-Zio Tommi , svegliati , devi preparare la colazione-
-O dio mio- il famoso e giovane chitarrista mugugnò in protesta , sbirciando di sottecchi il suo orologio da polso : le otto e mezza. –E la mamma dov’è?-
-Dalla nonna zio , forza devi prepararci la colazione-
Spostò il suo stanco sguardo nocciola sull’esile figura che , in tuta di jeans , lo fissava con innocenti occhi, seduta ai piedi del divano.
Sbuffò –Va bene Isabelle , ora arrivo- a quel suo annuncio la piccola sorrise , un sorriso così simile a quello di Bill e , quindi , anche al suo. Si alzò da terra e corse in cucina chiamando allegra la sorella più grande.
Lui era uno straccio.
Due settimane erano passate dal tragico incidente e ancora continuava a soffocare il dolore con l’alcool e il fumo. Aveva vomitato , rischiato perfino di andare in overdose di droga.
Tom Kaulitz , da quel giorno orribile , si era aggrappato alla sua immagine da duro , razionale , freddo e intelligente ragazzo.
Ma come poter resistere a una simile situazione? Come poter continuare a condurre una vita normale sapendo che suo fratello , la sua anima gemella , era in coma con scarse , se non nulle , possibilità di una ripresa?
I medici , molto schiettamente , gli avevano detto di considerarlo ormai morto.
Le macchine… ecco cosa riusciva a tener Bill in contatto con la vita , se tale poteva essere chiamata la sua condizione.
Aveva ripreso a drogarsi , a fumare , a fare uso pesante di alcool non riuscendo con le sue forze ad affrontare la situazione.
Si era inoltre stabilito a casa di Evi e Bill , sposati da cinque anni , per sentir accanto a se la presenza di suo fratello e per dare manforte alla donna che , da sola , doveva accudire le due figlie , Isabelle e Annabelle , gemelle monozigoti di cinque anni.
-Zio Tommi ! – la voce squillante delle piccole gli rimbombò in testa e gemette per il dolore.
Si sentiva distrutto , un qualsiasi rumore gli giungeva amplificato e assordante.
-Arrivo , arrivo- alzandosi dal divano lo colse un capogiro e fu costretto a risedersi.
Sospirò , portandosi le mani alla testa e chiudendo gli occhi.
Non poteva andar avanti così : in quelle condizioni presto si sarebbe trovato nelle stesse di Bill. Perché no? Era l’unica persona con cui voleva stare e gli mancava , gli mancava da morire.
-Dai Zio , mamma ha detto che ci devi portare dalla nonna-
Fantastico , non era neanche in grado di guidare , in quel momento non ricordava nemmeno dove avesse messo le chiavi della sua macchina.
Perché era arrivato a casa con l’auto , vero? O Evi era dovuta , ancora una volta , giungere in suo aiuto? Magari andando a prenderlo , come sempre , all’ingresso di una discoteca , completamente ubriaco o , peggio ancora , drogato?
Maledizione.
-Eccomi- mormorò , la voce roca e rovinata dal fumo.
Si alzò , questa volta cercando con tutte le sue forze stabilità , e giunse in cucina.
Le gemelle erano sedute al tavolo a giocare con i piatti e le forchette ; perfettamente identiche , gli stessi occhi nocciola , gli stessi capelli biondo rame modellati in morbide onde , lo stesso sorriso e gli stessi zigomi spruzzati di simpatiche lentiggini , probabilmente , prese dalla madre.
In parte di può dire che , somigliando molto al loro papà , potevano sembrare figlie sue essendo gemello di Bill.
No , quelle bambine avevano qualcosa che solo il gemello possedeva : lo sguardo dolce , la postura elegante e raffinata.
-Dai Zio , facci le frittelle- Annabelle , la piccola di dieci minuti , gli sorrise impaziente.
-Le frittelle?- domandò lui , interrogativo e svampito.
Dio , come si facevano le frittelle? Ne aveva fatte tante ma , in quello stato , non riusciva a ricordare come.
-Si le frittelle-
-Con lo sciroppo- aggiunge la sorella.
-Amh… Non vi accontentate di pane e nutella?-
-Ma zio…-
Uno cigolio , uno schiocco. La porta di casa si aprì e il ticchettio dei tacchi echeggiò in salone raggiungendo la cucina.
-Mamma!- Isabelle scese dalla sedia , entusiasta e corse via.
Annabelle continuava a fissare lo zio –Io sto aspettando le frittelle-
Forse quella bimba era più simile a Tom : la stessa arroganza , impertinenza e cocciutaggine.
Isabelle , invece , aveva considerato più importante farsi abbracciare dalla madre, che Tom sentì parlare.
-Tom- Evi entrò in cucina seguita dalla bimba –Tutto bene?-
-Si , emh… vogliono le frittelle-
-Si , ora le cucino- sorrise , arricciandosi le maniche della camicia azzurra che portava e mettendosi ai fornelli. –Tom , sicuro di star bene?-
-Si Evi , tranquilla-
-Hai gli occhi arrossati- premurosa , come se Tom fosse suo figlio grande –In bagno ci sono le aspirine , forse ti conviene prenderne qualcuna per il mal di testa e… vedrò di prescriverti qualcosa per rianimarti- gli fece l’occhiolino.
