Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: TheBestLady    24/12/2005    3 recensioni
L'ho riscritta! Ed eccola a oi! Akane e Kagome sono sorelle. Vivono una vita normale, sino a quando non arriva il momento di mantenere una promessa. Qualcuno le trova… e da lì la loro vita verrà sconvolta.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

FAN’S FICTION – ANOTHER UNIVERS – CROSSOVERS INUYASHA/RANMA ½

Written by Vale-chan

Akane e Kagome sono sorelle.
Vivono una vita normale, sino a quando non arriva il momento di mantenere una promessa.
Qualcuno le trova… e da lì la loro vita verrà sconvolta.

Alleluia! Sono tornata con il primo capitolo aggiustato! Ringrazio tutte quelle persone che hanno commentato dopo aver tentato di capire qualcosa di questo chapter! Chiedo profondamente perdono per il pasticcio!
Commentate, please!

-PROLOGO: Omoide no ryoozi-

Era una giornata calda e afosa d’Estate.
Nella capitale di una delle tante nazioni dell’ovest, il Giappone, c’era un negozio nella via principale, la Takana*: lo Syooten Yoohuku & Wahuku*.
Poco distante c’era un vicolo. Cieco, buio persino in pieno giorno, alla cui “entrata” stava una ragazza molto bella. Aveva sì e no 16 anni; i capelli lunghi neri legati in una coda alta che, nonostante tutto le arrivava fino alla vita; gli occhi erano di un blu stranamente profondo e trasparente allo stesso tempo (eccomi, eccomi! Quella sono io! ndV Ma stai zitta te! NdLettori). In mano teneva un mazzo di fiori variopinti in netto contrasto con il luogo circostante. La giovane era davvero affascinante: un top metteva in risalto le dolci ma pronunciate forme e l’addome tenuto in costante esercizio, mentre una minigonna le arrivava fino a metà coscia, lasciandole scoperte gambe non più bianche. Nonostante fosse buio lei riusciva a vedere abbastanza chiaramente quel vicolo.
Erano presenti numerosi bidoni della spazzatura vuoti… La gente evitava accuratamente quel luogo che, secondo voci, era maledetto
-Si dice che quel vicolo sia maledetto! Infatti chiunque vi si imbatta ritorna con una storia davvero raccapricciante! Gente a cui sono capitati i più improbabili e pericolosi incidenti! E tutti dopo che si sono avventurati in quel posto! La leggenda, messa in circolazione da un vagabondo, narra che in una notte di circa dodici anni fa, una costosa automobile si fermò proprio lì, davanti al vicolo. Ne scesero due donne e una bimba che non aveva più di quattro anni. Dopo che furono sparite sentì parole pronunciate in una lingua sconosciuta, probabilmente una formula magica, poiché entro pochi istanti si sentì un forte tuono e un fascio di luce si ricongiunse con il cielo, mentre attorno vi erano fuoco e acqua. Il vagabondo prosegue poi dicendo che l’altra donna con la bambina risalirono in macchina e si allontanarono a gran velocità. Incuriosito, andò a vedere cosa fosse successo… ma non trovò nulla! Né le tracce di un’esplosione, né i segni che l’auto avrebbe dovuto lasciare quando era partita a quella velocità! Poco dopo il vagabondo morì, così come tutte le persone che abbiano cercato di svelare il mistero…- così le aveva detto un’anziana signora quando aveva chiesto perché tutti evitassero di avvicinarvisi troppo.
“Ci troviamo nel ventunesimo secolo e ancora si crede a certe fandonie!” qualcuno poteva pensare. Ovviamente lei sapeva che tutto era relativamente inventato, come d’altronde le aveva insegnato l’esperienza, e sapeva anche che quella particolare storia aveva un significato non indifferente per lei…
“Non ti ringrazierò mai abbastanza, Maki…” pensò la giovane mentre un dolce e triste sorriso le affiorava sul bel volto.
Osservò ancora il vicolo, notando quanto fosse poco grande: ospitava circa sei o sette bidoni; le mura sporcate dalle vecchie scritte di alcuni teppisti, che non avevano alcuna intenzione di ritornare ad imbrattare quel luogo per paura, contrastavano quel buio soffocante a causa degli sgargianti colori usati per essi. Spostò il proprio sguardo su un punto ben preciso: era quello il luogo nel quale lei era morta e rinata allo stesso tempo. Era lì che tutto aveva avuto fine e che tutto era cominciato: la sua vita, le sue azioni, l’intero suo essere… Paradossalmente, tutto ciò che era stata, che era e che sarebbe divenuta si univano con perfetta sincronia in quel vicolo temuto addirittura dalle peggiori bande di Tokyo! Un crudele scherzo della vita o un inaspettato colpo di fortuna? Difficile dirlo. Certo era che lei nutriva seri dubbi per quanto concerneva la sua liberazione spirituale da quel luogo che, con ogni probabilità, l’avrebbe seguita sempre come un’ombra silenziosa, ricordandole chi era stata, facendole sembrare che la vita che stava vivendo non era sua e che lei non aveva alcun potere su di essa.
