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Autore: shuichi chan    25/01/2011    2 recensioni
Se potessi ritornare indietro rimedierei ai miei errori,
ma proprio perchè non è possibile farlo che il nostro futuro può essere migliore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Return to past can change the present



FF creata per una mia amica fan dell' USAUK come me! Spero vi piaccia, buona lettura **



I was born
To tell you i love you
And I’m torn
To do what i’ve to,
To make your mine
Stay with me tonight

..
...
....

Come al solito gli alleati, per questioni che ritengono importanti, si riuniscono nella loro sala per conversare. Gli argomenti sono sempre gli stessi: piani strategici di guerra inventati a caso da America, borbottii di Inghilterra, parole disgustosamente romantiche e perverse di Francia e in aggiunta litigi senza senso. In fine non si riusciva mai a concludere nulla.
Ma in quei giorni, non avevano neanche tempo di elaborare chissà quale piano a dir poco strampalato che Italia, dal nulla spunta da dietro il tavolo ripetendo “ho fame!, c’è la pasta?” fino allo sfinimento. In realtà quell’irrecuperabile nazione era stata mandata da Germania per spiare i loro piani in assoluto incognito; cosa che, da quanto si capisce, non è andata a buon fine.
Per l’ennesima volta lo cacciano via, mentre lui piagnucola e urla “Germania aiutami!”. Arthur (Inghilterra) si mette le mani nei capelli, appoggiando i gomiti alla scrivania.
“ non ne posso più!” urla straziato
 “ è la terza volta che quell’ idiota di Italia si intromette nei nostri ritrovi! Cosa pensa di ottenere se si fa scoprire sempre?! Dobbiamo assolutamente cambiare luogo di ritrovo secondo me…”
“ e dove vuoi che andiamo?” chiede curioso Cina fissandolo.
“Ho un idea!!” urla America salendo sulla scrivania
“Ragazzi! Andremo a casa mia! È perfetto!” con euforia agita il braccio indicando se stesso con il pollice.
Arthur sbuffa “e perché dovremmo andare a casa tua?”
 “tsk! Che domande?” posa eroica
“perché io sono il capo! E l’eroe ovviamente!” .
“non ci penso nemmeno! Io non vengo a casa tua!” esclama Inghilterra alzandosi dalla sedia.
“ma ci sono gli hamburger! E le patatine fritte!”
 “che schifo!”
“come osi?! Parla quello che cucina alimenti non ancora identificati!”
 “stai zitto schifoso mangia-hamburger!”.
Al solito, i due non esitavano mai a discutere, per qualunque cosa, anche la più insignificante.
Cina si alza dal suo posto e si avvicina ai due
“ok basta ragazzi! Non siamo qui per discutere!”.
Russia,sereno come al solito, sorride con affare innocente, Francia annusando la rosa rossa che tiene tra le mani cerca anch’esso di fermare il litigio
“ragazzi fate l’amore non fate la guerra…”
“non è giusto! Io sono America! E ho sempre ragione!”
“ma chi ti credi di essere?!” esclama Arthur in preda all’esaurimento nervoso.
Dopo una mezz’oretta riescono a farli smettere, Francia facendo roteare la rosa guarda Inghilterra “Inghilterra…perché non adiamo a casa tua invece?”
 “ perché proprio da me?!”
 “perché la tua casa è molto grande e accogliente e poi sei tu che hai proposto di cambiare postazione…” 
“ma…”.
 Alfred (America) alzandosi dalla sedia comincia a ridere estasiato
“ è vero! Allora è deciso! Il capo, ovvero io, decide che domani ci riuniremo a casa di Inghilterra per la riunione degli alleati!” 
Arthur sbuffa nuovamente ma accetta la decisione, anche se di mal voglia.
Dopodiché tutti ritornano alle proprie case. America non vede l’ora di andare a casa di Inghilterra, è da anni che non ne metteva piede, chissà se è rimasta la stessa di un tempo, con i soldatini, la miriade di orologi, e la cucina sporchissima. Ancora si ricorda dei bei momenti passati insieme, abbassa la testa, si tocca il cuore, quei ricordi gli portano malinconia, cerca di pensare ad altro, ormai i giorni passati da fratelli erano finiti è inutile portarli di nuovo a galla.
