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Autore: Blue Shadow    21/01/2011    4 recensioni
“Cosa ne direste di una vita senza amore? Cosa ne pensate di un esilio dal mondo solo perché si è diversi? Sono un ragazzo, Evan, e non sono nessuno di importante. Questa è la mia vita, o meglio, la mia prigione.
Un giorno uscirò da qui. La libertà mi aspetta, tu mi aspetti. Lo so.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soul below

 

Cosa ne direste di una vita senza amore? Cosa ne pensate di un esilio dal mondo solo perché si è diversi? Sono un ragazzo, Evan, e non sono nessuno di importante. Questa è la mia vita, o meglio, la mia prigione.

Un giorno uscirò da qui. La libertà mi aspetta, tu mi aspetti. Lo so.”

 

 

Capitolo 1°

Evan

 

C'è puzza qui dentro, di aria che per troppo tempo è stata rinchiusa in una stanza buia e umida. Non posso aprire le finestre perché non ce le ho. Non sapevo neanche cosa fossero delle finestre prima che il mio vecchio amico Frenk me lo spiegasse. Lui ci è nato lì Sopra, ha visto la luce, il sole, il cielo, le nuvole; ha camminato in mezzo alla gente, ci ha parlato con la gente; e ha visto anche le finestre ed i balconi, e ci si è affacciato per ammirare il mondo dall'alto. Ma dopo lo hanno rinchiuso qui Sotto, lontano dal mondo che amava e dai sentimenti. Lui era diverso dagli altri: sa leggere i sentimenti delle persone, e questo è vietato, pericoloso, diverso. Si, qui sotto siamo tutti diversi, siamo scarti umani perché è così che io mi sento. Non possiamo amare, non possiamo vedere la luce, non possiamo leggere e scrivere, non possiamo interagire con altre persone al di fuori del Campo. Io sono uno dei pochi che qui sotto ci è nato. Tuttavia non conosco i miei genitori: sono scomparsi, o meglio, gli hanno vietato di vedermi. Non bisogna provare sentimenti nel Mondo di Sotto, chiunque provi ad amare verrà isolato dalla comunità e se la dovrà cavare da solo. È anche per questa legge che nessuno vuole più ribellarsi: finire di vivere senza nessuno accanto è la peggior mote che si possa desiderare.

Ma che razza di vita.

Ehi Evan, è quasi ora di pranzo.” È Frank, abita nella stanza di fianco alla mia.

Gli rispondo con il pensiero:“Arrivo.”

Qui siamo quasi tutti legati da fili invisibili nella nostra mente ed il mezzo più rapido con qui comunicare è la forza del pensiero. Come ho detto prima, siamo speciali, esseri con poteri magici. Soltanto noi siamo a conoscenza di questo potere. Se lo dicessimo al Primo Custode, il capo dell'intero Campo, non so cosa succederebbe. Probabilmente ci ucciderebbero tutti, tanto per loro siamo inutili. Rimaniamo in vita solo grazie alle nostre molteplici capacità che variano in ognuno di noi: c'è chi vede il futuro, chi sa parlare con le piante, dominare il fuoco e l'acqua, andare indietro nel tempo o bloccarlo, volare e provocare o fermare cataclismi. Di solito si scoprono i poteri a 14 anni. Io ne ho quasi 16, e di capacità speciali dentro di me nemmeno l'ombra. Mi tengono rinchiuso qui dentro solo perché io sono nato da genitori magici, ed hanno paura che se mi lasciassero libero potrei parlarne in giro. Così le persone normali scoprirebbero il nostro mondo, e ci potrebbe essere una guerra così potente da distruggere l'intero pianeta Terra.

Chiedo al Custode del mio dormitorio di aprirmi la porta. Lui fa un cenno del capo quasi invisibile, si alza dalla sedia e si dirige lentamente verso di me. Tira fuori una piccola chiave di metallo e la infila con sicurezza dentro la serratura. Poi uno scatto e la porta si apre. Libero. Può sembrare strano ma in quel momento una scarica di adrenalina mi pervade tutto il corpo e non vedo l'ora di camminare per la strada sporca e marrone che porta alla mensa. Certe volte provo anche a correre, ma non posso fare neanche un metro che subito un Custode mi blocca per una spalla e minaccia di parlare del mio comportamento fuori luogo al Primo Custode, il “Grande Capo”.

