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Autore: Kicchina    23/01/2011    1 recensioni
"Vorrebbe sospirare, ma ritiene anche quella un'azione inutile. Inspira ed espira lentamente, cerca di guadagnare tempo. Non crede ci morirà lì dentro, ma di svenire non gli va proprio."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:Quattro Volte
Pairing: //
Rating: Verde
Avvertenze: OneShot; Non Sense
Disclaimers: Non che ci sia troppo da andarne fieri, ma sia la situazione che i personaggi – per quanto senza un nome – mi appartengono
Note: Questa è la prima volta che posto qualcosa che non sia una fic. In effetti, in generale è la prima volta che riesco a mettere giù un qualcosa di completo che sia totalmente mio, quindi è ovvio sia la prima che posto. Mi sento un po' agitata, postare originali è diverso da mettere giù fanfic. Alla fine, per quanto siano sempre frutti della stessa mente, negli originali ci si mette sempre più di sé stessi...
Comunque, io l'ho segnata come non sense, ma non è che lo sia poi così tanto, nella mia testa. Un senso ce l'ha, ed anche bello complesso. Ma proprio per questo mi scoccio di spiegarlo, quindi prendetela come una non sense qualsiasi~
Ad ogni modo, questa credo sarà la prima ed ultima originale che posterò su EFP, con ogni probabilità per le originali userò il mio account su Fanworld, anche perché postare due volte la stessa cosa l'ho sempre trovato stupido...
Buona lettura~


Quattro Volte




Quel posto è stretto e buio. C'è odore di legno tutt'intorno, un odore leggero ma persistente, quasi fresco, e le pareti sono appiccicose. Cerca di voltarsi, ma scopre gli è impossibile. Inspira piano, espira. Poi ripete l'operazione ancora alcune volte, una, due, tre volte. L'aria sembra non essere abbastanza.
Sente le mani formicolargli, così come anche le gambe ed i piedi. Il sangue, in quella posizione, non circola bene. Si chiede quanto ancora dovrà restare lì. Alza gli occhi senza muovere il volto, uno sforzo che si fa' sentire al livello delle tempie ed alla sommità del naso. Cerca uno spiraglio, un minimo di luce, ma sopra è forse anche più buio, quindi rinuncia e rilassa le palpebre.
Se tende le orecchie, se smette di respirare e si concentra il più possibile, riesce a sentire un fischio sottile, quasi una melodia. Viene da fuori, forse è una persona a cantarla, però non ne è sicuro.
Pensa di provare ad urlare, magari qualcuno al di là di quel tubo appiccicoso potrebbe sentirlo e liberarlo, ma, subito dopo aver formulato l'ipotesi, rinuncia: se in realtà non ci fosse nessuno, se fosse unicamente un fischio presente solo nelle sue orecchie, e per urlare finisse tutta l'aria disponibile. Se la realtà fosse quella e di ossigeno in quel posto non ne restasse più nemmeno per un respiro, poi cosa farebbe?
Vorrebbe sospirare, ma ritiene anche quella un'azione inutile. Inspira ed espira lentamente, cerca di guadagnare tempo. Non crede ci morirà lì dentro, ma di svenire non gli va proprio.
Oltre al fischio, da fuori non vengono altri suoni. Si chiede se sia giorno o notte, di là. Sente di avere sonno, ma non riesce ad addormentarsi: se dormisse, cosa succederebbe? Quando una persona dorme respira più profondamente, spreca più aria? Non lo sapeva.
Forse avrei dovuto studiare meglio la biologia al liceo, inizia a pensare, anzi, forse avrei dovuto studiare tutto molto meglio, magari adesso avrei una vaga idea di dove mi trovo.
Il fischio lì di fuori si fa più vicino. Adesso è più che certo di non starselo immaginando, non è solo un suono nella sua testa. Se potesse muoversi, se potesse poggiare il padiglione auricolare alla superficie appiccicosa e concentrarsi, sentirebbe quel motivo tanto vicino da averlo come sussurrato direttamente all'orecchio. Tuttavia, ogni movimento gli è completamente proibito.
In compenso il bussare dall'esterno lo sente fin troppo bene. Si chiede se converrebbe rispondere.
- Sei ancora sveglio? - domanda una voce da uomo. È una voce ferma e, probabilmente, divertita. Forse in un certo qual modo familiare.
Lui continua a non rispondere. Potrebbe essere la sua unica via di salvezza, ma il ragionamento che ha fatto gli impone il silenzio. Un ragionamento che gira più o meno in questo modo: se quella persona mi sta chiedendo se sono o meno sveglio, vuol dire che sa che sono qui. Se quella persona sa che sono qui e non mi ha ancora tirato fuori, vuol dire che non ha alcuna intenzione di farlo. O forse non può. In entrambi i casi, tutto ciò che farei rispondendo sarebbe sprecare ossigeno.
