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Autore: JessL_    19/01/2011    14 recensioni
Spin off di "Travolgimi", i personaggi sono Alessia e Gigi.
Gigi non si fa sentire da qualche giorno, tra la giovane coppia è ancora tutto incerto, non ci sono sicurezze e soprattutto tanta paura di lasciarsi andare e vivere appieno quello che potrebbe accadere. Gigi deve farsi perdonare, Alessia lo perdonerà?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Travolgimi'
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Spendo poche parole perché voglio lasciarvi al capitolo.
Avete apprezzato la prima OS su questi due pazzi, Alessia&Gigi... The hope, e spero vivamente vi piaccia anche questa.
Se parliamo di tempo, questa One Shot viene prima dell’altra, perché questa riprende semplicemente un momento che Elise e Alex non vivono, cioè quando Alessia e Gigi fanno pace dopo che lui sparisce per giorni... grazie in anticipo di tutto.





Elise e Alex da “Travolgimi” capitolo 39...
<< D0v’è? >> Chiede lui per me. Annuisco e sorride.
<< Da Alessia. Penso stia cercando un modo per farsi perdonare. Inutile dirti per cosa. >>
Cerco di reprimere un sorriso ma non ci riesco. È domenica sera e Alessia l’ho vista venerdì pomeriggio. Gigi si è fatto vivo sabato, lei lo ha evitato facendo la preziosa, non ha nemmeno letto i mille messaggi che le ha mandato. Non penso che però vedendoselo davanti alla porta di casa riuscirà a non cedere.



La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare.
vale la stessa cosa quando si parla dell'amore, o di quello che potrebbe diventare tale.
Due ragazzi, la stessa voglia di buttarsi e una paura folle di stare male...
Come andrà a finire?


Alessia pov.
Sbuffo e scaravento senza tanti complimenti il mio telefono sul letto.

Odio sentirmi così, odio avere la sensazione che il mio stomaco sia chiuso, quasi stretto come se lo stessero soffocando.
Odio semplicemente sentirmi male, in ansia.

Io non sono paranoica, io non mi metto mai a pensare che cosa stia facendo o che cosa stia pensando il ragazzo che mi piace. Perché cotte ne ho avute, c’è stato un periodo in cui non potevo vedere un ragazzo che avesse un bel sedere che mi “innamoravo” ma ora... ora è diverso. Qui non si parla di fare la cretina, né tantomeno del primo ragazzo che passa per strada. Non voglio stare nuovamente male, Samuel anni fa mi ha distrutta, ricordo alla perfezione l’inferno che mi ha fatto passare. Ricordo le lacrime, i chili di gelato che io ed Elise ci siamo divorate e gli insulti che volavano dietro a quel cretino per il male che mi aveva fatto.
Elise mi è sempre stata accanto, mi ha supportato quando avevo deciso di non andare a letto con Samuel, mi ha supportato quando dopo una settimana che non stavo più con quel coglione ho saputo proprio da lui che era andato a letto con un’altra e che si era fidanzato. E sono sicura che se la chiamassi mi starebbe accanto anche ora che mi sto logorando per un ragazzo conosciuto qualche settimana fa, che non mi ha promesso nulla perché di norma è uno che lo sventola al vento e accetta la prima che passa per proteggerlo dalle correnti.
Alzo gli occhi al cielo per i miei pietosi pensieri e mi butto letteralmente sul letto con l’i-pode nelle orecchie. Il mio telefono, dopo non so nemmeno quanto tempo, vibra, lo afferro senza pensarci e quando leggo il nome della persona che mi ha mandato il messaggio, non posso che rimproverarmi per il battito imbizzarrito del mio cuore. È Gigi. Dopo tre giorni si è ricordato che esisto. Combattendo contro me stessa, infine decido di leggere cosa mi ha scritto:
Se m’insulto da solo dici che riesco a farmi perdonare da te? Dovevo farmi sentire, vedere... scusami.
Scusami. Come se chiedendo, semplicemente, scusa risolvesse tutto. Io sono stata anche fin troppo male per un altro ragazzo. Perché dovrei perdonarlo? Perché dovrei non chiedermi che cos’ha fatto in questi giorni e con chi? Perché dovrei perdonarlo? Perché dovrei accettarlo a far parte della mia vita?