Avere una cognata dottoressa non era certo male.
La cosa che più ammirava di quella donna era la sua forza. Suo marito in coma , suo cognato che cercava di fare la sua stessa fine e il tutto condito con la cura delle sue due figlie. Non doveva essere facile , in più vi era anche il lavoro da portare avanti e la casa , ma lei non abbandonava mai il sorriso e la sua aria tranquilla.
-Grazie Evi- mormorò chinando il capo.
Era lui l’uomo , quello che doveva proteggerla e darle conforto in mancanza del fratello. Invece i ruoli erano stati completamente scambiati.
-Inoltre , ho parlato con l’ospedale , oggi puoi andare a trovarlo-
-Sul serio?- Quella notizia gli rianimò in cuore.
-Si… una visita al giorno , mi hanno detto-
-Evi , sicura di non volerci andare tu?-
-No , non ne ho il tempo. Devo stare con le bambine e aiutare tua madre , è a pezzi-
-E tu come ti senti?-
Evi sospirò portandosi una mano all’altezza dei reni. Il suo sguardo era stanco , l’aria stressata. I capelli biondi erano legati in un disordinato codino , aveva venticinque anni ma ne dimostrava molti di più.
Quello , Tom ne era sicuro , era un peso troppo grande da portare per una ragazza delicata e fragile come lei.
-Bene , mi sento in ottima forma- sorrise e solo dopo il chitarrista si accorse che le bambine avevano prestato attenzione a quella risposta.
Stava fingendo anche per loro , per non farle soffrire.
-Tom , l’orario delle visite scade tra due ore , ti conviene sbrigarti-
-Certo…- sussultò.
-Ah Tom , le chiavi dell’audi sono nella stanza delle gemelle-
-Grazie Evi. Grazie di tutto- dicendolo si sentì un vero schifo.
Di tutti i suoni , i rumori , che aveva sentito , quel fischio a intermittenza era senza dubbio il più brutto.
Non perché fosse assordante , ma perché era sempre più flebile e segnava la vita del fratello che pian piano giungeva al termine.
Inoltre , in quella stanza , vi era anche il respiratore artificiale che , tramite una pompa in plastica chiusa in una teca , aspirava e espirava l’aria , gonfiando e sgonfiando il gracile petto di Bill.
Era sempre stato un ragazzo magro e , con il coma , stava quasi per rasentare l’anoressia.
Aveva visto il suo viso rigato dalle lacrime , illuminato da un sorriso o contratto in una smorfia di delusione , ma mai in quello stato : bianco , dagli zigomi lividi e solcati da tagli ricuciti.
Non era suo fratello quello.
Era un morto che volevano spacciare per vivo.
Era una truffa.
-Bill…- si sedette allo sgabello prendendogli delicatamente la fredda mano. –Le cose stanno andando bene sai? Lo so , ti conosco , non devi preoccuparti per noi ; devi solo lottare , superare anche questa e so che ci riuscirai-
La testa riprese a pulsare e una forte astinenza si impossessò della sua mente.
Doveva fumare ma non si poteva in ospedale.
-Maledizione- lasciò libera la mano del fratello e si portò la sua in fronte. Era calda ma non aveva la febbre.
Si alzò dallo sgabello e iniziò a camminare nervosamente per tutta la piccola e fredda stanza.
Accidentalmente incrociò il suo riflesso in uno specchio vicino alla finestra.
Come si era ridotto? Il suo viso stanco e le occhiaie , segno delle sue notti insonni , erano inguardabili.
Ma una cosa , maggiormente , risaltava sulla sua pelle sempre perfetta : i suoi occhi lucidi e rossastri.
Gli occhi di un tossico.
Sospirò passandosi una mano un viso. –Ma che sto dicendo Bill- mormorò –Le cose non vanno bene per niente. Tutto sta andando a puttane! La mamma rischia di cadere in depressione , Evi non mangia da giorni , le gemelle si chiedono quando ritornerai e io? Io mi sto lasciando andare , ti sto soltanto deludendo-
Non poteva continuare così , non doveva lasciarsi trascinare dalla droga e dalla sofferenza in quella fossa buia e mortale.
Non voleva e non poteva.
Bill si sarebbe risvegliato , lui sarebbe tornato a casa.
Perché? Perché si erano fatti la promessa di morire insieme e Bill non era un bugiardo.
-Hai ragione fratellino- era come se quel ragionamento fosse stato fatto dal fratello , nonostante fosse immobile a letto –Devo riprendermi- si sedette nuovamente allo sgabello –Ti prometto che mi prenderò cura delle bambine , di Evi e della mamma , fino al tuo ritorno.- gli prese la mano , sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime –Mi hai sentito? Fino al tuo ritorno-
Si asciugò le lacrime prima ancora che queste potessero solcargli il viso e morire sulle labbra.
Avrebbe mantenuto la promessa ma , prima , gli occorreva un’ultima dose di droga.