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Autore: Nil_Yeol    22/01/2011    9 recensioni
- In tutto questo tempo mi sono dimenticato di chiederti quanti anni hai.-
Non avrei mai dovuto fare quella domanda, mi sarei risparmiato un bel colpo; per fortuna c'eri tu a rendere tutto più leggero.
- Diciotto- un'altra risposta secca e diretta
Io mi fermai sul posto completamente congelato
- Di...ciotto?- divenni bianco come un lenzuolo
Erano dieci anni, dieci anni di differenza!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cassis




Mi guardo allo specchio un'ultima volta: la chioma rosso vermiglio è perfetta, rigorosamente sparata in aria,da brava e instancabile antagonista della forza di gravità qual'è; i miei occhi, marcati dal tratto spesso di matita nera, sono lucidi per l'emozione e illuminati da quella luce che solo l'attesa di un live è capace di accendere.
Lecco sensualmente le mie labbra rosse e carnose, e, come era logico che fosse, mi torna in mente quanto tu adorassi quel gesto malizioso, che mi divertivo a ripetere continuamente in tua presenza.
Finisco per sorridere al mio riflesso e, sfiorando con un dito il mio collo sottile, decido di calcare ancora un po' le immancabili strisce nere, che da anni attraversano verticalmente la mia gola.
<< Kai, puoi darmi una mano? >>
Vedo il mio batterista voltarsi di scatto con stampato in faccia il solito sorriso dolce e rassicurante; a volte mi chiedo cosa abbia tanto da sorridere, in fondo l'ansia prima di un concerto dovrebbe coinvolgere anche lui, invece il ragazzo snello e grazioso che si sta avvicinando, non sembra risentire minimamente dell'aria di tensione che avvolge il camerino.
<< Dimmi Ruki! >> me lo dice ad un soffio dal viso, tanto che riesco a sentire il suo alito alla menta raffreddarmi le guance.
Prendo la boccetta di china vicino allo specchio e gliela porgo.
<< Dovresti ripassare queste.>> e con la mano accarezzo le care compagne sul mio collo. Kai mi guarda leggermente spaesato
<< Perché? Si vedono già abbastanza.>>
<< No, voglio che siano ancora più evidenti.>>
Consegno il piccolo contenitore nelle sue mani e spostando la testa indietro, aspetto che dia inizio all'opera.
Passa poco e sento le sue dita fredde premere delicatamente sulla gola per tirare la pelle candida.
<< Si può sapere come mai oggi queste strisce hanno tutta questa importanza? >>
Sorrido pensando alla faccia che hai fatto la prima volta che i tuoi occhioni azzurri hanno incontrato quelle piccole linee nere.
<< Perché una persona le trova terribilmente sexy >>


Una delle cose più strane che sei stata capace di dire al nostro primo incontro è stata proprio questa: che quelle strisce, per me diventate una semplice e stupida abitudine, mi rendevano sexy da morire.
In quel momento non seppi cosa rispondere, la tua schiettezza mi aveva lasciato davvero senza parole. Io poi sono sempre stato un tipo riservato, certo sul palco mi prodigo in balletti sensuali, palpatine di ogni genere e fittizie masturbazioni in diretta, ma nella vita reale sono anche altro;
sono lunatico, permaloso - qualcuno pensa addirittura che me la tiri- sono insicuro, perfezionista, masochista e a volte, mio malgrado, anche tristemente solo.
Quel giorno poi ero decisamente di cattivo umore e poco propenso ad una sana chiacchierata con una sconosciuta, quindi la tua ingenua e disarmante sincerità era riuscita a farmi sentire ancora più idiota.
Ti avevo già notata in lontananza mentre ridevi e schiamazzavi con le tue amiche; in realtà ogni singola persona presente in quel parco vi aveva notato, dato il livello allucinante dei vostri acuti.
Inforcai i miei occhiali da sole cercando di non dare nell'occhio e vi passai davanti con lo sguardo basso. Ci fu un minuto di silenzio, poi i vostri sussurri che si sovrastavano l'un l'altro: stavate complottando qualcosa, ma a quel tempo non potevo certo sapere di essere incluso nei vostri piani.
Mi chinai su una fontanella per bere, stando attento a non bagnare le ciocche appena tinte di quel rosso che tu non ti risparmiasti di definire “perfetto” per il mio viso troppo angelico.
Quando alzai lo sguardo incontrai il tuo, vivace e allegro: quegli occhi luminosi e chiari come il mare d'estate, accompagnano ancora oggi i miei sogni.
Un sorriso sfavillante prese vita sul tuo viso piccolo e dai lineamenti delicati, mentre con una mano giocherellavi nervosamente con una ciocca bionda. Eri stata l'unica ad avvicinarti, la più coraggiosa ed intraprendente del gruppo, e tenendo stretta una macchina fotografica mi chiedesti se volevo fare una foto con te.
Credo di aver assunto un'espressione a dir poco sconvolta perché ti vidi abbassare il volto per nascondere, dietro la tua chioma dorata, il grazioso rossore che aveva tinto le tue gote.
<< Se non ti va non fa niente >> stavi per allontanarti e tornare dalle tue amiche, che nel frattempo avevano smesso di ridere, probabilmente allarmate dalla mia reazione da mentecatto, ma prontamente ti afferrai per un polso, stando attento a non stringere troppo, e ti trattenni con delicatezza.
<< Si...mi va...facciamo la foto.>> ti voltasti sorridendomi radiosa e in quel momento sentii il tempo fermarsi intorno a noi.
Durò poco più di un attimo: il tuo braccio intorno alla mia vita, il mio adagiato sulle tue spalle minute, un sorriso, un flash e il gioco era fatto. Mi ero spaventato per nulla; ero abituato alle foto, facevo servizi fotografici quasi ogni giorno, inoltre sembrava che tu non mi avessi nemmeno riconosciuto.
La cosa all'inizio non mi fece molto piacere, in fondo ero pur sempre il vocalist dei Gazette, ma quando ti rivolgesti a me tutta soddisfatta e grata per la foto, non potei far a meno di sciogliermi in un sorriso dolce e sincero, che pochi avevano avuto la possibilità di vedere sul mio viso, ultimamente troppo cupo.
<< Grazie mille! >> anche la tua voce, vivace e squillante, era capace di mettermi allegria.