Io sto bene così, senza di lui. Stavo bene prima di conoscerlo. Stavo bene prima che mi dicesse che in me vede qualcosa di diverso, di altamente attraente e pericoloso come due poli di una calamita.
Poi mi ha baciata... e io mi sono maledetta in tutte le lingue che conosco per essermi lasciata andare. Io non riesco a fidarmi, né tantomeno accettare che lui si faccia vivo solo quando vuole. Lui non è abituato ad avere a che fare con ragazze serie – non che io lo sia, sono fuori come un balcone ma per quanto riguarda le relazioni, non mi reputo una facile. Non da una scopata e via. Anche se per un momento ho sperato di esserlo, o di poterlo diventare.
<< Ale, tesoro, è pronta la cena. >> Sobbalzo quando sento la voce di mia madre e cerco di deglutire quando la vedo appoggiata allo stipite della porta.
Nascondere a lei tutta questa storia è ancora più doloroso.
<< Arrivo, mi lavo le mani e arrivo. >> Annuisce e sorride uscendo poi dalla mia stanza. Sospiro e sbuffo quando il mio telefono vibra nuovamente.
Sei arrabbiata? Non vuoi parlarmi?
Alzo gli occhi al cielo; certe volte Gigi riesce a capire qualcosa. Non gli rispondo nemmeno questa volta e vado a magiare sperando di non pensarlo.
<< Siamo sole questa sera. >> Mormora mia madre mentre mangiamo. Annuisco e non parlo.
<< Salvatore lavora fino a tardi. >> Salvatore è il suo compagno. I miei genitori si sono separati che io avevo a malapena un anno, per fortuna sono rimasti in buoni rapporti... anche se Salvatore era il migliore amico di mio padre. Nessuno l’ha presa male, oramai ognuno si era fatto la propria vita e Salvatore ama mia madre, e ama me come un padre.
<< Mamma, vai dritta al punto. >> Le dico cercando di sorridere; la conosco troppo bene per non sapere che c'è qualcosa sotto.
<< Voglio sapere che costa sta succedendo. Sei più mogia del solito e oggi non hai nemmeno battibeccato con Davide. >> Ah già, Davide, il figlio di Salvatore. Ha la mia stessa età, ed è un deficiente.
<< Niente mamma, davvero. >> Non ci crede, ma sorvola. E io mi sento ancora più in colpa.

Primo messaggio: Ale ti prego, fatti sentire. Io dovrei farmi sentire? Questo è completamente fuori di testa!
Secondo messaggio: Non puoi non rispondermi! Voglio chiarire faccia a faccia... voglio vederti, mi manchi. Dovevi pensarci prima troglodita. Certo... anche lui mi è mancato, mi manca, e purtroppo leggendo il suo messaggio, il mio cuore ha iniziato a battere sempre più velocemente ma... no!
Terzo messaggio: Alessia... rispondimi. Ti prego. Anche se non lo fai, sono in grado di esasperarti! Alzo gli occhi al cielo, e purtroppo mi strappa pure un sorriso. Come se le sue “minacce” possano spaventarmi.
Quarto messaggio: Dai, ti prego... mi stai facendo male comportandoti così. Aggrotto la fronte; lui sta male? Puà! Che continui a bollire nel suo brodo. Se l’è andata a cercare.
Quinto messaggio: Ok, hai ragione ad avercela con me, hai anche tremendamente ragione a ignorarmi ma pensa a quello che abbiamo passato e provato insieme... ti prego perdonami. E se non rispondi nemmeno questa volta, beh... non smetterò, ho intenzione di farmi perdonare... in un modo o nell’altro. Non lo nego, è astuto... cerca di portarmi alla mente i brevi attimi passati insieme, cerca di far salire a galla le risate e la sensazione di tranquillità che ho provato avendolo attorno ma... perché diamine dovrei essere io ad abbassarmi? Per quanto essere inculate possa essere piacevole, non si tratterebbe di certo di questo caso! Ok, mi ha anche incuriosita, ha detto che vuole farsi comunque perdonare... bene, voglio solo vedere come.

<< Dopo quel messaggio niente? >>
<< No, niente. E il bello sai cos’è? Che me li ha scritti di notte... e pretendeva pure che io fossi sveglia in attesa di un suo segnale! >> Almeno con Elise posso sfogarmi, “fingermi” indignata. Elise non mi risponde subito, e io capisco che sta cercando di trattenersi nel non dirmi quello che pensa. Ma io voglio saperlo.
