è solo questo: passato. Può farci del male solo se glielo permettiamo...”
Quelle parole colpirono Jack come un maglio.
“… e poi, ho sempre Rita qui con me, che si assicura che non mi metta nei guai.” Continuò Jenna, indicando l’unico occhio superstite che le era rimasto, trapiantato dal cadavere di sua sorella gemella, morta durante l’assalto dei Geth alla Cittadella.
“Noi siamo dei sopravvissuti, comandante. E tutti noi, tutti quelli che possono vivere e divertirsi oggi in questo locale, lo devono a te.”.
Ormai erano arrivati al loro tavolo, al quale Jenna li fece accomodare:
“Per questa sera dunque, permettetemi di offrirvi da bere. Dunque, cosa prendete?”
“Due Sazzìk per i miei due amici destro- DNA, di cui uno sterilizzato. E due del solito per noi levo- DNA.” Ordinò il comandante per tutti.
“Ve li faccio portare subito.”.
 
“Conosci qualcuno di normale?” chiese Jack quando Jenna si fu allontanata.
“E sei proprio tu a farmi questa domanda?”
“Non preoccuparti Jack, anche se al nostro comandante piace recitare la parte dell’intrepido supereroe, ha anche lui i suoi momenti di normalità.” Commentò Garrus, rilassandosi sulla sua poltrona.
“Vero.” Continuò Tali, rivolgendosi alla biotica: “Per esempio quando sta con te.”.
La biotica non seppe come reagire a quella rivelazione, e qualsiasi commento avesse in mente evaporò in fretta, quando una voce femminile apostrofò Shepard:
“Comandante? Sei proprio tu?”
“Williams?”
Il comandante Shepard aveva un talento naturale per cacciarsi nei guai: questa volta però, sembrava fossero i guai ad averlo trovato.
Il suo iniziale smarrimento durò poco: il vestito scuro di Ashley, impreziosito da lucide scaglie dello stesso colore dei suoi capelli, non bastava a far dimenticare al comandante cosa era successo fra loro. Non importava quanto fosse stretto il vestito.
“Non pensavo di trovarti sulla Cittadella.”.
“Non sarai venuta per arrestarmi, spero.” Commentò asciutto Shepard, senza muoversi dal suo posto.
“Non sono nemmeno in servizio.” Tentò di scherzare Ashley e fallendo miseramente di fronte a due paia d’occhi che la fissavano con astio malcelato. Jack invece, stillava odio puro da ogni tatuaggio: se gli sguardi avessero avuto il potere di uccidere, il capo operazioni Ashley Williams sarebbe diventata cadavere in un istante.
Fra Wiliams, Garrus e Tali, il gelo era palpabile: un tempo erano stati amici, avevano mangiato alla stessa tavola e combattuto le stesse battaglie, ma ora potevano a malapena definirsi alleati.
“Di certo non l’ho seguito fin dalla banchina della Normandy per rinunciare adesso.” Pensò Ashley, prendendo il coraggio a due mani:
“Vorrei parlarti Shepard. In privato, se possibile.”
“Adesso, Ashley? Non credi che ora sia un po’ tardi?”
“Non è mai troppo tardi, capo. Hai fatto degli sbagli, ma volevo che sapessi che sei ancora in tempo per tornare indietro.”.
“A cosa ti riferisci esattamente?”
“Insomma… lo sai, no? Abbandonare l’Alleanza… e me.” Fu un peccato che lo sguardo di Ashley fosse concentrato solo sul comandante, o avrebbe visto i suoi ex compagni di squadra stringere violentemente i pugni, spalancando occhi colmi di sdegno e ira di fronte a quelle parole, mentre il comandante le sorrideva imperturbabile.
La risata di Jack interruppe il gioco di sguardi fra il comandante e Williams:
“Ma chi diavolo credi di essere?” le chiese la biotica mentre si frapponeva fra loro, alzandosi dalla sua poltrona.
“Capo Operazioni Ashley Williams dell’Alleanza. E tu invece?”
Il sorrisetto del comandante divenne appena un po’ più accentuato, mentre toglieva la sicura alla più pericolosa miscela esplosiva mai creata:
“Perdona le mie maniere. Williams, ti presento Jack: la mia ragazza. Jack, ti presento Williams: la mia ex ragazza.”.
“Molto piacere, tesoro.” Disse Jack mentre estendeva la sua mano in un saluto.
Da qualche parte, nelle profondità dello spazio galattico, nello stesso momento in cui Williams fissava per la prima volta il suo sguardo su Jack, una stella implose senza alcun motivo apparente.
 