<< Di niente >> risposi con tono roco e profondo
Tu spalancasti i tuoi splendidi zaffiri guardandomi con ammirazione.
<< Oltre ad essere bello hai anche una voce che dà i brividi!!! >>
Mi misi a ridere e togliendomi gli occhiali ti porsi la mano
<< Grazie, sei davvero gentile. Io comunque sono Ruki.>>
Stringesti la mia mano nella tua piccola e fredda
<< Piacere di conoscerti Ruki.>>
Inclinai la testa da un lato in attesa di conoscere il tuo nome, che però, a quanto sembrava, non avevi intenzione di rivelarmi.
<< Non mi dici come ti chiami?>>
Ti mettesti a ridere mentre riponevi nella borsa nera a tracolla la tua fidata macchina fotografica.
<< Non dico il mio nome agli sconosciuti.>> una risata melodiosa e ancora i tuoi occhi ad incantarmi.
Sbattei le palpebre un paio di volte per tornare alla realtà e con un sorriso malizioso mi rivolsi a te in tono beffardo.
<< Però non ti fai problemi a chiedere fotografie agli sconosciuti eh? >>
Scoppiammo a ridere insieme e quando finalmente riprendemmo fiato, ti avvicinasti per sussurrarmi qualcosa.
<< Allora inventiamoci un nome con cui puoi chiamarmi.>>
Ridacchiai vicino al tuo orecchio solleticandoti il collo con il mio fiato.
<< E come posso chiamarti?>>
Un attimo di silenzio, poi ti spostasti di poco per guardarmi negli occhi e riuscii a sentire un odore intenso, simile ad un profumo da uomo,provenire dalla sciarpa che tenevi legata intorno al collo.
< Umm...chiamami...Cassis.>>
<< Cassis...>> assaporai quel nome in tutta la sua dolcezza, poi mi allontanai leggermente per poterti guardare in viso.
<< ...è bello>>
Ti vidi arrossire di nuovo al mio complimento e quella reazione fece scattare qualcosa in me, qualcosa che ancora adesso non riesco a spiegarmi; so solo che in quel momento, lì con te, mi sentivo libero e a mio agio, come se quello fosse stato da sempre il mio posto.
Il destino ci aveva fatti incontrare e io non avrei sprecato la possibilità di trovare finalmente la mia felicità.
Così ti sorrisi rassicurante e pronunciai le uniche sei parole che mai avrei pensato di dire in un momento come quello.
<< Ti va di uscire con me? >> lo chiesi così all'improvviso, senza rifletterci, senza pensare che eri una ragazzina, che come minimo mi avrebbero arrestato, che ero un maniaco, un pedofilo! Cavolo se ora ci ripenso mi sento male: ho davvero fatto una pazzia ma non mi pento neanche per un attimo di quel gesto avventato ed istintivo, anzi, lo rifarei altre migliaia di volte!
Inoltre ancora più sconvolgente della mia domanda, fu la tua risposta.
<< Si >> tutto qui, un “si” di getto, ancora più immediato della mia richiesta, ancora più folle.
Te l'ho ripetuto tante volte: due matti come noi erano fatti per stare insieme.
<< Bene...>> naturalmente mi avevi preso di sorpresa, non pensavo di riuscire a convincerti così facilmente, ma mi ripresi subito sfoderando uno dei miei sorrisi più seducenti e porgendoti il braccio, per lasciarti appoggiare.
<< Solo un minuto>> tornasti dalle tue amiche in tutta fretta e ti guardai mentre ti sbracciavi per convincerle a lasciarti andare.
Vidi le loro facce incupirsi, una di loro si arrabbiò e improvvisamente la sentii mentre ti urlava che ero un vecchio.
Arricciai il naso infastidito: io vecchio? Si d'accordo, avevo passato da parecchio la ventina ma darmi del “vecchio”!!! No non ci stavo.
Passò qualche minuto e finalmente eri di ritorno.
<< Scusa l'attesa, ho avuto qualche...problemino.>> la tua risata cristallina riempì le mie orecchie e subito fui coinvolto dalla tua euforia, dimenticandomi anche dell'orrendo appellativo di poco prima.
Ti appoggiasti a me tutta sorridente e ci incamminammo chiacchierando del più e del meno, come se ci conoscessimo da una vita.
Quando arrivammo al caffè dove volevo portarti, ci sedemmo l'uno di fronte all'altra rimanendo fermi ad osservarci: sembrava quasi che ci studiassimo.
<< Allora cosa prendi?>> incrociai le dita poggiandovi sopra il mento e continuai a guardarti con gli occhi leggermente socchiusi.
<< Sai che con quella faccia sembri un gatto?>>
Inarcai entrambe le sopracciglia stupito, e, abbandonando le braccia sul tavolo, mi lasciai andare ad una risata liberatoria.
<< Un...gatto?>>
<< Si, uno di quei gatti che fanno le fusa mentre si lisciano contro la gamba di qualcuno>> quando ti rendesti conto di quello che avevi detto, scoppiasti a ridere anche tu , la tua risata però sembrava leggermente imbarazzata.
<< Comunque è un complimento! >>
<< Ma davvero!?>> lo dissi in tono ironico per beffeggiarti, ma tu prendesti la cosa molto seriamente.
<< Certo! Sembri un gatto molto affascinante! Quelle strisce sul collo poi...wow, ti rendono davvero sexy. Mi piacciono tanto sai? >>
Allungasti la mano sfiorando le linee fatte di china e a quel contatto avvertii un brivido percorrermi la schiena.
<< Grazie...>> lo sussurrai appena prendendoti la mano, che fino a poco prima accarezzava la mia gola.
La portai alla bocca sfiorandola con le labbra: l'effetto che avevi su di me fu evidente sin da subito. Non riuscii a controllarmi, tra noi ci fu subito alchimia e senza preoccuparcene ci lasciammo andare come se fosse la cosa più giusta e naturale da farsi.
Dopo che la cameriera prese le nostre ordinazioni, rimanemmo in silenzio a fissarci fino al suo ritorno; che comportamento da psicopatici...a noi però stava bene così, ci capivamo benissimo con uno sguardo e anche senza parlare eravamo perfettamente a nostro agio.
<< Non avrei mai pensato di incontrare una persona strana quanto me>> me lo dicesti senza accennare nemmeno un sorriso, in quel momento eri seriamente stupita.
<< In che senso “strana”? È un altro complimento?>> inclinai la testa incuriosito.