<< Parla. >> La esorto mostrandomi disinteressata, ma anche lei mi conosce bene, quindi sa che sono tutto il contrario.

<< Mi stai dicendo che tu non fossi sveglia? Che ogni qualvolta che lo schermo del display s’illuminava tu non scattavi come una molla e che il cuore non sembrava volerti uscire dal petto? >>
<< Leggi troppi libri e guardi troppi film. I telefilm sono deleteri, qualcuno te lo ho mai detto? >> La sto sviando, o almeno ci provo. Perché, come sempre, ha colpito dritta al punto e odio ammetterlo. Mi sento fin troppo scoperta e inetta in questo campo.
<< Tu me lo ripeti da anni ma a quanto pare ho visto giusto. Ho fatto strike, vero? >> Alzo gli occhi al cielo. Lei adora avere ragione e soprattutto ama gongolare.
<< Sì, hai stramaledettamente visto giusto. >> Aspetto un suo urlo di vittoria ma questo non arriva e io sospiro. A volte mi dimentico di come Elise riesca a capirmi anche tramite un semplice telefono. << Non è questione di abbassarmi a dargli ragione o di orgoglio... davvero. >> La sento sorridere e io mi sento una completa deficiente. << È che se io gli parlassi... mi mostrerei troppo. Dovrei spiegargli il perché non ho reagito ai suoi messaggi e dovrei dirgli come mi sono sentita quando ho capito che non si sarebbe fatto sentire. Metterei troppa carne al fuoco. >>
<< E hai paura che a gongolare sia solo il suo ego. >>
<< Sì. Sì è così. Alla fine io so ben poco di lui. Magari sto facendo un putiferio per niente no? >>
<< Beh sì... magari non avendo mai avuto una relazione, seria o non che fosse, non sa che sarebbe carino almeno mandare un messaggio durante l’arco della giornata se non ci si vede. >> Non le rispondo immediatamente... il fatto è che a volte mi perdo nel capire se dica sul serio o faccia del sarcasmo.
<< Dici sul serio? >> Chiedo confusa ma cercando di credere o meglio sperare che non stesse scherzando.
<< Sì e no. Cioè... non so che cosa passa per la testa del mio ragazzo, figurati se so quello che passa per la testa del tuo! >> Percepisco le mie guance arrossarsi e sento lo stomaco... pieno.
<< Elise... non dirlo mai più. >> Sbotto infine facendola ridere.
<< Suona bene però, vero? >> Sospiro non riuscendo a trattenere un sorriso.
<< Ti hanno mai detto che sei stronza? >>
<< Sì. >> Il bello? È la calma di quanto tutto ciò non la turbi.
<< E non ti sei fatta qualche domanda? >>
<< No. >>
<< Che bello... una conversazione a monosillabi... è il tuo amante? >> Ed ecco Alex. Quei due sono fatti per stare insieme, lei insicura, paranoica e bisognosa d’affetto... lui insicuro, paranoico e a quanto pare incarna la perfezione per la mia amica. E anche per molte ragazze.
<< Oh sì, ho un amante biondo, riccioluto e assolutamente con niente in mezzo alle gambe. >> Io rido.
<< Oh. Beh non penso che ti diverti chissà quanto con questo amante... ciao Ale! >>
<< Ciao Alex. Dai, divertitevi... io passero questo sabato sera qui, a casa, al calduccio... a maledire Gigi e il cellulare che non s’illumina più da stamattina alle sei. >> Sì, so benissimo che dicendo così le ho dato la conferma di essere rimasta sveglia in attesa di un altro messaggio di Gigi.
<< Sei sicura di non voler venire con noi? >> Sto per risponderle ma mormora un “Ahi! Ma sei scemo?” che mi fa aggrottare la fronte. Quei due non sono normali.
<< Dovresti saperlo che sì, è scemo... comunque me lo hai chiesto già tre volte: no, non vengo. Voi divertitevi. >> Attacco la conversazione con un sorriso, perche dopotutto vedere e sapere la mia migliore amica felice, anche se con un ragazzo che fa proposte assurde, come chiederle una dimostrazione – secondo me deve cambiare spacciatore – fa felice anche me. Lei è innamorata, sta vivendo a trecentosessanta gradi la sua relazione e io non posso che appoggiarla in tutto o comunque dirle quando è meglio cambiare rotta, solo a lei può passare per la testa di far conoscere le famiglie così presto!