Capitolo 5
Total Meltdown
 
Garrus e Shepard erano compagni di guai fin da quando il Turian si era dimesso dall’SSC per salire a bordo della Normandy. Con Wrex a completare il terzetto, avevano passato più tempo a litigare fra loro che prestare attenzione al fuoco nemico.
Quando Ashley si era fatta viva dicendo quelle sciocchezze, Garrus era stato troppo arrabbiato per badare al comandante, ma adesso che lo vedeva con quel sorriso stampato in faccia mentre faceva le presentazioni fra Jack e Ashley, capì che ormai la sicura era stata tolta, la miccia innescata e l’unica cosa che poteva fare ora era fuggire il più velocemente possibile, prima che la bomba esplodesse loro in faccia.
Però, gli disse una vocina nella sua testa, a che scopo mettersi a correre? È inutile e lo sai, moriresti solo più stanco. Il punto di non ritorno è stato superato ormai, dunque perché non aggiungere altra benzina sul fuoco e godersi lo spettacolo?
Garrus decise di ascoltare quella sua voce interiore: come gli aveva detto spesso il comandante, tanto valeva cercare di divertirsi mentre stai per morire.
“Dimmi Williams, da quando salvare colonie umane, sarebbe uno sbaglio? Da quando mettere in gioco la propria vita per proteggere gli innocenti è diventata una cosa da disprezzare, e perfino da ostacolare? Adesso insegnano questo all’Alleanza, a nascondere la testa sotto la sabbia?”.
“Come osi Garrus? Tu non sai quanto l’Alleanza sia importante per l’umanità. Il fatto che il comandante si sia alleato con Cerberus ci ha creato moltissime difficoltà.”.
“Tu ci credi veramente, non è così?” s’inserì Tali. La giovane Quarian era a un passo da urlare addosso a colei che una volta aveva chiamato amica.
“Come puoi farlo? Come puoi credere, anche solo per un istante, dopo tutto ciò a cui hai assistito mentre davamo la caccia a Saren: i Thorian, i Rachni, per non parlare degli uomini dell’Alleanza usati come cavie, e infine l’ammiraglio Kahoku; come puoi credere che Shepard abbia potuto allearsi volontariamente con un’organizzazione così mostruosa?”.
“È così dunque, ti hanno ricattato?” chiese Ashley a Shepard.
“Oh Keelah! Come fai a non capire?”
Shepard le fece cenno di calmarsi:
“Grazie ad entrambi per l’accorata difesa, ma ora se permettete vorrei continuare io.”
I suoi occhi viola inchiodarono sul posto Williams, come una farfalla impalata da uno spillone:
“Vuoi sapere cosa è davvero successo quando la Normandy è andata in pezzi, Williams? Vuoi sapere cosa è accaduto davvero dopo aver messo Joker sul guscio di salvataggio e aver spinto il bottone della mia condanna? È presto detto Williams: sono MORTO!
Non coma, non ferito, proprio definitivamente morto. Encefalogramma piatto, cuore fermo e batteri che cominciavano a nutrirsi della mia carcassa.
Ma ehi, niente rimpianti, mi sono detto: che cavolo, starò anche per morire, ma almeno mi daranno una sepoltura da eroe. E poi non creperò invano, mi dicevo, mentre l’ossigeno della mia tuta finiva disperso nello spazio: i miei avvisi sui Razziatori non saranno ignorati e anche se la mia storia finisce qui, altri continueranno da dove ho finito io.
Ho salvato la Galassia, mi dicevo, posso anche dormire, ora.”.
Shepard rimase in silenzio per un attimo raccogliendo i suoi pensieri:
“L’Alleanza ha forse cercato, o anche solo provato, a recuperare il mio cadavere, Williams?”
“E… Eravamo nei sistemi Terminus, inviare una nave dell’Alleanza sarebbe stato troppo pericoloso e…”.
“Stronzate, e lo sai benissimo anche tu! Non si lascia indietro nessuno, non è forse questo il motto dei soldati dell’Alleanza? Ero un fottuto cadavere, non un diplomatico a conoscenza di segreti pericolosi. Un cadavere non è mai stato un rischio per nessuno, di sicuro non per l’Alleanza.