Frank, sto arrivando.” sussurro telepaticamente. Noto che tutto intorno a me è stranamente calmo ed inquieto. Qualcosa di fresco mi scompiglia i capelli. Allerto i sensi e mi guardo attorno.

-Chi è stato?- dico a gran voce, sicuro di udire una risposta. Silenzio. Tutto sta diventando troppo strano. Scricchiolio di scarpe che corrono veloci, fiato corto e spaventato. Non va bene, per niente. Qualcosa corre verso di me, ma non riesco a capire di cosa si tratta a causa della scarsa e difettosa illuminazione.

-Ahhh!- un grido. Forte, acuto, che mi trapana i timpani e mi fa male alle orecchie. Allora mi metto a correre in quella direzione. Cosa stupida da fare, lo so, ma ormai la curiosità ha preso il sopravvento. Corro, corro senza vedere dove metto i piedi, senza sapere a cosa vado incontro, trasgredendo le regole mi sento libero come mai lo ero stato. Ad un certo punto scorgo un'ombra lontana, che si ingrandisce sempre di più. Cerco di mettere meglio a fuoco quella tremolante immagine. Ecco di nuovo scarpe che scricchiolano e fiato spaventato. Poi uno scontro inaspettato. Capriola, male alla testa, capelli in faccia, mano sul viso, corpo pesante sopra il mio. Apro gli occhi e mi ritrovo a navigare in qualcosa di verde e bellissimo.

-Scusa, io...non volevo.- È lei a parlare, la ragazza che possiede quel piccolo mondo dentro i suoi occhi.

-No, stai tranquilla.- le rispondo. Cerco di alzarmi ma mi gira la testa.

-Attento, così rischi di farti male.- la ragazza mi prende per un braccio e cerca di tenermi in piedi. Si guarda intorno ansiosa, ha paura di qualcosa.

-Stai bene?- le chiedo. -Qualche problema con i Custodi?-

Lei mi guarda in modo strano, come se non avesse capito quello che ho detto. -I...Custodi?- ripete.

-Si, chi altri sennò?- Sono confuso. Non è normale che una ragazza piombi così dal nulla. -Come ti chiami?- le domando.

-Io...sono Isabel.- Sembra quasi che non si ricordi persino lei il suo nome.

-Piacere, io sono Evan.-

-...Dimmi, dove mi trovo?- Cosa?! No, non è possibile, non ci credo. Non sa dove si trova, questa quasi sconosciuta sta chiedendo a me che posto è questo.

-Ma come, non sai dove sei?-

Urla di rabbia squarciano l'aria.

-Oddio, sono loro! Presto corri!- Isabel mi prende la mano e mi trascina con sé verso le tortuose stradine della galleria principale, verso la mensa. Lì troveremo sicuramente un gruppo di Custodi.

-No, non di qua! Seguimi!- Le faccio strada verso una calle secondaria, che porta al dormitorio per gli anziani. Lei mi segue fiduciosa. Ha dei bei capelli mossi, che le rimbalzano sulle spalle. I suoi jeans sono sporchi di terra ed ha una scarpa slacciata. “È bella,” penso. “Ma che dico, è una perfetta sconosciuta. È solo grazie a lei se mi trovo nei pasticci.”

Individuo una sporgenza laterale e mi intrufolo dentro agile come un gatto, seguito a ruota dalla ragazza. Ci accasciamo esausti per terra. Un topo grigio scuro ci passa davanti e ci fissa incuriosito. Rumori di stivali pesanti lo fanno scappare verso una crepa del muro.

-Zitta,- ordino ad Isabel. -se ci sentono siamo morti.-

Lei si tappa la bocca spaventata e per un po' tratteniamo il fiato. Stivali che si fermano, vociare roco e poi passi in lontananza. Silenzio. Ora c'è solo il rumore delle gocce che cadono ritmicamente dai tubi sopra le nostre teste.

Evan, ma dove sei finito?” È Frank. Mi sono dimenticato di presentarmi a pranzo. “Sei nei guai ragazzo mio!” mi dice scherzando. Non sa quant'è vero.

  
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