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Autore: trecy    20/01/2011    1 recensioni
Ellen è una ragazza di 20 anni, superba, arrogante, snob. Sembra non provare emozioni. Direttamente dal testo: "Non accettava l’amore, né credeva a quel sentimento tanto decantato che riteneva un modo sciocco di sfuggire all’essenza della vita umana: la solitudine. Ellen era certa che quel sentimento fosse solo un modo per evitare se stessi, per non dover affrontare le proprie insicurezze e paure, affidandole nelle mani di un’altra persona per il terrore di dovere fare i conti con qualcosa che forse sarebbe stato un tormento definitivo nella vita di ciascuno. " In realtà nessuno sa che custodisce un segreto, un segreto che non coinvolge solo lei
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ciao a tutti! Mi sono cimentata in questa storia perchè mi è venuta l'idea e non ho saputo resistere... Spero apprezzerete anche se ancora non si capisce molto. Comunque che dire... Leggete e fatemi sapere, chiedete qualsiasi cosa, ma soprattutto ditemi un vostro parere positivo o negativo!
Ciao ciao! Buona lettura!

Trecy



I CAPITOLO
 


Ellen. 20 anni, studentessa universitaria con una media eccellente, di una bellezza eterea che superava quell’ idea di perfezione cui ogni essere mortale di sesso maschile, avesse mai potuto aspirare in una potenziale compagna. Tale era la sua bellezza, da potere essere definita, senza alcuna forzatura, celestiale. I capelli di un nero mai visto le incorniciavano un volto angelico, che suscitava -in chiunque si soffermasse ad ammirarla- oltre che un certo stupore, un particole desiderio di protezione verso questa splendida ragazza, che sembrava non poter avere nulla a che fare con un mondo così “sporco”, lei, essere incorruttibile, discordava con tutto ciò che conveniva come parte fondante di questo pianeta. Tuttavia non vi sono dubbi su quale sia il suo tratto essenziale, che denotava l’unicità della sua bellezza, ma allo stesso tempo eliminava qualunque seccatura potesse scaturire dal possedere un livello tale di perfezione; così i suoi occhi erano una delle sue maggiori armi. Il ghiaccio funge esattamente da paragone perfetto per essi, non soltanto per il colore che è assolutamente identico, quanto per la sensazione di freddezza analoga che incutono a chiunque osi soffermare il proprio sguardo a quell’altezza e sin’ora pochi hanno ardito tanto.
In realtà, Ellen era una creatura infernale. Dietro quell’aspetto tanto meraviglioso si celava in realtà una delle più diaboliche menti esistenti. Non era una criminale, né tanto meno poteva essere considerata pericolosa per il quieto vivere, lei era piuttosto il genere di persona che godeva nelle disgrazie altrui, una persona infima che viveva per procurare guai. Viveva nell’odio, nell’arroganza e nella presunzione che avevano sempre connotato la sua vita. Non accettava l’amore, né credeva a quel sentimento tanto decantato che riteneva un modo sciocco di sfuggire all’essenza della vita umana: la solitudine. Ellen era certa che quel sentimento fosse solo un modo per evitare  se stessi, per non dover affrontare le proprie insicurezze e paure, affidandole nelle mani di un’altra persona per il terrore di dovere fare i conti con qualcosa che forse sarebbe stato un tormento definitivo nella vita di ciascuno. Perché si sa, del resto non c’è niente di peggio che fronteggiare se stessi, soprattutto se quel che troviamo è qualcosa che non vogliamo accettare, che non ci aggrada.
Tuttavia Ellen non aveva di questi problemi. Lei adorava se stessa, era felice della sua condizione, della sua vita e non ci sarebbe stato nulla che avrebbe mai desiderato rispetto a quello che possedeva già, nulla che avrebbe mai cambiato.
 