Un rumore improvviso la destò dalle sue riflessioni: dunque non era sola in quel posto. Si mise in allerta e per qualche secondo ascoltò i rumori che la circondavano: solo il traffico fuori dal vicolo. Sentì i bidoni accanto a lei agitarsi ed ebbe appena il tempo di scansarsi che una figura tentò di afferrarla da dietro. Lei, nel tentativo di fermarlo, lo afferrò senza volerlo, scoprendo che il suo assalitore non era altri che un gatto magrolino con il manto che, un tempo, doveva essere stato di uno bianco smagliante.
- Ehi! E tu che ci fai qua? – gli chiese mettendoselo davanti al naso. Il micio rispose tirando fuori le unghie e miagolando forte per un dolore che pareva solo lui potesse sentire.
- Piccolo, ti sei fatto male alla zampa? Fa vedere…- con delicatezza esaminò la zampetta del gatto e constatò che, effettivamente, perdeva del sangue. Lo appoggiò a terra con circospezione e frugò nella borsetta in cerca di qualsiasi cosa avrebbe potuto aiutarla a tamponare la ferita. Finalmente, riuscì a trovare quel che cercava: un fazzoletto a cui teneva particolarmente e che non aveva mai usato. Lo fissò. Quello era uno degli ultimi regali del padre prima di scomparire dalla faccia della terra… o più semplicemente, prima di sparire dal Giappone. Il gatto miagolò ancora, come a ricordarle la sua sofferenza e lei riscossasi dai suoi pensieri gli medicò il piccolo arto. Il felino le leccò la mano, grato per la fasciatura. La ragazza si sorprese: quel gatto era stato chiaramente maltrattato, nonostante ciò non ostentava alcuna resistenza a farsi toccare da una sconosciuta… sorrise. Forse era vero che gli animali potevano leggere nell’animo delle persone… gli grattò un orecchio e gli disse con voce pacata e serena di aspettarla qui. Incredibilmente, lui si mise sdraiato (facendo attenzione alla zampa) e la guardò. “Un cane mancato!” pensò divertita la ragazza.
Poi si diresse verso la fine di quel vicolo, raccogliendo i fiori che le erano cascati quando si era messa all’erta. Lì c’era una stele. Sopra non vi era inciso niente, ma lei sapeva… sapeva fin troppo bene a chi apparteneva… Sorridendo amaramente la sfiorò con le dita e quella dannata notte tornò a farsi sentire in tutti i suoi ricordi. Scosse il capo, come per scacciare il malessere improvviso che l’aveva attanagliata e posò i fiori ai piedi della stele. Tirò fuori dalla borsa dell’incenso alla lavanda che sapeva essere il preferito da quella persona; lo accese mentre pregava mettendo in posa le mani come suo nonno le aveva insegnato fin da bambina, dicendole che solo le vere sacerdotesse conoscevano quella posizione: l’indice ed il medio destri davanti la bocca con il pollice ricurvo come le altre dita e la mano sinistra nella stessa posizione, solo più in basso. Iniziò a parlare mentalmente, come a voler comunicare con la tomba. In effetti era quello che cercava di fare: per quanto risultasse stupido o assurdo per la maggior parte delle persone, il comunicare con il pensiero anziché con la voce, permetteva al morto di ricevere più informazioni e, talvolta, di mettersi in contatto con il proprio interlocutore. Purtroppo, non erano molti quelli che stavano ore ed ore ad aggiornare i propri familiari morti sulle ultime novità della loro vita. E questo, spesso, causava astio negli animi dei defunti che pian piano si trasformavano in spettri maligni. La ragazza raccolse le sue energie ed iniziò il suo discorso. Lei non la stava ascoltando, ma poco le importava: infatti la stele aveva non solo il compito di commemorare la persona, di far sì che nessuno la dimenticasse, era anche la carta d’identità del defunto stesso e aveva la straordinaria capacità di mantenere i pensieri dei vivi che si rivolgevano ad essa… Un po’ come una segreteria telefonica…
“E così sono di nuovo in questo luogo, come da me promesso… Non so cosa ti sia successo in questi ultimi dodici anni, ma spero vivamente che sia riuscita a raggiungere il Rakuen*… Continuerò a vivere tranquillamente come ho fatto fin ora… come tu mi dicesti di fare… Maki… Ti vorrò per sempre bene e pregherò per te… Sayoonara*…”.
Con questo ultimo pensiero si alzò, spense l’incenso e raccolse la borsa. Passò davanti al gatto che le fece le fusa e lei lo prese tra le braccia come per dargli sicurezza. Lo portò fuori e la luce che la investì quasi le tolse il fiato accecandola. Ci volle qualche secondo prima che si abituasse ad una luce così intensa. Si avvicinò alla moto parcheggiata lì vicino.
Prese il casco e se lo infilò, dopo aver assicurato il gatto nel contenitore dietro di lei. Salì e diede gas, facendo rombare la sua Yamaha, per poi partire veloce…

FINE PROLOGO! CONTINUA (SI SPERA!)