Tu spostasti da un lato la frangia dispettosa che copriva il tuo incantevole volto e stavolta mi sorridesti.
<< In un certo senso si; non mi era mai capitato di trovarmi tanto bene con qualcuno, soprattutto con un ragazzo, avendolo appena conosciuto. Tu mi somigli molto, sei riflessivo, osservi le persone approfonditamente prima di dirgli quello che davvero pensi e...sei basso.>>
Balzai sul posto preso di sorpresa; quello si che era stato un bel colpo. Ero consapevole del mio “problema” di altezza, ma nessuno me lo sbatteva in faccia in quel modo da parecchio tempo.
<< Non sono basso>> calcai volutamente l'ultima parola << sono...>>
<<...grazioso>> continuasti tu per me la frase e ne fui davvero contento perché era la conclusione migliore.
Poggiasti una guancia sulla mano guardandomi rapita.
<< Sai, io ho sempre visto come un problema la mia statura non particolarmente elevata, ma una persona non si misura certo dall'altezza! Inoltre mi sono convinta che quelli piccolini come noi sono molto più carini, facciamo tendenza!>> e a quelle parole scoppiammo di nuovo in una fragorosa risata.
<< Già, tendenza...Ma dimmi un po' Cassis, si nota così tanto che sono un puffo?>> lo dissi scherzosamente; con te non mi sentivo assolutamente in imbarazzo né tantomeno offeso.
<< Diciamo che quelle zeppe enormi non passano inosservate.>>
Abbassai le sguardo sotto il tavolo per dare un'occhiata alle mie scarpe e quando tornai a guardare te, ti rivolsi un sorriso sghembo e colpevole.
<< Colpito e affondato.>>
Trascorremmo un'ora abbondante a parlare di tutto e di niente e alla fine decidemmo di uscire per una passeggiata. Pagai il conto da bravo gentiluomo e, perfezionista quale ero, aprii la porta per farti uscire.
<< Che ragazzo educato, i tuoi genitori possono essere fieri di te.>>
Naturalmente lo avevi detto con il sorriso sulle labbra, senza pensare a quanto ti sbagliassi.
<< Magari lo fossero...>>
Uno sguardo interrogativo da parte tua e subito mi sentii in dovere di raccontarti tutto di me e della mia famiglia, del nostro rapporto un po' burrascoso e di quanto questo a volte mi facesse star male.
<< Scusami Ruki, non volevo...>> eri sempre così dolce e sensibile, per questo ti amavo così tanto.
Afferrai la tua mano e la strinsi per rassicurarti, anche se in realtà ero io quello che cercava conforto in te.
<< Posso abbracciarti?>>
Era la domanda che aspettavo, dunque la mia risposta non si fece attendere.
<< Si>>
Le tue braccia minute cinsero i miei fianchi e la tua testolina bionda si poggiò sul mio petto fasciato dal giubbotto di pelle nera.
<< Sento il tuo cuore>>
Ridacchiai per l'ovvietà di quella constatazione, ma sapevo già di dovermi aspettare qualcosa di bello e profondo, pronunciato dalle tue labbra.
<< Ha un suono bello e triste come la tua voce.>>
Fu allora che capii quanto fossi speciale: rafforzai il mio abbraccio e baciandoti i capelli, iniziai a cantare sussurrando al tuo orecchio.
Rimanemmo avvinghiati l'uno all'altra, danzando a ritmo della mia voce, per molto tempo, poi arrivò il suono del tuo cellulare a rompere l'idillio.
All'altro capo della cornetta c'erano le tue amiche, che sbraitavano e ti urlavano contro ogni sorta di maledizione.
<< Erano preoccupate vero?>>
Riponendo il cellulare in tasca, ti rivolgesti a me gonfiando le guance per poi sorridere divertita.
<< Un po'...è il caso che torni da loro.>>
<< Certo, ti accompagno.>>
Ci incamminammo verso il parco dove ci eravamo incontrati tenendoci ancora per mano.
<< In tutto questo tempo mi sono dimenticato di chiederti quanti anni hai.>>
Non avrei mai dovuto fare quella domanda, mi sarei risparmiato un bel colpo; per fortuna c'eri tu a rendere tutto più leggero.
<< Diciotto>> un'altra risposta secca e diretta
Io mi fermai sul posto completamente congelato
<< Di...ciotto?>> divenni bianco come un lenzuolo
Erano dieci anni, dieci anni di differenza!
<< Ora capisco perché le tue amiche erano tanto in ansia...io sono un tantino più grande di te sai?>>
Tu scrollasti le spalle come se fosse la cosa più sciocca ed insignificante del mondo.
<< Sono una ragazza matura, saprò reggere il confronto.>>
E lo reggesti perfettamente, fui io a rimanere indietro.


Ero riuscito a procurarmi il tuo numero nonostante le occhiatacce delle tue fidate guardie del corpo e non feci passare nemmeno ventiquattro ore per risentire la tua voce melodiosa.
<< Pronto?>>
<< Ciao Cassis, disturbo?>> udii il tuo fiato interrompersi bruscamente, poi sussurrasti il mio nome alle tue amiche e qualche urletto eccitato fece eco alle tue parole.
<< Ciao Ruki! Ma no che non disturbi, anzi avevo proprio voglia di sentirti,>> ancora qualche schiamazzo delle tue compagne, poi ti sentii chiudere una porta per allontanarti dalle loro prese in giro.
<< Menomale, comunque volevo invitarti a pranzo, sempre che tu non abbia altro da fare...>>
La tua risposta fu immediata come al solito.
<< No, non ho assolutissimamente niente da fare! Sono libera come l'aria! Dove ci incontriamo?>>
Trattenni a stento una risata e mordendomi le labbra ripresi a parlare.
<< Facciamo al solito posto all'una in punto, ok?>>
<< Ci sarò.>>
<< A dopo allora...>> riattaccare era l'ultima cosa che avrei voluto ma quella donnaccia di Uruha era entrata nella stanza sbattendo con forza la porta.
Riagganciai nascondendo in fretta il cellulare nella tasca e lanciai un'occhiata truce al biondo.
<< Che hai da guardare in quel modo?>> il viso femmineo del mio chitarrista assunse un cipiglio infastidito e continuò a fissarmi leggermente intontito anche quando andò a stendersi sul divanetto della sala prove.