Accendendo la radio, mi avvicino alla finestra, osservo il paesaggio mentre ancheggio a ritmo di musica e non posso non smettere di respirare quando una macchina anche fin troppo conosciuta, posteggia di fronte casa mia. Mi spiaccico al vetro, per vedere se quella macchina appartiene veramente a chi penso io e quando capisco che è proprio così, che è lui e non un’allucinazione, impongo alle mie gambe di correre fino al piano inferiore e di aprire la porta prima che il campanello suoni e che mia madre vada ad aprire.
Con il respiro accelerato, il cuore che praticamente mi è in gola, le gambe che chiedono pietà nonostante io abbia fatto solo un piano e lo stomaco che sembra abbia messo in affitto il luogo per ospitare farfalle, arrivo davanti alla porta, ma non riesco ad aprire, perché il campanello suona non appena metto la mano sulla maniglia e questo mi blocca, ma quando sento i passi di mia madre che si avvicina, apro velocemente e quando lo vedo, bello e dannato, di fronte a me, non riesco nemmeno a maledirmi per averlo definito bello. Perché è la verità. E perché sembra che il mio cervello abbia deciso di non darmi più retta.
Ho sempre definito Elise esagerata, che leggeva troppo, che il tempo non si ferma veramente quando la protagonista incontra lo sguardo di quello che le piace. Ho sempre ribadito che fossero cazzate, che il tempo non si ferma, che le mani non possono iniziare a sudare solo perché ci s’impone di non saltare addosso a quel ragazzo – poco importasse se fosse per strozzarlo o semplicemente per toccarlo, baciarlo – ma ora, che mi sembra quasi di non vedere una fine in quegli occhi marroni, con delle maledette sfumature verdi, mi tocca ricredermi su tutto ciò. Perché in quegli occhi vedo sorpresa – forse nell’avermi vista nemmeno un secondo dopo aver suonato – dispiacere – probabilmente per via del suo comportamento – e soprattutto... felicità? No, questa sicuramente non c’è.
<< Tesoro, conosci questo ragazzo? >> È solo la voce di mia madre che riesce a farmi ridestare e capire che se continuo a stritolare la maniglia, questa potrebbe rimanermi in mano. È sempre e solo grazie a lei che capisco di non aver aperto la porta per far entrare un’illusione. Lui è qui. Davanti a me. Che continua a guardarmi... e il mio cuore ne risente.
<< Sì mamma, vai pure me ne occupo io. >>
<< Non vuoi farlo entrare? >> Non ho il coraggio di voltarmi verso di lei, di specchiarmi nei suoi occhi così identici ai miei ma pieni di domande. Forse non si tratta di coraggio, forse semplicemente non voglio. Forse è perché in questo momento mi sto ancora accertando di averlo di fronte a me, bello e dannato come sempre.
<< No. Non ce n’è bisogno, vero? >> Ed è guardandolo, fisso in quegli occhi che sembrano volermi dire tante cose ma che alla fine non dicono niente perché sono semplicemente degli occhi, che gli rivolgo direttamente la parola.
<< No... non c’è bisogno che io entri, ehm... volevo solo... chiederti se potevamo parlare. >> Non ha allontanato il suo sguardo dal mio nemmeno per un attimo ma si sente che è teso, probabilmente si sta anche dando del coglione per essersi presentato a casa mia, senza pensare a mia madre. Perché io e lui non stiamo insieme, lui sembra quasi odiare le relazioni serie e automaticamente anche i passi che portano a una relazione – cavolo, parlo come Elise! Lei e i suoi piccoli passi!
<< Sì, sì che potete parlare. >> Mi volto verso mia madre, per la prima volta da quando lui è arrivato, e le chiedo con lo sguardo che diavolo vuole fare.
<< Evidentemente avete delle cose da dirvi... fatelo. È stato un piacere conoscerti... >> Aspetta che lui dica il nome ma io mi metto di mezzo. Non voglio che lo conosca, dovrò già trovare un modo di farle capire perché non mi sia mai messa lì a parlargli di lui, e se sapesse anche il suo nome... per mia madre sarebbe un invito a nozze. È strano che sia io a dirlo, adoro mia madre, sono cresciuta solo con lei avendo da sempre avuto genitori separati, ma ora voglia cavarmela da sola. Le domande e gli sguardi pieni di delusione per non essermi aperta, sono pronta a “sopportarli” dopo. Una cosa per volta.

