Titolo: Trébuchet
Personaggi: Battler,
Beatrice.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Angst,
fluff.
Avvertimenti: One-shot,
semi-AU.
Note: Angst
necessario post ep8! Ecco che cos'è questa fanfic, in poche
parole.
Ho avvertito nell'introduzione ed avveritirò anche qui e
ora: QUESTA FANFIC E' UNO SPOILER ENORME SU EP8. Non leggete, se non
volete spoilerarvi.
Questa fanfic è ambientata in un presunto futuro in cui
Battler e Beato sono fuggiti dall'isola e non è successo
tutto ciò che è, invece, successo in ep8 (niente
suicidio, drowning scene... dannata nice boat). Vabbeh, leggete
e forse capirete.
Disclaimer: Umineko, Battler e Beatrice non mi appartengono... sennò Battler sarebbe riuscito a salvare Beato e sarebbero vissuti felici e contenti... più o meno. ;_;
Trébuchet
«Fu
una sensazione improvvisa quella che pervase Battler in quel momento.
Sentiva
che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto, aveva un brutto
presentimento.
Era
sicuro di essere in salvo ora. Era fuggito da Rokkenjima,
dall'esplosione... ed
aveva con sé Beatrice. Erano scappati, sopravvissuti insieme.
Eppure,
mentre la osservava – aveva lo sguardo lontano, fisso sul
profilo dell'isola
ormai alle loro spalle – quella sensazione che c'era
qualcosa di sbagliato tornò
a tormentarlo.
Era
sicuro che sarebbero stati felici, ma l'espressione di Beatrice
esprimeva solo
rammarico e tristezza come se...
“Beato...”
…
come se, in verità, non avesse davvero mai voluto lasciare
l'isola.
La
strega non s'accorse nemmeno che l'aveva chiamata.
Continuava
a fissare il profilo di Rokkenjima, la tristezza sempre più
evidente in quegli
occhi.
E
quando lei gli chiese come avrebbe vissuto, quella sensazione di
inquietudine
tornò a bussare nella mente di Battler, quasi come fosse un campanello
d'allarme.
Sarebbe
stato forte anche per lei.
Doveva
darle un motivo per poter vivere.
Lei
doveva vivere. Con lui.
“...
Ehi, chiudi gli occhi...”
Quando
le labbra di Beatrice toccarono le sue sentì il volto
andargli a fuoco, e non
resistette: aprì gli occhi di scatto, guadagnando solo
un'espressione scocciata
ed imbarazzata dalla donna che aveva così vicino.
“Aspetta!
Non ti ho detto di aprirli!”
“Che
sei, una donna delicata?”
“Non
sono una donna delicata!”, la sentì sbuffare,
sempre più in imbarazzo, “Non
aprirli ancora, non aprirli ancora! Voglio baciarti di nuovo!”
Le
labbra della strega si posarono sul suo lobo. Battler sentiva il volto
bruciargli sempre di più.
Avrebbe
tanto voluto fare l'uomo e prendere l'iniziativa...
ma non riuscì. Era
come se quella scena, improvvisamente, non la stesse più
vivendo in prima
persona.
La
strega iniziò a ridere. Gli chiese se pensasse che lei era
crudele.
“...
Sì. La strega peggiore e più crudele.”
E
senza accorgersene, qualcosa improvvisamente l'abbandonò.
Fu
quando aprì gli occhi che s'accorse cos'era quell'improvviso
freddo che aveva
sentito: Beatrice non era più lì. Era solo su
quella barca.»
“...
-tler! Battler...!”
Acqua.
Bagnato. Non respirava.
La
fronte imperlata di sudore e le lacrime lungo il volto.
Qualcuno
respirava affannosamente e lo teneva fermo a terra stando a cavalcioni
sopra di
lui.
…
Terra?
No,
la terra non era così morbida.
“Battler,
svegliati!”
Una
sberla.
“SVEGLIATI!”
Aprì
gli occhi e scorse la figura che lo aveva appena schiaffeggiato.
Credeva
di conoscerla...
“Beato...?”
I
suoi occhi s'abituarono presto al buio di quella stanza e, mettendosi a
sedere,
riuscì a cogliere l'espressione che Beato aveva in volto:
preoccupazione.
Abitavano
insieme ormai da due anni ed erano sempre stati in grado di capir bene
cosa
passasse per la testa dell'altro anche solo guardandosi. Capivano
subito quando
c'era qualcosa che non andava per il verso giusto o quando l'altro
stava
mentendo – Beatrice, in particolare, aveva sviluppato
un'innata abilità nel
discernere le sue bugie dalla verità.
“Hai
avuto di nuovo un incubo, Battler. Ultimamente accadono troppo
spesso.”
Battler
sospirò e aiutò Beato a sedersi meglio sulle sue
gambe, per poterla guardare
negli occhi.
…
Occhi così azzurri, come quel mare…
“Battler”,
gli accarezzò il volto, avvicinandosi un po',
“cosa c'è che non va?”
“I-Io...”,
fece una pausa, spostando lo sguardo dalla scollatura di Beato che
fungeva
quasi da calamita per i suoi occhi, “ho...”
La
donna gli prese il volto con entrambe le mani e lo avvicinò
al suo, la fronte
di lei contro quella di lui e gli occhi di Beatrice fissi in quelli di
Battler,
un'aura di serietà in loro. Così vicini... e quel
momento gli parve tanto un
deja vu.
“...
Ehi, chiudi gli occhi...”
Lui
li chiuse lentamente, incapace di resistere a quella richiesta, e le
labbra di
lei toccarono le sue gentilmente. Un leggero bacio che placò
l'animo di Battler
per qualche istante...
“—Ngh!”