-CHAPTER ONE: Benvenuto Sig.Gatto!-

-Tadaima!!!-
Una giovane voce distrusse in poche attimi la quiete del luogo dove si era recata. Spense la moto e salì le scale passando sotto il torii, tenendo sempre stretto fra le braccia il micetto che aveva trovato.
-Ohayo Kagome-chan!- la salutò una signora giovane sui trent’anni che stava uscendo di casa proprio in quel momento accompagnata da un’altra figura più giovane.
-Ohayo haha-ue, ohayo nee-san!- le salutò Kagome abbracciandole. –Dove state andando?-
-A fare spese- le rispose la sorella sorridendo come era solita fare, socchiudendo i bellissimi occhi blu e muovendo un poco il capo facendo ondeggiare i lunghi capelli castani legati sul davanti con il solito fiocco.
-Ma cos’hai in braccio?-
-Questo è un gattino ferito che ho trovato mentre ero in giro… posso tenerlo haha-ue?- chiese facendo gli occhioni dolci. La madre sembrò pensarci su, ma poi vedendo l’espressione della figlia accettò.
-Banzai!- gridò felice Kagome abbracciando la madre. –Arigato gozaimasita!-
-Kioko cara, cos’è tutto questo baccano?- chiese una voce dall’interno della casa tipicamente giapponese con tanto do laghetto e pesce rosso. Un uomo sulla quarantina si alzò dalla veranda e andò incontro alle tre. Aveva capelli neri che gli arrivavano alle spalle e occhi altrettanto scuri che si dilatarono sorpresi nel vedere Kagome
-Kagome! Bambina mia! Finalmente sei tornata! Temevo che fossi stata rapita o che avessi fatto un incidente con la moto o che ti fossi persa per la città! Bua!!!!!!!!! Che felicità!!!!!- disse lui dirigendosi come un razzo verso la figlia che venne stritolata dall’abbraccio letteralmente mozzafiato del padre.
-Papà m-mi s-s-sta-i s-off-ocan-do!!!!!!-
-Soun non credo che tu voglia far soffocare la nostra bambina, quindi caro cosa ne pensi di lasciarla andare?-
-Sì papà! Kagome è abbastanza grande ed intelligente per perdersi per la città!-
-Avete ragione…- finalmente Soun lasciò andare la figlia che stesa per terra cercava disperatamente di riprendere fiato, accorgendosi in seguito che il gatto che aveva in braccio non c’era più. Si guardò attorno e lo trovò un po’ lontano da lei perfettamente seduto che la guardava con quei suoi occhi d’ambra penetranti. Un brivido caldo le percorse la schiena… era come se dietro quel gatto ci fosse qualcosa o qualcuno… scosse la testa e si avvicinò al gatto.
Lo esaminò e tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che la ferita non si era allargata. Lo riprese fra le braccia e salutando andò in bagno, aprì uno sportellino in basso e trovo tutte le medicine che potevano esserle adatte. Le prese e le portò in camera sua. Mise un pezzo di stoffa sul suo letto e poi vi adagiò il gatto. Mentre preparava il suo infuso notò che il micio continuava a guardarsi in giro soffermando lo sguardo curioso sull’armadio bianco, sull’altro letto presente nella stanza, sulle scrivanie vicine sotto l’enorme finestra che dava su di un piccolo tempietto dal quale stava uscendo un anziano vestito da sacerdote e sul tappeto che prendeva tutto il pavimento e che dava l’impressione di essere molto comodo e morbido
-Ti piace la mia camera?- gli chiese. Lo sentì miagolare dolcemente e rise. -Vedrai… non ti farà male se tu sarai buono…- e la bestiola sembrò tentennare.
Lei approfittò del momento: prese la zampa e spalmò il contenuto della ciotola su di essa. Veloce come un fulmine il gatto le graffiò una mano nel tentativo di farla allontanare, ma anziché mollare, più le unghie del gatto affondavano nella sua pelle più lei continuava a massaggiargli la ferita. Il gatto sembrò capire che le sue azioni erano del tutto inutili e così si rilassò. Kagome finì di massaggiargli la ferita e lo guardò soddisfatta: il massaggio gli era piaciuto a giudicare dalle fusa.
-Hai visto che più ti muovevi e più ti faceva male?- poi spostò lo sguardo sulla ferita che aveva sulla mano: non era profonda e in qualche giorno sarebbe guarita non lasciandosi dietro neanche la cicatrice.
-Ora tu fai il bravo qui…- ansimava un po’, la ferita le faceva più male di quanto avesse previsto.