<< Sì, sì è stato un vero piacere. A dopo mamma. >> Esco da casa afferrando il giubbotto; sento a malapena Gigi che saluta mia madre con la sua voce, però sento nitidamente la porta chiudersi e Gigi venirmi incontro.
Ecco il mio cuore, non è più in gola, è direttamente nelle mie orecchie.
<< La macchina è aperta. >> Mormora raschiandosi la gola. Forse ha capito di essersi salvato per un pelo, prima che mia madre lo inondasse di domande.
Mi siedo velocemente sul sedile del passeggero e non parlo, non mi muovo... praticamente aspetto lui, che una volta sedutasi, avvia l’auto ma non parte, accende l’aria condizionata. E solo ora mi rendo conto di quanto faccia caldo e che quindi le mie mani sudate potrebbero non essere causate dall’agitazione bensì dal caldo. Baggianate, non ho mai le mani sudate... soprattutto per il caldo!
<< Ti ho mandato dei messaggi. >> È così che vuole iniziare il discorso? Mi muovo leggermente agitata, ma infine decido di non adoperare nessuna tattica, voglio essere me stessa: quindi devo essere schietta, e molto chiara.
<< Sì, li ho letti. Complimenti per l’ora. >> Porto lo sguardo su di lui solo una volta finito di parlare. Si passa una mano tra i capelli corti e cerca di sorridere.
<< Sì beh... avevo leggermente bevuto... >> Lo interrompo subito, perché quello che ha detto mi ha fatto stringere lo stomaco, e non di certo per l’emozione.
<< Per quello ti sei deciso a farti sentire? >> È grazie all’alcool se ha trovato il coraggio di farsi vivo?
<< No! No, maledizione stai zitta per qualche minuto e soprattutto fammi spiegare e non ribattere usando un tono acido... per favore. >> Si è alterato ma alla fine mormora solamente.
È come se lo avessi schiaffeggiato. Ed è come se ora lui avesse schiaffeggiato me.
Incrocio le braccia al petto e attendo, perché ha detto che vuole parlare... e io posso provare ad ascoltarlo. Oh a chi voglio prendere in giro? Io voglio ascoltare, voglio sapere e poi ammazzarlo di botte. Sì, desidero menarlo, perché mi ha fatto stare male, anche se tecnicamente non ha fatto niente. Io mi sono semplicemente basata sui miei pensieri da folle... non so come siano realmente andate le cose. Ma questo è solo un dettaglio al momento.
Gigi respira profondamente e infine si volta meglio verso di me e inizia a parlare. Faccio fatica a sostenere il suo sguardo ma io non sono colpevole di nulla, non devo farmi problemi a mantenere il contatto visivo.
È un’arma a doppio taglio, so benissimo che non distogliendo lo sguardo, lui, potrebbe benissimo capire quanto le sue parole potrebbero farmi male... ma forse è meglio così, no? Non è stupido, e ha già dimostrato che quando vuole riesce a capirmi.
<< È vero, ero brillo quando ti ho mandato quei messaggi; è vero, era notte e quindi tu potevi dormire; è vero, ho sbagliato a sparire così dal nulla e ho anche sbagliato a tornare come se niente fosse e magari aspettarmi di trovarti saltellante con gli striscioni di benvenuto. >> S’interrompe e deglutisce, ha parlato velocemente . << Però mi dispiace. >> Ora il suo tono è lento, sembra quasi che per uscirgli, quelle tre semplici parole, siano state pregate.
Come mi sento? È una domanda stupida porgermela così dal nulla... è che non riesco nemmeno a ricordarmi come mi chiamo, e trovo la cosa ancora più assurda. Perché non sono in un romanzetto rosa e lui non mi ha fatto di certo una dichiarazione in piena regola. Sta cercando di scusarsi. E io non riesco a spicciare parola, ma devo farlo se voglio capirci qualcosa.
<< Che fine avevi fatto? Perché sei qui, ora? >> Non riesco a decifrare il mio tono, forse si è percepita la mia disperazione e il mio isterismo... o magari la mia confusione; d’altronde le mie sono domande lecite.