<< Lascia stare Uruha..tu piuttosto che diavolo hai? Sembri appena uscito da una centrifuga. >>
Nonostante la quantità industriale di fondotinta scorgevo perfettamente le occhiaie che ornavano il suo viso pallido e stanco; in risposta l'uomo dalle gambe perfette si passò una mano nella chioma fluente, leggermente arruffata, e sospirò esasperato.
<< In un certo senso è così...>> la sua voce impastata di sonno mi fece dimenticare l'arrabbiatura di poco prima.
<< Quando ti sei messo con Aoi sapevi che sarebbe stato impegnativo! E comunque non fare tanto il prezioso, lo sanno tutti che ti piace brutta prostituta da quattro soldi!>>
Sghignazzai prendendolo in giro e subito pensò di rispondermi con una cuscinata ben assestata in faccia.
<< Piantala stupido nano!>>
Gli passai accanto per prendere il pacchetto di sigarette sul tavolo e accendendone una ti mandai un messaggio scusandomi per il congedo troppo affrettato.
<< Oggi non ti arrabbi se ti chiamo nano?>>
Mi sedetti sulle ginocchia di Uruha soffiando il fumo nei suoi occhioni ambrati -una piccolissima vendetta mi era concessa-
<< A lei piaccio anche così...dice che faccio tendenza!>> e sorrisi al pensiero del tuo dolce sguardo.
<< Lei chi? >> mi chiese con voce incrinata il chitarrista affumicato.
<< Cassis.>>
Uruha fece qualche colpo di tosse e senza dargli la possibilità di chiedermi altro uscii dalla stanza prima di ricevere la ramanzina sul fumo da parte di mamma Kai.


La giornata di lavoro fu decisamente poco proficua: ero completamente distratto, a malapena ricordavo le parole dei testi che io stesso avevo scritto e, a proposito di testi, ricevetti una bella strigliata da parte di tutti per non aver “buttato giù” nemmeno una parola della nuova canzone.
Certo la distrazione era colpa mia; un uomo di quasi trentanni dovrebbe sapersi controllare, io invece non facevo altro che pensare a te e a quando finalmente ti avrei rivisto, proprio come un adolescente alle prese con il primo amore.
Effettivamente però tu sei stata il mio primo amore, il primo amore vero.
Intorno a mezzogiorno Kai diede il via libera, continuare le prove era ormai inutile, così mi fiondai fuori dalla stanza per andare a prepararmi: non sarei mai arrivato in ritardo al nostro primo appuntamento.
Tornai a casa guidando come un folle, se un vigile mi avesse fermato il ritiro della patente non sarebbe stato sufficiente, ma in quel momento ero così agitato da essere addirittura capace di investire qualunque dannato vigilante che avesse avuto l'ardire di mettersi sulla mia strada.
Mi preparai in tempo record: capelli, trucco più calcato del solito – dovevo essere perfetto- pantaloni in pelle, t-shirt e la mia fidata giacca leopardata: modestie a parte, ero uno schianto.
Nonostante il riflesso dello specchio rispondesse perfettamente alle mie aspettative, sentivo la mia solita sicurezza sfrontata e strafottente venire meno; ero in ansia, completamente nel pallone e terrorizzato dall'idea di non piacerti. Mi diedi qualche schiaffo per riprendere il controllo e senza ulteriori indugi presi le chiavi di casa e uscii in gran fretta.
L'una arrivò in un attimo, l'unica cosa che non arrivava eri tu.
Trascorsi la mezz'ora successiva seduto su una panchina a fumare, non ero minimamente innervosito dal tuo ritardo, anzi ridevo già all'idea del tuo viso tutto rosso e imbarazzato mentre ti scusavi per l'attesa: le mie speranze naturalmente furono realizzate quasi subito.
Ti vidi correre lungo il vialetto del parco sbracciandoti e cercando di non cadere a causa dei tacchi vertiginosamente alti.
<< Scusa, scusa,scusa! Ti giuro che non è colpa mia, posso spiegarti tutto!>>
Ti sorrisi intenerito dal tuo sguardo sinceramente dispiaciuto.
<< Non ti preoccupare, ti farai perdonare nell'arco della giornata...>>
Sfiorai la tua guancia calda per poi prenderti per mano e trascinarti via con me.
<< Dove andiamo?>>
<< A mangiare. Ho una fame che non ci vedo.>>
Analizzasti la mia figura dall'alto in basso ed io nel frattempo mi irrigidii in attesa del tuo giudizio.
<< Non sembri un tipo che mangia molto...sei magrissimo!>>
Mi voltai verso di te un po' imbarazzato.
<< È colpa del lavoro: in realtà mangio molto ma non assimilo granché dato che non sto fermo un attimo.>>
<< Ti muovi tanto eh!? >> la tua voce maliziosa che mi scherniva.
<< Ma come siamo spiritose!!! >> ti afferrai per i fianchi facendoti il solletico e tu subito iniziasti a contorcerti e a raggomitolarti in un vano tentativo di difesa.
<< Basta per favore...scusa, scusa non lo faccio più!>> urlavi e ridevi contemporaneamente e in uno scatto improvviso ti gettasti su di me facendomi cadere sull'erba umida.
Avere il tuo volto a pochi centimetri dal mio e sentirti su di me mi emozionò tanto da farmi ammutolire, Anche tu smettesti di ridere continuando a guardarmi fisso negli occhi.
<< Oggi non hai le lenti colorate Ruki?>>
<< No>> ti risposi con un soffio di voce.
<< I tuoi occhi sono ancora più belli così...>>
La tua fronte premette sulla mia mentre con le labbra sfioravi la punta del mio naso.
Da quella distanza potevo sentire ancora quel profumo inebriante che ti accompagnava ogni momento.
<< Tu invece hai un buon profumo>> odorai il tuo collo e con le braccia ti cinsi la vita.
<< Ti piace davvero?>> me lo chiedesti ridendo sotto i baffi
<< Si, davvero.>>
<< Allora ti confido un segreto...>> ti avvicinasti al mio orecchio per sussurrarmi la tua confessione.
<<...è un profumo da uomo.>> mi schioccasti un bacio sulla guancia alzandoti velocemente.
<< Ti piace l'odore di un uomo Ruki-chan? Devo preoccuparmi allora!>> la tua risata arrivò subito a riempire l'aria.
Uno scatto di reni e mi alzai anch'io per raggiungerti.
