Erano passati solo cinque miseri
giorni: dall’altro
capo della città tutto taceva e cominciavo a tradire i primi
segni di
nervosismo. Le avevo detto che l’avrei aspettata, che avrei
atteso che
chiarisse i suoi sentimenti e mettesse ordine alle sue paure ma ero
già stufa
di aspettare e mi sentivo sull’orlo di una crisi di nervi.
Uscendo da casa di Irene, mi ero
fiondata dalla mia
amica per raccontarle cosa era accaduto e stavolta è stata
lei a stringermi fra
le braccia e a dirmi che, questa volta, tutto sarebbe andato nel verso
giusto.
Solo lei che meno di 24 ore prima
era stata umiliata
da quell’animale, aveva trovato la forza dentro di se di
pensare positivo, di
sorridermi, di accantonare per qualche ora i suoi problemi.
Anche il nostro era
un’amore, diverso si, ma era
comunque amore. Spropositato per quanto mi riguarda perché,
per Vale, avrei
dato anche la mia vita se me l’avessero chiesto.
Era la prima volta che mi vedeva in
quello stato,
avvolta nella mia nuova fragilità ed era la prova lampante
che Irene era
riuscita in quello che in molti avevano fallito: il muro era davvero
crollato e
la vecchia burbera, egoista Francesca era solo un lontano ricordo.
Che la ruota stava davvero girando,
l’avevo capito
proprio quello stesso giorno perché qualche ora dopo,
ricevetti una chiamata
dal direttore sanitario che mi convocava nel suo ufficio.
Quel pomeriggio mi sono presentata
davanti al mio
datore di lavoro ancora con la sbornia della dichiarazione fatta ad
Irene
addosso e con un pizzico di incoscienza che mi dava ancora di
più l’aria da
dura.
In tutte quelle ore mi ero pure
scordata di avere un
posto di lavoro traballante ed il mio capo me lo ha ricordato a
più riprese
davanti a tutto il consiglio ospedaliero, riunito per
l’occasione.
Alla fine, nonostante la grave
negligenza, il mio
lavoro era comunque salvo grazie al mio brillante curriculum e al
lavoro
impeccabile svolto fino a quel momento. Me la sarei cavata solo con
qualche
altro giorno di punizione ed una ritenuta ogni mese dallo stipendio per
la
durata di un intero anno, pari a coprire i danni chiesti dal
proprietario
dell’animale.
I
soldi non erano
tutto nella vita e poteva andarmi molto peggio.
Usciti gli altri membri, il capo mi
ha fatto
chiaramente capire che sapeva la verità e che era orgoglioso
di avermi nel suo
ospedale. Il posto di primario, poi, era solo rimandato.. dovevo solo
stare tranquilla
e crescere i miei odiosi studenti.
Dal sorriso dei miei colleghi che
avevo incrociato in
corridoio uscendo dall’ospedale, ho capito subito chi era
stato a fare la spia
al direttore e quindi a salvarmi lavoro e carriera. In fondo non erano
così male…
Comunque, nei restanti giorni di
sospensione, è inutile
dire che vivevo con il blackberry addosso e che sussultavo ogni volta
che mi
arrivava una chiamata o un messaggio e che Valentina pregava di
più di me
perché Irene si facesse sentire. Non mi sopportava veramente
più.
Una sera c’è
mancato poco che mi buttasse sotto la
doccia fredda per calmare “ i bollenti spiriti” ma
almeno, tutto questo,
sembrava salutare per lei perché non le permetteva di
pensare troppo spesso ad
Andrea.
E per fortuna oggi avrei ripreso a
lavorare e,
nonostante mi toccasse il fastidioso turno da 24 ore, avrei potuto
scaricare la
tensione contro i miei tirocinanti, giusto per non perdere proprio
tutte le vecchie
abitudini.
Arrivo al lavoro con qualche minuto
di anticipo e
comincio subito senza ulteriori indugi in quello che sapevo fare
meglio: se non
volevo altri casini dovevo imparare a mettere da parte il cuore, almeno
quando
mi vestivo di bianco e avevo un fonendoscopio al collo.
Tutto sommato la prima giornata
stava passando nel
migliore dei modi: poche urgenze, molta routine e qualche sorriso di
troppo da
parte di alcuni colleghi.
Stavo cambiando ma quando
è troppo… anche se, in fondo,
ero in debito con loro perché se potevo ancora esercitare in
questo ospedale
era grazie al loro intervento.
Probabilmente avevano notato anche
loro i miei
cambiamenti e, lavorare in questo modo senza molte tensioni, era
più facile per
tutti.
Alle 8.30 del mattino dopo, stavo
tornando verso la
macchina per raggiungere casa mia quando il blackberry si mette a
suonare. E’
Vale.