Quindi rimane in silenzio, respira piano ed aspetta.
- Se non mi rispondi, darò per scontato tu stia dormendo. O magari che tu sia morto. - continua la voce dall'esterno.
Se così davvero fosse, cosa faresti? vorrebbe chiedere. Però resta ancora in silenzio. Potendo, busserebbe alla superficie appiccicosa per dargli un segno, ma gli è impossibile qualunque cosa provi a fare.
- Se sei preoccupato per l'aria, sappi che lì su c'è un'apertura – riprende l'uomo come ad avergli letto nel pensiero – Non morirai per asfissia. Credimi. Sei lì dentro da così tanto che ormai saresti come minimo svenuto, se non già su di una barca diretto al regno dei morti!
Si domanda se dovrebbe credergli. Cosa ha fatto quell'uomo per meritarsi la sua fiducia? O meglio, cosa ha fatto per non meritarsi diffidenza? Probabilmente vuole farlo parlare per diminuire il tempo di attesa alla sua morte.
Mentre ragiona sul da farsi, si rende conto di non sentirsi più le gambe. Se non fosse stretto in quel tubo appiccicoso crollerebbe al suolo. Prova a muovere le mani, ma la destra non gli risponde e della sinistra controlla solo alcune dita. Quella posizione è davvero troppo scomoda, quanto tempo impiega un arto per andare in cancrena? Anche questa domanda gli riporta alla mente il suo scarso impegno ai tempi della scuola. E pensare che l'ha finita solo da un anno e già la rimpiange, situazioni simili dovrebbero avvenire prima.
- Ti prego, sembro un pazzo a parlare da solo, rispondimi! - dice l'uomo da fuori. Ha la voce divertita, si sente chiaramente. Un divertimento che rimbomba nel tubo vuoto in cui si trova, si attacca alle pareti appiccicose e riverbera nelle sue orecchie.
Non sa bene perché, ma prova un profondo senso di irritazione alla base dello stomaco. Inspira, espira. Apre e chiude la bocca per provare la mobilità della mandibola, poi soffia piano l'aria fuori dai polmoni.
- Sono sveglio – risponde. La sua voce è roca, gratta contro la gola ed esce fuori a fatica.
Improvvisamente si sente un po' più spossato.
- Hai risposto! - esulta l'uomo – Ah, ma non sembri stare molto bene.
Come potrei stare bene? vorrebbe chiedere. Le sopracciglia gli si aggrottano appena, ma rinuncia presto ad inveirgli contro.
- Chi sei? - domanda invece, e l'uomo ridacchia battendo un colpo sulla superficie dall'esterno.
- Domanda curiosa, considerando la tua situazione. Non vuoi sapere dove ti trovi?
- Saperlo non potrebbe in alcun modo aiutarmi.
- In effetti.
- Allora dimmi chi sei.
Non crede di star sbagliando quesito. Non lo credeva nemmeno all'inizio, e non è il primo che gli è venuto alla mente. Ci ha ragionato, ha tante cose da chiedere a quell'uomo.
Ma se per puro caso ci fosse un limite di domande da poter porre? Se potesse ricevere risposta a solo una manciata di interrogativi? In quel caso sarebbe meglio non sprecarne nessuna.
Ed anche nel caso quella fosse l'unica domanda possibile, crede comunque di aver fatto la scelta giusta.
- Non preferiresti sapere perché sei lì dentro?
- No, direi di no. È la questione che mi interessa meno, al momento.
L'uomo continua a ridacchiare sommessamente. Riesce a sentire la sua presenza girargli attorno, è l'unica fonte di suoni proveniente dall'esterno.
- Forse ti piacerebbe sapere per quanto ancora dovrai restarci?
- Quello dopo, dimmi chi sei.
- Allora magari ti va di chiedermi se sei o meno ancora vivo? O se questo è un sogno?
- Sono certo di essere ancora vivo, tu stesso ti chiedevi se fossi o meno morto qui dentro. E, nel caso fosse un sogno, prima o poi mi sveglierò. Dimmi chi sei.
Ormai ha perso sensibilità anche alle mani. Sente le spalle intorpidite ed inizia ad aver mal di testa. Si chiede se non abbia fatto male a credergli e rispondergli: non gli sembra la quantità d'ossigeno nell'aria diminuisca, ma la sua coscienza sta pian piano scivolandogli via dalle dita, abbassandogli le palpebre ed intorpidendo la sua capacità di ragionare. Prima non si sentiva così.
- Vedi, il problema è che proprio non posso dirtelo. O meglio, sono sicuro la risposta non ti soddisferà, né ti piacerà. Per questo, mi spiace, ma questa domanda non ha risposta.
