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Autore: sarettablack    20/01/2011    4 recensioni
Il respiro diventa impercettibile.
Le forze mi abbandonano, sto cadendo, in un buio così profondo, così opprimente.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corro.
Ansimo.
Il respiro diventa impercettibile.
Le forze mi abbandonano, sto cadendo, in un buio così profondo, così opprimente.
È notte, piove.
Fa freddo, uno di quelli che ti penetra dentro, nelle ossa, e anche nel cuore.
Tutto questo vuoto ha ricoperto ogni cosa, facendola diventare nera, sporca.
Vorrei tanto starti accanto in questo momento ma, non ci sei e non ci sarai mai più.
Non sei più qui con me, a farmi star bene, a dirmi che mi ami… Allora perché tutto questo?
Sono settimane che ho soltanto un vuoto vicino a me, e anche dentro di me.
Mi hai abbandonato, ma solo ora me ne rendo conto, è stata tutta colpa mia.
E ancora adesso corro, in questo posto, sperando di trovarti, ma non è cosi.
Ognuno vede ciò che vuole vedere e crede a ciò che vuole credere, perché nessuno è pienamente oggettivo, le speranze s’insinuano nella mente e nel cuore, facendoli sanguinare.
Ritrovarti o non ritrovarti? Che cosa vuole il mio cuore? I sentimenti si affollano, non riesco a respirare.
Che cosa devo fare?
Decido di tornare a casa.
“Tanto non ho più niente da vivere qui” Dico con voce rotta.
Girandomi, ho ancora una piccola speranza di vederti ma, è di nuovo una delusione, l’unica cosa che vedo è il buio.
Tornando in quelle vie, così piene di ricordi, mi sento bene, perché sola, non soffro (parola troppo forte perché sia retta).
Mi sento osservata, ma cerco di non farci caso, so che è solo una mia impressione.
In ogni strada, in ogni via, in ogni angolo, i miei occhi ti vedono, in una splendida visione.
Vorrei cosi tanto fosse vera… Per un’ultima volta, per dirti addio… So che è solo una stupida pretesa, perché non riuscirei mai a dirti veramente addio, a lasciarti andare dalle mie mani…
E sono egoista, volerti possedere quando tu, non mi appartieni più. Salgo nel mio appartamento, le pareti mi schiacciano, non posso più vivere perché tu hai infettato ogni cosa, anche me stessa.
Mi sporgo fuori dalla finestra, assaporo a pieni polmoni la libertà, così palpabile e così… irraggiungibile, o si?
“Cercare di uccidermi?” Dissi, guardando la base del marciapiede che si trova a quattro piani da me.
Placare ogni dolore, ogni pensiero, che traguardo sublime.
“No, sarebbe troppo facile” Sussurrai. Troppo semplice, non sarebbe giusto, per ogni tipo di felicità, per assaporarla davvero, bisogna guadagnarla e soffrire, in qualche modo.
Chiudo la finestra e mi butto letteralmente sul letto.
Annuso le lenzuola, “Sanno ancora di te” Dico piano, la mia voce si affievolisce sempre più.
Sto scomparendo…
Guardo la tua parte del letto, sembra ancora che ci sia il peso del tuo corpo. La tua, era quella vicino alla finestra, dicevi che ti piaceva svegliarti con la luce del sole sul viso e il mio sapore sulle labbra.
Mi sento stupida.
Improvvisamente suonano alla porta. Quel suono metallico mi riporta alla realtà.
Con malavoglia mi alzo dal letto e vado ad aprire.
Mi dimenticai della solita abitudine di guardare retro allo spioncino per vedere chi possa essere.
Una fitta profonda al cuore mi colpì prima di aprire la porta.
Chi può essere? No, non è possibile che sia lui, non voglio soffrire ancora con queste speranze, vuote.
Mi ripresi da quella trance e aprii.
Non vidi nessuno e feci per chiudere quando notai che la porta non si chiudeva correttamente.
Mancava poco per dargli un calcio quando, il mio sguardò si posò in basso, e per caso vidi un piccolo pacco, sembrava così fragile nelle mie mani, come se fosse il mio cuore.
Chiusi la porta e mi sedetti sul letto.
Ci giocai per alcuni istanti, perché avevo una fottutissima paura di aprirlo.
“Potrebbe cambiarmi qualcosa?” La mia voce aveva un suono strano, come se in quel pacco, così piccolo, ci fosse conservata la mia vita persa.
Respirai a fondo e con un gesto secco strappai la carta, come se fosse stato un cerotto e aprii il pacco.
Dentro, c’era un semplice bigliettino, sembrava bagnato, ma non di pioggia, bensì di lacrime.
Lo lessi a voce bassa, come se ogni mio gesto possa essere di troppo. “Amore… sì, ti chiamo ancora così perché ti voglio ancora, ti prego, non posso lasciarti così, in questo modo.
Ti ho vista prima al nostro parco, mi hai fatto paura, perché mi sembravi un corpo vuoto, senz’anima, sai che odio vederti star male. Quando me ne sono andato, ti ho detto che dovevi prenderti cura di te stessa ma, a quanto vedo non è cosi, non pensavo che ti fossi spinta fino a questo punto.
Non voglio vederti ridotta cosi, per colpa mia.