Si spalmò lo stesso infuso che aveva usato per il gatto sapendo che non faceva niente di male, visto che quell’infuso era sia per gli animali che per gli esseri umani stessi, e si fasciò la mano mordendosi il labbro inferiore per non gemere di dolore. All’improvviso sentì una cosa piccola e calda sulla sua mano. Abbassò lo sguardo per scoprire che il gatto le stava leccando la fasciatura. Troppo sorpresa per fare qualsiasi cosa, rimase a fissarlo mentre anche il gatto sollevò lo sguardo. I loro occhi si incontrarono e lei si perse nell’intensità di quelle pozze ambrate così strane per un gatto.
-Kagome-chan!-
Qualcuno la chiamò e cancellò l’improvvisa atmosfera creatasi. Kagome, come risvegliatasi da un sogno, scrollò la testa e si avvicinò alla porta: era sua sorella.
-Kasumi-chan cosa succede?-
-La cena è pronta e di sotto ci sono già Nabiki, la mamma ed il papà… mancate solo-
-Io ed Akane- finì per lei Kagome che ancora non credeva potesse essere passato un intero pomeriggio. Si girò verso il gatto e lo prese di nuovo tra le braccia
-Tranquilla sorellina! Vado io a cercare Akane-chan!- detto questo scese le scale e si diresse verso la palestra che si trovava vicina all’hokoora. Sentì delle grida ed ebbe la certezza di aver scovato la sorella. Entrò e la vide fare i suoi kata quotidiani. Kagome chiuse la porta dietro di sé: non c’era affatto bisogno di riferirle che era qui, già lo sapeva.
-Allora?- chiese infatti Akane non appena la sorella si mise seduta.
-Allora cosa?- cercò di deviare il discorso lei.
-Lo sai perfettamente- Akane si mise seduta accanto a lei e tirò indietro i lunghi capelli blu come la notte. Scrutò Kagome con quei suoi occhi castani e attese una risposta.
-Ci sono andata…-
-E…?-
-E mi sento uno straccio…- per la prima volta Kagome lasciò cadere giù calde lacrime di dolore e nascose la faccia tra le braccia. Si sentì stringere e la voce di Akane sussurrarle che sarebbe andato tutto bene. Fu di nuovo la voce di Kasumi a distrarle. Kagome si asciugò le lacrime e afferrò la mano che Akane le porgeva per offrirle un appoggio affinché si alzasse
-Andiamo?- le chiese quest’ultima sorridendole dolcemente. L’altra annuì ed entrambe si voltarono. Stavano per andarsene quando un miagolio attirò la loro attenzione
-E lui chi sarebbe?-
-Un trovatello-
-Immagino che sia a causa sua che ti sei ferita una mano…-
-Già- Kagome lo prese e lo mise all’altezza degli occhi di Akane
-È carinissimo, vero?!-
-Già! Ehi! Ma lo sai che sei davvero buffo? Di certo Buyo non si sentirà più solo!- e ridendo uscirono dirigendosi verso casa.
-Finalmente! Ma dove eravate finite?!- chiese un’altra ragazza seduta a tavola.
-Wabi* Nabiki-chan- si scusarono in coro le due.
-Famiglia! Ho un annuncio da farvi!- Kagome si portò davanti la TV e mostrò loro il gatto.
-E quello?- chiese Nabiki.
-Vi presento… il Signor Gatto!-
Nella sala cadde il silenzio più assoluto.
-Ehm… vogliamo mangiare?- chiese la madre
-Cosa sono queste facce? Non vi piace questo nome?- chiese Kagome con i lacrimoni
-Oh no, bambina mia! È bellissimo! Non è vero?- chiese Soun che piuttosto che veder piangere una delle sue figlie avrebbe ucciso volentieri. Il resto della famiglia annuì e finalmente iniziò la cena seguita da un film.
Erano ormai le nove quando il telefono squillò. Andò Akane a rispondere
-Moshi moshi*? Chi parla?-
-CIAUUUUUU AKANE-CHAAANNNNN! DISTURBOOOOOOOO????????!!!!!!!!!!!!!!!!!!- dal telefono arrivò un urlo pazzesco che fece perdere l’equilibrio ad Akane che si ritrovò a terra con le mani sulle orecchie.
-Akane-chan chi è?-
-Un idiota!-
-Gura-chan!- esclamò felice Kagome attaccandosi al telefono.
-Kagome no!- tentò di fermarla Akane ma ormai l’incosciente aveva già risposto, con l’unico risultato di venir stordita dall’urlo disumano della loro amica e di finir a terra con delle girandole al posto degli occhi
-Vuoi smetterla di urlare razza di deficiente?!-
-Perché mi sbraiti contro Akane-chan? Io volevo solo sentirvi e voi mi trattate male… Uèèèèèèèèèèèè!!!!!!-
-Va bene, va bene! Scusami! Ma smettila di urlare come fossi un’oca spennata! Altrimenti farai la sua stessa fine!-
-Allora? Che mi dite di bello? È così tanto tempo che non ci sentiamo!(Karola la riconosci questa battuta?)-
-Da ieri ti sembra passato tanto tempo?!(E questa? La senti spesso, vero?!)-
-A proposito, Kagome-chan?-
-È ancora a terra stordita per quella tua bellissima presentazione vocale!-
-Ohayo Gura-chan! Quanto tempo! Come ti va?- Kagome era letteralmente saltata sopra Akane e le aveva staccato il telefono di mano.
-Quanto… tempo?- balbettò Akane schiacciata contro il pavimento.