Per la prima volta allontana il suo sguardo dal mio e io fremo. Non per il freddo, non perché sento freddo a non percepire e vedere il suo sguardo su di me... ma semplicemente perché temo le sue risposte.
<< Per me anche essere semplicemente qui a chiederti scusa è strano. Per me è tutto strano. Io vedo i miei amici, sembra che a loro sia tutto facile, ora persino a Fabio... e mi sono posto delle domande. Del tipo se io volevo veramente complicarmi o... rendermi la vita semplice. >> lo dice abbassando lo sguardo e capisco, fin da subito, che ha avuto dei ripensamenti. Ma perché?
<< Sai... non guardarmi così, so che non dovrei parlare ma... se si vive guardando quello che fanno gli altri, non si vivrà mai. Tu non puoi paragonare quello che c’è tra me e te, a quello che stanno vivendo i tuoi amici con le loro ragazze. Ti fai troppi problemi, e lo sai... almeno, penso che tu lo sappia. >>
<< Hai ragione, hai pienamente ragione. Il punto è che ho questa terribile sensazione che ti farò del male, come se avessi sopra la testa la spada di Damocle... non lo so, mi sono spaventato perché... perché può sembrare stupido ma sono abituato a pensare solo a me stesso. Sembra non essere in me il gene del romanticismo né tantomeno la qualifica dei messaggi sdolcinati. >>
<< Non sapevo ci fosse una qualifica simile. >> Mormoro divertita. Lui alza lo sguardo aprendo la bocca ma quando mi vede sorridere, si rilassa, vedo le sue spalle rilassarsi e la sua bocca aprirsi nel sorriso che tanto mi piace e che fin da subito mi ha colpito.
<< So che non sei una ragazza che ama il romanticismo, che non stravede per i messaggi dolci ma che preferisce i fatti... e guardando proprio gli ultimi sviluppi, io ti ho deluso, forse ferita e tu hai tutto il diritto di avercela con me nonostante io non ti abbia fatto promesse... perché comunque ti avevo detto che ci avrei provato. >> L’abitacolo torna a essere silenzioso. Perché ora so che arriva la batosta. Me lo sento. << Ho tentato di... farmi un’altra ragazza. >>
Il tatto non è di casa, evidentemente. La spada di Damocle, molto probabilmente, si è infilzata nel mio petto, perché sento male e non riesco a respirare come si deve. E questo porta i miei occhi a inumidirsi. Ma non ho nessunissima intenzione di farmi vedere debole, nuda, di fronte a lui
.
<< Ma non ce l’ho fatta perché... nessuna ragazza aveva il tuo stesso profumo. Nessuno sguardo era il tuo... e detto sinceramente nessuna ragazza era bassa quanto te. >> Sdrammatizza e io svio lo sguardo tirando su il naso e facendo di tutto per non far scappare nemmeno una lacrime. Perché se ne scappasse una, si romperebbe il mio muro che ho costruito, tirato su tanto faticosamente.

<< Che bravo, la tua coscienza ti ha impedito di divertirti. >> Acida, o come direbbe Elise, ecco la mia stronzaggine acuta.
<< No, non la coscienza. >> Dice avvicinando due dita al mio mento per farmi girare e incontrare i suoi occhi. E quando mi volto, vedo nitidamente quanto per lui sia difficile e quanto gli dispiaccia tutto questo. << La testa, mi ha detto di non fare nessun genere di cazzata. Perché per paura non potevo in nessun modo precludermi di vivere quello che potrebbe nascere con te. Perché è con te che voglio far vedere che sono pronto a buttarmi. Magari è con te che devo capire che non posso sempre mettere me stesso prima degli altri. >> Vedo la sua sincerità, sento il suo tocco caldo ancora sul mio mento e percepisco nitidamente la pelle d’oca che mi percuote, non appena la sua mano sale sulla mia guancia per lasciarmi una carezza.
<< Non mi piace fare bungee jumping. >> Aggrotta la fronte e io deglutisco abbassando per un attimo lo sguardo. << Non voglio farti buttare, né tantomeno buttarmi con te. Non... non voglio essere un test. >>
<< E non lo sei. Non lo sei stata nemmeno per un attimo. >> Dice concitato afferrandomi il viso con entrambe le mani. I miei occhi sono nuovamente lucidi.