- Ehi..Buongiorno- la saluto con
molta enfasi
- Buongiorno a te. Ti ho chiamato
per sapere se ci
sono novità e per chiederti come è andata in
ospedale-
- E’ andata benone Vale.
Non ho mai lavorato così bene
in vita mia. Certo qualche “idiota” l’ho
scaraventato ma coi colleghi… abbiamo
pure cenato insieme. Un panino, non farti strane idee…-
- Ma bene! Sono contenta. Madonna
ti prenderei a pugni
in testa. Tu e la tua cocciutaggine. Invece quell’altra
cosa…-
- Calma piatta- il mio tono allegro
cambia
radicalmente - sto perdendo le speranze ogni ora che passa..-
- Smettila di dire così.
Sembri me! E poi vacci piano,
mi ci devo ancora abituare alla Francesca dolce, premurosa ed
innamorata di
adesso.-
- Scema!-
Dall’altro capo del
telefono Vale scoppia a ridere e
rido anch’io lasciandomi contagiare dal suo buon umore.
- Vado a dormire. Ci sentiamo
stasera ok?- le chiedo
appena arrivo vicino all’auto.
- Si, certo. A dopo. Ciao tesoro.-
Faccio appena in tempo a salutarla
che chiude la
chiamata.
Metto in moto e, nonostante il
traffico intenso delle
9 del mattino, arrivo a casa in poco tempo. Mi faccio una
doccia ed un thè giusto per rilassarmi, mi
vesto con una tuta da casa e mi metto a letto.
Gli occhi si chiudono qualche
istante dopo…
….
Sono in
una spiaggia,in quella spiaggia….
Guardo
il
mare mentre il vento mi scombina i capelli ed le narici si saturano di
sale
marino.
C’è
silenzio.
Un silenzio rumoroso. Solo il dolce rumore delle onde che si infrangono
sugli
scogli poco distanti lo riempie.
Un paio
di
occhiali da sole mi impediscono di godere appieno dei colori caldi
dell’estate
e piccole gocce di sudore percorrono la mia pelle ancora chiara
procurandomi
intesi brividi lungo la schiena.
In
questo
paradiso spunta improvvisamente una donna,Irene, che si avvicina a
passi lenti
verso di me.
Provo
ad
alzarmi ma non ci riesco. Provo a tenderle la mano… stessa
sorte.
Si
ferma ad
un paio di metri da me senza dire niente.
Quegli
occhi
li riconoscerei fra miliardi.. quel colore verde smeraldo puntati nei
miei come
la luce di un faro che indica il mio cammino.
Il mio
cuore
batte alla velocità della luce, come ogni
volta…il cervello ormai sta imparando
solo ad assecondarlo.
Mi
guarda dolce
ma senza muovere un passo. Restiamo così per un tempo
interminabile: forse
secondi, forse minuti..forse il tempo ha deciso di fermassi in questo
meraviglioso momento.
Questa
è la donna
che si è appropriata del
mio cuore che
si dimentica quasi di battere quando le sta troppo distante. Il momento
dopo si
gira e si butta in mare.
Nello
stesso attimo
che il pelo dell’acqua va in frantumi, il mio corpo
ricomincia a muoversi e
corro verso di lei ma è troppo tardi. Ormai è
irraggiungibile. Lo conosco fin
troppo bene cosa succederà adesso... Ora lei mi
sussurrerà quelle parole e si
lascerà andare…
Mi
sorride ed
invece ritorna a riva, verso di me.. le nostre mani si incrociano.. i
nostri
occhi si chiudono…le nostre fronti si toccano…i
nostri cuori cominciano a
battere all’unisono.
Tutto
sembra
un puzzle complicato in cui ogni pezzo si incastra nel posto e nel
momento
giusto.
Le
nostre
labbra stanno per toccarsi, per ritornare a vivere ...
DRINNN
DRINNN DRINNN
Maledetto palmare. Mi ero dimentica
di spegnerlo e
questo stava suonando nel momento meno opportuno , in cui
l’avrei volentieri
spedito contro il muro.
Ancora scossa dal fresco sogno ( o
meglio dire dalla
seconda versione del solito sogno), guardo il visore riconoscendo un
numero
sconosciuto.
Anche se il tasto rosso mi attira
maggiormente decido
di rispondere alla telefonata e di mandare a quel paese lo scocciatore
di turno.
- Pronto?-
- Ciao...-
Appena sento la voce
dell’interlocutore mi blocco
fissando un punto indefinito del muro. Diavolo di un
destino… riconoscerei
questa dolce voce fra milioni di altre. E’ la sua
incantevole, melodiosa voce.
Questa era la telefonata che
aspettavo da giorni e,
probabilmente, avrebbe deciso buona parte del mio futuro.
- Ciao..- le controbatto con
un’emozione che fatico a
nascondere.