<< Ora ti faccio vedere io se mi piacciono gli uomini!>>
Iniziasti a correre ed io che ti seguivo felice e spensierato come non ero da troppo tempo.

Il ristorante fu decisamente di tuo gradimento: ti guardavi intorno con stupore, ammirando il giardino rigoglioso che circondava la graziosa struttura in stile tradizionale. Il suono sordo della canna di bambù nel laghetto artificiale era la colonna sonora di quella giornata incantevole.
Ci sedemmo accanto ad un' ampia finestra così che potessi godere ancora di quello spettacolo che ti affascinava tanto.
<< Ti piace?>>
Dal sorriso che mi mostrasti la risposta era senza dubbio affermativa.
Continuai ad ammirare il tuo profilo perfetto mentre osservavi il cielo terso dalla vetrata; i tuoi occhi cerulei e i riccioli biondi illuminati dai raggi del sole ti conferivano un'aria a dir poco angelica ma quando te lo dissi non ne fosti per niente contenta.
<< Gli angeli non mi piacciono, sono insulsi e melensi...molto meglio un demone!>>
<< Tu sei proprio una tipa strana, io ti faccio un complimento e tu mi mostri il tuo lato satanico! Di gente come te ce n'è poca in giro sai?>>
Afferrasti la mia mano stringendola forte.
<< Certo che lo so, ma proprio per questo dovresti essere onorato di trascorrere una giornata con me.>>
Adoravo la tua ironia e il tuo modo di fare sempre così allegro ed estroverso, mi faceva stare bene, con te ero tranquillo e felice, non esisteva il lavoro, la fatica, l'ansia o la preoccupazione, era tutto perfetto; ma le cose perfette non sono mai per sempre.
Quel giorno mi insegnasti qualche parola in francese – imparata grazie a tuo padre- mentre io cercai di farti tenere le bacchette in mano.
<< Mangiare con queste cose è impossibile>> sbuffasti sonoramente abbandonando le asticelle di legno sul tavolo.
<< Lascia, ci penso io.>>
Le afferrai per te e con agilità presi un raviolo fumante porgendotelo.
<< Apri la bocca principessa,>>
Andò avanti così per tutto il pranzo, che naturalmente fu il migliore che avessi mai avuto.
Improvvisamente una cameriera dall'elegante kimono rosso si avvicinò al nostro tavolo porgendomi carta e penna.
<< Scusi il disturbo Ruki-sama, ma, se possibile, vorrei tanto avere un suo autografo.>>
Presi tra le mani il foglio che la giovane mi porgeva e sorridendo glielo restituii subito dopo averlo firmato, quella si allontanò con un inchino e io tornai a guardare te, che nel frattempo eri rimasta a fissarmi incredula.
<< Fammi capire...sei famoso!!?>>
Incrociai le braccia al petto soddisfatto e ti fissai a mia volta con aria di superiorità.
<< Ma certo! Sei tu quella che dovrebbe essere onorata di trascorrere una giornata con me!>>
<< Ma finiscila sbruffone!>> mi lanciasti il tovagliolo ridendo
Nonostante il dolce rimprovero, mi chiedesti cosa facessi nella vita e rimanesti ad ascoltarmi in silenzio per tutta la durata del racconto.
<< Wow...sto pranzando con un cantante di fama internazionale! Sono proprio una ragazza fortunata.>>
<< Puoi dirlo forte!>>
Uscimmo mano nella mano sotto gli sguardi incuriositi della gente.
Quando il sole tramontò viaggiavamo sulla mia auto; avrei dovuto accompagnarti all'albergo in cui alloggiavi con le tue amiche ma avevi insistito così tanto per vedere il mio appartamento che non potei fare a meno di accontentarti.
Arrivammo in men che non si dica e quando afferrai le chiavi per aprire la porta, la mano mi tremava tanto da non riuscire ad inserirle nella toppa; le tue dita allora vennero in mio aiuto andando a stringere le mie.
<< Sei nervoso?>>
La tua voce, stranamente sottile e flebile, mi riscosse dal quel torpore.
<<...si, un po'>> era inutile mentire, riuscivi a capirmi con uno sguardo.
<< Anch'io>> me lo dicesti sorridendo ma i tuoi occhi lucidi mostravano tutta la tua ansia mista ad aspettativa.
Da esperta conoscitrice delle usanze giapponesi, ti sfilasti con eleganza le scarpe, lasciandole in un angolo dell'ingresso e dirigendoti subito verso il grande piano a coda al centro del salone. Sfiorasti con le dita sottili la superficie lucida dello strumento per poi guardare nella mia direzione con espressione rapita.
<< Sai suonarlo?>>
Rimasi per un attimo immobile, appoggiato allo stipite della porta, poi feci cenno di si con la testa e venendo verso di te, mi sedetti di fronte al piano senza proferire parola.
Solo le dolci note, che scorrevano fluide sotto le mie dita, ci facevano compagnia in quel momento; ti sedesti accanto a me e dopo poco avvertii il peso delicato della tua testa sulla spalla e un calore rassicurante all'altezza del petto.
Quando la canzone terminò riapristi gli occhi in quel momento pieni di lacrime.
<< È bellissima...>> lo dicesti con voce rotta dal pianto ed io non potei fare a meno di stringerti a me mentre con le labbra andai a catturare una goccia salata che vagava solitaria sulla tua gota.
<< Si chiama Miseinen...è una canzone che ho scritto un po' di tempo fa.>>
<< Un giorno vorrei che la cantassi per me...>>
Ti sorrisi intrecciando il mio sguardo con i tuoi occhi -quelle due finestre affacciate sul cielo- e passai una mano tra i tuoi serici fili d'oro.
<< Un giorno ne canterò una che sia solo tua.>>
E mantenni la promessa, scrissi per te una delle mie canzoni più sentite, una delle più vicine al mio cuore.
Forse ad ispirarmi fu la tua improvvisa e inaspettata intraprendenza, quando vicino a quel pianoforte prendesti il mio viso tra le mani e deponesti sulle mie labbra appena schiuse, un caldo e tenero bacio; il tuo corpo premette sul mio mentre le tue mani vagavano frenetiche sul mio petto attraverso la scollatura della camicia, che avevi appena aperto.
Mi spinsi verso di te sostenendomi sui tasti bianchi del piano, dal quale si protrasse il suono cupo delle note gravi, e mordendo dolcemente il tuo labbro inferiore, morbido e sensuale, ti sollevai da terra.
