Due mesi, una settimana e tre giorni
Due mesi, una settimana e tre giorni.
Era esattamente il tempo che aveva passato nello Hampshire,
dal trasferimento della sua famiglia dalla capitale, e per una volta i
suoi
genitori sembravano pienamente soddisfatti della nuova sistemazione.
La villa che avevano ereditato era più grande di quella di
Londra e la tranquillità del quartiere si espandeva di
giardino in giardino,
aleggiando sulle case ricche ed eleganti. L’intero villaggio
era abitato da
famiglie benestanti, stabili o di passaggio, e la magnificenza delle
abitazioni
colpiva l’occhio dei passanti.
Seduta composta su un divano imbottito, le mani giunte in
grembo e l’espressione impassibile, Elaine Mason assisteva
alla conversazione
tra sua madre e la signora Evans, appuntamento ormai quotidiano
dell’ora del
tè. I suoi occhi erano fissi fuori dalle grandi vetrate, sul
giardino curato e
in piena fioritura; non partecipava mai di persona alle discussioni,
limitandosi a sorseggiare la sua tazza di Earl Grey e porgere
l’orecchio quando
era richiesta la sua attenzione. Nonostante si annoiasse spesso, non
avrebbe
mai disobbedito alla madre: voleva che la accompagnasse dagli Evans,
con la
speranza che riuscisse ad incontrare quello che era stato scelto come
suo promesso
sposo. Ma Lionel Evans sembrava essere sempre occupato e,
benché fossero
passati tre mesi dal loro fidanzamento, lei non l’aveva visto
nemmeno una
volta.
Non era contro i matrimoni combinati, credeva fermamente che
la sua famiglia potesse fare la scelta migliore per il suo futuro, e
non le
importava di non avere mai visto quello che, nel giro di pochi anni,
sarebbe
diventato suo marito. Era convinta che l’amore arrivasse dopo
le nozze, poco a
poco avrebbe potuto amare quello sconosciuto, chiunque fosse stato,
qualunque
aspetto avesse avuto.
Il tè terminò ed Elaine posò la
tazzina di porcellana
finissima sul piattino, senza il minimo rumore, ignorando i sandwich e
i
pasticcini disposti in bella mostra sui vassoi.
«-sarebbe la scelta migliore, magari aggiungendo un
po’ di
chiffon all’altezza del corsetto» stava dicendo la
signora Evans, versandosi
dell’altro tè «Opterei per
l’assenza di maniche e uno strascico lungo».
«Personalmente credo sarebbe meglio usare lo chiffon per la
gonna» ribatté sua madre, occhieggiando una delle
paste «alleggerisce
l’effetto, lo stesso per il velo. Tu cosa ne pensi,
cara?» si voltò verso la
figlia, imitata dalla signora Evans, ed entrambe la guardarono curiose.
Elaine sbatté le palpebre, prendendosi il tempo necessario
per riflettere, e alla fine rispose «Riuscirei a muovermi
meglio con la gonna
in chiffon, il taffettà si potrebbe utilizzarlo per il resto
dell’abito».
«Magnifica idea!» cinguettò sua madre,
prendendo l’ennesimo
pasticcino con aria soddisfatta.
La signora Evans le sorrise con approvazione «Ti vedo un
po’
pallida, cara, vuoi prendere una boccata d’aria?»
Elaine lanciò uno sguardo al giardino invitante
«Se non è di
troppo disturbo, ne sarei felice».
«Certo che no! Io e tua madre dobbiamo parlare ancora di
molte cose» risero entrambe e lei si alzò,
lisciando il tessuto dell’abito
primaverile che indossava, prima di congedarsi con un cenno del capo ed
uscire
dalle portefinestre del salotto.
All’esterno, l’aria era fresca e profumata e il
sole
illuminava il verde delle foglie e dell’erba; Elaine si
incamminò verso uno dei
sentieri secondari dell’immenso giardino, camminando
lentamente e godendosi
quei pochi attimi di tranquillità.
Le piaceva passare il tempo con se stessa e i propri
pensieri, ma sua madre era convinta che una ragazza di buona famiglia
non
dovesse farsi trovare senza nessuna accompagnatrice, quindi, il
più delle
volte, era sempre sotto gli occhi vigili della signora Scott, la loro
fidata
governante.
Sospirò lievemente, desiderando avere con sé il
libro che aveva
iniziato a leggere, per poterlo continuare all’ombra di uno
dei tanti alberi di
casa Evans, ma purtroppo si dovette accontentare di proseguire la sua
passeggiata senza meta.
Una risata rumorosa proruppe da qualche parte alla sua
sinistra, seguita da un tonfo attutito; Elaine si diresse in quella
direzione,
adocchiando ai piedi di una quercia un libro colorato. In
realtà, una volta che
lo ebbe tra le mani, si accorse che si trattava di un fumetto;
riuscì appena a
girarlo, prima che una voce maschile le giungesse alle orecchie.
«Ehi, quello è mio, me lo passi?»
Alzò lo sguardo celeste verso le fronde
dell’albero e,
proprio lì, accomodato su un grosso ramo, si trovava un
ragazzo dai capelli
scuri; le fece un sorriso pigro, che non si estese agli occhi, e
allungò la
mano verso di lei, che gli porse il fumetto senza fare una piega.
Lui la fissò incuriosito per qualche istante «Non
mi chiedi
cosa ci faccio qui?» chiese divertito.
