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Autore: visbs88    13/01/2011    4 recensioni
Kagome osserva i suoi compagni, e nota che ognuno di loro, lei compresa, ha perso il proprio padre. Riflette sulla sofferenza di tutti i suoi amici, rammaricandosi di non poterli aiutare.
Scritta per l'iniziativa "Un prompt al giorno", prompt "Immagine".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Shippou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E per l’ennesima volta, torno a seminare la disperazione più nera!
Per coloro che seguono Vita da mercenari… non temete!!!! La mia ff non è abbandonata, anzi, rimarrà sempre la mia preferita, aggiornerò, presto o tardi!!!! *.* vi prego, non linciatemi e fidatevi di me!
Per coloro che aspettano le mie recensioni (e qui ci sono un bel po’ di persone, credo)… abbiate fiducia anche voi! Arriverò!
Voglio dedicare questo mio nuovo scritto a Misao13, RikaRed, Alys93 ed eien91 per le recensioni a “La battaglia di Midoriko”, ed in particolare a eien91 per averla messa nelle preferite (e un grazie speciale per avermi seguita anche negli altri fandom ;D), a Alys93 per le seguite e a Misao13 per le ricordate!
Ed ora… nuova ff, nuovo tormento! XD
Buona lettura!
 
Kagome osservava i suoi compagni. Sembravano così sereni, quel giorno. Camminavano con tranquillità, fianco a fianco. Certo, erano un gruppo ben strano, ma affiatato come non mai. Miroku e Sango scherzavano, Shippo rideva con loro, Inuyasha li guardava e sbuffava, anche se era ben visibile che si stesse divertendo anche lui.
Kagome pensava a tutte le cose che li accomunavano. La ricerca della Sfera, l’odio verso Naraku… e poi, le venne in mente un fatto mai notato prima, quantomeno da lei.
Tutti loro, avevano perso il padre, solo lei poteva vantarsi di una madre.
La figura paterna però accumunava ogni membro del gruppo.
 
Kagome osservava Shippo, pensando alla sua determinazione di vendicare il suo papà, quando l’avevano incontrato per la prima volta. Pensò con un sorriso triste alla commovente storia del piccolo kitsune, ricordò la sua volontà di rubare a lei e ad Inuyasha i frammenti della Sfera, il suo finto coraggio nel voler affrontare le Bestie del Fulmine. E pensò alle volte in cui lo sorprendeva a guardare triste il vuoto, ed indovinava i suoi pensieri. Gli mancava il suo papà. Doveva aver vissuto felicemente con lui… d’altronde, Shippo era un bambino adorabile, qualsiasi genitore l’avrebbe adorato e cresciuto con amore. E lei, per quanto poteva, cercava di consolarlo con il suo affetto, facendo finta di essere la sua mamma. Ma Shippo aveva visto il padre arrotolato come una cintura alla vita di Manten. Quell’immagine l’avrebbe sempre seguito nei suoi incubi. E non sapeva come aiutarlo.
 
Kagome osservava Miroku, pensando che quel ragazzo così apparentemente allegro e senza una preoccupazione al mondo viveva con la costante angoscia per la maledizione della mano destra. Era libertino, maniaco, sfacciato, incorreggibile, ma quando voleva sapeva diventare maturo, saggio, intelligente, un gran combattente. E di sicuro teneva alta la memoria di suo padre. Lei sapeva poco o nulla del genitore del monaco, se non che era morto per via del Vortice del Vento. Probabilmente da lui Miroku aveva ereditato il carattere pervertito, ma anche la forza spirituale. E lei notava la malinconia celata dietro lo sguardo blu intenso del giovane, quando andavano a far visita al maestro Mushin. Sguardo che lasciava trasparire, anche se poco, il dolore per quella perdita prematura, che quei luoghi gli ricordavano. Lei era sicura che avere degli amici come loro al suo fianco confortasse non poco Miroku. Ma il monaco aveva visto il padre venire risucchiato, sparendo nel Vortice. Quell’immagine l’avrebbe sempre seguito nei suoi incubi. E non sapeva come aiutarlo.
 
Kagome osservava Sango, pensando all’incredibile forza d’animo di quella ragazza così bella, determinata, energica e sorridente. Tuttavia, forse era proprio lei quella che soffriva di più. Era sempre rimasta sbalordita dal modo con cui Sango era riuscita a superare il terribile trauma di vedere il proprio fratello, quel fratello con il quale aveva giocato, riso, condiviso attimi meravigliosi, uccidere i compagni… ed il padre, quel padre che aveva generato entrambi, quel padre di cui ambedue avevano il sangue nelle vene. Qualsiasi altra ragazza sarebbe rimasta distrutta, forse non avrebbe più saputo vivere. E invece Sango era andata avanti, forte, impavida. Il ricordo di quel giorno la perseguitava, e si risvegliava prontamente ogni qualvolta Naraku faceva compiere stragi orrende a Kohaku. Kagome la sentiva piangere, alcune notti. Dietro quel carattere solare c’era un’anima che soffriva, distrutta dal dolore. Lei cercava di starle vicino, di farle capire che aveva un’amica a fianco, a cui confidarsi, se avesse voluto. Ma Sango aveva visto il padre morire per mano del fratello sotto i propri occhi. Quell’immagine l’avrebbe sempre seguita nei suoi incubi. E non sapeva come aiutarla.
 
