Fuoco.
-
e là in alto e davanti alla gente
lui appese le ceneri inutili del suo abito bianco-
Giovanna
D’Arco –De André-
Quanto
costa comprare la speranza di una Nazione? Oh, veramente pochi soldi, Sir.
Cammina deciso,
ignorando gli uomini che incespicano in stentati saluti e quelli che
s’inchinano come girasoli appassiti quando passa per sparlargli alle spalle
quando è lontano.
Il
mantello fruscia a terra, il leone d’oro che vi è ricamato sopra luccica
sfacciato alla luce rossastra delle torce, alla faccia dei popoli che fanno la
fame.
Non vede
nulla e nessuno, ormai, i denti stretti e il viso deformato in una smorfia.
Gira un angolo, calcia via un topo spaventato e afferra con una mano una torcia
accesa, quasi estirpandola dal suo sostegno in metallo.
Continua
a camminare. Scende scale, percorre corridoi, svolta angoli e si irrita sempre
di più perché quello non è un castello ma un fottuto labirinto.
Il suono
di risate e calici sbattuti gli fa comprendere di essere quasi arrivato alla
sua destinazione. Spalanca la pesante porta di legno con un gesto teatrale e
troppa forza, abbastanza da far cozzare la povera porta contro la parete e far
prendere un bell’accidente alle due guardie che stavano sbevazzando al tavolino.
I due
uomini saltano in piedi balbettando qualcosa, ma attualmente lui è sordo a
qualunque cosa non sia il digrignare dei suoi denti – Le chiavi.- sbotta
allungando la mano, facendo cigolare la pelle marrone del guanto – Le chiavi
della cella.
Una delle
due guardia gli mette il mazzo di chiavi in mano, mormorando qualcosa. Non lo
sentì neanche.
Caccia
via i due uomini con un gesto della mano, attendendo in piedi nella stanzetta
fino all’uscita dei due.
Si volta
verso una seconda porta, avvicinandosi ad essa con grandi passi. Infila la
chiave con un gesto irritato, la gira con rabbia, apre la porta con odio.
Si trova
davanti ad una celletta sporca che puzza di chiuso e fieno bagnato. Da una
finestrella (crudelmente alta e stretta) passa appena un filo di luce che
illumina, ironia della sorte, il viso di una donna.
- Stai
per morire.- annuncia con un gran sorriso sul viso – Stai per morire per mano
mia. Come ti senti al riguardo?
Lei si
volta e sorride. Che nervi. Ha ancora fiducia.
Ha
cercato di scappare due volte, è quasi morta, le sono successe le peggio cose,
sta per morire e ha ancora fiducia. Fiducia in chi, poi?
Quel
Cristo e tutta la bella Sacra Famiglia ballerina che non l’hanno mai aiutata e
mai l’aiuteranno? In quel finocchio inutile di Francia che se ne sta tutto
bello e felice nel suo palazzo?
Oh beh,
dubita che Francia sia felice. Separarsi dalla persona amata è duro, ma in
fondo la retorica aiuta sempre e pensare di essere una “Nazione” che deve “fare dei
sacrifici” può servire a superare il dolore, anche quello di una perdita
così.
La
guarda senza smettere di sorridere. Al diavolo, si sente troppo fottutamente
superiore per poter smettere di sorridere. Quel sorriso è la sua vittoria. Quel
sorriso è la dimostrazione della sua forza.
Quel
sorriso è semplicemente perché potendo si metterebbe ad urlare e piangere e
prenderla a schiaffi su quella maledetta faccia sorridente ma non può perché ha
promesso di trattarla bene.
- Non
morirò.- Jeanne sorride calma lisciandosi con una mano l’abito bianco – Non per
mano tua. Io devo portare la Francia alla vittoria.
- Già. E
io dovevo svuotare l’English Channel bevendone le acque.- sbottò Inghilterra –
Figurati se una misera contadinella poteva portare quel fallimento vivente di
Francia alla vittoria!
- Lui lo
credeva.- rispose calma Jeanne. Inghilterra sentì pulsare una vena del collo –
Lui? Lui chi? Louis?
La
risposta era ovvia e scontata e il sorriso paziente di Jeanne ebbe solo
l’effetto di irritarlo di più - Francia.
