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Autore: B_Roberta    21/01/2011    0 recensioni
Si incontrarono, si amarono ma furono costretti a separarsi.
Chiara amava Marco. Marco amava Chiara. O almeno, così credevano entrambi.
Un giorno, però, un semplice messaggio sconvolse la vita di Chiara. Marco sembrava non volerla più. Ma perché?
Chiara non riuscii mai ad ottenere da lui una risposta. Ogni suo tentativo di avvicinamento era totalmente inutile. Lui la evitava. Sembrava scomparso nel nulla.
Non le restava che convivere con quell'inspiegato dolore.
Genere: Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ci eravamo appena messe a letto: Aurora, totalmente avvolta dal piumone, fissava la tv mentre io mi limitavo ad ascoltarla guardando il soffitto. In realtà ero attirata e, letteralmente, infastidita dai rumori della Signora del piano di sopra
« oh cielo, mi scuote il sistema nervoso »
borbottai, lanciando una rapida occhiata al lettino a fianco al mio e quindi a Aurora. Si limitò a fare spallucce lei mentre tornavamo, entrambe questa volta, a fissare lo schermo. Il silenzio in cui eravamo piombate venne però, rapidamente, interrotto da un Vibrare alquanto inquietante: il mio telefono. Sobbalzai nel vero senso della parola afferrandolo
« Mamma, che è successo? »
La mia voce era allarmata, diedi una risposta che non mi apparteneva molto. A furia di vivere insieme io e Aurora avevamo condizionato il modo d’essere dell’altra.. non che la cosa ci dispiacesse.
« Non è successo nulla »
Il volume era forse un po’ troppo forte, fatto sta che anche Aurora ( terrorizzata quanto me da quella chiamata improvvisa ) riuscì a sentire la risposta di mia madre mentre mi fissava in modo inquietante.
« Sono venuta a lasciarti le chiavi. Ricordi ? »
« Le chiavi? »
« Si, Chiara. Le chiavi. Svegliati bambina mia e scendi che vogliamo tornare a casa. Le valigie mi aspettano » .
Mi staccò il telefono in faccia mentre io, ancora titubante, continuavo ad alternare lo sguardo tra Aurora e la porta della cameretta
« Avevo dimenticato che dovevano portarmi le chiavi. Dannazione. Fa freddo, non ho voglia di vestirmi per scendere »
La voce allarmata e rauca ( d’altronde stavo quasi per addormentarmi ) si era trasformata in un lamento stridulo
« Vestirti? Non essere scema. Dormono tutti a quest’ora. Infilati le ciabatte ed una felpa e vai di corsa, su »
« Brh, grazie. Tanto tu resti lì, al calduccio »
Ecco, cercare di impietosire Aurora non è per nulla facile e non ci riuscii. Mi toccò scendere giù dal letto, infilare le ciabatte di corsa e, mentre già mi avviavo alla porta, indossare anche la felpa che avevo posato ai piedi del letto prima di coricarmi « brrr » feci capolino, velocemente, fuori dalla porta. Effettivamente tutto il palazzo sembrava dormire. Un colpo di coraggio e scesi di corsa le scale, spalancando finalmente il portoncino. I miei erano lì, in macchina
« E no, ma non scomodatevi ad avvicinarmele. Ma tu guarda se mi tocca uscire così conciata per la strada. »
Effettivamente il pigiamino blu con gli orsetti, le ciabatte rosa e la felpa rosa non erano il massimo. Ma tanto, chi vuoi che ci sia a quest’ora per strada. Me lo ripetevo costantemente, tentando di convincermene, mentre mi apprestavo a raggiungere i miei
« Tieni Piccolè »
Mio padre e i suoi soliti appellativi. Dio, ho 24 anni. Si renderà mai conto che non sono più piccola. Feci spallucce ed afferrai le chiavi
« divertitevi e state attenti. Chiamatemi quando arrivate»
Mi sporsi dal finestrino lato guida quanto bastò per dare un bacio a mia madre ed uno anche a mio padre
« notte piccola »
« notte giovincelli »
stringevo le chiavi nella mano destra, mentre le braccia incrociai sotto al seno, rimanendo immobile. Aspettai che i miei genitori partissero prima di riprendere la strada del ritorno. Strada del ritorno.. si trattava giusto di qualche passo che mi divideva dal portoncino. Nonostante il freddo, riuscii a rimanere lì impalata qualche istante di più. Amavo casa di Aurora. Amavo il posto in cui si trovava, la pace e la tranquillità. Giusto il tempo di un sospiro a pieni polmoni prima di rendermi conto che stavo per congelarmi lì.