Io tornerò, ti ricordi la mia promessa? Se tu non mi vorrai io, me ne andrò, ma l’unica cosa che ti chiedevo era quella di star bene.
Tu l’hai voluto, mi hai detto che non mi volevi più, ho rispettato la tua decisione ma così non posso andare avanti, vederti così, mi lacera il cuore, non riesco a vivere, non posso abbandonarti così!
Io voglio il tuo bene, prima di ogni altra cosa.”.
Quelle parole mi colpirono come lame affilate, dritte al cuore.
Vorrei tanto amarti ancora, ma con te o senza di te, soffro lo stesso, però qual è la soluzione migliore?
Soffrire da sola, o cercare di esser felice, avendo una persona accanto?
La tua promessa, me l’ero dimenticata, mi accorgo che, pian piano, ti stavo dimenticando, ma come posso prendermi cura se tu non ci sei a farlo per me?
Non so cosa fare, non so come comportarmi, in quel pacco c’è davvero la mia vita.
Le mani tremano a tal punto da far scivolare il pacco a terra. Cadendo a terra, sento un suono ferroso e noto che oltre al biglietto, vi è anche una chiave.
La prendo in mano, e vedo che attaccato c’è una targhetta.
La lessi piano, vi erano scritto un indirizzo e altre indicazioni, molto probabilmente era di un hotel.
E cosi, entrarono di nuovo in campo quelle maledette decisioni. Perché?
Presi di getto le chiavi di casa e quella e uscii.
Non pensavo a nulla, la mia mente era vuota, ma il mio cuore batteva forte, era una sensazione strana, perché mi succedeva?
Non sapevo cosa stessi facendo, il cuore lottava con la mente.
Presi un taxi e dopo dieci minuti mi ritrovai davanti all’albergo.
Pagai e uscii dall’auto. Di nuovo quella sensazione, il mio cuore batteva ancora più di prima.
Che stessi facendo davvero la cosa giusta?
Presi un respiro profondo ed entrai. Era notte fonda e il portiere stava mezzo addormentato appoggiato al muro della hall.
Mi affrettai ed entrai nell’ascensore. Schiacciai il bottone del piano e pian piano salii.
Cosa ci faccio qui? Perché sono venuta? Vorrei solo stare bene, per una volta.
Il suono del campanello che indicava l’arrivo al piano mi svegliò dai miei pensieri.
Arrivai davanti a quella porta, sembrava quasi ci fosse scritto “Lasciate ogni speranza voi che entrate”.
Quella era la porta del paradiso o dell’inferno?
Implicai nell’entrare, pensavo fosse chiusa, ma, in realtà non era così.
Rimasi per un momento pietrificata, non sapevo davvero cosa fare. Sulla soglia non c’era nessuno, così presi coraggio ed entrai definitivamente, tanto, non avevo niente da perdere.
Entrai.
Tutto era nel buio più totale, tranne una poltrona, inserita in un’aurea giallognola data da una vecchia lampadina a incandescenza.
Lo vidi.
Il mio cuore si fermò.
Era seduto, lì, ad aspettarmi.
Come faceva a essere così sicuro che io sia andata? Io non sono mai stata cosi prevedibile, Dio solo sa cosi mi passa per la testa a volte.
Quando riuscì a mettere a fuoco tutto ciò che era successo, le lacrime cominciarono a scendere, come tutti i sentimenti che provavo in quel momento.
Mi sfogai, assordata dal suono del mio pianto, non mi accorsi che si era alzato ed ora era vicino a me.
Alzai il viso un momento, vidi il suo sguardo, l’ho sempre adorato, così profondo, che ora era un misto fra il serio e il preoccupato, glielo potevo leggere senza esitazioni, lo conoscevo troppo bene.
In un istante mi ritrovai tra le sue braccia, cosi forti, come il suo cuore.
Il suo abbraccio, quanto mi era mancato, troppo direi. Io non posso vivere senza di lui, anche se posso sembrare forte, non lo sono, non lo sarò mai e questo lui lo sa benissimo.
Quell’abbraccio fu davvero come un nuovo respiro alla vita.
Lui era la mia vita.
Rimanemmo minuti, che sembrarono ore, stretti nel nostro amore.
Quando si allontanò da me, mi sentii morire, ma sapevo che non sarebbe stato l’ultimo abbraccio che avrei ricevuto da lui.
Lì capii che non potevo più stare lontano da lui.
“Amore” Mi sussurrò all’orecchio.
E lì scoppiai di nuovo a piangere ma lui reagì in modo diverso, mi prese il volto tra le sue mani e lo baciò.
Era un bacio dolce, pieno di amore e di speranza.
Finalmente potevo ritornare a vivere felice.
Quella notte scoprii che, quella era la porta del paradiso.

Note-
Buonsalve a tutti, per prima cosa. ^^
Questo è un lavoretto che scrissi tempo fa, ho deciso di postarlo così, per divertimento, non è niente di che, però, spero che possa piacere e non farvi correre tutti al bagno (non so se sono stata intesa).
Grazie a tutti per la lettura.
Grazie ad una ragazza, mi sono accorta che, alla fine non ho detto chi fosse il ragazzo -angolo cimitero-
È JongHyun. ^^
  
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