Lui non parla. Sente di starsi addormentando, non è una sensazione piacevole. Muove alcune volte le labbra a vuoto, cerca di riprendere a respirare lentamente ed in maniera regolare. Sta perdendo lucidità ogni secondo di più.
- Ehi? Ti sei addormentato? - chiede l'uomo da fuori. Inizia a domandarsi se lui non sapesse già che, prima o poi, quella sensazione di spossatezza l'avrebbe assalito.
Boccheggia alcune volte, poi sceglie un'altra domanda. Non ragiona più bene, sente che forse è quella sbagliata.
- Perché... perché non mi tiri fuori?
L'uomo ride.
- Ti sento più affaticato di prima! Ti stai addormentando, forse? Però non conviene tu lo faccia, non sono certo potresti risvegliarti.
- Rispondi.
- Va bene, va bene! Uhm... qual'era la domanda? Ah, sì, perché non ti tiro fuori. Vedi, non credo di poterlo fare. Innanzitutto non so nemmeno com'è che ti ci sei infilato in quel posto. E poi, se ci sei entrato vuol dire che qualcosa avevi da fare, lì. Cioè, ciò che sto cercando di dire è che ne devi uscire da solo, ecco. Io non posso aiutarti.
Lui ragiona sulla risposta. C'è qualcosa che non gli quadra nelle parole dell'uomo, se fosse più lucido avrebbe probabilmente già capito cosa. Cerca di analizzarle singolarmente, corruga la fronte.
- Un momento, io... non sono mica entrato qui dentro di mia volontà!
Non può vedere la faccia dell'uomo. Ovvio, non riesce a vedere nemmeno il suo stesso naso, figurarsi al di là della parete appiccicosa. Però, e ne è più che certo, lì su quel viso è appena apparso un sorriso. È una sensazione che impregna l'aria, un'aura che raggiunge i suoi neuroni e le sue cellule.
- Invece ci sei entrato da solo. Io che ne guadagnavo a metterti lì? Anzi, chi avrebbe potuto guadagnarci qualcosa ad infilarti in quel posto?
Gli unici muscoli che riesce ancora a muovere autonomamente sono quelli del collo e del viso.
Si sente incredibilmente debilitato. Cerca di riprendere lucidità, riorganizza le idee.
- Ed io? Io che ci guadagnavo ad entrare qui?
- Questo lo sai solo tu.
Lui non ricorda niente. In effetti, non ricorda nemmeno quand'è che si è svegliato e si è ritrovato lì. È come se fosse sempre stato in quel posto, come se prima dell'odore di legno e la sensazione di appiccicoso non ci sia mai stato altro.
- Non lo ricordo – ammette.
Cos'altro potrebbe fare, adesso? Deve ragionare. Se è entrato lì qualcosa da fare deve averla.
- Non riesco nemmeno a muovermi, ho l'intero corpo insensibile.
- Ci credo, quel posto è minuscolo!
Chiude gli occhi, non riesce più a tenerli aperti. Sente le palpebre incredibilmente pesanti.
- Tu... perché sei lì fuori?
L'uomo ride ancora. Ha una voce fastidiosa, quando ride. Rimbomba nel tubo sino a raggiungergli le ossa e facendogliele vibrare. Ogni risata è una sensazione sgradevole in più.
- Io? Io sto solo aspettando tu ti addormenti!
Perché? vorrebbe così tanto chiederglielo. Però le labbra non gli si muovono, le palpebre non si alzano più, non riesce a ragionare.
Perché aspetta che si addormenti?
Che cosa farà, quell'uomo, una volta che lui si sarà addormentato?
Forse era quella la domanda giusta, già, doveva chiederlo fin dall'inizio. Evidentemente il limite era quattro e lui ha scelto le domande sbagliate. Eppure ci aveva ragionato così tanto...
Lì dentro è stretto e buio. Un buio opprimente ed uno spazio insufficiente. L'odore di legno impregna l'aria come se ne fosse il componente principale, e le pareti sono ricoperte da una sostanza appiccicosa troppo simile alla resina. Forse è proprio quella sostanza a puzzare tanto di legno. Sente il corpo totalmente intorpidito e non riesce a compiere alcun movimento.
Non crede morirà, e di svenire proprio non ha alcuna intenzione. Ma l'oscurità lo rende sempre più parte di sé, ed ogni suo pensiero è stato risucchiato da un oblio viscido e melmoso.
Ha la sensazione di aver sbagliato qualcosa, non troppo tempo fa, ma non riesce a ricordare cosa. Sente anche di aver da fare, ma non sa cosa, né ha la forza di farlo.
Fuori da quel tubo, da qualche parte, qualcuno sta ridendo.









  
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