<< Ho paura di lasciarmi andare perché... perché se io ti perdonassi, nonostante tu non abbia fatto nulla nei giorni che non ci siamo né visti né sentiti, sarebbe... deleterio per me che non voglio soffrire. Perché quando si inizia una relazione – e bada bene, non ho detto fidanzamento – bisogna essere... coscienti del fatto di doversi mettere in gioco, bisogna accantonare un po’ il proprio orgoglio, scendere a compromessi e soprattutto far venire a galla sensazioni e sentimenti. >>
<< Hai paura di soffrire. >> Dice annuendo e accarezzandomi le guance. Io cerco di sorridere, perché annuire o parlare è diventato difficile. << Non voglio farti promesse... sarebbe... esagerato, ci conosciamo da poco e io non sono di certo il ragazzo con il curriculum migliore per poter stare con te ma... io sono qui. Non ho intenzione di scappare nuovamente e voglio conoscerti. Un uccellino mi ha detto che quando si affrontano le proprie paure – almeno di questo genere – con la persona che le ha scaturite – anche se inconsapevolmente – tutto è più facile. E voglio credere a questo uccellino, perché non ho intenzione di lasciarti andare. Non avrebbe senso continuare a pensarti e non averti per paura, no? >> Ed è mentre parla che il mio muro si sgretola, mattone dopo mattone si rompe e di conseguenza le lacrime solcane le mie guance. E Gigi sorride dolcemente. Per poi abbassarsi su di me e baciarmi ogni lacrima e scia che formano. Ed è in quel momento che capisco che quell’uccellino ha ragione...
<< Ringrazia Alex, ok? >> Mi guarda sorpreso e infine ridacchia.
<< Sì, sì lo farò. >> Ridacchio con lui e non blocco le mie lacrime, anzi, le faccio scendere e man mano mi avvicino a lui, voglio farmi abbracciare e lui lo capisce, lo fa, mi abbraccia.
<< Mi mancava il tuo profumo. >> Mi stringo di più a lui e chiudo gli occhi. Perché ora la spada non ha lasciato tracce, né nel petto, né sulla sua testa. È scomparsa.
<< Dici che se tua madre vede che ti bacio... mi ammazza? >> Rido e mi allontano da lui. Non solo per poter guardare i suoi occhi ma soprattutto perché voglio che capisca che deve baciarmi.
<< Scemo. >> Mormoro scuotendo il capo con un sorriso sulle labbra. Lui sorride nel modo in cui piace a me e mi asciuga le guance.
<< Era un modo carino per dirmi “ti voglio bene”? >> Addolcisce lo sguardo ma il tono di voce è provocatorio.
<< Che cosa ti fa pensare che io ti voglia bene? >> Chiedo accettando di giocare. Ma lui non provoca più ora, lascia spazio solo ai suoi occhi che sembrano quasi illuminarsi e al suo sorriso più dolce.
<< Me lo dicono i tuoi occhi, le lacrime che hai versato e il modo in cui ti sei stretta a me. E ha influito a farmelo capire anche il fatto che tu mi abbia perdonato. E ne sono contento. Enormemente contento. >> Le farfalle hanno decido di dare un festino a quanto pare, sempre nel mio stomaco ovviamente. Non so se sono arrossita, non so nemmeno che diamine pensare perché... se sono stata male per lui, è perché comunque ci tengo, quindi sì, automaticamente gli voglio bene e forse... un po’ mi fido, o comunque imparerò a farlo, perché voglio poter stare bene con lui e la fiducia è la base di tutto.
<< Quindi anche tu mi vuoi bene? >> Basta giochi, basta domande indirette.
Mi sorride divertito ma c’è dolcezza nei suoi occhi e questo mi fa perdere un battito, o forse lo fa rallentare un attimo per poi battere ancora più imbizzarrito, oramai non cerco nemmeno di capirlo più, il mio cuore.
<< Oh sì... a quanto pare ti voglio bene. E non riesco affatto a pentirmi di avertelo appena detto. >>
<< Sarà meglio per te. >> Ed è ridacchiando che porta una sua mano tra i miei capelli e avvicina il mio viso al suo, per baciarmi e farmi perdere anche l’ultimo scorcio di razionalità che era in me.
   
 
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