- Lo sapevo
che era Francia. Facevo dello humor. Non l’hai capito?
-
Purtroppo no.
E col
senno di poi Inghilterra avrebbe fatto
meglio a dare una ritoccatina
al suo humor
, se non voleva essere preso in giro per i secoli a venire. Ma non sono fatti
di questa storia.
Inghilterra
poggiò la spalla alla porta guardandola storto – Io ti detesto.
- Lo
immaginavo.
- Sai
troppo calma.
- Ho
fiducia.
- Ma in chi?!-
esclamò Inghilterra puntandole l’indice contro – In cosa hai fiducia?! In
cosa puoi avere ancora fiducia tu?!
Jeanne
si alzò e allora Inghilterra si accorse che era più alta di lui di almeno una
spanna. Che vergogna.
Prese la
sua mano fra le proprie – Io ho fiducia in Dio, Inghilterra.- disse con un tono
di voce gentile – Dio abbraccerà il mio corpo provato e mi riporterà da
Francia, così che io possa adempiere al destino che mi è stato assegnato.
- Bullshit.-
Inghilterra tolse la sua mano dalla stretta calda della donna – Ti rendi conto
che queste sono tutte stronzate?
- Non
credo.- disse Jeanne – Se tu volessi Dio abbraccerebbe anche te. Ma immagino
che tu non voglia.
-
Infatti non voglio.
-
Meglio.- assicurò Jeanne allargando il sorriso già presente - Perché Egli stringe più forte a se i figli
che non lo vogliono.
- Il tuo
dio è un cretino, allora. – decretò Inghilterra.
- Il mio
Dio non è null’altro che un Padre che vuol veder venire a Lui i Suoi figli.
Cosa c’è di stupido in questo? Egli ama ogni creatura di questa terra, anche
coloro che non Lo riconoscono, poiché ogni creatura merita il Suo perfetto ed
inesauribile Amore.
- Tsk.
- Non mi
credi?
-
Francamente no.
Jeanne
si sedette sul pagliericcio, sistemandosi la veste bianca – Posso capire che le
mie parole non ti convincano.- disse – Ma un giorno anche tu Lo conoscerai e
capirai. Capirai di sicuro.
Inghilterra
la voleva prendere a schiaffi sbattere contro il muro spaccarle il viso contro
lo stipite della porta fracassarle la calotta cranica cavarle gli occhi dalle
orbite strapparle i denti e la lingua pisciare sul suo viso devastato e sputare
su quel cervello inutile poi strapparle il cuore e buttarlo dalla finestra.
Si
limitò ad uscire dalla cella sbattendo la porta.
E nella
sua testa sentiva quella voce dolce che diceva – Capirai che Egli è accanto a
te quando meno te lo aspetti- si tappò le orecchie urlando – perché è il suo
Amore che ha concesso la vita a tutti noi- sbatté i piedi a terra – anche a voi
Nazioni.
Pianse.
Francia
guarda circospetto la busta.
Non è
nulla di speciale, solo una normale busta di pergamena piuttosto pesante e un
po’ sgualcita sugli orli.
Ma sulla
lacca rossa che la chiude c’è lo stemma inglese. E tutto ciò che reca lo stemma di quel paio di sopracciglia con le
gambe non è una bella cosa.
Cioè,
quelle sopracciglia con le gambe in sé non erano una bella cosa, ma sono dettagli.
Infila
il coltello fra i due lembi della busta, aprendola con lentezza e precisione.
L’apre e
la rovescia sulla scrivania. Un mucchietto di cenere cade sul legno scuro,
subito seguito da un pezzo di stoffa bianca bruciacchiata.
Al Re
sfugge un sorriso quando sente l’urlo della Nazione.
Ecco
come si motiva una Nazione a combattere, altro che Dio, amore e stupidaggini
varie.
A.Corner
Noia e
pigrizia.
Posto
una fic vecchierrima.
Se
vedete errori segnalatemeli ù.ù
E io
devo ancora scrivere la Prumano per Nihal oWo
Non
temere cara, non l’ho dimenticata: appena la mia musa mi si filerà di pezza la
scriverò è_é