…
E poi, senza alcun preavviso, sentì la testa esplodergli per
il dolore. Si
sentì sprofondare nell'acqua; gli facevano male le orecchie
e non riusciva a
respirare. Si sentiva sempre più soffocare, incapace di
tornare in superficie o
di annegare e finirla una volta per tutte.
Una
mano stretta alla sua... che improvvisamente lo lasciò
andare.
“Battler...!
Battler!”
Le
mani strette intorno al collo, gli occhi sbarrati e la bocca aperta in
un vano
tentativo d'afferrare un po' d'aria, di aggrapparsi alla barca che
galleggiava
sopra alla sua testa, avvolta da una luce che gli infondeva sicurezza.
“Battler!”
«Tornare
a respirare fu doloroso.
La
testa esplodeva ed il cuore batteva all'impazzata mentre la
disperazione
prendeva il sopravvento su di lui.
Doveva
tornare da lei. Doveva riportarla lì, farla tornare a
respirare...
Ogni
secondo era prezioso, lo sapeva, e Battler si sentiva in colpa
sprecando quel
tempo pensando a cosa fare e a preoccuparsi.
Tuttavia,
trattenere il fiato e tornare in acqua gli parve quasi normale e
scontato.
Non
sarebbe stato in grado di vivere senza di lei. L'avrebbe seguita,
ovunque
avesse deciso di andare.
La
raggiunse velocemente e la strinse sé. Non l'avrebbe
più lasciata andare.
Le
loro lacrime si mescolarono all'acqua di quel mare crudele che aveva
dato loro
la speranza di poter scappare e poi, senza alcun preavviso, aveva
deciso che
non era destino che lasciassero vivi Rokkenjima.
…
Sciocco d'un Battler... Sciocco d'un Battler...
Sorrideva.
Fra le lacrime, sorrideva.
Se
desideri l'inferno, allora cadrò con te.
Se
quello è un mondo vuoto, allora sparirò con te.
Chiuse
gli occhi e la strinse a sé con tutta la forza che ancora
possedeva.
Ma
finché non spariremo...
…
Tu sei mia...
E
insieme caddero all'inferno, stretti l'uno all'altra.»
Quando
si svegliò la mattina successiva, Battler s'accorse di avere
il volto rigato
dalle lacrime.
Beatrice
dormiva stretta a lui con le braccia intorno al suo busto e i lunghi
capelli
dorati sciolti e scompigliati. Aveva un'espressione calma e serena in
volto e
quel corpo caldo e morbido così stretto al suo fece solo
sorridere Battler.
Doveva averla fatta seriamente preoccupare se era arrivata al punto di
stare
abbracciata a lui per tutta la notte.
Cercò
di scendere piano dal letto nella speranza di non svegliare Beato.
Voleva
lasciarla dormire; se lo meritava un po' di riposo e, inoltre, voleva
andare a
preparare la colazione per farle una sorpresa.
Tuttavia,
non appena si mosse, la donna accanto a lui aprì lentamente
gli occhi e strinse
con ulteriore forza le braccia attorno a lui. Era ancora mezza
addormentata, ma
lo fissava negli occhi con grande intensità.
“E-Ehi,
buongiorno, Beato.”
Un
sorriso, sperando di convincerla che stava bene –
perché Battler sapeva che lei
di lì a poco glielo avrebbe chiesto in un modo o
nell'altro...
“Battler...”
Lei
si mise a sedere di scatto e, tirandolo per il colletto del pigiama,
gli diede
un bacio sulla bocca. Lo fissava ancora. Le labbra premute contro le
sue e
un'espressione dura in volto.
“Be-Beato!?
Che stai facendo!!?”
La
afferrò per le spalle, cercando di scostarla da
sé.
Lei
lo fissava ancora, le braccia ora incrociate e il broncio sul volto
ancora
gonfio dal sonno.
“Lo...
Lo sai che ti puzza l'alito appena svegliata!”
“Sì,
perché il tuo profuma, eeeh~”
“No-Non
sono io quella che mi è saltata addosso e mi ha
baciato!”
“Muu~”,
il broncio sul volto di Beatrice si fece, se possibile, ancora
più infantile,
“volevo solo vedere una cosa...”
“Mh?”
“Stanotte...”,
strinse la mani al petto e abbassò lo sguardo,
“è successo tutto dopo che ti ho
baciato. Hai iniziato ad urlare e ti graffiavi la gola... credevo fosse
colpa
mia.”
Rimasero
in silenzio per qualche secondo – Battler non sapeva cosa
dirle – e poi, anche
se a bassa voce, la donna tornò a parlare.
“Credevo...
fosse colpa mia... mi ha fatta... preoccupare, idiota...”,
con la voce rotta dal
pianto, continuava a fissare le lenzuola, la frangia che le copriva gli
occhi e
non permetteva a Battler di vederla bene in volto.
“Beato...”
Acqua.
La barca lontana, sopra le loro teste. Un'oscurità profonda
sotto di loro, che
li attendeva ansiosamente.
I
gabbiani piangevano in lontananza.
“Sc-scusa,
Beato.”
Battler
si sporse verso di lei e l'abbracciò stretta.
Non
l'avrebbe mai più lasciata andare. L'avrebbe seguita,
ovunque avesse deciso di
andare.
Perché,
infondo, lo sapeva... che non sarebbe stato in grado di vivere senza di
lei.
Avrebbe
preferito morire, piuttosto che esser condannato ad una vita in cui lei
non era
presente.
“Scusami.”
Una
rosa dorata brillava debolmente sul fondo di quel mare crudele.
E
là si fermò, sopra la piccola scatola per
metà coperta dalla sabbia.
“P-Prendiamoci
una vacanza, Battler... andiamo al mare!”
“No!
Niente mare. Andiamo da qualche altra parte. Più in alto.
Lontani dall'acqua.”