E tuttavia, questo non vi ha impedito di usare il mio volto per le vostre campagne di arruolamento, mentre giacevo insepolto da qualche parte. Di commercializzare la mia immagine per gli scopi dell’Alleanza, di prostituire tutto ciò che avevo detto e fatto ai vostri scopi e a quelli del Consiglio. E tu glielo hai lasciato fare, non una volta hai inviato una protesta formale, non hai mai minacciato di dimetterti: immagino fossi troppo impegnata con i tuoi nuovi incarichi.”.
Ashley era rimasta in silenzio, mentre Shepard esibiva ancora una volta la sua incredibile capacità oratoria, prendendo le distanze dall’Alleanza come mai prima d’ora.
“E sai chi venne a cercarmi, Ashley? Chi si prese il disturbo di venire a cercare il mio corpo?
Non l’Alleanza, non il Consiglio che avevo appena salvato dal diventare schiavi indottrinati, ma gli agenti dell’Ombra mi trovarono. La dannata Ombra.
Dubito sia stato difficile trovare le mie spoglie: dovevo aver scavato un cratere enorme mentre mi rivoltavo su Alchera dalla vergogna.
Per fortuna, non tutti erano ancora disposti ad abbandonarmi: Liara strappò il mio cadavere ai delegati dell’Ombra in procinto di vendere i miei resti agli agenti dei Razziatori, i Collettori, che volevano usarmi per chissà quale esperimento, o magari tramutarmi a mia volta in uno di loro, chi lo sa. Liara, la più inesperta di tutti noi, era pronta a sacrificare la propria vita per fare quello che nessuno di voi ha avuto il coraggio di fare.”
L’ira, che il comandante era riuscito a tenere segregata dentro di se tutto quel tempo, era esplosa: ormai parlava a ruota libera, con la violenza di un vulcano.
Un vulcano in procinto di spaccare il pianeta sul quale eruttava:
“E nonostante aver perso un amico mentre recuperava il mio cadavere, Liara ha avuto la lucidità per continuare a compiere una dopo l’altra, scelte non facili: come quella di dare il mio corpo a Cerberus.”
“Liara? È colpa sua se…?”.
“Colpa? Merito piuttosto. L’Alleanza era troppo occupata ad assecondare il Consiglio per preoccuparsi dei Razziatori, e il Consiglio a sua volta troppo interessato a preservare la sua miope autocrazia. Stupidi idioti, incapaci perfino di trovarsi il culo con due mani e una candela.”
L’ultima frase gli guadagnò uno sguardo d’apprezzamento da parte di Jack: era uno spettacolo vederlo mentre esplodeva come un ordigno nucleare.
Gli restituiva una dimensione umana, lo faceva tornare l’uomo che la fama e i pettegolezzi spesso nascondevano:
“E Cerberus, un’organizzazione che ancora adesso voglio distruggere con tutto me stesso, era l’unica disposta a fare qualcosa contro i Razziatori: hanno speso tempo, soldi e personale per riportarmi in vita. Per permettermi di finire una battaglia che solo io sembro essere in grado di vincere. E che io sia dannato, lo farò. Combatterò i Razziatori, nudo se sarà necessario. Ma lo farò a modo mio: con l’aiuto di persone di cui mi fido…”
E qui abbracciò con un gesto solo Tali, Garrus e Jack.
“… tutti gli altri, l’Alleanza, il Consiglio e perfino Cerberus, chiunque altro sia preoccupato della propria agenda politica più che dei reali problemi della Galassia, sono solo strumenti da utilizzare e gettare via. Errori? Il mio unico errore è stato quello di non dimettermi prima dall’Alleanza. Non preoccuparti comunque, ho imparato: nessuno mi manderà mai più a fare ricognizioni inutili a confini del Terminus, mentre un esercito di Razziatori marcia su di noi, con in mente il solo obiettivo di sterminarci fino all’ultimo uomo, donna e bambino.”.
 