- Come stai?-
- Tutto bene. Sono appena tornata
da un turno
all’ospedale. Ho staccato mezz’ora fa-
- Oddio scusami…
probabilmente stavi dormendo. Dovevo
chiamarti più tardi.-
- Tranquilla, ormai sono sveglia. E
poi… lo sai, tu mi
puoi chiamare anche nel cuore della notte e non ci sarebbero
problemi...-
- Sei troppo gentile.-
- Gentile non è proprio
la parola giusta
comunque..penso che se mi hai chiamato è perché
hai fatto chiarezza dentro di
te..-
- Si, è vero. Ho ancora
un po’ di confusione in testa,
tante domande a cui non ho dato ancora una risposta ma a quella
più importante
si...- Una pausa. Non sopporto più questa situazione, questo
continuo
punzecchiarsi, girare intorno alla questione senza arrivare al
nocciolo.
Probabilmente qualsiasi cosa abbia deciso per la sua vita le costa
davvero
tanto ammetterlo a se stessa e so che l’unica cosa che posso
fare in questo
momento è lasciarla parlare, senza forzarla, senza fare
assolutamente nulla.
- Ok..- le rispondo in un sussurro.
- Allora..vuoi che
ci vediamo?-
- No- mi risponde decisa prima di
precisare: - cioè
si, non lo so. Senti Franci, quello che voglio dirti è
già difficile per me
accettarlo. E’ un po’ vigliacco ma penso che non mi
aiuterebbe guardarti negli
occhi…-
- Va bene, cosa desideri che faccia
allora…-
- Come ti ho ascoltato io
l’altro giorno, desidero che
mi stai ad ascoltare tu questa volta..-
- Ok- sussurro
non trattenendo un lungo sospiro. Mi stavo già
preparando al peggio
perché il momento della verità, nella buona o
nella cattiva sorte, era
arrivato. Stavo già riunendo tutte le forze che mi erano
rimaste per non
scoppiare a piangere quando mi avrebbe rifiutato.
Dall’altro capo del
telefono la mia mente registra
meccanicamente un sottofondo di auto e di un pezzo di carta che si
apre.
Probabilmente lei, il suo discorso, ha avuto tempo di
prepararselo…
- Allora… quello che ti
volevo dire è che…… ti odio!
Ti odio perché quando
sei venuta a casa mia con la
complicità di Paola, è stato un colpo basso e hai
usato le parole che sognavo un
giorno di sentire dal mio principe azzurro.
Ti odio perché sei
quell’ideale che credevo non
esistesse: intelligente, sarcastica, sicura di sé tanto da,
a volte, sembrare
cocciuta ma allo stesso tempo dolce, sensibile, attenta ai miei bisogni
e con
un cuore unico e meraviglioso. Ma sei una donna.
Ti odio perché hai
scelto me per deciderti di abbattere
quella fastidiosa corazza e sono stata la prima a conoscere la parte
migliore
di te.
Ti odio perché sei
entrata in punta di piedi nella mia
vita ed, in silenzio, ti sei permessa di arrivare al mio cuore senza
che me ne
accorgessi.
T i odio perché mi hai
dato la tua vita senza prima
chiedermelo.
Ce ne sarebbero altri di
“ti odio perché” che mi sono scritta
su questo dannato foglio che sto leggendo ma…
Ma più di tutto ti odio
perché… Perché con tutti gli
sforzi che possa fare, non riesco ad odiarti….
perché mi hai fatto innamorare
di te e adesso se ti sto lontano sto male. Hai ragione… un
cuore che sanguina
si dimentica di
battere, di farti
respirare ma più di tutto, ti fa scordare di come si
vive…
Ed io amo vivere per cui, ora lo
so, io amo anche te.-
Per fortuna i muscoli come quelli
del cuore, del
diaframma e di altri essenziali per la vita, sono dotati di fibre
involontarie che
ci fanno respirare, che danno l’energia necessaria al cuore
per pompare il
sangue in tutti i distretti del corpo senza che la nostra
volontà interferisca
con loro.
Essa infatti, unita alle emozioni
che proviamo, può
solo far aumentare o diminuire il loro lavoro ma mai farlo smettere del
tutto.
Nel momento in cui sentivo che la
mia vita stava
prendendo la strada che agognavo con tutta me stessa da tempo, la mia
volontà
si sarebbe sicuramente dimenticata di farmi respirare e quindi di
vivere.
In questo stesso momento in cui la
vita stava
ripagando il suo debito dopo avermi tolto tutto.
La felicità era davvero
una ruota che girava ed oggi,
in questa stessa città, era uscito il mio numero.
E'
un emozione nella gola
da
quando nasce a quando vola
che cosa c'è di più celeste
di
un cielo che ha vinto mille tempeste
che cosa c'è
se adesso sento
queste cose per te
“Quando
nasce un’amore”-Anna Oxa