Arthur tornato a casa si stende sul divano, fissa il soffitto pensando ancora che il giorno dopo quei casinisti sarebbero venuti a casa sua. Prepara una tazza di the, deve rilassarsi, l’indomani sarà lungo…
Come promesso tutti gli alleati si trovano a casa di Inghilterra, America però non arriva ancora.
Fermo davanti alla porta non ha il coraggio di entrare. Vedere quella casa per lui significa ritornare al passato, bei ricordi,ma anche brutti sarebbero ritornati nella sua mente. Non vuole stare di nuovo male, non vuole morire di nostalgia. Eppure,è stato lui ad accettare,che figura avrebbe fatto se non si fosse presentato?
Suona il campanello, gli aprono ed entra con il solito sorriso “hey guys! XD su non abbiamo tempo da perdere!”
 “sei in ritardo!” lo interrompe Arthur,
“ah si…ma ho gli hamburger” risponde Alfred estraendo dalla giacca un sacchetto di carta.
Arthur lo afferra bruscamente “grazie…ma non ne abbiamo bisogno. Ora è meglio iniziare!”.
Si siedono sul grande divano, America si guarda in giro: si, la casa è rimasta uguale a tanto tempo fa, gli stessi mobili, gli stessi ornamenti, lo stesso profumo,l’unica cosa che sembrava essere cambiata sono le foto sui comodini; le foto di lui e Inghilterra che tanto tempo fa erano incorniciate e posate sul comodino della sala ora non c’erano più…chissà dove le ha messe?
 Le ha gettate via?
O le tiene nascoste da qualche parte?
 Un po’ gli dispiace, lo deve ammettere. Anche dopo tutti i disguidi che hanno avuto, le battaglie, pensava che almeno le foto della loro infanzia le avesse conservate come ricordo,che anche lui possa venire quella brutta malinconia pensando al passato?
“America?” lo chiama Cina, 
“eh?”
 immerso nei suoi pensieri e non si è nemmeno reso conto che è nel bel mezzo della riunione.
Ormai è passata un ora e come al solito hanno concluso gran poco. Di colpo Russia si alza dal proprio posto e, con il solito sorrisino stampato in volto, esclama
“ ragazzi! Scusate ma io devo tornare a casa…”
 “come devi tornare a casa?!” chiede Inghilterra guardando l’ orologio sulla parete.
Russia comincia ad incamminasi verso la porta
“qui non vedo neanche un po’ di vodka, il the non mi piace. Mi dispiace non ascoltare più i vostri discorsi interessanti ma devo proprio tornare a casa…” così dicendo esce dalla porta senza che nessuno riuscisse a fermarlo in tempo.
Qualche secondo di assoluto silenzio, poi America rompe il ghiaccio “em..non sarebbe meglio continuare?”
 “ oddio!” esclama tutto d’un tratto China  “ho dimenticato i ravioli al vapore nel pentolino! Scusate ragazzi devo scappare! Ci si vede” e anche lui di corsa esce dalla porta.
Rimangono America,Inghilterra e Francia seduti sul divano, zitti. Si guardano negli occhi spiazzati e confusi. Francia si alza e guardando per la centesima volta la sua rosa dice “ beh…siamo rimasti solo noi…in tre non credo che possiamo continuare la riunione non credete? Io direi di dedicarci a qualcos’ altro…”
 “perché non ve ne tornate a casa invece?” risponde Arthur piuttosto seccato.
“ ma no! restiamo qui! Siamo appena arrivati!” esclama Francia dando ad Arthur una pacca sulla spalla.
“e cosa facciamo?” chiede America,
“mmm…vediamo…ah si! Inghilterra! Perché non vediamo le tue foto di famiglia?”
“ma neanche per sogno!” risponde Inghilterra scostando Francia lontano da se.
 “Francia ha ragione! Perché non diamo un’occhiata!” America si alza e apre un cassetto davanti a loro “di solito le foto le conservavi qui dentro…ecco le!” estrae un album pieno zeppo di foto e lo porta al divano.
