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Autore: Aleteia Furue    18/01/2011    1 recensioni
“Non è lei che ha aspettato, che sta aspettando.”
Havoc aveva detto ad entrambi quella frase.
A Hawkeye, per metterla in guardia.
A Mustang, perché non commettesse un errore che avrebbe distrutto tanto sé, quanto la compagna.
[RoyEd, soprattutto][Tratto da: Il Metafisico, ma può esser letta anche da sola.]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Jean Havoc, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: questa one-shot è tratta dalla fanfiction “Il Metafisico” ma può essere tranquillamente letta senza aver mai dato uno sguardo alla long-fic. Per note aggiuntive vi rimando alla fine.

Probabilmente.

Io- io credo di aspettare un bambino.
Sarebbe dovuta essere una ragione di gioia, gioia infinita: per lei, per lui.
Erano una famiglia, no? Indipendentemente dal matrimonio mai celebrato – lui non voleva che quel legame divenisse così forte, così difficile da sciogliere probabilmente – loro erano una famiglia, la venuta di un bambino non avrebbe potuto fare altro che avvicinarli, forse abbastanza perché non si sentisse sempre così insicura su loro due.
Lo aveva pensato, all'inizio, quando si era resa conto che tutti gli indizi portavano ad una probabile gravidanza: un figlio, un modo per avvicinarsi davvero.
Ma, dall'insolita insicurezza con cui aveva pronunciato quelle parole aveva capito che no, era stata l'illusione del momento. Non era cambiato niente.

Se fosse così sarebbe meraviglioso, Riza.
Lo aveva pronunciato con convinzione, dopo aver esitato per alcuni istanti.
Ma era normale esitare, no? Quando si veniva a sapere che vi erano alte possibilità di divenire padre chiunque avrebbe esitato. Non c'entravano nulla i pensieri che tutto il giorno lo avevano tormentato.
Esitava in qualità di probabile neo-padre, nient'altro.
Era stato sincero quando aveva detto quella frase, non avrebbe mai mentito ad una persona cara.

Non è lei che ha aspettato, che sta aspettando.
Havoc aveva detto ad entrambi quella frase.
A Hawkeye, per metterla in guardia.
A Mustang, perché non commettesse un errore che avrebbe distrutto tanto sé, quanto la compagna.
Scegliere di stare assieme poteva sembrare la decisione più semplice per il Colonnello ma, a dispetto della facciata, era sofferta e stava logorando entrambi. Quello di Riza era un amore a senso unico, ne era consapevole e ne soffriva, perché non sapeva cosa potesse cambiare la situazione.
Anche Mustang soffriva. Soffriva, perché non riusciva a dare alla donna ciò che voleva; soffriva perché non riusciva a smettere di guardare la porta del suo ufficio, nella speranza che
qualcuno vi battesse contro le nocche con ben poco garbo; soffriva perché nessuno irrompeva in quello stesso ufficio come nella sua vita, con una faccia da schiaffi e la risposta sempre pronta.
E se al lavoro erano sempre gli stessi, bastava guardarli in faccia per capire come le cose fossero diverse.

Sono consapevole del fatto che non provi amore.
Non prova amore per te, è diverso.
Lo aveva pensato, Jean. Ma si era ben visto dal dare voce a quelle parole.
Si chiese come fosse possibile che una donna intelligente come quella seduta accanto a lui non si fosse resa conto della verità dei fatti. Perfino Breda e Fury, ci erano arrivati.
L'uomo lasciò cadere l'argomento, sorridendo nell'indicarle il ventre gonfio: perché bisognava pensare solo a quello, adesso.

Devo essere sincero, con te.
Confusione e consapevolezza.
Roy guardava la loro bambina teneramente, con amore.
Ma aveva appena detto di non poter amare
lei, la sua compagna.
Sapeva già di non essere amata. Le voleva bene, molto ma
non di più.
Ed ora quel soprannome che le vorticava nella testa: Acciaio.
Era davvero bastato quel nome, per farle capire tutto: il non volersi sposare, non poterla amare. Forse aveva sempre saputo che dietro l'infelicità che provavano – subdola, che non si mostrava mai interamente – c'era
lui. Roy era tornato per vedere lui, si era risvegliato dal suo torpore solo per quel ragazzo, era andato da lei solo perché non poteva avere lui.

Non è necessario che te ne preoccupi.
Non se ne preoccupava, perché lui le aveva detto che non era necessario.
Le cose non erano mutate, perché Edward non era lì e non rappresentava un pericolo; aveva trovato egoistico e sciocco, da parte di Roy, pensare di potersi sfogare e poi rassicurarla. Ma nella sua totale abnegazione per quell'uomo aveva scacciato quel pensiero tanto pertinente.
Perché faceva ancora più male della verità stessa.

Edward non è chiunque. Non è la stessa cosa.
Si era fatto quasi ammazzare per salvare Edward.
Non sapevano assolutamente come, ma si erano ritrovati oltre il portale, lì dove i fratelli Elric vivevano da tempo.
Se Acciaio non fosse stato più quello che conosceva...
Se fosse cambiato, caratterialmente, abbastanza da non essere altro che una versione adulta del fagiolino che aveva conosciuto.
Scontroso, arrogante, irrispettoso, sarcastico, sagace. Non era cambiato di una virgola.
Era accorso a salvarlo perché era un ragazzo e lui non poteva abbandonarlo; non importava se Acciaio fosse
Acciaio e non avesse bisogno di certe premure.
Non voleva perderlo di nuovo.

Prima e ultima volta, vero?
Odiava Mustang.
Lo odiava nel profondo perché era arrivato lì con il chiaro intento di godere della sua sofferenza.

Non era vero.
Non lo odiava e quel bastardo non era lì per ridere di lui. Stavano soffrendo allo stesso modo ma, Edward non poteva fare a meno di pensarlo, le cose sarebbero andate diversamente se lui non fosse stato così stupido da aspettare o se l'altro avesse avuto un briciolo di pazienza in più.
Ma il più giovane sapeva che a piangere sul latte versato non avrebbero ricavato nulla, perciò si era fatto bastare quel bacio paterno e si era allontanato.
Ferito, ma consapevole che non erano loro tre gli unici coinvolti: c'era una bambina di mezzo
.
Doveva solo alzarsi, recuperare se stesso ridotto a brandelli e fare come nulla fosse.

Ora devo andare.
Probabilmente un modo per dirsi nuovamente addio.


Note: avevo questa cosa in testa, semplicemente.
Tempi e luoghi sono stati espressi di proposito in maniera vaga; è un esperimentino, perché non ho mai scritto in questo modo. Nemmeno mi sono mai cimentata in qualcosa di così
triste
.
Ho sempre smorzato l'atmosfera, alleggerendola in qualche modo.
Il risultato mi soddisfa.
Non nel senso che la reputi bella, ma nel senso che la sento mia.
Mi è piaciuto giocare sui vari punti di vista riprendendo solo i pensieri più forti o dolorosi.
Cioè, ho scritto 'sta cosa, mi sono sfogata e sono felice. XD *fugge*.
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, ovviamente, così da capire se questo esperimento è completamente da buttare o come migliorare. Commenti, critiche, consigli costruttivi. ^^
Grazie per essere arrivati fin qui! <3

Ps.: Il titolo fa più schifo della storia XD.
  
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