In quel preciso momento, un cicalino interruppe il comandante, che osservò il messaggio “comunicazione urgente” lampeggiare sul suo omnitool.
“A quanto pare hanno bisogno di me: Garrus, Tali, Jack, datemi un momento.”
“Certo, Shepard.”
Il comandante piantò lì il quartetto, dirigendosi a passo di marcia verso il piano inferiore e l’esterno del locale.
Ashley era rimasta impietrita, incapace perfino di reagire di fronte alle rivelazioni del suo ex- comandante; ma soprattutto dell’uomo che ama, ma che sembra non avere più alcun interesse per lei. La voce di Tali la riscosse:
“… E dopo essere stato riportato in vita da Cerberus, non ha chiesto nulla. Ha visto che la Galassia aveva bisogno di lui ed è intervenuto, radunandoci attorno a sé, trovando il tempo di salvarci e aiutarci, mentre noi eravamo perfino incapaci di alleggerire il peso sulle sue spalle. Gli mancavi, Ashley. Gli mancavi moltissimo.”
Una lacrima silenziosa rotolò sulla guancia del capo operazioni Williams, mentre Garrus continuava al posto di Tali:
“E quando finalmente ti ha incontrato su Horizon, tutto quello che sei riuscita a fare è stato abbaiargli contro come un cane ammaestrato dell’Alleanza, vomitandogli addosso tutte le bugie che ti avevano raccontato su di lui. Menzogne alle quali tu hai creduto senza dubitare solo per un secondo di ciò che ti era stato detto.
Senza sapere che era stato Anderson ad impedire che i suoi messaggi ti raggiungessero prima. Dopo Horizon era semplicemente devastato.”.
“Ed è qui che entro in gioco io.” Intervenne allegra Jack, senza il minimo tatto:
“Gli ho fatto vedere un paio di modi per lasciarsi tutto alle spalle.”
Lo sguardo dubbioso di Williams tracciò il profilo dei tatuaggi della biotica, che rispose alla domanda inespressa:
“Nah, non è quello che pensi tu: semplicemente, gli ho fatto usare la tua dolce foto che teneva sulla scrivania come bersaglio d’allenamento.
Quello che c’è tra noi ora, è venuto mooolto dopo, tesoro: è cominciato più o meno quando mi ha aiutato a demolire un edificio.”
Il ricordo di Shepard che le chiedeva se preferiva una carica chimica, o un dispositivo più complesso per demolire l’installazione su Pragia, fu messo velocemente da parte, quando Kania arrivò portando i loro ordini, che servì ignorando l’atmosfera tesa fra i quattro clienti. Mentre l’Asari si chinava verso Garrus, bisbigliandogli qualcosa all’orecchio, Jack prese il suo bicchiere, un tumbler freddo pieno fino all’orlo di mirto, il loro liquore preferito, e ne gettò il contenuto in faccia ad Ashley:
“Adesso che ci siamo presentate, puoi anche andare a farti fottere, carina.” aggiunse compita.
Per tutta risposta, il Capo Operazioni Ashley Williams, certificata N5 sei mesi fa, si gettò su di lei indossando un vestito aderente da sera, a denti sguainati.
 