Ti aggrappasti a me intrecciando le gambe intorno ai miei fianchi, mentre con le dita sottili stringevi alcune ciocche scarlatte tirandole appena; io continuavo a baciarti le labbra, il mento e la linea delicata del collo, avvertendo l'eccitazione crescente impossessarsi di me.
Quando tirasti un po' più forte i miei capelli, mi lasciai sfuggire un leggero lamento che ti fece sorridere malignamente.
<< Sei sadica...>>
La mia voce calda tremava, anche lei in preda al fremito del desiderio.
Continuasti a ridere divertita per poi prendere una delle mie labbra tra le tue e succhiarla avidamente. Sentivo che non avrei resistito a lungo così mi lasciai semplicemente scivolare sul divano in pelle nera, portandoti con me.
Mi sostenni sui gomiti per non pesare su di te e rimasi ad osservare il tuo viso etereo;
sfiorai con la punta del naso il tuo e nascosi il viso nell'incavo del tuo collo per inebriarmi del tuo profumo. In quel momento sentii le forze venirmi meno e mi abbandonai con delicatezza sul tuo corpo lasciando così che il mio bacino sfiorasse il tuo ventre:
a quel contatto ti vidi trattenere per un attimo il fiato e spalancare gli occhi sorpresa. Mi allontanai in fretta per tranquillizzarti -spaventarti era l'ultima cosa che volevo- stavo quindi per alzarmi ma le tue mani arrivarono ad afferrarmi per le spalle trascinandomi di nuovo su di te.
<< Non andartene, ho freddo se non ci sei tu su di me.>>
Anche in un momento del genere eri riuscita a farmi ridere; poggiai la testa sul tuo petto sghignazzando e mi lasciai cadere sul tuo corpo come un sacco di patate.
<< Stupida...>>
Iniziasti ad accarezzare i miei capelli dolcemente, poi la tua voce tornò a chiamarmi.
<< Ruki. Ho ancora freddo.>>
Sollevai lo sguardo e vidi il tuo quasi incandescente; capii subito cosa volesse dire quello sguardo e non esitai nemmeno per un attimo. Mi misi a sedere stringendoti tra le gambe e sfilando la camicia già completamente aperta; ti sollevasti anche tu e con gesti lenti e meticolosi ti aiutai con la maglia ormai di troppo.
Nel frattempo le tue mani iniziarono a una dura lotta con la cerniera dei miei pantaloni: eri così carina mentre, inesperta ed emozionata, vivevi la tua prima esperienza con un uomo, un uomo che a sua volta sembrava il più incapace e impedito sulla faccia della terra, nonostante la veneranda età e il vanto di numerose conquiste alle spalle.
Tu però non eri una semplice conquista, non ero stato io a sedurre te, eri stata tu in realtà a rapirmi letteralmente.
Presi le tue mani e ti aiutai a far scendere quella fastidiosa zip; mi sorridesti grata per l'aiuto baciandomi sulle labbra e, intrecciando le braccia intorno al mio collo, mi riportasti giù con te. In un attimo, dando prova delle mie doti straordinarie, aprii i tuoi jeans abbassandoli fino alle ginocchia per poi toglierli del tutto.
Sostenni il tuo sguardo ormai liquido per l'eccitazione.
<< Lo vuoi davvero?>> lo chiesi seriamente preoccupato.
<< Si >> un'altra delle tue meravigliose risposte immediate.
L'ennesimo bacio, la mia mano che sfiorava il tuo seno e poi sprofondai nell'abisso del piacere.
Ti vidi chiudere gli occhi e schiudere le labbra, il tuo respiro si fece forte e irregolare per poi adeguarsi al ritmo dei miei movimenti. Ti aggrappasti alla mia schiena graffiandola per sfogare il dolore che sapevo stavi provando.
Ti baciai ancora e ancora per lenire le tue sofferenze e nel tentativo di distrarti iniziai a mordicchiare il lobo del tuo orecchio scendendo poi sul tuo collo, dove leccai la carotide bollente.
Dopo poco capii che il dolore era divenuto finalmente piacere e osservando il tuo viso preso dall'estasi, avvertii la mia gioia aumentare, così ti sorrisi e leccai le mie labbra spostando da un lato quello inferiore.
Sorridesti anche tu toccando il mio viso con un dito, poi, prendendomi di sorpresa,ti sollevasti facendo forza sui gomiti , costringendomi così a stare seduto.
Le tue gambe strinsero la mia vita mentre il tuo corpo aderiva perfettamente al mio e lo teneva fermo ai morbidi cuscini del divano.
Sei sempre stata intraprendente, anche in una situazione tanto nuova per te.
Ora eri tu a condurre me: seguivo i tuoi movimenti come un musicista con con il maestro d'orchestra e al culmine del desiderio poggiai la testa sul tuo petto gemendo e chiamando il tuo nome.
Ti sentii fare lo stesso mentre le tue dita si intrecciarono alle mie.
Il calore avvolgente del tuo corpo mi accompagnò fino a quando avvertii di essere diventato parte di te.
Mi abbandonai sulla superficie morbida in pelle chiudendo gli occhi, con il respiro ancora irregolare e la fronte imperlata di sudore. Il tuo viso si adagiò sulla mia spalla mentre con la mano accarezzavi ancora il mio torace.
Restai dentro di te ancora per qualche minuto, restio ed insofferente a lasciarti; anche le nostre braccia rimasero a cingere le une il corpo dell'altro, testimoni di quel legame che ormai univa indissolubilmente persino le nostre anime.

Mi svegliai con il suono del mio cellulare: ancora intontito cercai a tentoni sulla superficie fredda del tavolino in cristallo davanti al sofà e dopo poco afferrai quel piccolo oggetto, in quel momento terribilmente fastidioso.
<< Pronto>>
<< Dove cazzo sei finito?>> la voce delicata del nostro angelo biondo arrivò come un trapano a forare il mio cranio.
<< Ma che vuoi Uruha? Dove pensi che sia? A casa no?>>
Dall'altra parte della cornetta provenne un grugnito inferocito
<< E LO DICI Cosìì??? Sono ore che proviamo a chiamarti e quando finalmente ti decidi a rispondere fai anche il prezioso? Vedi di muovere il culo stupido nano tra un'ora abbiamo l'intervista!!!>>
Stropicciai gli occhi nel vano tentativo di riprendermi da quello stato comatoso, poi mi accorsi di essere completamente nudo così come lo eri tu, lì accanto a me. Presi la coperta in pile adagiata sulla poltrona accanto e la stesi sul tuo corpo ancora caldo.
