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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    24/01/2011    1 recensioni
“Seiya-kun, cosa c’è?” gli chiese il bambino più grande, passandogli le braccia attorno alla vita e tirandolo fuori dalla tana improvvisata, gli occhi del piccolo erano lucidi: “Mi… Mi manca Seika-neesan…” confessò in un sussurro, nascondendo il musetto nella manica del pigiama, “Mi manca tanto… E se mi sentivo triste, dormiva con me… Ma adesso… Non so dove sia…” singhiozzò il bimbo, rannicchiandosi nell’abbraccio di Shiryu."
Tra passato e presente, ci sono promesse che spingono anche i "peggiori" a rivedere le proprie priorità. Sullo sfondo, scene fluffose tra Seiya e Shiryu.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Dragon Shiryu, Pegasus Seiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kido Family'
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SUSSURRI NELLA NOTTE

La porta della stanza che Shiryu divideva con Hyoga si spalancò di scatto nell’esatto momento in cui i due bambini, spenta la luce, si stavano infilando sotto le coperte dei rispettivi lettini.

Nel buio, distinsero una figura minuta, ritta sulla soglia.

Il russo allungo una mano ad accendere l’abat-jour, e l’espressione cupa di Seiya precedette di pochi istanti la corsa del piccolo nuovo arrivato attraverso la camera sino al letto di Shiryu.

Il piccolo giapponese si infilò sotto la trapunta accanto al cinese.

“Che è successo?” chiese il biondo, osservando senza capire ora il compagno di stanza ora l’amico rannicchiato sotto la coperta.

“Seiya-kun, cosa c’è?” gli chiese il bambino più grande, passandogli le braccia attorno alla vita e tirandolo fuori dalla tana improvvisata, gli occhi del piccolo erano lucidi: “Mi… Mi manca Seika-neesan…” confessò in un sussurro, nascondendo il musetto nella manica del pigiama, “Mi manca tanto… E se mi sentivo triste, dormiva con me… Ma adesso… Non so dove sia…” singhiozzò il bimbo, rannicchiandosi nell’abbraccio di Shiryu.

Nella stanza cadde un silenzio malinconico.

“D’accordo. Stanotte dormirai qui.” disse tranquillo il cinese, spostando il cuscino di modo che restasse in mezzo e che ci fosse spazio per entrambi: “Hyoga, a te non da fastidio, vero?” chiese poi, rivolgendosi al russo; il biondo scosse la testa, “No, puoi restare qui per stanotte, Seiya.” replicò il piccolo, distendendosi sul materasso.

Sul viso del giapponese comparve un’ombra di sollievo: “Grazie…” sussurrò, asciugandosi gli occhi con un lembo del pigiama, “Ma ora dormi.” disse Shiryu, facendo cenno a Hyoga di spegnere la luce.

Soprattutto per non farsi vedere con le lacrime agli occhi a sua volta.

 “Tatsumi…”

Fuori nel corridoio buio, si udì una voce maschile, bassa abbastanza per non disturbare i bambini addormentati ma sufficientemente chiara perché qualcuno nei pressi la sentisse.

E infatti, illuminata dalla luce fioca della luna che filtrava dalle persiane della finestra che dava sul giardino, comparve la sagoma massiccia e goffa del maggiordomo della Villa: “Si, signore…” rispose lui con un inchino; il servitore si avvicinò alla porta socchiusa e sbirciò nell’interno della camera mentre, al suo orecchio, l’anziano padrone sospirava, “Vorrei evitare loro un destino del genere… Purtroppo, da oggi in poi, la loro vita sarà anche peggiore. Spero di esserci quando ritorneranno qui, anche se ne dubito fortemente…”.

Le sue parole vennero interrotte dalla voce stranamente stridula del domestico: “Perché dice così, Kido-sama?” domandò lui, gli occhi spalancati nell’oscurità; l’uomo sorrise, dando la schiena alla porta, “è una sensazione. Però mi raccomando una cosa; non importa quanti di loro torneranno indietro ma pure se fosse solo uno, occupatevi di lui con il rispetto che merita… Perché anche lui, al pari di tutti i bambini qui dentro, è mio figlio.”.

§§§

“Sei ancora lì alla finestra?”

La voce divertita di Shiryu fece voltare Seiya che, con lo sguardo che vagava oltre il vetro, sembrava assorto in chissà quali pensieri: “Ho sonno…” borbottò il ragazzo, senza però girarsi, “Potevi andare a letto.” Lo rimproverò il Dragone, avvicinandosi a lui per sentirgli la temperatura; ma Seiya scosse energicamente la testa, “Nel mio letto non riesco a dormire…” confessò con aria assonnata.

Il cinese levò il freno alla carrozzella e la avvicinò al proprio letto: “Vuoi dormire qui?” gli chiese, notando con un certo compiacimento una luce speranzosa negli occhi del fratello più giovane, anche senza che Seiya proferisse verbo, Shiryu sapeva esattamente cosa volesse.

“Sempre se a te non dà fastidio.” aggiunse il Pegaso.

Per tutta risposta, il moro lo prese in braccio e lo mise sotto le coperte: “Ma ora dormi, io scendo giù a prenderti le medicine. Arrivo subito.”.

