Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: shining leviathan    30/01/2011    3 recensioni
Una chiacchierata in un bar, due Turk, le loro ideologie.
Cos'è un Turk alla fine?
Come può sopravvivere alle proprie colpe?
"
“ Ecco. Il tuo bel visino da bimba sperduta – non fare quella faccia, è vero- non fa sorgere sospetti nella gente. Tutto ciò che facciamo lo facciamo per la Shinra, e in questo genere di lavoro ci vuole una certa discrezione. Ingannare fa parte del pacchetto Turk, e in questo siamo i migliori, sia nell’apparenza che nei fatti. La popolazione ci odia, è vero, ma credi che sarebbe in grado di riconoscerci se non portassimo queste?” e si indicò la giacca blu scuro “ E’ tutto basato sull’apparenza, Cissnei, solo su quella. Tu potresti essere una banalissima liceale o un’assassina, ma le persone non se ne accorgerebbero. Sono troppo incollate agli stereotipi per sospettare di una ragazza acqua e sapone. Così il mondo intero si racconta balle.”
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cissnei, Reno
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Before Crisis
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

 

“ Ehi, vecchio, il solito!”

Il barista fissò Reno di sottecchi, accigliato per l’epiteto più infamante che potesse ricevere dato che aveva vent’anni appena compiuti e già sentiva addosso tutta la saggezza del dover tenere la bocca saldamente chiusa la cospetto di un Turk. Per quanto sulla lingua vibrasse una risposta pronta, una delle poche che gli venivano naturali, ingoiò il rospo e cercò di distarsi pensando a cosa equivalesse il “solito” di quel giorno. Reno lo cambiava ogni volta, e ogni volta gettava nel lavandino bicchieri di alcool che poco si confacevano ai desideri del ragazzo per l’ennesima bevuta serale, se non arrivava già ubriaco fradicio e poteva spacciargli acqua per gin. Tutte le volte si prendeva un bel rischio, ma piuttosto che buttare nello scarico i suoi liquori, che costavano tra l’altro, preferiva la soddisfacente sensazione di poter fregare un assassino patentato che arrivava sporco di sangue ancora fresco a sedersi sugli sgabelli di velluto del bancone. Reno insisteva nell’addebitare il tutto sul suo conto, un conto che non avrebbe mai saldato, e non possedeva la decenza di pulirsi le strisce cremisi che talvolta gli solcavano il volto come lacrime che non avrebbe mai pianto. I Turk, a quanto aveva sentito dire, non piangevano perché gli avevano rimosso i condotti lacrimali con un operazione chirurgica  - una cosa del tutto ridicola. Le emozioni si possono rimuovere chirurgicamente?- ma erano dicerie senza capo né coda, leggende che circolavano per spiegare l’inspiegabile ignoto ai più, alla gente comune che poteva solo immaginare il mondo allucinante dietro i gesti calcolati di sicari autorizzati a commettere atrocità senza temere una punizione dall’alto.

“ E un cocktail per la signorina.”

La cosa preoccupante era il loro aspetto. La disarmante allegria di Reno contrapposta all’innocenza con cui il suo sguardo venne accolto da due occhi grandi del colore delle foglie d’autunno. Un’ingenuità così studiata da risultare stucchevole, eppure non gli diede tanto fastidio quanto paura. Ed era ridicolo avere paura di una ragazzina esile e raccolta; lo inquietò  il puzzo ferrigno impregnato da una fragranza che doveva essere originariamente di gardenie e che in quel momento dilagava come un bouquet marcio. L’odore di morte sui vivi, sui mietitori.

La ragazza lo liberò dal giogo del suo sguardo per rivolgerne uno di rimprovero al collega, correggendo l’ordinazione di quest’ultimo con un thè freddo al limone. Le sorrise, e lui non ricambiò. Si affrettò a borbottare che tornava subito perché ce li aveva in magazzino e scomparve velocemente dietro la porta di ferro oltre il bancone.

Clang!

Salvo…

Cissnei sospirò, ripulendosi col pollice una traccia di saliva sul collo. Quel soldato AVALANCHE le aveva risposto così all’invito di confessare per avere salva la vita. Un secondo dopo un fiore rosso era sbocciato sul suo petto, prosciugando la vitalità dei suoi occhi per sempre. Quello spettacolo suggestivo ormai era di casa, e la donna alla quale aveva strappato il marito si era accasciata di fianco al corpo con un muto grido inesploso. Avrebbe ucciso anche lei se non fosse sfuggita barcollante tra le vie sudice? Sì, probabilmente sì. Solo per pietà, si sarebbe detta, per ricongiungerla al consorte nel Lifestream. Troppe bugie fanno male anche a un Turk, si ritrovò a constatare, per oggi si poteva accontentare  di essersi presa una vita perché gliel’avevano ordinato, e basta. Pensare non era una priorità da Turk.