Non potei fare a meno di sorridere alla visione tenera del tuo corpo accoccolato in quel giaciglio e con le labbra sfiorai la tua fronte.
<< Senti Uru, sapevo già del tuo problemino con gli alcolici ma non pensavo fosse così grave! L'intervista è alle dieci di sera!! Hai presente? Quando si fa buio!!!>>
<< E che ore pensi che siano adesso brutto imbecille decerebrato!!?>> la finezza di quell'uomo era davvero sorprendente...e pensare che all'apparenza sembra così delicato ed elegante.
Guardai verso il grande orologio appeso alla parete della cucina: segnava le nove e dieci, preso dal panico spalancai le tende e mi godetti lo spettacolo della notte più nera.
<< Merda...>>
Riattaccai senza nemmeno salutare mister raffinatezza e corsi da te scuotendoti leggermente.
<< Ehi Cassis, Cassis sveglia! Si è fatta sera senza che ce ne rendessimo conto, le tue amiche mi uccideranno e come minimo avranno già chiamato la polizia!!!>>
Alzasti lentamente le palpebre per guardarmi con i tuoi occhi ancora offuscati dal sonno, improvvisamente però il messaggio sembrò arrivare al tuo cervello e scattasti in piedi come una molla.
<< Sera!!!? Oh mio Dio, oh mio Dio, OH MIO DIO!!!>> Come un fulmine raccattasti la tua roba rivestendoti alla velocità della luce; quando fosti pronta ti voltasti verso di me, che nel frattempo ero rimasto immobile ad osservarti con la bocca aperta.
Stavi per dirmi qualcosa ma il tuo sguardo fece un'analisi veloce del mio corpo, ricordandomi così che ero ancora svestito.
Mi piegai per raccogliere i pantaloni abbandonati a terra e corsi in camera per sfuggire alle tue occhiate.
Mi preparai per l'intervista come meglio potevo ma la tua presenza nell'altra stanza mi destabilizzava in maniera terribile.
<< Sei bellissimo..>> la tua voce mi colse di sorpresa mentre stendevo l'ennesimo chilo di trucco sul viso <<...anche senza tutto quel fondotinta, io ti ho visto per come sei e posso dirti che sei perfetto.>>
Le tue parole furono di una dolcezza tale da riuscire a commuovermi: eri una delle poche persone a vedere in me qualcosa di speciale, a guardare oltre la maschera di spavalderia dietro cui mi nascondevo.
Ti corsi incontro per poi stringerti a me con forza.
<< Non allontanarti mai da me Cassis...non lasciarmi più solo.>>
E non lo facesti, almeno fino a quel maledetto primo febbraio.
Ventinove anni erano davvero un bel traguardo, così mi avevi promesso di trascorrere con me quel giorno, inoltre in quella ricorrenza avremmo potuto festeggiare la tua permanenza in Giappone, giunta ormai al terzo mese.
Quando ti vidi seduta sui gradini di fronte casa, fui pervaso dall'euforia: trascorrevamo praticamente tutti i giorni insieme, ma ogni volta era come la prima.
Aumentai il passo avvertendo le labbra distendersi in un sorriso sfavillante, sorriso al quale però tu non rispondesti.
<< Che bella sorpresa! Ti aspettavo stasera e invece...>> Il tuo viso rimase impassibile, poi mi porgesti un pacchetto dalla graziosa carta color caramello.
<< È per te, purtroppo stasera non avrei modo di dartelo>>
Ti guardai confuso sbattendo gli occhi un paio di volte: in realtà avevo capito benissimo ma sentivo il bisogno di illudermi, dovevo farlo o sarei crollato in un istante.
<< Perché? Se sei impegnata possiamo uscire anche domani, non c'è problema.>>
Questa volta sorridesti ma fu un sorriso amaro e malinconico.
<< No Ruki, non potremo vederci nemmeno domani. Sto per partire, ho il volo tra qualche ora.>>
E il mondo si fermò.
Con te accadeva sempre tutto in un attimo: l'inizio di un amore e la sua fine.
Tu continuavi a parlare ma le mie orecchie erano sorde, incapaci di udire alcun suono.
<< Ruki...>> la tua mano fredda afferrò la mia e finalmente mi decisi a sollevare lo sguardo da terra per incontrare il tuo.
<< Ruki, io sento di non poterti amare più di quanto già non faccia; i mesi che ho passato con te hanno stravolto la mia vita, l'hanno resa più bella e felice, per questo voglio che rimanga tutto così, non deve modificarsi nulla.
Probabilmente se stessimo ancora insieme finiresti con il renderti conto di quanto in realtà io sia normale e ti stancheresti di me, ora invece abbiamo raggiunto l'apice della gioia insieme e voglio che in te rimanga solo questo ricordo di me, un ricordo felice, senza macchie a deturparlo.>>
Strinsi i pugni avvertendo le lacrime riempirmi gli occhi; feci qualche passo indietro e ti affrontai a testa alta.
<< Quindi va bene così? L'importante è che la tua immagine non ne risenta?>> se ripenso alle cose che ti dissi mi sento davvero un idiota; ero talmente arrabbiato da non rendermi conto di quanto anche tu stessi soffrendo, di quanto ti fossero costate quelle parole.
Fui solo capace di scaricare su di te la mia frustrazione per essermi sentito abbandonato ancora una volta.
<< Se è solo per questo che lo fai allora mi dispiace dirti che non hai raggiunto l'obbiettivo; alla fine hai dimostrato quanto puoi essere meschina!
Che fine hanno fatto tutte quelle belle parole, la complicità, le promesse? Hai trascorso una bella vacanza, ti sei divertita e fine, giusto? È questo che hai fatto no? Sono stato un divertimento per te vero?>>
<< Ruki non è così e lo sai>> la tua voce si incrinò all'improvviso ma nemmeno quello mi fece desistere.
<< Dovevo immaginarlo, sei come tutti gli altri, mi hai sfruttato fino a quando ti ha fatto comodo e ora vuoi andartene perché sei una stupida ragazzina immatura e->> il tuo schiaffo interruppe quell'inutile sproloquio.