“Signorina  Ellen la macchina attende”
Come ogni mattina Fred (il suo autista) la attendeva in limousine. Tuttavia quello non era un giorno come un altro, sarebbe successo qualcosa che Ellen aspettava da tempo.
“Si, avvertilo che scendo”
“signorina non si sente emozionata”
“Io? Oddio no! Perché mai dovrei esserlo?”
“Oggi è il gran giorno! Non appendono la graduatoria?”
“Davvero credi che abbia paura che qualcosa sia andato storto? Nessuno potrebbe mai superarmi… Quel posto è già mio”
Le veniva quasi da ridere. Dubitare di lei? Come le era venuto in mente? La sua cameriera era proprio strana. Era ovvio che quell’unico posto le apparteneva, lo meritava e sarebbe stato suo. Non nutriva alcun dubbio in proposito. Finalmente sarebbe andata via dall’Italia verso un posto che maggiormente si addiceva alla sua persona. Quante volte lì, a Milano si era sentita fuori luogo… Nessuno era degno di starle accanto, nessuno era alla sua altezza. Non aveva persone con cui scambiare qualche parola, niente che potesse coinvolgerla sul serio, ma soprattutto nessuno considerato il fatto che i ragazzi erano di cattivo gusto e di un quoziente intellettivo inferiore a quello delle scimmie, senza volere esagerare, mentre le ragazze con un minimo di stile e intelligenza erano ridotte al semplice ruolo di porta borse, sacchetti o quello di cui aveva bisogno. Ellen non cercava né l’amicizia vera né tanto meno l’amore, tuttavia avrebbe voluto conoscere qualcuno di un livello pari al suo con cui potere discutere, litigare o parlare semplicemente. E l’ammissione alla Columbia le avrebbe dato questa possibilità. New York. La Grande Mela.
Erano solo due i posti disponibili e il primo sarebbe stato suo. Ne era certa. Per questo quando scese dalla limousine era tranquilla, non un briciolo d’ansia la percuoteva mentre camminava, perfetta come sempre, dirigendosi verso quel foglio affisso sulla bacheca. Due posti: 1. Brown Ellen. Lo sapeva, era sicura che ce l’avrebbe fatta. La felicità era infinita ma la sua espressione non tradì alcuna emozione, non un sorriso, non una parola, non un sospiro fuoriuscirono dalla sua bocca. Questo era il motivo per cui quella gente tanto insulsa la chiamava “Miss ghiaccio”.
“Heilà! Pronta per 8 ora insieme al sottoscritto?”
“Non mi rivolgere la parola in pubblico, cugino.”
“Forse la tua arroganza ti ha impedito di leggere chi ha avuto il secondo posto…”
“Non osare parlarmi così! E comunque io userei il termine indifferenza e menefreghismo”
“Sempre molto simpatica…”
“La mia intelligenza risente di questa conversazione con te, cugino caro, addio”
“Ci vediamo all’aeroporto allora? Bellissima!!”
Il bacio che gli diede John seppure sulla guancia, lasciò tutti i presenti allibiti, in tanti anni nessuno le era andato così vicino e non era una giustificazione quella che John ed Ellen fossero cugini. Neanche un vincolo di parentela avrebbe mai prodotto tanto calore per fare sciogliere quel ghiaccio. La risposta di Ellen fu palese, il suo sguardo avrebbe potuto congelare, non solo John ma chiunque in quel momento avesse osato fiatare. Tuttavia non fece nulla lo oltrepassò in senso metaforico e non.
“ Ciao, cugino, prenderò dei sonniferi in aereo perché mi nausea la tua presenza.”
Persino John ebbe paura. Non era mai riuscito a capire quella ragazza, aveva cercato in tutti i modi di instaurare un qualche rapporto con lei senza ottenere alcun risultato. Era un tale spreco. Quella ragazza era così bella. Però non doveva importargli era una snob, superficiale, falsa e calcolatrice che non meritava più nessuna considerazione da parte sua.
Ellen era dello stesso avviso. Non avrebbe tollerato a lungo suo cugino e 8 ore erano fin troppe. Tuttavia avrebbe fatto questo sacrificio per New York, poi una volta arrivata lo avrebbe dimenticato per sempre.
In realtà erano, tutti e due, inconsapevoli di quanto le loro supposizioni fossero errate…
 
 
  
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