Sulla striscia bianca continua, dove non si può sorpassare, ho visto un gatto adagiarsi e morire. Al centro della strada vuota, nessun paraurti potevo accusare, macchiato di sangue. Eppure il gatto era morto ed un urlo lontano – e m'è parso di vivere in un quadro, anche se non ne ricordavo lo sfondo.
Guardavo le linee scorrere lontano, sotto il cadavere e verso un orizzonte fatto di cemento, steppa e densità di cieli e promesse. Solo che io non sapevo se fossero di vita – e ragionevolmente anche di morte, ma a quella nessuno ci pensa mai.
A parte i gatti che attraversano, qui.
Mi piacerebbe abbagliare tutti i passanti, giocando a fare i ciechi sui tetti dell'Odio. Nessuno starebbe a spingersi giù a vicenda, ma tutti morirebbero contenti degli altri. Senza tempo.
La morte lo annulla davvero; e col suicidio, lo sposi.
Un gatto morto sulla strada è un gatto che fu annoiato. Non aveva bisogno di un tetto, di un'emozione o di amore – ho detto amore e non odio, in fondo è uguale. Quando cammini qui, la differenza non arriva: segui la linea, la curva, il sole, la notte che cala sulla schiena assorbono tutti tra lo splendore ed il sonno.
Non sono aspettative piene, solo speranze impiccate lungo gli alberi. Ed a quattro zampe rendono omaggio con del Silenzio, alla Morte. Quando poi si appendono alle tende – ed a tutte le vertigini – e squarciano la Vita.
Poco importa, quando hanno da chiudere gli occhi alla brezza leggera – e stringono, riaprono, assorbono, cadono
forse nel sonno, forse nel sogno, che col cambio di lettera omaggiano la specie e...
E passa poi un veicolo.








Da bambina ho visto un gatto morire, ma non è andata così. Fatto sta che molti si buttano in mezzo alla strada e... E non lo so. Ci buttiamo tutti. 'Fanculo.
Alla prossima.