L'ultima immagine che custodisco di te è il tuo viso rigato dalle lacrime.
<< Tu per me rimarrai comunque quanto di più bello abbia mai avuto Ruki, non potrò mai amare nessuno come ho amato te.>>
Forse quelle parole fecero ancora più male del colpo di poco prima.
Ti voltasti di spalle e mi desti il tuo addio.
Quello stesso giorno scrissi la tua canzone: Cassis.



<< Ecco fatto>>
L'opera di Kai è terminata.
Mi guardo allo specchio soddisfatto.
<< Perfetto, grazie leader>>
Kai mi risponde con uno dei suoi dolci sorrisi e, incrociando le braccia al petto, si abbandona sullo stipite della porta continuando a guardarmi.
<< Oggi canterai per la prima volta quella canzone in un live!>>
<< Già.>> una risposta secca, parlarne mi fa ancora male.
<< Avresti potuto telefonarle, scusarti e magari cantargliela per telefono se necessario.>>
Mi volto scettico verso il mio sottile batterista e piego la testa da un lato con fare sarcastico.
<< Dopo le mostruosità che le ho detto è meglio che non mi faccia neanche più sentire da lei, non importa se non saprà mai della canzone.>>
<< Oh ma lei lo sa...>> il sorriso del brunetto stavolta è più malizioso che delicato.
Sgrano gli occhi incredulo.
<< Che intendi dire?>>
Con un movimento fluido ed elegante, il corpo di Kai si frappone tra me e il ripiano su cui colloco le varie cianfrusaglie.
<< Prima che lei se ne andasse, quel giorno sono riuscito a lasciarle il tuo...messaggio.>>
<< Fammi capire, le hai dato la canzone?>>
Ancora quel dannato sorriso, che ora gli strapperei volentieri dalla faccia.
<< Si>> una risposta secca proprio come le tue.
Mi lancio su Kai prendendolo per il colletto della camicia.
<< Ma ti sei bevuto il cervello? Non avresti dovuto farlo!>>
<< E perché? Per vederti depresso ancora un altro paio di mesi? Devi riprendere in mano la tua vita Ruki e non lo farai mai se continui ad evitare il problema.>>
Abbasso la testa colpevole e, senza saper cosa rispondere, esco dalla stanza.
Ora devo preoccuparmi unicamente della nostra esibizione, devo dare il meglio di me, magari pensando che ci sia tu a guardarmi.
Dietro il sipario avverto già l'euforia e le urla frenetiche dei fan; mi schiarisco la voce, un'occhiata agli altri, tutti tesi come corde di violino, e finalmente entro in scena.
Il boato, l'elettricità nell'aria e il mio cuore che martellava nel petto.
Naturalmente fingo di essere perfettamente tranquillo e rilassato, ancheggio fino all'asta del microfono per poi leccarlo sensualmente.
Il tempo di un saluto al nostro pubblico e subito presento la mia nuova creazione.
<< Questa è per una persona importante, il cui ricordo rimarrà per sempre immutato nel mio cuore. Grazie per avermi vissuto intensamente...Cassis!>>





Ormai sono passati cinque anni da quando ti ho conosciuto.
Sono cambiate molte cose: Aoi si è finalmente deciso a presentare Uruha ai suoi genitori, Kai ha preso un chilo, Reita ha cambiato fascetta per il naso, io ho ripreso contatti con mio padre – proprio come avresti voluto tu- e sono diventato un po' più alto, naturalmente grazie ad un paio di zeppe più alte di qualche centimetro.
Sorrido ai miei stessi pensieri e, guardando la foto del nostro primo appuntamento, il mio sorriso diventa ancora più radioso.
Solo due cose sono rimaste le stesse: i Gazette e il mio amore per te.
Improvvisamente avverto un picchiettio sulla mia spalla e voltandomi incontro gli occhi piccoli e vispi di Reita che mi fissano.
<< Allora? Che te ne pare della Gioconda?>>
Guardo ancora una volta il piccolo quadro circondato da una folta folla e faccio spallucce.
<< Deludente, è troppo...piccola.>>
Scoppiamo a ridere cercando inutilmente di non farci notare, poi continuiamo il nostro itinerario del museo del Louvre.
In un attimo però sento il cuore salirmi in gola: le note di Cassis si spandono nell'aria.
Mi guardo intorno e finalmente incontro la tua figura intenta a cercare qualcosa nella borsa: ti riconoscerei fra mille.
Afferri il cellulare imbarazzata e lo spegni rischiando di farlo cadere.
Sei ancora più bella.
Sento le mie gambe muoversi da sole: voglio parlarti, toccarti, chiederti scusa e dirti tutto quello che non ho potuto dirti prima. A pochi metri da te però vedo un ragazzo cingerti le spalle con un braccio.
<< Non sarà un po' troppo alta questa suoneria?>> te lo chiede sbeffeggiandoti.
Tu lo guardi con i tuoi occhi luminosi e gli schiocchi un bacio sulle labbra.
<< Non lo è mai abbastanza! Ricordati che questa è la mia canzone, l'ha scritta per me la mia anima gemella.>>
<< Ma smettila!>>
Il giovane dagli occhi scuri ti scompiglia i capelli trascinandoti via.
Io rimango lì, immobile come tutte quelle maledette statue che ornano i corridoi; per fortuna la mano del mio leader viene a stringere la mia.
<< Tutto bene Ruki?>>
In fondo è davvero meglio così, avevi ragione tu: il ricordo di noi due è perfetto così com'è, non bisogna aggiungere nulla.
Sorrido a Kai e ricambio la sua stretta.
<< Si, tutto bene leader. Ora posso finalmente andare avanti.>>








Mi sono permessa di posticipare la pubblicazione di Cassis unicamente perché questa canzone è la tua canzone, la prima che abbia raggiunto il tuo cuore, la prima in grado di mostrarti tutte quelle dolci sfumature della voce del tuo Ruki, la prima di una lunga serie...
Speriamo che questa storia non spenga il tuo entusiasmo^^
Naturalmente non c'è bisogno che ti chiami per nome no? Sai che questo piccolo pensiero è per te e come non potresti dato che Cassis sei tu? Non puoi non riconoscerti in questo racconto anche se le mie parole non potranno mai rendere nemmeno l'idea di quello che sei...

  
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