  
Capitolo 6
I am Jack's smirking revenge
 
Tutto è iniziato da un’esplosione: l’universo è nato da un’esplosione, così come il sole è nato da un’esplosione. Le più grandi opere esistenti, spesso non sono altro che effimere bombe innescate: giganteschi orologi collegati a un detonatore nucleare. Come le supernove, ad esempio: eppure, proprio da quelle detonazioni immani, sono sparsi come schegge e detriti gli elementi più pesanti necessari alla vita.
La distruzione assoluta è l’unico fondamento necessario per la creazione e questo si riflette nell’universo: il caos è da sempre l’unica costante, era dopo era, dopo era. Perché dunque, lo consideriamo tanto negativamente? No, è l’ordine a essere un’anomalia, poiché il caos informe esisteva già molto prima di noi; anzi di più: esso fa parte di noi come le cellule del nostro corpo. Il caos è un’ottima cosa: l’annichilimento non è forse la forma più pura di affermazione di se stessi?
Io distruggo, dunque esisto.
 
A Zasie Shepard erano bastati venti secondi per ripercorrere al contrario il tragitto d’ingresso: venti secondi ed era fuori, all’aperto, per ricevere da IDA un certificato di morte fasullo che gli era costato mezzo milione di crediti in bustarelle e quaranta ore di lavoro da parte di Kasumi e Tali.
I computer della Cittadella dettavano la legge: i dati al loro interno erano la realtà digitale dello spazio del Consiglio, e a essi galassia si adattava, non importava quanto potessero essere assurde le informazioni contenute al loro interno. Per IDA e Legione, era stato quasi elementare infiltrarsi negli archivi anagrafici dell’enorme stazione spaziale.
Il comandante aveva avuto bisogno di cinque secondi per leggere il messaggio “Missione Compiuta.” Inviatogli da IDA. Quindi venticinque secondi in totale dopo aver lasciato alle spalle il quartetto.
Fu dopo ventisette secondi dall’aver abbandonato il tavolo, che la finestra dello “Yellow Flag” esplose alle sue spalle, mentre il corpo inerte di un Krogan ci passava attraverso.
Il Krogan, un giovane esemplare che non aveva ancora mai visto le assolate distese di Tuchanka, fu solo il primo dei clienti che cercarono la salvezza fuori dal locale, spingendosi a vicenda in una pazza corsa guidata dal panico.
 