“no, non…” Arthur non riesce a finire la frase che i due lo stanno già guardando. Dentro vi sono foto di ogni genere: molte raffigurano Inghilterra quando era piccolo, con la solita faccia imbronciata, altre con Francia che, come al solito, litigavano per ogni tipo di sciocchezza, e molte altre, la maggior parte ritraggono America da piccolo con Inghilterra ormai cresciuto che, con espressioni serene, svolgevano ogni tipo di attività. America ne rimane molto impressionato, vedere  foto di loro due che giocavano a calcio, correvano nel prato, sorseggiavano the, ridevano e si divertivano. Lo rende felice, vecchi ricordi, sereni cominciano a ritornare, ma anche la solita nostalgia.
“ mettete via quelle foto vi prego…” implora loro Arthur, che a fatica riesce a guardare le foto, ne sembra quasi schifato.
“perché? Sembrano così dei bei momenti!” insiste Francia.
Lui  sapeva che a Inghilterra vedere di nuovo quelle foto dava fastidio, stuzzicarlo lo divertiva, lo ha sempre divertito.
“ti ho detto di mettere via quelle foto! Il passato non mi interressa! Orami quel che è stato è stato, quei bei momenti sono finiti è inutile riportarli a galla…”.
Dalle guance si scorge un leggero rossore, distoglie lo sguardo abbassando la testa. America neanche ci fa caso, le parole che aveva pronunciato prima lo aveva spiazzato e deluso. È vero loro in passato hanno avuto molti litigi, anche gravi, da mandarli in guerra, ma pensava che almeno i bei momenti, quelli sereni, li conservasse ancora nel suo cuore. Invece no, cercava di allontanarli, di scacciare dalla sua mente il fatto che un volta America aveva avuto un ruolo importante nella sua vita. Queste convinzioni gli fecero venire una fitta al cuore, per Alfred non vi era nessuna ragione di rimanere in un casa dove non è gradito, di rimanere con un persona che ormai lo odia e basta. Si alza, la testa bassa, si incammina verso l’ uscita.
“scusate ragazzi io devo andare…mi sono ricordato che ho un impegno urgente…” .
Nessuno obbietta, hanno capito. Esce dalla porta,sbattendola violentemente.
Cammina velocemente, vuole allontanarsi da quella casa il più veloce possibile, invano cerca di distogliere quelle parole dalla sua mente.
“Perché? Perché?” Continua a chiedersi, stringe i pugni irritato e a metà strada si ferma. Alza lo sguardo, i raggi del sole sembrano accecarlo con la loro luminosità ma lui nemmeno ci fa caso. Si gira, la casa di Arthur ormai non si vede più.
“ma che sto facendo?” si chiede.
È stato uno stupido a scappare, ad andarsene così. Avrebbe dovuto reagire e sbattere in faccia ad Inghilterra quello che pensava. Non è stato eroico da parte sua scappare; sarebbe ritornato da lui, e gli avrebbe detto la verità. Con che coraggio ha emesso quelle parole?
Nonostante continuino a litigare, Alfred teneva ancora a lui, e di certo i bei momenti passati insieme non li avrebbe mai dimenticati, mentre Arthur faceva di tutto perché non tornassero. Quel dolore al petto, quel pugno nello stomaco, doveva assolutamente liberasi da quello spasimo che lo tormentava. Comincia a correre, guidato dalla rabbia e dal nervoso. Deve parlare con lui, non sa come, con quali parole, ma lo deve fare.
 “L’ eroe non può essere trattato in questo modo!” urla.
Arriva alla casa e, senza suonare cortesemente il campanello, entra aprendo la porta con estrema velocità. Si aspettava di trovarlo subito in salotto o in cucina, che come al solito, che sorseggia un tazza ti the, ma invece non vi trova nessuno.
“Inghilterra! Inghilterra!” lo chiama, ma nessuno risponde.
Lo cerca in cucina, in bagno,in uno stanzino, ma nulla. Probabile che possa essere uscito. Sta per andarsene quando si ricorda che non ha controllato le ultime stanze. Lo chiama ancora,ma questo non risponde. Vede una porta socchiusa ,è quella della camera da letto, la apre violentemente,grossissimo errore.