«Mi sembra chiaro che stesse leggendo» rispose
impassibile,
guadagnandosi una grossa risata.
«Non mi chiedi nemmeno se ho il permesso di stare
qui?»
continuò lui, lasciando da parte il fumetto e sporgendosi
leggermente «Per
quello che ne sai, potrei anche essere uno che ha scavalcato il
cancello e si è
intrufolato all’interno» i suoi occhi verdi
brillarono maliziosi, in attesa di
una reazione.
Ma lei gli rispose senza scomporsi, così come non si
scomponeva mai per nessun’altro motivo «Non
è casa mia e non ho l’autorità di
domandarle nulla».
«Mi dai del “lei”?»
ridacchiò lui incredulo «Avremo la
stessa età!»
«E’ buona educazione essere formali con gli
sconosciuti».
Lui la studiò attentamente e poi fece un sorriso sarcastico
«Mi chiamo Chris e adesso non siamo più
sconosciuti» cominciò, ignorando tutte
le regole del bon ton «Mi dici che ci fa una bambolina come
te qui?»
Elaine ignorò la provocazione e rispose alla domanda di
quello che per lei rimaneva uno sconosciuto, come le avevano insegnato
fin da
piccola «Ho accompagnato mia madre al suo incontro quotidiano
con la signora
Evans».
Il ragazzo perse il sorriso e si accigliò «Frena
un po’!»
esclamò, balzando giù dal ramo e facendole
spalancare leggermente gli occhi
«Vuoi dire che tu saresti la figlia dei Mason?!»
poi imprecò silenziosamente,
una volta che lei ebbe assentito «Beh, allora ciao»
borbottò, prima di
allontanarsi a grandi passi, lasciando la ragazza a fissarlo vagamente
confusa.
Se fosse stata educata diversamente, avrebbe scrollato le
spalle per manifestare la sua indifferenza, ma si limitò a
girare sui tacchi e
rientrare nella villa, ritrovandosi ben presto di nuovo seduta al
fianco della
madre, nel ricco salotto, ad ascoltare le due donne parlare delle loro
famiglie.
«-non è per niente contento,
gliel’avrà ripetuto decine di
volte, ma Lionel continua a non ascoltarlo: è un gran
testardo».
«Anche Oscar è molto ostinato, per fortuna invece
la nostra
Elaine non ci da mai motivo di preoccupazioni» le fece un
sorriso, battendole
una mano sul ginocchio.
La signora Evans sospirò abbattuta «I figli maschi
sono una
fonte di gioia, sì, ma soprattutto di cruccio. Avrei tanto
voluto una figlia
come te, Elaine, e pochi anni ancora e potrò realizzare il
mio sogno!» le due
donne ridacchiarono allegramente e ripresero a chiacchierare.
«Per quando potremo organizzare la festa di
fidanzamento?» chiese
sua madre, fremente: organizzare feste ed eventi era il passatempo che
preferiva.
«Devo soltanto trovare una data in cui Lionel non possa
scappare: non ama particolarmente questo genere di
festeggiamenti» rivelò la
signora Evans, arricciando il naso aristocratico in una smorfia
«Proprio non
riesco a capirlo, è un bel giovane, si divertirebbe! Non
trovi anche tu,
Elaine? E poi che senso avrebbe se mancasse il futuro sposo?»
risero di nuovo.
«Spero sia presto: non si sono ancora conosciuti!»
«E’ strano che non vi siate incontrati nemmeno a
scuola»
osservò la signora Evans, voltandosi a fissare la ragazza,
con una strana
espressione «Se chiedi a qualcuno, sono certa che ti
porteranno da lui. Almeno
non avrà più scuse per assentarsi ogni volta che
ci vediamo» aggiunse,
guadagnandosi tutta l’attenzione della signora Mason
«E’ un po’ contrario a
quest’idea del matrimonio combinato, perché vuole
sempre fare di testa sua, ma
ho come l’impressione che abbia un po’ di timore ad
incontrare Elaine. Strano,
perché non è mai stato un ragazzo
timido» rivelò dispiaciuta e confusa.
E fu così che Elaine Mason scoprì che Lionel
Evans, il suo
fidanzato, non era un ragazzo impegnato, ma uno che preferiva evitarla,
e ci
riusciva sempre molto bene, nonostante abitassero nello stesso
villaggio e
frequentassero lo stesso istituto.
Da ormai ben due mesi, una settimana e tre giorni.
N/A:
Ho deciso di cimentarmi nella scrittura
dell’ennesima storia, semplicemente perché quando
mi vengono in mente delle
idee non se ne vanno più ed è meglio scrivere e
farci qualcosa (di buono o
vagamente decente, a seconda dei punti di vista). Così ho
cominciato questa
storia, diversa da tutte le altre che ho scritto, soprattutto per la
protagonista. Metto subito in chiaro che Elaine non la capisco e per
questo non
è molto semplice e automatico scrivere di lei (al contrario
di Chris, che è più
naturale), però lei è così e se non
fosse così non ci sarebbe nemmeno la
storia, quindi cercate di vedere le cose dal suo punto di vista, per
quanto difficile:
lei è contenta di ubbidire ai genitori e fare quello che le
dicono. Non è un
personaggio totalmente passivo, è passiva, sì, ma
a suo modo.
Spero che vi possa piacere, sia lei sia questa storia.
Alla prossima!