“ Sei pensierosa.” Notò Reno, trovando il punto morto della conversazione ancora sui binari di partenza, raffreddata ulteriormente dal ritardo del barista nel servire le bevande. “ Ma dove diavolo si è cacciato?” si domandò ad alta voce, irritato dall’astinenza che covava dentro da ore. Cissnei poggiò il mento su una mano, osservando disinteressata lo schermo del televisore sul ripiano alto trasmettere un discorso del Presidente, una pantomima ridicola di un film muto per la mancanza di suoni dalla bocca dell’uomo. Chissà perché nei bar accendevano le Tv per tenerle a volume minimo, inesistente.

“ Ehi, parlo con te, rossa.”

Cissnei si voltò. “ Scusa, cos’è che hai detto?”

“ Mi stavi ignorando,eh? Mi deludi, Cissnei.”

“ Pensavo.” Si giustificò con una scrollata di spalle. Reno fece un sorrisetto, schioccando due volte la lingua a mo’ di rimprovero.

“ Grave errore, cara mia, non devi pensare ma agire.”

“ In missione, durante il lavoro.” Puntualizzò Cissnei “ Dopo ho tutti i diritti di rilassarmi.”

“ Si vede che sei nuova.” Sospirò Reno.

Il barista apparve affannato, incespicando su uno scatolone di birra vuoto, e posò quasi al volo la lattina di thè davanti a Cissnei. Preparò veloce la prima cosa che gli venne in mente e la diede a Reno.

“ No.” Strascicò annoiato “ Non volevo questo. Un altro.” Ordinò spingendo via il boccale. A malincuore, il barista iniziò a rovistare fra le bottiglie impolverate messe in fila sugli scafali. Cissnei non mancò di esprimere il suo disapprovo per l’infantilità capricciosa del suo collega.

“ Reno, avresti potuto specificare. Non puoi buttare via le cose che non ti aggradano.”

Il giovane sorrise. “ Oh, ma io ho sempre fatto così. E per ora mi è andata bene.” Batté una manata sulla coscia come a mettere fine a quel discorso, e Cissnei preferì non indagare. Reno non era un bamboccione idiota; nonostante l’aspetto disordinato da straccione, c’erano cose di lui che avrebbe preferito ignorare, ad ogni rimprovero mosso nei suoi confronti ribatteva con allusioni di vita, la sua, confermando con morali  personali che l’esistenza che conduceva lo premiava senza castigare i suoi comportamenti scorretti. Ogni sgarbo per lui era solo l’ennesima prova di poterla fare franca in tutte le situazioni.

“ Parliamo di te, piuttosto: come fai a bere quella robaccia alle dieci di sera?”

“ Semplice. Porto il bicchiere alle labbra e butto giù.” Replicò pronta, sorseggiando direttamente dalla lattina.

“ Ah,ah. Spiritosa.”

Delle volte trovava Cissnei così noiosa. Il suo essere ordinaria metteva in ombra tutte le qualità che le si potevano attribuire. Le sue battute, poco spiritose, il suo essere carina celato dalla barriera che poneva istintivamente tra lei e il mondo. No, una ragazza poco stimolante in tutti i versi, l’unica che non l’avesse attirato particolarmente neanche dopo una seconda occhiata.

“ Di sicuro un thè è più sano delle porcherie che bevi ogni volta.” Continuò indicando con un cenno della testa il Bloody Mary di Reno. Lui storse il naso.

Non sapeva se aveva voglia di quello o di altro, ma di una cosa era sicuro: non sopportava più il richiamo dell’alcool, e vuotò il bicchiere in due sorsi. Questa audacia avrebbe stroncato un novellino, ma il suo stomaco era sufficientemente corroso da poter sopportare l’ennesima bordata. Sospirò.

“ Molto meglio.”

“ Se lo dici tu.” Disse perplessa. Tornò a studiare le gocce dorate che indugiavano sul bordo tagliente della lattina.

