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Autore: alessiasc    25/01/2011    2 recensioni
cambiato titolo! (seisolamenteilrumorediunsogno) -- La vera storia di quella ragazza era dettata dal suo debole cuore, così facilmente frantumabile, al tatto caldo e bagnato di sangue che incessantemente era fuoriuscito dalle profonde ferite a lei inflitte, forse ingiustamente, ma sempre nello stesso punto, su cui lei, ogni sera, passava il cotone umido, per alleviare il dolore.
Genere: Erotico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The reason.
La vera storia di quella ragazza era dettata dal suo debole cuore, così facilmente frantumabile, al tatto caldo e bagnato di sangue che incessantemente era fuoriuscito dalle profonde ferite a lei inflitte, forse ingiustamente, ma sempre nello stesso punto, su cui lei, ogni sera, passava il cotone umido, per alleviare il dolore.
La vera storia di quella ragazza, tanto semplice agli occhi della gente, iniziò una mattina di Settembre; il sole si scorgeva dietro gli alti palazzi e illuminava debolmente la strada, calda per il continuo passare di auto di fretta, già la mattina così presto. La città era tornata in vita e la ragazza non se n'era nemmeno accorta. Quell'estate le era passata davanti agli occhi veloce come un fulmine, e le aveva lasciato solo ricordi di pomeriggi passati in giro con alcune amiche, in mano i freschi gelati mezzi sciolti per il calore, e in bocca solo sorrisi e parole che non sfioravano, nemmeno lontanamente, nemmeno per errore, il ritorno a scuola.
E invece quella mattina, la ragazza si era svegliata presto e si era preparata per bene: l'ultimo anno di Medie era alle porte, e lei detestava solo il pensiero di dover studiare, passare ore su quelle scomode sedie di plastica dura, il sonno che preme sulle palpebre e le fa pesare nemmeno fossero di roccia e di nuovo lo studio, lo studio, lo studio..
La ragazza si chiamava A, e odiava il suo nome, così banale, così comune. Amava sembrare, apparire ed essere diversa dalla massa indistinta che era la sua generazione, sporca, ai suoi occhi. Gli occhi blu, aveva. Erano profondi e luminosi, con delle leggere sfumature verdi, azzurre e alle volte, pure viola. Occhi che, quella mattina, si illuminarono - in tutto il loro splendore, più del sole e tutte le stelle, una luce strana, nuova, diversa - alla vista di quel ragazzo. Un ragazzo che prima di quel giorno, non avrebbe mai notato, un ragazzo così comune, così bello da sembrare quasi fatto con pittura e pennello, così diverso da tutte le aspettative della ragazza, che però lo guardava ammaliata, rapita.
E da quel giorno, che era cominciato come l'inizio della solita routine seccante, si era tramutato nell'inizio di un tutto che comprendeva in realtà un niente. Oppure, un niente che in realtà era un tutto, nella sua stranezza e rarità. Da quel giorno, gli occhi blu della ragazza, si accesero solo durante le mattine che, col passare delle settimane, erano diventate fredde pungenti, solo alla vista di quel moro con gli occhi nocciola, che riusciva a racchiudere attorno a se tutto il mondo di A.
Gli occhi di lui si riflettevano in continuazione nella luce blu di quelli di lei, come se avessero bisogno della luce che il sole mancava ad emanare, come se il ragazzo, provasse un bisogno illogico di vedere la sua anima riflessa nell'oceano; e mentre lui si perdeva in lei, lei gli scrutava l'anima e ne coglieva ogni dettaglio, che, come l'aria fresca, teneva stretto nei polmoni. Quando riusciva a prendere una boccata d'aria, quando il respiro non le rimaneva bloccato in gola, sentiva l'ossigeno pizzicarle i polmoni.
M era il nome del ragazzo. A lo scoprì una sera di Ottobre, quando l'estate sembrava davvero averli abbandonati definitivamente, lasciandoli direttamente all'inverno: l'autunno era rimasto indietro, sconvolto dagli eventi così veloci, e nessuno si era reso conto delle foglie ingiallite che cadevano formando un tappeto colorato, umido o secco, a seconda della giornata.
Ora M, per lei, era la miglior melodia, il miglior suono esistente, e non riusciva a smettere di ripetere quel nome tanto amato, che non aveva mai sentito davvero prima, se non in immagini confuse sulla televisione - oggetto che ora, non sapeva nemmeno a cosa servisse.
I giorni, le settimane e i mesi passavano, e nessuna parola era ancora stata rivolta nè a lei, nè tantomeno a lui. Forse per imbarazzo, per paura, o per semplice stupidità. Quel "farà lui il primo passo" si trasformò da sicurezza, a speranza, e infine diventò un desiderio ricorrente. Fu infatti, quest'ultimo, il desiderio espresso soffiando le quattoridici candeline che decoravano così bene la torta di compleanno di A, e in seguito diventò il desiderio espresso al passaggio di una stella cometa, o alla vista di un aereo che lascia la sua scia bianca sul cielo azzurro. Azzurro come gli occhi della ragazza, che sempre avevano rapito quelli di M.
I loro sguardi, infatti, erano costantemente uniti e risvegliavano nei due giovani il desiderio ardente di essere migliori, di più, per l'altro. Forse, entrambi, si aspettavano solamente di essere quello che l'altro desiderava. L'amore aveva risvegliato in loro un senso di debolezza, di inferiorità, che, pur combattendo, non riuscivano ad eliminare e che li abbattè ancor di più.
Arrivò Maggio, poi Giugno, e poi la fine.
Ad entrambi era sembrata la fine, la fine di una storia incompleta, un libro letto per metà, una pagina lasciata bianca, una parola incompleta. Così come le loro parole. Un saluto e via. Così era successo, più e più volte. Nessuno dei due, era mai riuscito a dire davvero, per davvero, con il cuore e l'anima, qualcosa di più di quel "ciao" che moriva in gola tutte le volte che i loro sguardi si incrociavano. Eppure, entrambi sapevano che andava bene così e che sarebbe andata bene così, sempre. Loro comunicavano, parlavano, ridevano, piangevano, si baciavano, facevano l'amore e tutto era concentrato in quello sguardo passionale che li univa più di qualsiasi altra cosa, ancora più di un bacio, del possedersi, delle parole. Loro si parlavano attraverso gli occhi ed andava bene così, sarebbero stati insieme per sempre, attraverso quelle calamite che si attraevano a vicenda.
E nei rari, veloci momenti in cui si sfioravano, e sentivano il contatto, quello vero, quello tattile, che puoi sentire sulla pelle, il calore, i brividi,
entrambi, avevano sentito l'anima vibrare.

   
 
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