Kagome osservava Inuyasha, pensando all’affetto che provava per lui. Era un mezzo demone, una creatura condannata dal principio ad essere derisa, temuta, schernita ed evitata. I tormenti subiti in passato da Inuyasha dovevano essere stati davvero frustranti, ed erano rimasti impressi nel suo cuore. Mezzo demone. Figlio di una donna meravigliosa, Izayoi, sicuramente madre dolce, protettiva, affezionata al proprio figlioletto, che aveva abbandonato prematuramente. Lei aveva sofferto con Inuyasha, sforzandosi inutilmente di aiutarlo, di difenderlo da quel mondo tanto crudele. Di preservare la memoria del padre. Inu no Taisho. Il Gran Generale Cane. Uno dei più potenti demoni maggiori mai esistiti. Inuyasha non aveva mai potuto conoscerlo, era nato e poche ore dopo il padre era morto per difenderlo. Forse il mezzo demone si sentiva in dovere di diventare forte quanto lui, sentiva la sua ombra costante, era il suo punto di riferimento. Ma Kagome pensava che forse era Sesshomaru, il fratello, quello a soffrire davvero di più. Il suo odio per Inuyasha, secondo lei, era dettato dal fatto che per colpa sua aveva perso il padre. Le spade erano una questione secondaria, per Kagome. Sesshomaru poteva dire quello che voleva, come ad esempio che era dispiaciuto per la morte di Inu Taisho solo per il fatto che avrebbe voluto sfidarlo e batterlo, ma per lei erano solo bugie. Menzogne per non ammettere i propri sentimenti. Inuyasha e Sesshomaru erano simili, in fondo. Negli occhi dorati di entrambi lei era riuscita a scorgere spesso lampi di rimpianto, lampi di tristezza. Kagome non conosceva bene il maggiore, ma il minore sì. E lo vedeva, mentre fissava malinconico Tessaiga, la notte, tenendola appoggiata alla propria spalla, infilata nel fodero nero. Era il suo ricordo del padre, un oggetto che lui aveva consegnato al figlio per proteggerlo, per spronarlo a migliorarsi continuamente, per convincerlo a difendere una donna umana. Si sentiva lusingata al pensiero di essere lei, quella donna. Cercava di stare vicina a quello scorbutico, che la insultava e faceva arrabbiare spesso, ma che in fondo apprezzava le sue attenzioni. Ma Inuyasha non aveva mai conosciuto suo padre. La sua immagine era solo una fantasia, una fantasticheria apparsa nei suoi sogni. E non sapeva come aiutarlo.
 
Ed infine, Kagome osservava sé stessa. Suo padre era morto quando lei aveva poco più di cinque anni, a causa di un incidente d’auto. E di lui conservava ben pochi ricordi, ormai, dopo tanto tempo. Se ricordava bene il suo aspetto, era solo per le fotografie in salotto, nulla di più. Era un bell’uomo, suo padre. Quelle immagini lo ritraevano con un sorriso affabile, tranquillo, sicuro. Le sarebbe tanto piaciuto conoscerlo meglio. A volte, sia per il suo nome, sia per certi avvenimenti strani veniva presa in giro dagli altri bambini. Certo, la mamma la consolava sempre, ma… avere un padre sarebbe stato diverso. Gli altri le chiedevano di lui sempre con timore, temendo di ferirla, mentre lei sapeva bene che c’era chi aveva sofferto molto più di lei. Ma non poteva fare nulla. Né per sé, né per gli altri.
 
Il padre, quella figura mancante accanto a tutti loro. L’avevano perso, ma rimaneva vivido nelle loro menti e nei loro cuori, se non con il suo viso, almeno con il suo ricordo e con la consapevolezza che era stato un uomo, o un demone, forte. E sapevano tutti che, potendo, i loro padri sarebbero stati fieri ed orgogliosi dei propri eredi. Dovevano meritarsi la loro fiducia. Sarebbero andati avanti per loro, mantenendo vivo l’onore della famiglia.
Mantenendo vivo l’onore del proprio padre.
 

Piaciuta? (volano pomodori e ortaggi vari)
Non ho saputo resistere dalla tentazione di inserire anche Sesshomaru, in fondo il padre di Inuyasha sembra mancare più a lui che al mezzo demone. Invece, non ho inserito Kirara, non sapevo che cosa scrivere XD Spero di aver mantenuto i personaggi e di aver espresso bene cosa penso che provino.
Mi farebbe molto piacere un commentino! Grazie!
Visbs88
   
 
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