Con il suo flemmatico distacco, il comandante considerò che i clienti avrebbero fatto molto più in fretta ad uscire se fossero passati dalla vetrata rotta, ma evidentemente la paura condizionava il loro giudizio, dato che preferivano rischiare di morire calpestati facendo la fila attraverso la porta.
Saper controllare i propri istinti ha i suoi vantaggi: il comandante basava la sua sopravvivenza nel mantenere sempre chiara la sua mente, impedendo al dolore o alla paura di sopraffare la sua ragione.
Così, mentre Asari, Umani, l’Elcor e tutta la variopinta clientela sciamava all’esterno con gli occhi sbarrati dal terrore, il primo Spettro umano si diresse in senso opposto attraverso la vetrata, usando il corpo inerte del Krogan come gradino per superare i vetri rotti.
All’interno, lo accolse la pista da ballo sgomberata di qualsiasi cliente, fatto salvo per Jack, Ashley e il DJ Volus, apparentemente ignaro di quello che stava accadendo attorno a lui, che continuava a dimenarsi sulla consolle.
I tatuaggi di Jack brillavano come una fiamma al metano, i suoi lineamenti distorti dai lampi elettrici che la ricoprivano, mentre il vestito di Ashley era in pezzi da metà coscia in giù, permettendo alla marine maggiore libertà di movimento.
Un unico, uguale rivolo si sangue, usciva dalle labbra di entrambe, spiegando tutto quello che era necessario sapere su ciò che stava succedendo.
 
In altri tempi, quando ancora era il Comandante Shepard dell’Alleanza, probabilmente avrebbe fermato il combattimento: avrebbe impedito alla donna che aveva amato e a quella che amava di ammazzarsi a vicenda.
Possibile che fosse cambiato così tanto?
Le osservò bene, con i gomiti poggiati sulla ringhiera che delimitava la pista da ballo: l’una blu, in maglietta senza maniche e decisa a spezzare in due il proprio avversario; l’altra nera, con un coltello a farfalla aperto in mano e decisa a sbudellare Jack.
Nessuno sembrava voler intervenire: né Tali, né Garrus, d’altro canto, avevano abbastanza vite da poter sperare di sopravvivere se si fossero messe in mezzo alla lotta fra quelle due.
Che fare dunque? Lasciare che si ammazzassero a vicenda o fermarle?
Il comandante Shepard non riusciva proprio a stare lontano dai guai: quando Ashley e Jack si lanciarono una contro l’altra, anche lui scattò.
Grazie alle nuove protesi con cui era stato ricostruito, Shepard era ora in grado di correre con la stessa velocità e forza di un corridore olimpionico, anche con l’armatura addosso. Certo, gli mancavano grazia ed eleganza, ma Shepard correva per uccidere, non certo per meravigliare la folla: lo faceva per venire a strapparti la carne dalle ossa, non per la medaglia d’oro.
Essere sulla Cittadella non voleva dire essere al sicuro, ed era quindi necessario, specie per uno Spettro, girare sempre armato: il fatto che le sue capacità letali fossero direttamente proporzionali a quante clip termiche avesse nella propria pistola, rendeva la scelta obbligatoria per quanto riguardava la propria sicurezza.
I poteri biotici non si possono sequestrare, gli omnitool e le pistole sì, a patto di trovarli: mentre schiacciava sotto di se il cemento come volesse farlo scomparire, il comandante estrasse dalla cintura le due pistole che teneva ripiegate e mimetizzate come accessori.
Le due Carnifex non erano le sue pistole preferite, ma andavano bene lo stesso, e gli scivolarono in mano obbedienti come due lupi al proprio capobranco.
Le due detonazioni furono perfettamente sincroniche, tanto che ai presenti sembrarono una sola: i due proiettili partirono dalle pistole in movimento con la velocità della corsa di Shepard sommata alla propria, colpendo due bersagli minuscoli con precisione assoluta.
Il coltello a farfalla di Ashley finì in pezzi e le fu strappato di mano, mentre il pugno levato di Jack fu deviato dal proiettile che rimbalzò sulla sua barriera biotica, senza causarle altri danni. Le due donne non si resero conto di quello che stava succedendo fino a quando non impattarono contro una montagna di carne e muscoli che comparve fra loro, mettendole entrambe a terra.
Il comandante era riuscito a disarmarle e contemporaneamente frapporsi fra loro, senza che nessuno lo vedesse muoversi, il tutto usando due proiettili e la spinta dei suoi muscoli.
“La tua arma Ashley.” Fu tutto ciò che disse, riponendo le due pistole nella cintura. Quando Ashley esitò un attimo a eseguire l’ordine, sbraitò:
“Non era una richiesta.”
Ashley consegnò l’altra lama che teneva celata nella manica, in una posizione che le era stata insegnata proprio dal comandante: Zasie prese il coltello, assieme ai frammenti più taglienti dell’altro finito in pezzi.
“Non vorrai davvero impedirmi di ammazzarla di botte?” chiese Jack con lo stesso tono di chi si è appena visto un regalo negato.
“Sogna pure: sarei stata io a vincere.” Ribatté Ashley.
“Basta così! Volete ammazzarvi di pugni? Fate pure, non sarò certo io a fermarvi. Ma niente coltelli e niente poteri biotici: sono stato chiaro?”.
Senza aspettare la risposta, il comandante lasciò le due a fissare la sua schiena, mentre si dirigeva verso il bancone del bar.
Arrivato lì, pescò con sicurezza la bottiglia che era stata colpita dai due proiettili sparati, leggendo la vecchia etichetta che annunciava come il suo contenuto fosse Rhum aromatizzato al miele.
I due colpi avevano sagomato il collo della bottiglia, lasciando un beccuccio tagliente che avrebbe impedito alla minima goccia di andare sprecata.
“Allora? Non eravate in procinto di spaccarvi le ossa a vicenda?” chiese, voltandosi con un bicchiere in una mano e la bottiglia nell’altra, vedendo che il combattimento non era ancora ripreso.
Le due donne si squadrarono a vicenda, e l’odio fra loro fu evidente come il sole.
“Forza, fatti sotto, macchia.” Commentò Ashley, tentando di provocarla.
Jack abbassò lo sguardo, prima di rispondere:
“Oh, guarda: hai una scarpa slacciata.”
Williams abbassò lo sguardo in un’azione riflessa, ricordandosi troppo tardi di aver perso le sue scarpe con i tacchi mentre rotolava lungo la scalinata del locale.
Il montante le staccò quasi la testa dal collo.
Nel frattempo, il DJ attaccò un vecchio pezzo, ancora considerato uno dei migliori virtuosismi della musica elettronica umana: mentre Shepard, Jenna, Tali e Garrus osservavano Williams e Jack pestarsi a sangue dal bordo della pista da ballo, le note di Derezzed dei Daft Punk riempirono la sala.
 