« Bene, Chiara. Torniamo a lett . . .  »
Non feci in tempo a finire la frase che la basculante del garage del palazzo di Aurora venne spalancata. Ebbi un attimo di paura ( più che altro ebbi giusto il tempo di lanciare una rapida occhiata ai miei vestiti )
« massì . . . »
Scappare non mi era possibile. E tanto meno mi era stato ancora concesso il dono del teletrasporto quindi, dopo l’ennesimo sospiro, rimasi ferma in attesa di riconoscere la figura. Il palazzo di Aurora è abitato solo ed esclusivamente da parenti. Tutti mi conoscono. Nella peggiore delle ipotesi mi sarebbe toccato il solito “buongiorno/buonasera” con lo Zio del piano di sotto. Eppure le mie aspettative, quella sera, vennero sconvolte. Le chiavi mi scivolarono giù dalle mani. Ero realmente impietrita, una vera lastra di ghiaccio. Eppure non era più il freddo a preoccuparmi. Sentivo il cuore che stava per esplodermi fuori dal petto. Le gambe mi tremavano. Lui era lì. Era tornato ed io non mi ero accorta di niente. Era tornato ed era lì, di fronte a me. In tutta la sua bellezza; certo, anche lui sembrava essere appena riemerso dal mondo di Morfeo. Conoscevo bene quello sguardo assonnato, l’avevo subito per un’estate intera. Se ne stava fermo a fissarmi con un braccio ancora teso a trattenere la basculante. Indossava un jeans ed un maglioncino scuro: bellissimo come sempre. I capelli corti corti, forse più del solito e nelle mani una sigaretta accesa che, ormai, si stava fumando il vento. Non so bene quanto tempo passammo in quella condizione. Una cosa era certa: neanche lui si aspettava di vedermi. Da qualche giorno mi ero trasferita da Aurora. I suoi erano partiti, i miei stavano per farlo e noi due, che adoriamo stare insieme, colsimo l’occasione al volo per stare insieme. Evidentemente lui questo non lo sapeva e non l’aveva neanche potuto immaginare. Questa volta Aurora mi aveva recuperato fino a casa, perciò non avevo ( come solita fare ) parcheggiato la macchina dinanzi al portoncino. Nulla poteva fargli immaginare che io fossi lì. Mentre noi due rimanevamo immersi in quella condizione d’irrealtà, Aurora si stava evidentemente preoccupando per la mia assenza ( probabilmente non furono semplici istanti quelli che trascorremmo in Silenzio a fissarci ). D’un tratto si spalancarono le finestre del salone di casa di Aurora e lei sbucò fuori con tanto di piumone addosso. Non so se fu il rumore a spaventarlo. Non so se voleva evitare di farsi vedere lì, in imbarazzo per causa mia. Fatto sta che approfittò subito della mia distrazione, mentre tentavo di capire chi stesse sbucando in balcone. Tirò giù la saracinesca e sparì all’interno.
« beh, sono felice di vederti anche io »
borbottai interrotta da un urlo di Aurora
« Chiaraaaaaa! Oh cielo credevo t’avessero rapito gli alieni. Sali brutta scema »
Sì, noi amiamo affibbiarci quest’insulti. Mi abbassai a raccogliere le chiavi. Sospirai, per l’ennesima volta. Ancora uno sguardo al garage mentre, velocemente, muovevo i passi diretti verso il portoncino. Lo chiusi alle mie spalle. C’era ben poca delicatezza nei miei gesti. Salii di corsa anche i gradini che portano al primo piano, portandomi così in casa. Aurora si era nuovamente messa a letto. Pare che non si fosse accorta di nulla almeno fin quando non incrociò il mio sguardo
« ma che hai fatto tutto questo tempo »
non le risposi. Mi avviai verso la scrivania che stava dinanzi ai nostri lettini. Poggiai le chiavi lì sopra. Velocemente mi sfilai anche la felpa
« Chiara? Stai bene »
nel frattempo Aurora continuava a tempestarmi di domande. Non era solita impicciarsi. Lei aspettava sempre che fossi io a parlarle dei miei problemi. Ci bastava uno sguardo per capirci e quando intuiva che anche una minima cosa non andava bene in me, aspettava in silenzio che fossi io a liberarmi. Eppure questa volta sembrava realmente preoccupata
« ti prego Chiara. Dimmi solo che i tuoi stanno bene e che non è successo nulla »
« stanno tutti bene »
borbottai, infilandomi nuovamente sotto le coperte
« un fantasma… »
aggiunsi solo questo, mentre appoggiavo la testa sul cuscino dando le spalle a Aurora ed anche alla tv. Chiusi subito gli occhi, mi coprii totalmente. Scoppiai, silenziosamente, a piangere. Sentii solo pochi rumori dal letto accanto. Aurora aveva evidentemente spento la tv e si stava avvolgendo, ancora una volta, tra le lenzuola
« svegliami a qualsiasi ora per qualsiasi cosa. Ti voglio bene. Buonanotte »
erano le ultime parole di Aurora. Anche l’abatjour venne spenta. Piombammo in un terribile silenzio.
 
 
  
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