-Chi è Kasumi?-
-Oh, credo sia Kagura.-
-Ecco spiegate le urla…- commentò indifferente Nabiki.

Intanto, non visto, qualcuno da fuori la finestra posizionata lì vicino spiava le due con occhi divertiti.
Kagome sembrò percepirli, perché un brivido caldo le percorse la schiena, lo stesso che la costrinse ad irrigidirsi ed a voltarsi. Quando lo fece però non scorse nulla di insolito e questo la preoccupò: di rado il suo sesto senso la tradiva e se quel qualcuno aveva previsto che si sarebbe voltata, la cosa non andava presa troppo sotto gamba. Comunque, dopo quegli attimi di incertezza, tornò a fare quello che aveva interrotto e cioè… urlare al telefono con Kagura.

Una figura in piedi sul ramo di un albero vicino la camera delle due ragazze si stagliava netta contro la luna ormai piena. Aveva lunghi capelli lisci, nulla di più si poteva distinguere.
-Davvero una bella femmina, fratello- sembrava divertito.
-Cosa ci fai qui?- rispose un altro. Si trovava un po’ più in basso, ma con un solo slancio raggiunse la figura e le si parò davanti.
-Sono solo venuto a vedere da chi ti sei fatto “accalappiare” stavolta…- aveva volontariamente usato quel termine
-Io non mi sono fatto accalappiare da nessuno! Posso andarmene quando voglio!- ribatté irritato l’altro scatenando le risate della figura.
-Cosa hai fatto per farlo ridere a quel modo?- chiese una terza presenza ghignando.
-Già, non è da lui- confermò una quarta voce.
-Si può sapere perché tutti qui e stasera?-chiese scocciato la seconda voce, appartenente alla stessa figura che poco prima stava spiando Akane e Kagome.
-Io ho un valido motivo! Devo controllare che il mio caro fratellino non si cacci nei guai…-
-Io ero venuto a cercarti perché ti volevo parlare di una cosa…-
-E io… in effetti sono solo venuto a conoscere la tua bella e a farle le mie condoglianze! E ovviamente i complimenti a te! È davvero bella! E anche la sua…- la quarta indicò la terza presenza e lasciò in sospeso la frase perché troppo occupato a vedere la reazione dei suoi due amici che divennero porpora.
-Ma cosa dici?!- esclamarono assieme facendo ridere le altre due figure.
-Guardate che abbiamo visto con che occhioni languidi ve le mangiavate, eh!- aggiunse un’ulteriore figura con tono malizioso.
-Sta zitto tu!- altre risa.
-D’accordo, lasciamo stare… ce le hanno delle amiche le vostre anime gemelle, vero?- chiese ancora l’ultimo arrivato.
-Io ti ammazzo!- di nuovo le due voci si erano sovrapposte
-Basta ora! Stanno andandosene… torna al tuo posto fratello e… buona notte e sogni d’oro!-
-Credo che sarà davvero una notte interessante per il nostro amico!- commentò sparendo la quarta voce, seguita a ruota dalla terza.
-Ricorda amico di darmi una risposta sulle amiche di queste, eh!-
Prima che la seconda voce potesse strozzare l’altra quella scomparve. Indignata la seconda presenza si diresse verso il ramo più alto per poi confondersi con quest’ultimo.