Pestarsi con musica di sottofondo è strano da guardare: i colpi diventano prevedibili, poiché i contendenti tendono a seguire la musica. I corpi finiscono intrappolati dalla melodia, esattamente come succede nella danza: l’unica cosa che cambia è la ferocia.
“Chi credi che vincerà?” chiese Garrus.
“Io punto due su Jack.”
“Ah sì? Allora io punto tre su Williams.”
“Avrò i tuoi soldi Vakarian.”
“Nessuno va a fermarle?” chiese Tali ai suoi due compagni.
“Guai a te se ci provi, Tali. Non mi capita spesso di vedere una buona rissa e ne sentivo la mancanza.” La fermò Jenna, accendendosi il secondo sigaro della serata, mentre sulla pista da ballo ginocchia incontravano costati, pugni cozzavano contro avambracci e zigomi, e gli ansiti furiosi delle contendenti si riuscivano a sentire perfino sopra la musica.
 
Shepard aveva fatto tempo a finire la sua bottiglia e Jenna il suo terzo sigaro, mentre le due donne continuavano a combattere: nessuna delle due sembrava avere alcuna intenzione di smettere in tempi brevi.
Williams combatteva come un perfetto soldato: pugni a regola d’arte, le tre varianti, diretto, circolare, montante, eseguite come da manuale, sfondando le difese di Jack e rendendole le braccia pesanti come mattoni quando e se riusciva a parare.
Al confronto i colpi di Jack erano molto più disordinati, ma trovavano spesso un punto morto nella difesa di Williams, penetrando oltre la sua guardia.
“Sei più fastidiosa di quanto credessi.” Disse Jack, sputando un grumo di sangue sul cemento della pista, in un attimo in cui entrambe riprendevano fiato.
“Molto di più.” Commentò asciutta Williams, aggiustandosi il setto nasale:
“Credi che una come te sia degna di rimanere accanto al comandante?”
“Ancora non capisci, vero?” Lui non è più l’uomo che conoscevi, rassegnati.”
“Ed è colpa di quelli come te, se ora lui ha ripudiato l’Alleanza e tutto quello in cui credeva.” Urlò Williams.
“AH! Sarebbe colpa mia? Ascoltami bene, oca: è stato il tuo mondo luminoso, la vostra ipocrisia e incapacità a spingerlo lontano. Non Cerberus e nemmeno i Razziatori: io, noi, non l’abbiamo cercato, non gli abbiamo mai chiesto di trovarci. Non gli ho mai chiesto di farmi evadere di prigione. Ha scelto lui di farlo, come ha scelto di avvicinarsi a me.
Perché al contrario di te, al contrario della stupida Alleanza che difendi come una zelota, lui sa offrire seconde possibilità. A tutti noi, Zasie ha offerto ciò che nessuno di voi a mai voluto darci: una possibilità di vera redenzione e salvezza, quando l’unica alternativa era la morte o peggio. Una seconda chance, quando molti di noi non la meritavano: morirei cento, mille volte, prima di permettere a qualcuno come te di togliermi di nuovo il diritto a esistere.”
Jack sputò un altro grumo rossastro scrocchiandosi le nocche, prima di continuare:
“Mi hai incontrato in un momento molto particolare della mia vita: neanche tanto tempo fa, ti avrei uccisa a vista. Ma se ora lo facessi, dimostrerei soltanto che le persone come te hanno sempre avuto ragione sul mio conto. E non lo voglio più: sono migliore di così ed è per questo che non ti lascerò mai Zasie. Perché me lo ha fatto capire.
Ora finiamo questo combattimento, sorella: voglio vederti sparire per sempre dalla vita di Shepard.”
Aveva appena finito di dire queste parole, che cominciò a caricare, mettendo nei suoi passi ogni attimo di dolore che le era stato procurato, ogni momento che le era stato rubato, ogni giorno della sua vita che aveva passato sola con se stessa, senza nessuno a confortarla, perduta come un animale.
Fu Jack a caricare il pugno, ma fu Line che colpì Williams col suo diretto migliore, spedendola finalmente al tappeto.
 
“Naaoooh…” biascicò Williams dal pavimento, tentando di rimettersi in piedi e fissando due occhi colmi di rimpianto su Shepard, che osservava impassibile lo scontro.
“Hai perso, Williams.” Disse Jack, chiamandola per la prima volta per nome:
“Hai perso nel momento in cui hai chiuso il tuo cuore alla verità. Hai perso quando hai smesso di pensare con la tua testa. E io invece, ho vinto.” Concluse Jack, incerta nel suo tono.
“Ho vinto davvero?” pensò, prima che anche le sue gambe cominciassero a cedere.
Una mano salda la afferrò prima che toccasse terra, una presa calda e protettiva, nella quale Line si sentì subito al sicuro.
“Addio, capo Williams. Quando avrai ricordato dove sta la realtà e dove la tua lealtà, fammi un fischio: potrei sempre avere bisogno di soldati capaci al mio comando. Ora scusami, ho una guerra da preparare e una guerriera di cui prendermi cura.” Disse, abbracciando affettuosamente il corpo magro di Jack. Con sua stessa sorpresa, la biotica lo baciò con le sue labbra spaccate che sapevano di ferro, gustando l’aroma dolce del liquore che aveva bevuto.
“E così che deve essere.” Pensò la biotica, mentre il dolce sapore del miele copriva quello del sangue e dei lividi.
“Andiamo a casa, Line.”
Il quartetto, dopo che Garrus pagò il conto per i danni al locale, si lasciò Williams alle spalle senza guardarsi nemmeno una volta indietro.
 