 “ Ing…” Rimane impalato, tenendo la maniglia della porta e, con occhi sgranati osserva incredulo la scena posta davanti a sé: Inghilterra steso sul letto con Francia sopra intento a sbottonargli la camicia bianca. Arthur si gira, sorpreso e spaventato dall’ arrivo di America
“A-America! n-non è come credi…io…”
“è inutile…ho capito benissimo…” dopo aver risposto a fatica, esce velocemente da quella orribile, maledetta casa e comincia a correre senza avere una meta precisa.
Vuole tornare a casa, ma non ha la benché minima idea se la strada che sta percorrendo è quella giusta. L’unica cosa che gli importa è scappare, scappare da quella casa, dalla quella disgustosa scena, da quelle dolorose parole, da lui…
 Odio, disprezzo, delusione, non riesce a provare altro.
Con che coraggio sarebbe ancora riuscito a guardarlo in faccia?
Senza accorgersene, si ritrova sotto casa, forse il destino lo ha riportato lì per un motivo preciso. Subito, dopo aver varcato la soglia si butta sul divano, steso a pancia in su. Si copre il viso con le mani, ma subito le toglie, le osserva sorpreso. Lacrime,dai suoi occhi sgorgano lacrime che ricoprono le guance rosee.
“Perché sto piangendo? Perché mi sto comportando così?” si chiede cercando invano di farle cessare.
Non riesce a comprendere il suo atteggiamento, si è comportato come un codardo a scappar di nuovo, e per di più piangendo, eppure non era riuscito a trattenersi. Troppo dolore,ma per che cosa?
Perché soffre cosi tanto per lui?
Non riesce nemmeno a pronunciare mentalmente il suo nome. Le sue parole lo hanno deluso, la scena in camera da letto lo ha disgustato, ma non ne capisce il motivo. In fondo loro ormai non sono più così uniti come una volta, non dovrebbe star così male, eppure la fitta al cuore non vuole cessare. Pensare di nuovo a Francia sopra di lui lo fa ribollire di rabbia. Nessuno può permettersi di toccare Inghilterra!
Spalanca gli occhi, il suo cuore parla da solo, e la sua mente non riesce a controllarlo, questa è gelosia,
avrebbe voluto esserci lui al posto di Francia?
Eccome se avrebbe voluto. Al solo pensiero di tenere stretto a se quel piccolo brontolone senza un minimo di cuore, lo fa arrossire e quasi eccitare. Inutile continuare a negarlo, anche a se stesso, sapeva benissimo che da sempre prova qualcosa di più che una semplice amicizia o solo amore fraterno nei confronti di Inghilterra. Non capisce ancora se è amore ma ormai tutto è distrutto, anche se lo ha ammesso a se stesso non cambia nulla, lo ha deluso, ad Arthur non importa più nulla di loro, perché continuare a soffrire così?
L’ unico metodo è dimenticarlo del tutto come amico, come amante, ma soprattutto come fratello.


Ci mancava solo quello. America aveva visto tutto, e difficilmente sarebbe riuscito a rimediare. “povero America, ci è rimasto proprio male” dice Francia con un sorrisetto divertito e compiaciuto. Sdraiato sul caldo letto, Inghilterra lo guardava infuriato “togliti pervertito che non sei altro!” urla, spingendolo, Francis ride
“eppure prima non sembrava ti desse così fastidio…cos’è America ti fa pena?”.
Non lo sopportava, non lo aveva mai sopportato, per i suoi modi di fare, per il suo comportamento. “stai zitto! Sei tu che mi sei saltato addosso!”
 “ma tu ci sei stato!”
Si sa che Arthur è un tipo piuttosto vulnerabile nonostante sia ostinato e orgoglioso.
Si riallaccia la camicia,sta per uscire dalla stanza quando Francia gli dice: “vai da America vero?”
“esatto…”
“non te ne basta uno…”
 “smettila!” urla offeso “io non ti ho mai voluto! Mi fai schifo!”