-Cosa ne dici di questo?- chiese Kagome voltandosi verso il letto. La risposta che ottenne fu un miagolio più forte degli altri.
-Non ti piace?- chiese lei delusa. Aveva tirato fuori tutti i vestiti dall’armadio e li aveva sparsi per la camera facendo varie combinazioni e facendo scegliere al Sig. Gatto, ma sembrava che nessuno di queste gli piacesse. Si buttò sul letto arrendendosi
-Uffa! Perché non ti va bene niente?! Facciamo così: sceglimelo tu il vestito per andare al cinema domani con Gura-chan e il resto della banda!- disse scocciata, rendendosi poi conto che quello era un animale e che non poteva capire quello che lei gli diceva. Si mise a sedere e per miracolo non cadde dal letto assieme alla sua mascella: il Sig. Gatto si era intrufolato nel suo armadio e ora ne stava trascinando fuori un abito da sacerdotessa. Il gatto la raggiunse e le mise davanti quel vestito. Lei stupita lo fissò e per la terza volta in quella giornata sentì un brivido caldo passarla da parte a parte.
-Che diavolo ci fai lì a terra?!- le chiese una voce familiare. Si voltò e trovò sulla soglia della porta sua sorella Akane che aveva appena finito di fare un bagno. Il Sig. Gatto si girò improvvisamente verso la finestra e si lanciò su di un ramo dell’albero sacro presente lì davanti per poi sparire.
-Sig. Gatto!- lo chiamarono in coro le due correndo verso la finestra e vedendo solo due ombre sparire. Si guardarono e annuirono. Kagome balzò giù dalla finestra con grazia degna di una gatta e aspettò. Dopo qualche minuto, Akane la raggiunse ed insieme perlustrarono il giardino, stando attente a qualsiasi rumore e sforzandosi di percepire anche il più piccolo segnale di una presenza non trovando niente… i due tipi se ne erano già andati. Tornarono in camera loro e vi trovarono il Sig. Gatto ad aspettarle.
-Come mai hai tirato fuori questo?- chiese Akane quando si furono accertate che nessuno le stesse osservando. -Veramente...-
-Ragazze! Papà vi vuole parlare!- la voce della madre impedì a Kagome di rispondere. Le due si guardarono -Io non ho fatto niente!- esclamarono all’unisono.
-Coda di paglia, eh?- fece Nabiki gongolando. Le due le fecero la linguaccia e scesero. Intorno alla tavola c’era tutta la famiglia riunita.
Certo ad una prima occhiata non c’era nulla che non andasse… ed era proprio quello il brutto. Ormai avevano imparato a riconoscere anche i più piccoli ed insignificanti dettagli di quando si riunivano e quel silenzio compatto interrotto solo dalla televisione stava urlando che era in arrivo un ciclone con il corrispettivo anti-ciclone proprio lì ed entro pochi minuti. C’era una cosa che però non capivano: se c’era una catastrofe di tali proporzioni in arrivo di certo non c’erano stati segnali durante la cena di poche ore prima!
Si sedettero e puntarono i loro occhi sul padre, certe che qualunque cosa fosse successa sarebbe stata architettata da lui in prima persona.
-Figliole…-
-Prima che tu continui papà voglio farti presente che qualunque cosa attraverserà la soglia di casa ora o nelle prossime ore non sarà la benvenuta qualora non fosse stata accettata prima da me o da Kagome.- mise subito in chiaro Akane.
-A meno che tu non ci abbia organizzato una festa a sorpresa o non ci abbia aperto un conto in banca- proseguì Kagome. Sulla testa di tutti i presenti si formarono degli enormi goccioloni.
-Veramente non sono nessuna delle due cose…- iniziò il padre –Ecco… l’altro giorno è arrivato un mio vecchio amico… sapete, ci allenavamo insieme, viaggiavamo insieme, mangiavamo insieme…-
-Abbiamo capito, eravate incollati!- tagliò corto Nabiki facendo sobbalzare il vecchio padre che mentre raccontava era impegnato a rivivere quei momenti.
-Sì, insomma… lui… ha un figlio… che pratica le arti marziali ed è anche un vero portento da come ne parla Genma, questo è il nome del mio amico…-
-E cosa centriamo noi con questo tizio?-
-Ci sto arrivando Akane… ecco, domani verrà a farci visita- disse la frase di botto e chiuse gli occhi aspettando la reazione delle sue due figlie minori. 3, 2, 1, -1, -2, -3… che diavolo succedeva?!
Aprì un occhio e scorse l’aria stupita delle ragazze. Decise di aprire anche l’altro occhio e le guardò timoroso.
-Perché quell’espressione? Mica ti mangiamo, eh! O forse… c’è qualcosa in più che dovremmo sapere?- chiese Kagome assottigliando gli occhi.
-Ad esempio l’età?- provò Soun cercando di cambiare la traiettoria delle lame di fuoco che presto gli avrebbe lanciato Akane
-O le tue intenzioni?-
-Q-qua-li int-enzi-oni-i?! Io no- non ho nessunis-si-mis—sima-
-Allora perché balbetti?- si intromise annoiata Nabiki
-Già caro… perché?-
In men che non si dica Soun si ritrovò in un angolino della casa con espressione terrorizzata mentre gli venivano porte le medesime domande da quattro voci diverse: la moglie, Nabiki e le sue due figlie più piccole. “Che qualcuno mi aiuti!” pensò disperato.
-Papà?- come una manna dal cielo, Kasumi si avvicinò al padre con un sorriso e Soun vedendola arrivare in suo aiuto si commosse. L’abbracciò stretta piangendo come una fontanella credendola la sua sola ancora di salvezza
-Vuoi del tè? ^_^-
O_O = Soun
^_^’ = Kioko
-_-’ = Akane e Kagome
$_$ = Nabiki
-Se solo le tue lacrime fossero potabili…- sospirò sconsolata Nabiki.
-Bene ragazze! È ora di andare a nanna!-
-Mamma non siamo delle mocciose di tre anni!-
-Lo so Akane-chan, però a quest’ora le brave bambine vanno a letto!-
-Dì piuttosto che vuoi salvare tuo marito!-
-Ma cosa dici, Nabiki!-
-Già! La mamma lo vuole solo gonfiare in privato!-
-KAGOME!-
-Buonanotte!- esclamarono le tre sorelle.
-Kasumi, bambina è tardi anche per te…-
-Va bene!-
-NOOOO!!!!!- l’urlo disperato di Soun non fermò però la maggiore dal dileguarsi tramite le scale. Si voltò pietrificato verso la moglie che sorrideva pericolosamente.
“Più sorride e più è pericolosa!” pensò con un brivido.