Seiya socchiuse gli occhi, mentre il maggiore, con un’ultima occhiata alla sua figura avvolta nella trapunta, usciva dalla stanza, lasciando solo l’abat-jour acceso; fuori, il corridoio sembrava deserto e dabbasso si udivano distintamente le voci degli altri. Stringendosi nella giacchetta per un improvviso brivido di freddo, il Dragone percorse a passo veloce la breve strada che lo separava dalle scalinate.

Il rumore dei suoi passi si era appena affievolito, che dal buio emerse un’ombra massiccia e goffa, che si avvicinò piano, quasi con imbarazzo, al cono di luce che si proiettava sul pavimento; una scarpa di vernice nera scintillò non appena un raggio di luce la sfiorò e in breve la figura corpulenta di Tatsumi fece la sua comparsa sulla soglia della porta.

Con una mano, spinse l’uscio, che scivolò sui suoi cardini con un cigolio sinistro e acuto, dopodiché entrò nella stanza, timoroso; la temperatura nella cameretta era piuttosto alta per i termosifoni al massimo tanto da mozzare quasi il respiro all’uomo che si guardava attorno spaesato.

Tatsumi scosse la testa, asciugandosi il sudore, poi mosse un passo in direzione del letto, poi ancora un altro e un altro, fino a trovarsi a pochi centimetri dal giaciglio su cui era rannicchiato il più giovane dei ragazzini che avevano invaso la Villa.

Certo che era proprio messo male…

La pelle arrossata per la febbre, il corpo dalla vita in giù immobilizzato da bendaggi e tutori che pure sotto la coperta si riuscivano a distinguere; accanto alla finestra, la carrozzina per cui accanto alle scalinate era stata installata una rampa ormai da alcuni mesi.

Il maggiordomo sospirò, massaggiandosi le tempie, forse non era stata una buona idea la sua, eppure aveva le sue buone ragioni: una promessa che non era stato in grado di mantenere.

Che, forse, non aveva voluto mantenere.

Purtroppo, ormai la frittata era fatta…

“Mi dispiace, scricciolo…” borbottò, allontanandosi verso la porta ma senza voltare la schiena.

Stava per eclissarsi nel corridoio, quando la voce sorpresa di Shiryu precedette di pochi istanti la comparsa del cinese: “Che succede?” domandò sorpreso, e vagamente preoccupato, il ragazzo, tra le braccia teneva un lenzuolo pulito, garze e i flaconcini delle medicine di Seiya.

“N-Niente. Ho solo sentito un rumore…” borbottò l’uomo, sparendo nel buio da cui era venuto.

Il Dragone lo osservò allontanarsi, poi entrò nella camera, spalancando di scatto la porta che andò a sbattere contro il muro: ma era tutto tranquillo e Seiya, seppur febbricitante, sembrava stare bene, con suo sommo sollievo.

Più tranquillo, poggiò sul comodino i pacchi e i pacchettini di medicine e prese la siringa, la punta metallica brillava minacciosa mentre il cinese disinfettava il lembo di pelle sull’avambraccio che avrebbe dovuto bucare; al contatto, Seiya trasalì e spalancò gli occhi, incrociando subito quelli del ragazzo più grande, che gli teneva una mano sulla testa.

Il Pegaso fece una smorfia intanto che il fratello gli risistemava la manica: “Non mi ci abituerò mai… Spero che finiscano in fretta queste punture.” mugugnò, rannicchiandosi maggiormente sotto la trapunta e nascondendo il viso nel cuscino; il moro scoppiò a ridere mentre si cambiava, “Tra due settimane anche i muscoli si saranno ripresi, così come le fratture, e potrai lasciare la carrozzella a prendere polvere da qualche parte in cantina. Ma fino ad allora, devo farti tre punture al giorno.” spiegò lui, indossando il pigiama.

“Sai una cosa…?” sussurrò il bruno, cercando di mettersi seduto: “Mi è sembrato che ci fosse qualcuno qui prima…” mormorò il ragazzino, prima di crollare nuovamente addormentato.

Shiryu non rispose, si limitò a sorridere sotto i baffi mentre si stendeva sul letto: non capiva appieno le motivazioni che aveva spinto Tatsumi a venire a sincerarsi delle condizioni di Seiya, però sentiva che non doveva preoccuparsi.

“Buonanotte…” gli sussurrò, spegnendo la luce.

Il buio li avvolse.

“Ehi, niisan…” borbottò nell’oscurità Seiya: “Quando eravamo bambini, ti ricordi quando sentivo la mancanza di Seika-neesan?” disse lui con un filo di voce; Shiryu annuì, “Povero Hyoga, eri sempre qui a dormire.” ridacchiò il Dragone. Il Pegaso si strinse a lui: “Volevo ringraziarti, perché tu sei stato un po’ come lei… E ancora adesso…” ma le sue parole stentate furono bloccate sul nascere dall’altro ragazzo, “Non ce n’è bisogno… Ma ora dormi.”.

E come già sette anni prima,  la stanzetta si riempì dei respiri sottili dei due ragazzi.

   
 
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