“però quando sei triste ti vado bene è?”
no,non è vero,Francia aveva approfittato di un suo momento di debolezza e lo sapeva
“fuori da casa mia stronzo!” urla indicando la porta.
Francia esce sorridendo.
“bastardo!” esclama sbattendo la porta principale.
Francis si prendeva sempre gioco di lui, lo divertiva. Approfittava di un momento critico per poi prenderlo in giro in ogni modo, soprattutto con i suoi modi a dir poco perversi. Quello che era successo prima, era di sicuro uno dei suoi piani per metterlo in ridicolo, ma malgrado questo, Arthur non aveva obbiettato; nonostante quel pervertito lo avesse immobilizzato nel letto lui non si era dimenato più di tanto. Forse,come aveva affermato prima Francia, aveva ceduto così facilmente proprio perché si trovava in un momento delicato. Aveva appena riscoperto vecchi e dolorosi ricordi e aveva ferito i sentimenti di America, anche se non intenzionalmente. Sapeva di essere solo, e che ci sarebbe rimasto per sempre, il suo caro fratellino non c’era più, ormai è diventato grande, e non ha più bisogno di lui. Quei pensieri lo fanno stare ancora male, lo rendono triste e inutile,
ma se non fa qualcosa, se non spiega ad America la faccenda e non gli porge le proprie scuse, di sicuro lo avrebbe perso del tutto, anche come alleato.
Finisce di vestirsi velocemente ed esce di casa correndo da America.
Nella sua testa continua a ripetere di essere uno stupido, un idiota, per aver mostrato al suo caro Alfred un episodio così orribile.
Andare a letto con Francia?
 Per distrarsi dal dolore e dalla nostalgia?
Prova disgusto per se stesso, si sente un’ adolescente con mille pene d’amore che, per dimenticarle,va a letto con il primo che capita.
Giunto da America, smette di correre,prende fiato,alza la testa e comincia ad osservare attentamente la casa: abitazione modesta, non troppo grande, ma di sicuro più moderna della sua, un’ enorme bandiera americana sventolava nel giardino. Suona il campanello agitatissimo, nessuno si degna di rispondere. Senza pensarci due volte apre la porta ed esclama
“America…sono io Inghilterra, dove sei?” ma ancora nessuna risposta.
Il salotto è proprio come se lo immaginava, grande, disordinato, pieno zeppo di videogiochi, cibo e vestiti sparsi per tutto il parche. Non era adatto per le faccende domestiche, non lo era mai stato, sin da piccolo. Lui però non c’è, il suo odore invade tutta la stanza.
 “America! America sei in casa?!” urla di nuovo avvicinandosi al corridoio. Come risposta sente dei rumori provenire dal fondo del corridoio. Corre veloce chiamandolo ancora un paio di volte finché capisce da dove provenivano i rumori. Apre una porta alla destra del corridoio, è un ripostiglio.  Entrandoci ne rimane ammaliato; dentro quel enorme ripostiglio vi sono conservati tutti i ricordi di America: dalle foto ai mobili, dai souvenir a cianfrusaglie di ogni genere. Si sente strano, triste,anche troppo. Lui per tutti quei anni ha cercato di non conservare troppi ricordi del passato per non soffrire ulteriormente, mentre America li tiene sparpagliati in unico stanzino. Sembra vecchio e pieno di polvere, è da un po’ che forse non ci entra. Si guarda in giro stupito, ma subito viene distratto dagli stessi rumori, ora riesce a capire meglio di cosa si tratta, sembrano rumore di cianfrusaglie cadute a terra o rotte. Corre verso il rumore, è certo che si tratta lui, non ha alcun dubbio.
Infatti lo è, che gli da le spalle, intendo a gettare a terra alcuni ricordi, per lo più foto, è arrabbiato, no, furioso. Non si accorge della sua presenza, ma non ha idea di come farsi notare, impalato davanti a lui, osserva la scena addolorato.
Alfred estrae da un cassetto un soldatino, il soldatino che gli aveva regalato Inghilterra tanto tempo fa, sta per gettarlo a terra, non può, quell’ oggetto era un simbolo che li univa e se lo avesse distrutto significa che il loro legame, ormai invisibile si sarebbe sciolto per sempre.