-Hai visto l’espressione terrorizzata di papà?- chiese tra le risate Kagome alle altre tre sorelle. Dopo essere state così gentilmente cacciate dalla madre si erano riunite nella stanza delle più piccole.
-Già! Credo che domani ci confesserà tutto! Tra l’altro abbiamo anche dei metodi e delle armi molto efficaci!-
-E quali?-
Nabiki sorrise furbescamente e fece una faccia tra l’offeso e l’arrabbiato.
-Si scioglierà come un cono gelato nel Sahara se non gli rivolgiamo la parola e lo guardiamo in questo modo!-
-Io gli do mezz’ora!-
-Facciamo dieci minuti?-
-Ci sto!- Nabiki e Akane si strinsero la mano.
-La posta in palio?-
-Chi vince dovrà fare quello che dice papà-
-Ok!-
-Non sta bene scommettere sulle disgrazie degli altri!- le sgridò Kasumi
-Questo infatti non è scommettere sulle disgrazie degli altri!-
-Ah no? E cos’è?- chiese divertita Kagome
-Questo è scommettere sulle nostre disgrazie!-Stavolta fu Akane a rispondere. Tutte scoppiarono a ridere. Un miagolio improvviso fece capire che il Sig. Gatto era rientrato dalla finestra… ed era anche in compagnia
-Buyo! Ma dove ti eri cacciato?! È tutto il giorno che non ti fai vedere!- lo sgridò Kagome. Il gatto miagolò pigramente e andò ad accoccolarsi nella sua cuccia sotto le scrivanie delle sue padroncine.
-A proposito… dove dormirà il Sig. Gatto?-
-Beh, ecco… non ne ho la più pallida idea Kasumi-
-Fallo dormire con te! Ha pure il collarino! Forse si è solo smarrito!-
-Non sarebbe igienico! Che razza di idee ti vengono, Nabiki?!-
-Era tanto per dire… e poi l’ho detto solo per farti arrabbiare!-
-Ti diverte tanto farmi perdere le staffe?- sbottò Akane
-Sì! Sei particolarmente divertente!-
-E tu irritante!-
-Me ne duole!-
-Su su, non litigate!- cercò di rabbonirle Kasumi mentre aiutava Kagome a creare una cuccia provvisoria per il nuovo arrivato.
-Io me ne vado a letto!- -Anch’io andrei… se vi serve qualcosa venite pure a svegliarmi!-
-Non provate a farlo con me! Altrimenti triplicherò tutti i soldi che mi dovete!-
-Ma noi non ti dobbiamo dei soldi!-
-Per ora no! Ma in futuro… chissà! Mai mettere limite alla provvidenza, sorellina!-
-Sei così… così…-
-Ehi! Non sforzarti! Non sia mai che ti esca del fumo dalle orecchie nell’inutile tentativo di elogiarmi, Kagome-chan!-
-Di certo l’elogio è l’ultimo della mia lista se si parla di te!-
-Oh, no! Così mi ferisci!-
-E allora tu sparisci!- esclamò Akane buttandola fuori.
-Bella rima!- si sentì fiocamente.
-Che ne pensi dei tipi di prima?- chiese Akane pochi minuti dopo, stesa sul letto.
-Non lo so… sicuramente conoscono le arti marziali…-
-Già… quello era scontato!-
-Quello che non capisco è perché ci stessero spiando…-
Kagome non rispose e continuò a raccogliere i suoi vestiti e a rimetterli a posto nell’armadio. Si sentiva inquieta, come se qualcuno sorvegliasse lei e la sua famiglia. E aveva anche la maledetta certezza che quella non fosse solo una sensazione (scusate il gioco di parole! NdV).
-Allora… cosa ti metti domani?- le chiese d’improvviso Akane.
-Questo!- Kagome le mostrò un vestitino azzurro con una sola spallina che le arrivava sotto le ginocchia ed un paio di sandali che si allacciavano sulla caviglia.
-E tu?-.
Akane si alzò dal letto e, data una rapida occhiata in giro, scelse una mini jeans, un top bianco che si allacciava dietro e sandali alti.
-Che ne pensi?-
-Sei perfetta!-
-Bene, allora andiamo a dormire… è stata una lunga giornata…-
Spensero la luce e si infilarono nelle rispettive coperte. Erano passati all’incirca dieci minuti quando Kagome sentì il respiro della sorella regolarizzarsi. Vide un’ombra aggirarsi per la stanza e due occhi ambrati si posarono su di lei. Sospirò sollevata riconoscendo nella figura a terra quella del Sig. Gatto. Sorrise e lo prese in braccio.
-Non riesci a dormire, piccolo?- sussurrò dolcemente.
-Miao!-
Kagome lo fece accoccolare tra le sue braccia come fosse un bambino e se lo portò sotto le coperte, stringendolo nel buio della notte. Si sentì leccare la guancia e sorrise. Lo guardò negli occhi e di nuovo fu avvolta dal calore
-Ma tu chi diavolo sei?- chiese in un sussurro e senza quasi rendersene conto. Gli occhi del gatto furono attraversati da un lampo che, veloce com’era venuto, se ne andò, lasciando alla ragazza il dubbio che ci fosse stato davvero.
-Sembra quasi che tu mi capisca…- proseguì fissandolo intensamente. Pochi secondi dopo scosse la testa
-Vuoi vedere che sto impazzendo? Prima credo ci sia qualcuno fuori dalla finestra, poi che quel qualcuno mi stia spiando e ora che tu possa essere addirittura una persona! Certo la tua performance dell’armadio mi ha stupita… ma cosa volevi dirmi? Ehi, non sarai mica geloso!- finì ridendo sommessamente.
Il gatto non smetteva di guardarla. Lei se lo portò ancora più vicino e si addormentò con il profumo dello shampoo del suo pelo, registrando vagamente che non era possibile che profumasse dal momento che lei non lo aveva lavato e che l’aveva trovato in un vicolo buio e sporco…