Per un po’ si perse nella sensazione tranquilla di essere al sicuro, in un luogo poco affollato lontano dal mondo e dal lavoro, dai fantasmi delle vittime che aveva massacrato insieme ai suoi colleghi quella mattina stessa. Era una base operativa di un gruppo ribelle affiliato all’AVALANCHE, niente di che, ma il Presidente aveva ritenuto opportuno dare una lezione memorabile per i futuri oppositori, così aveva inviato un piccolo contingente a fare piazza pulita. Dall’edificio dato alle fiamme erano usciti come formiche impazzite, massacrati con lo stesso sadismo che si riserva agli insetti nauseabondi. Solo quella donna si era salvata. Poveretta, pensò rammaricata, forse era stato crudele lasciarla in vita dopo tutto questo.

“ Un altro.” La voce secca di Reno la riportò alla realtà. Il bicchiere fu magicamente riempito e lei lo fissò per un attimo, confusa. Guardò il ragazzo bere molto più lentamente per godersi il gusto che si era negato col primo giro, il pomo d’Adamo che si abbassava e alzava ritmicamente, l’espressione assorta di chi non si preoccupa di nulla. Sembrava quasi normale, un ragazzaccio di periferia duro solo in superficie. Forse lì stava la loro letalità, la bestia in loro sepolta sotto strati di falsità dormiva e aspettava il sangue acquattata nell’ombra, come una pianta carnivora: bella fuori, e letale dentro.

Anche lei era così?

“ Ho come l’impressione che tu voglia chiedermi qualcosa.” Esordì Reno trionfale, e Cissnei si ritrovò  spiazzata. Strinse le mani al grembo, non aveva il coraggio di fare nulla, né di assentire né di dissentire, e intanto Reno attendeva tamburellando le dita sul legno.

Tempo trenta secondi e già la sua pazienza era volata lontana: “ Non ho tutta la sera, e nemmeno tu.” Le ricordò piccato e Cissnei si passò una mano nei ricci scarlatti. Una chiacchierata,eh?

“ Ecco… mi stavo chiedendo. Noi... Io” si corresse subito “ Ho,ho un aspetto tanto ingannevole?”

“ Per ingannevole cosa intendi?” indagò Reno inarcando un sopracciglio.

“ Intendo dire: la gente può avere una concezione diversa di me al di là della divisa che porto, senza questa sarei, sembrerei…”

“ Normale.” Completò Reno “ Un’adolescente nel fiore dei suoi anni con gli occhioni  da Bambi.”

“ Non volevo metterla in questi termini!”

“ Però sei quella che sei.” Ribatté divertito “ E per rispondere alla tua domanda: Sì, fa parte del piano.” Spiegò ovvio, facendo un gesto vago con la mano. Cissnei non capì.

“ Che piano?”

“ Dai, non ci arrivi?”

Cissnei scosse la testa. Reno finì di bere, poi si rivolse a lei.

“ Pensaci: se tu fossi tre metri per centottanta chili, la gente  sarebbe invogliata a fidarsi di te?”

Di nuovo scosse la testa.

“ Ecco. Il tuo bel visino da bimba sperduta – non fare quella faccia, è vero- non fa sorgere sospetti nella gente. Tutto ciò che facciamo lo facciamo per la Shinra, e in questo genere di lavoro ci vuole una certa discrezione. Ingannare fa parte del pacchetto Turk, e in questo siamo i migliori, sia nell’apparenza che nei fatti. La popolazione ci odia, è vero, ma credi che sarebbe in grado di riconoscerci se non portassimo queste?” e si indicò la giacca blu scuro “ E’ tutto basato sull’apparenza, Cissnei, solo su quella. Tu potresti essere una banalissima liceale o un’assassina, ma le persone non se ne accorgerebbero. Sono troppo incollate agli stereotipi per sospettare  di una ragazza acqua e sapone. Così il mondo intero si racconta balle.” Concluse furbescamente, avvicinando il bicchiere alle labbra. Gli occhi chiari la fissavano maligni, come se ogni parola fosse una tortura che godeva nell’infliggerle. Reno aveva l’animo della cornacchia del malaugurio, le cattive notizie passavano in primo piano ingigantite più del dovuto, gli piaceva svelare segreti di poco conto che suscitavano la sua curiosità per le conseguenze.

“ Prendi quello stupido barista.” Continuò rivolgendosi direttamente verso il povero ragazzo che si fingeva impegnato nel lavare i bicchieri. “ Sembra giovane ma come minimo avrà una quarantina d’anni.” Decretò convinto, schioccò le dita “ Un altro.”