“ non farlo!” grida Inghilterra afferrandogli il braccio in tempo.
 America si gira, esterrefatto dall’ arrivo precipitoso di Arthur.
“non puoi distruggerlo! Si può sapere che stai combinando?” sta per scoppiare.
“tu…che ci fai qui?!” chiede America respingendo la stretta al suo braccio.
“io…ti devo parlare…”
 “vattene non voglio ascoltarti! E poi a te che importa quello che sto facendo?! Sto distruggendo tutti i nostri ricordi, intanto a te non significa nulla, ne di loro ne di me…quindi non c’è nulla da dire!”
“ma..Am…” non riesce a parlare, lo ha perso, lo sapeva, quelle parole se le aspettava, ma non pensava facessero così male.
 “vattene ti ho detto! Vuoi farmi soffrire ulteriormente? non voglio mai più rivederti!” quelle parole sembrano trafiggerlo, annientandolo.
Deve rispondergli, reagire alle sue minacce, ma non riesce. Vuole scappare ma le gambe non hanno intenzione muoversi, tremano, anch’ esse distrutte da quelle parole gelide e velenose. Cade a terra, inginocchiato scoppia a piangere, porta le mani vicino al viso per nasconderlo. Non vuole farsi vedere debole, non vuole piangere davanti a lui, ma le lacrime sono uscite da sole e non riesce a fermarle in nessun modo.
“I-Inghilterra…” sibila America vedendo la scena e sentendo i ripetuti singhiozzi.
Ha fatto piangere Inghilterra, non era sua intenzione farlo. È la prima volta dopo tanti anni che lo vede. Quelle lacrime di dolore, le aveva già viste una volta, durante la Guerra di Indipendenza. Era bastata quella volta per non volerlo vedere mai più. Ancora inginocchiato sotto di lui, mescolava le sue lacrime con la pioggia e il fango che gli imprimeva la divisa. Lo spasmo, l’angoscia di quell’ episodio stanno di nuovo fiorendo in lui.
“stupido!” urla d’un tratto Arthur,
“p-perché?” chiede America, quasi pentito delle sue parole.
“stupido! Stupido! Stupido! Non capisci niente!” le urla si mescolano ai singhiozzi, le lacrime scendono e ricoprono le guance bordeaux.
“ma cosa dovrei capire? Dimmi!”
“io…io…” cerca di diminuire le lacrime per riuscire a parlare. Abbassa la testa, per colpa del suo maledetto orgoglio non riesce a esprimersi guardandolo in volto.
“io non volevo ferirti…mi dispiace…” il cuore batte veloce,le mani cominciano a sudare
“ non avrei mai voluto farti star male…ma vedi…riscoprire i miei ricordi, mi portano tanto rammarico. Non ce la faccio…pensare che tutto è cambiato, che ti ho perso è troppo doloroso per me…” arrossisce, un po’ balbetta
“e-ecco…i-io tengo a te America…molto… ma tra di noi è tutto cambiato. Non è più come tanti anni fa! Ogni volta che ripenso a quei giorni mi sento solo, molto solo. Lo sono sempre stato, finche non sei arrivato tu, con i tuoi sorrisi, la tua ingenuità da bambino che mi ha riscaldato il cuore. Pensavo saremmo stati insieme per sempre, che ti avrei sempre protetto io, come fratelli che non ci saremmo mai separati eppure, in cuor mio, sapevo che prima o poi ti saresti staccato da me e avresti percorso la tua strada, da solo…” ancora poche lacrime scendono inesorabili
 “ più crescevi più me ne rendevo conto. Ormai eri cresciuto, ed eri più grande e potente di quanto io non sia mai stato, davanti a te mi sentivo inutile,debole,impotente e dovevo accettare il fatto che non avevi più bisogno di me …” stringe i pugni che toccano il pavimento .