FINE CHAPTER ONE!

PAROLE GIAPPONESI:
Ryoozi (ammesso che l’abbia scritto bene!) = vicolo
Omoide = ricordi (quindi il tiolo significa: “il vicolo dei ricordi”)
Takana = via (che originalità, eh?)
Syooten Yoohuku & Wahuku = vuol dire letteralmente “negozio(syooten) di abiti sia occidentali (yoohuku) sia tradizionali giapponesi(wahuku)”
Rakuen = paradiso
Sayoonara = addio o arrivederci (dipende dai punti di vista!)

Tadaima = sono a casa, sono tornata… intendetevela voi
Torii = dovrebbe essere l’arcata che c’è all’entrata di ogni tempio e serve principalmente a ricordare alle persone che la varcano che sono in un luogo sacro
Ohayo = ciao… ovvio, non trovate?
-chan = suffisso usato generalmente tra familiari, innamorati e amici
Haha-ue = mamma... c’eravate arrivati?
Nee-san = sorella maggiore
Banzai = evviva
Arigato gozaimasita = grazie (per ciò che è stato fatto), mentre si usa Arigato gozaimasu per ciò che deve ancora essere fatto
Hokoora = ad ogni luogo sacro generalmente viene affiancato un piccolo tempietto
Kata = esercizi quotidiani praticati dagli artisti marziali (e qui mi rivolgo a chi vede o legge Ranma ½, avete presente quando Ranma combatte da solo o Akane spacca i blocchi di marmo?)
Wabi = un modo informale per dire scusa
Moshi moshi = pronto

F… Fi… fin… fini… finit… finito… finito!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Allora? Che ve ne pare della mia creazione? Bella gente, siete ancora vivi?! Se sì, una medaglia al valore!
Allora… posterò all’incirca intorno al 15 e al 30 di ogni mese… beh, io avrei finito.
Comunque se qualcuno volesse gentilmente lasciare un commento (lo so che non me li merito!)!!
PREEESTOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
PPS: Mi sono accorta che non ho messo l’indirizzo della mia posta elettronica. Ebbene, eccolo qui:
Valechan_thebestlady00@yahoo.it

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: TheBestLady