Un altro giorno. Un altro
giorno senza
significato. L'unica cosa che contava era riuscire a rialzarsi se
cadeva. Perché cadere, cedere al freddo e alla stanchezza,
significava morire. Feliks trattenne l'ennesimo starnuto e si
stropicciò gli occhi per cancellare le lacrime dovute
all'influenza.
Doveva essere forte, resistere per il bene della sua gente, anche se
si stava ammalando. In fondo, fin dal Medioevo, si era guadagnato il
titolo di Fenice... questa volta non sarebbe stato diverso.
Spaccò
l'ennesimo ciocco di legna e strinse l'ascia tra le mani,
sollevandola sopra la testa. All'improvviso, sentì qualcuno
aggiungersi alla stretta sull'attrezzo. Voltò lo sguardo e
incrociò
gli occhi azzurri di Ludwig.
- Feliks... - lo “salutò”
così,
liberandogli le mani dall'ascia.
- Ludwig... - ricambiò, voltandosi verso di lui e portando le mani sui fianchi. - Cosa vuoi? -
Il tedesco lo fissò negli occhi, prendendogli il mento tra le dita e avvicinandogli il volto al proprio.
- Mi hanno detto che ti stai ammalando... o sbaglio? - domandò, scrutandolo come se volesse trovare segni di debolezza nel suo sguardo.
- Credo che tu ti stia sbagliando, Ludwig... - rispose, fissandolo di rimando, con un tono leggermente aspro. Il conseguente schiaffo risuonò nell'aria silenziosa.
- Non hai il diritto di rivolgerti a me così, Polen... - sussurrò, colpendolo di nuovo con un rovescio che lo colpì proprio sull'occhio. Feliks cadde a terra, tra la neve gelida che che gli bruciò sulla pelle. Il polacco iniziò ad imprecare sotto voce nella sua lingua natia e sollevò lo sguardo su Ludwig.
- Dimmi, Niemcy, sai perché sono soprannominato “La Fenice”? - chiese, con un ghigno sul volto delicato. Ludwig lo fissò, senza comprendere. - Perché io mi rialzo sempre! -
Poche ore più tardi, i cancelli del campo di concentramento si aprirono. Gli Alleati entrarono e trovarono Feliks riverso a terra tra la neve al fianco di Ludwig, entrambi sporchi di sangue. Il polacco si mosse alla vista degli Alleati, portandosi via il sangue dalle labbra. Da dietro le spalle di Ivan, spuntò Toris che fissò l'amico perso da tempo.
- Fenice... - sussurrò, rivolto a Feliks, prima di corrergli incontro e abbracciarlo.
27 Gennaio 1945
Gli Alleati entrano ad Auschwitz.