“ ci ho provato ma non riuscivo ad accettarlo, la solitudine, la nostalgia era troppa e così ho deciso di tenerti con me usando le maniere forti, costringendoti. Ma il tuo desiderio di libertà era troppo grande, e così dopo dure battaglie ho dovuto concederti, con gran rimpianto, la libertà che tanto attendevi e ho dovuto accettare il fatto che non ti avrei più potuto proteggere come tanto desideravo…ecco perché…perché non volevo rivedere quelle foto…perché ho detto quelle cose orribili…io…sono stato un grande egoista e ho pensato solo a me stesso,senza pensare ai tuoi sentimenti. E ora sono qui, come un cretino, a farti le mie scuse, non è da me comportarmi così renditene conto, però dovevo farlo…non potevo far finta di nulla…perciò…”
ritorna a piangere, maledette quelle lacrime! Lo stanno mettendo ancor più in ridicolo. “perdonami…sigh…” implora sotto voce.
Probabilmente quelle parole non sono servite a nulla,fiato sprecato Arthur.
 Ma un abbraccio, caldo e travolgente lo attanaglia.
Inghilterra apre gli occhi, America lo sta stringendo a se appoggiando la testa sulla spalla.
“ti perdono…Arthur…” sussurra America accarezzandogli i capelli.
Spalanca gli occhi sorpreso, un po’ per l’improvviso abbraccio ma soprattutto per come lo ha chiamato.
 Arthur…è da anni, da secoli che non lo chiamava per nome, lo chiamava sempre “Inghilterra”, appellativo troppo formale secondo lui. Sentire di nuovo quel nome pronunciato da America lo rende felice, si stringe al suo collo, e appoggiando il viso sulla spalla, versa le sue ultime lacrime, questa volta però,sono lacrime di gioia. 
America gli accarezza teneramente i capelli biondi, poi dopo avergli alzato il volto comincia a ripulire la guance bagnate, sorride. Inghilterra si sente un bambino a cui è stato appena tolto il giocattolo, le parti sembrano essere invertite e si sente in imbarazzo.
“Amer..”
Un bacio, un bacio appassionato lo interrompe. Sente le dolci labbra di Alfred sulle sue, così morbide, ne rimane quasi incantato.
Che sta facendo?
 Lo scosta subito da se esterrefatto, lo ha baciato! Come se nulla fosse! Forse quel quattrocchi non si rende conto che sono due uomini.
“ma che stai facendo?” esclama arrossendo come un peperone.
America ride, avvicina di nuovo il volto al suo, e gli accarezza la guancia con delicatezza, come se fosse fatta di porcellana. 
“hai ragione sai…ormai non puoi più proteggermi, posso farcela da solo,ma vedi,d’ora in avanti sarò io a proteggere te…lo giuro!”
detto questo, appoggia di nuovo le sue labbra su quelle di Arthur.
Questa volta non lo ferma, non obbietta, forse per quello che ha appena detto, o forse perché sa benissimo che in fondo quel bacio lo bramava da tempo, e non voleva nient’altro al di fuori di lui. Il sapore delle sue labbra che, anche se sa di hamburger e coca cola, lo trova stranamente piacevole, la lingua che si intreccia alla sua, il suo respiro, si sente così agitato, il cuore gli batte a mille, la mente libera da ogni pensiero.
Si alzano contemporaneamente, nessuno sa che dire, Arthur abbassa lo testa, quel silenzio lo imbarazza; senza nemmeno accorgersene America lo prende in braccio con gran velocità.
“hei! Mettimi giù!” esclama colto di sorpresa.
Quel ragazzo è a dir poco imprevedibile, riesce sempre a sorprenderlo, nonostante lo conosca da anni.
Perché lo ha preso in braccio?
Che ha intenzione di fare?
“ su su! Non preoccuparti! Non ti faccio nulla, rilassati…” risponde America con un sorriso sereno. Si fida, non risponde e si lascia andare. Escono dal ripostiglio e si dirigono in camera da letto, per poi appoggiare la cara damigella sul letto. Dopo essersi appoggiato sopra di lui Alfred, comincia a ricoprirlo di baci appassionati infilando le mani sotto la camicia.
Agitato, si lo era, ma questa volta si sarebbe concesso del tutto, niente obbiezioni, niente capricci, era tutto suo…
Quella giornata non è stata una delle migliori, ma neanche una delle peggiori in fondo.