Capitolo 7
Epilogo
 
Shepard era di nuovo alla guida, mentre pilotava l’auto con mani esperte, la faccia gonfia e dolorante di Jack appoggiata sulla sua spalla.
“A proposito Tali, Kania mi ha chiesto il tuo numero” disse Garrus, interrompendo il silenzio.
“Chi?”
“L’Asari che ci ha accolti all’ingresso, a sentire Jenna, ha un debole per i Quarian.”
“Ma… ma…. Io… Oh Keelah! Dimmi che non glielo hai dato.”
“Nahh. Però ho il suo: sai, nel caso decidessi di chiamarla…”.
“Bosh’tet!” commentò Tali.
Mentre I due passeggeri sul retro cominciavano a litigare come loro solito, Shepard si rivolse a bassa voce a Jack:
“A proposito, con tutto quello che è successo, non ho avuto il tempo di dirtelo.”
“Nh?” commentò Jack dalla sua posizione accucciata al suo fianco.
Shepard accese il suo omnitool e allungò il braccio verso Jack, in modo che potesse leggerlo: con l’occhio non pesto, la biotica scorse un certificato di morte ufficiale, che recitava come la donna nota soltanto come “Jack”, la più potente e pericolosa criminale umana nei sistemi Terminus, fosse morta durante lo schianto della nave su cui viaggiava. La sua taglia era stata consegnata a una mercenaria freelance umana, nota soltanto col nome di Jacqueline Nought. Seguiva poi la copia di un certificato di nascita della stessa Nought, retrodatato e controfirmato.
“Che significa?” chiese Jack dopo aver assimilato le notizie che leggeva.
“Che Jack è morta, e con lei tutto ciò che ha fatto. Da adesso in poi, solo tu sei responsabile del tuo futuro: il tuo passato non tornerà più a tormentarti sottoforma di cacciatori di taglie e mercenari decisi ad avere la tua pelle.”.
Da qualche parte, una bambina molto piccola si mise a piangere di felicità, per aver ricevuto il primo regalo della sua vita.
“Buon compleanno, Jack.” Disse Garrus, che aveva sentito tutto.
“Chiamami Line, Garrus. Chiamatemi Line.”.
 
***
 
Era molto tardi sulla Normandy, ma Zasie e Line osservano lo stesso la vista che l’osservatorio della nave dava sulla Cittadella.
“Da quando dai dello zelota ai cani dell’Alleanza, Line?” chiede improvvisamente il comandante Shepard alla donna al suo fianco, dal volto semisepolto sotto i bendaggi che Chakwas le ha applicato.
Line sorride misteriosa, prima di rispondere:
“Con tutti i rapporti che sei costretto a compilare, ho tutto il tempo di leggere i libri che tieni nascosti sotto il nostro letto.”
“Li odi, i normali?”
Line abbracciò con lo sguardo la vista al di là del vetro prima di rispondere:
“Sì. No. Non lo so. Non lo so più. Tu invece?”
“No. Non li odio: come diceva un mio amico, più loro possono continuare a vivere una vita inconsapevole, più noi abbiamo fatto un buon lavoro. La pace. La gioia di vivere: non sono cose meritevoli di essere preservate?”
Line non ha una risposta per quella domanda. Quindi chiede invece:
“Sembra un tipo a posto, questo tuo amico, lo conosco?”
“No. Se n’è andato tempo fa, abbracciando una testata nucleare.”.
“Ti va di raccontarmi di lui?”
Shepard annuisce, perso per un attimo nei ricordi:
“Si chiamava Kaidan Alenko, ed era un buon uomo…” iniziò così la sua storia.
 
Perché alla fine, tutto ciò che rubiamo all’eternità con le nostre vite sono solo pochi attimi: lo spazio di un racconto.



The End!  Prima di scrivere le vostre critiche (se ne avete), permettetemi un appunto: Ashley Williams è stato il bersaglio che avevo in mente fin da quando ho cominciato a scrivere questa fiction. Di conseguenza, ho addossato a Williams colpe che nel gioco ha, ma “colorendo” un po’ (molto) i fatti, per farla apparire peggiore di quanto non sia. Dopo tutto, qui volevo fosse Jack a vincere e affermarsi: volevo che venisse redenta dalla sua posizione di personaggio di serie B, in cui è finita a causa del suo passato e del suo modo di porsi.
Diciamoci la verità, non è una persona facile, in tutti i sensi.
Distruggere Ashley (il suo esatto opposto) l’ho trovata semplicemente un’ottima idea, non perché io odi il personaggio del capo operazioni Williams, ma perché era l’avversario ideale, il perfetto complemento con cui far scontrare Jack. E come sa chi mi segue ( e sto parlando proprio con voi, Avventuriera e Goldr31) adoro da morire far scontrare gli opposti, lo Yin e lo Yang, la materia e l’antimateria, per godermi lo spettacolare annichilimento reciproco conseguente.
 
Ah già, prima che me ne dimentichi: Ziusudra “Zasie” Shepard è davvero uno dei miei Shepards (non un personaggio inventato ad hoc) e la sua storia e personalità sono esattamente quelle descritte nel testo: perché ve lo dico? Perché spero davvero che in ME3 ci sia una scena simile a quella che ho descritto in questa storia, fra il vostro attuale Love Interest e il precedente.
No, dico: ve lo immaginate? KABOOM!
E se vi state chiedendo che razza di nome sia Ziusudra, vi consiglio di farvi un giro su Wikipedia ;).
Un saluto e alla prossima.
  
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