Cissnei sapeva che Reno cominciava a dare segni di cedimento, e cercò di sviare la sua attenzione di ubriaco dal barista. “ Lascialo stare, piuttosto dimmi una cosa.”

“ Eh? Che vuoi ancora?”

“ A te piace tutto questo?” gli chiese ignorando il tono brusco del rosso “ Ti piace fare il Turk nonostante tu debba mentire e decretare la vita di migliaia di persone?”

Reno si grattò la nuca, lei non seppe se per pensare o solo perché gli dava fastidio, e sbuffò come un bambino piccolo. Diede un colpetto al posacenere, giocandoci distratto.

“ Seh.”

“ Sì, e per cosa?”

“ Che palle, perché diavolo ti ho chiesto di venire?”

“ Non me l’hai chiesto.” Rimbrottò irritata “ Mi hai trascinato qui perché Rude era in missione con Shotgun e non sapevi con chi andare a bere.”

“ Tra te e Shotgun non chi sia la più scassa cazzo.”  Scattò infastidito, e Cissnei incrociò le braccia al petto.

“ Allora?” lo incalzò. Reno avrebbe voluto una qualsiasi Materia per trasformarla in mosca e schiacciarla, anche un semplice incantesimo di mutismo sarebbe stato il benvenuto. Ma naturalmente non disponeva di questi oggetti nel suo tempo libero, e anche se ce li avesse avuti non sarebbe stato in grado di prendere la mira con tutti gli alcolici che aveva in corpo. Accontentarla, per il momento, era la soluzione più semplice per zittirla.

“ Vuoi la verità?” chiese “ Bene, eccola: a me piace essere Turk, calpestare tutto e tutti a piacimento. Non capisco quale sia il tuo problema. Nella vita non ti sei mai sentita miserabile? Bhè, io sì, e preferisco questo lato oscuro della forza. Sei mi devono chiamare Reno il Malefico, ben venga, il rispetto è fango tra le mani se puoi controllare il mondo intero con la paura.”

“ Esiste anche Reno il Buono?”

“ Esisteva” tagliò corto, poi aggiunse. “ E’ morto molti anni fa.”

Il rumore delle stoviglie che cozzavano fra loro le fece venire i brividi. Reno continuava a rigirarsi tra le dita il portacenere smaltato, apparentemente noncurante del clima teso che aleggiava tra loro. Prese la latina per rinfrescarsi la gola secca ma si accorse di averlo finito. Non aveva voglia di ordinarne un altro, si rassegnò alla sete.

Reno fece guizzare l’occhio destro verso di lei. “ Un altro thè per la signorina”

“ Reno?” il ragazzo scrollò le spalle alla sua sorpresa.

“ Ho intuito che ne volessi ancora. Non preoccuparti, offro io.”

Cissnei soffocò un ghigno sarcastico. Ringraziò il barista quando una nuova bibita ghiacciata le fu messa fra le mani. Quel giovane, adesso, pareva studiarla con simpatia. Vedere Reno messo alle strette era stata la cosa più divertente che avesse assistito in quella serata. Si allontanò discreto per raccogliere i piatti sporchi ad un tavolo.

“ La sai la storia di Wutai?” all’improvviso, velocemente come se ne era andato, il vigore rianimò il volto di Reno, le palpebre pesanti di sonno e liquore, la voce ferma con una nota pastosa. “ Te l’ho mai raccontata?”

“ No”

“ Era… l’undici di settembre mi pare, a Wutai faceva ancora un caldo bestiale. Io stavo con una truppa di Third Class in un villaggio poco distante dalla capitale, in ispezione. Ad un certo punto siamo stati attaccati da un gruppo di banditi spuntati dalla foresta. Sti’maledetti ninja con le loro coperture mimetiche. Comunque ci hanno attaccato. Ma non fecero i conti con le nostre armi, decisamente più avanzate delle loro, e facemmo una strage. Si salvò solo una donna, implorò che la lasciassimo in vita e allora, dato che sembravo quello più innocuo – di nuovo apparenza- mi fece una proposta.”

Cissnei pendeva dalle sue labbra, incuriosita da quel pezzo di storia dal sentore di impresa eroica. “ Che genere di proposta?”

Maliziosamente: “ Una proposta di natura sessuale.”

La ragazza sgranò gli occhi. “ Cosa? E tu hai accettato?”

“ Certo” rispose “ L’ho portata in un punto appartato e ho fatto quel che si doveva fare.”