Il rancore,le lacrime, la tristezza, la solitudine e la malinconia, tutti quei brutti fattori che li avevano accompagnati per tutto il giorno vennero rimossi in quel letto. I respiri affannosi, i corpi nudi e caldi intrecciati, talvolta scappava qualche gemito, i continui baci e i movimenti fluidi ma intensi cacciarono via ogni preoccupazione, ogni dubbio rimasto. Uniti come non mai si addormentano, stetti in un tenero abbraccio.

Apre gli occhi confuso.
Dove sono? Si chiede con la mente ancora annebbiata.
Si alza leggermente, strofina gli occhi e osserva la stanza, ora si ricorda, è nel letto di America.
Si gira, lui sta ancora dormendo, sembra un angioletto, contrariamente da come è in realtà.
“forse è meglio che mi faccio una doccia” pensa scostando le coperte. Sta per scendere dal letto quando America lo abbraccia da dietro stringendolo forte a sé.  Appoggia il mento sulla spalla “heila! Ben svegliato!”
“da quant’è che sei sveglio?” chiede Arthur sbadigliando
“ da mezz’oretta, non ho voluto svegliarti, sei così carino quando dormi!” lo stringe ancor più
“non ti è bastato starmi appiccicato tutto il pomeriggio? Devi ancora attaccarti?”
“no, non mi basta! Tu non mi basterai mai…” gli sussurra in un orecchio America con vece sensuale. Quando si comporta così, lo fa impazzire, non capisce più niente e perde la voglia di controbattere. Ma non può sempre cedere alle sue moine, deve farsi rispettare, tra i due in fondo è anche il più vecchio!
“America staccati!” urla Inghilterra togliendosi dall’ abbraccio.
Si gira verso di lui con espressione seria,
“allora, adesso dobb….”  Non finisce la frase che Alfred lo bacia di sfuggita, un bacio veloce che lo lascia senza parole, non è ancora abituato.
“per favore! Ora smettiamola e parliamo seriamente!” nonostante il bacio è riuscito a riprendersi in fretta, con il dispiacere di America che sperava di farlo zittire.
 “sai mi è venuta voglia di un Big Mec!” afferma di punto in bianco,
“mi spieghi cosa centra adesso?!” esclama Arthur seccato
“nulla, ma…a te non è venuta voglia?”
 “ti sembra? Io quel cibo disgustoso non lo sopporto! Piuttosto un buon e sano the al limone!” “bleh! Come ti può piacere quella roba annacquata?”
“beh perché tutte le schifezze ipercaloriche che mangi tu? Dopo ti lamenti perché sei in soprappeso!”
 “io non sono in soprappeso! È la bilancia che è tarocca!”
“no, è colpa tua che ti nutri male…”
“di sicuro è meglio che mangiare la roba che cucini tu!”
“che ha di male la mia cucina?!”
“stai scherzando vero?”.
Arthur gira lo sguardo offeso
“visto? Discutiamo come prima! Nonostante tra di noi qualcosa è cambiato litighiamo come al solito!”.
America aggrotta le sopracciglia “ si…e con questo che vuoi dire?”
 “è quello che volevo dirti! Certo il nostro rapporto non è più quello di prima…cioè,siamo più uniti ecco…ma io non voglio che il modo in cui ci trattiamo cambi, in fondo mi sto comportando in modo naturale…”
 “certo!” risponde Alfred con un sorriso complice “ anche se litighiamo non vuol dire che ci odiamo, anzi…”
“bene! Perciò niente baci in pubblico” esclama Arthur ritornando a guardarlo
 “uff…va bene” risponde un po’ deluso,
“ne abbracci troppo insistenti”
“ok…”
“e niente dei tuoi scherzetti!”
 “se…” è sempre il solito brontolone.
Inghilterra scende dal letto dandogli le spalle,
“ah un ultima cosa…” aggiunge racchiudendosi  un po’ vergognoso.
“ti amo…Alfred….”
Silenzio.
America sorride compiaciuto
“anche io Arthur, anche io…”


..
...
....

                                                                                                                
Sono nato per dirti ti amo
E sono lacerato
per fare quello che devo
Per farti mio
Resta con me stanotte.

  
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