“ Dopo che successe, la lasciasti in vita?”

Reno tacque un attimo, valutando se dirglielo o meno, prevedendo la possibile strigliata. Mugolò come a rievocare qualcosa che gli sfuggiva, poi concluse con un sorriso innocente: “ No.”

Silenzio.

No?

“ Ma…” tentò di replicare Cissnei, e Reno la fermò.

“ Cercava pietà dalla persona sbagliata. Credeva fossi un ragazzino ingenuo innamorato della vita e dei suoi simili, ha tentato di fregarmi e per questo l’ha pagata cara.”

“ Era disperata.” Indovinò Cissnei disgustata “ E tu ti sei approfittato della sua paura.”

“ Ehi, dolcezza, non ti ho mai detto che era una storia a lieto fine.” Mescolò col dito la vodka scura, inebetito al punto di non capire se stesse sognando o meno quel dialogo quanto mai sconclusionato. “ Però mostra il vantaggio dell’apparire,no? Una morale da Turk.”

La giovane rossa storse la bocca. “ Da Turk non so. Rispecchia pienamente la tua, ma non sarà mai la mia. Io non ho alcuna intenzione di sfruttare le persone in quella maniera.”

Reno la guardò in modo strano. “ Può darsi.” Mormorò irrisorio. Cissnei ingoiò un insulto pronto e strappò rabbiosa la linguetta della lattina.

“ A te non piace quel Soldier?”

Lei si irrigidì.

“ Non so di cosa stai parlando.” Troncò sul nascere, ma l’inarrestabile parlantina di Reno pareva un fiume in piena.

“ Massì. Non si chiama Zack quello che viene da Gongaga? Quello coi capelli che sfidano la gravità? Non che il suo amico cadetto sia da meno.”

“ E’ un amico.” Sputò brusca “ Nulla di più.”

“ Oh-oh” rise “ Qualcuno qui si è preso una sbadata per il Soldier sbandato?”

“ Vuoi conoscere i miei segreti per evitare che chieda qualcos’altro dei tuoi?”

“ Non ho segreti.” Disse con la testa che ciondolava in avanti “ Non ne ho mai avuti.”

“ Invece credo proprio di sì.” Lo freddò Cissnei “ o non avresti tutti quei sensi di colpa che vieni ad affogare nell’alcool ogni sera.” La freddezza della Turk si aggrappò al petto di Reno come un’unghia che scava nella lavagna emettendo il rumore stridente di qualcosa che mai avrebbe dovuto essere pronunciato. La vergogna, bandita da tempo dalle sue emozioni, si manifestò in un barlume di stupore infastidito.

Non disse nulla, sarebbe stato inutile.

Per un Turk provare rimorso equivaleva ad una condanna senza possibilità d’appello. Infame quanto un tradimento, terribile come una malattia terminale che consumava giorno dopo giorno le forze.

“ Quando comincerai a sentirti in colpa.” Mormorò piano “ Andrai inesorabilmente verso la pazzia, sarai fottuta,Cissnei.”

“ Forse.” Disse la ragazza con fare di sfida “ Ma la tua soluzione non è certo la migliore .”

Reno la sorprese con una risata triste. “ No” concordò mestamente “ Non lo è.”

Rimasero silenziosi, incapaci di riempire la frattura delle loro ideologie a parole. Cissnei si sentiva nauseata, sia dalla dolcezza del thè sulla lingua sia per la chiacchierata. Lei e Reno si somigliavano più di quanto fosse contenta di ammettere, ma le differenze erano troppo grandi per renderli affettivamente simili e di questo era grata agli dei. Reno non vedeva sbocchi, lei sì. Reno pensava che il mondo fosse una grande puttanata e che avrebbe continuato a girare senza di loro, motivo per cui doveva fare ciò che voleva prima che fosse troppo tardi. Lei possedeva ancora un’etica pura in un mestiere corrotto , ma non l’avrebbe mantenuta a lungo. Si sfioravano indecisi per poi ritrarsi all’ultimo. Distanti, colpevoli, assassini, innocenti, spaventati, sadici, stanchi… no, le parole non bastavano davvero.

Era tardi, era assonnata, Reno era ubriaco e il bar ora puzzava di fumo e sudore rancido. Voleva solo chiudere gli occhi e dimenticare tutto.

Un singulto attirò la sua attenzione verso la porta. Due mondi si incontrarono, vittima e carnefice, marrone caldo, nero lucido di lacrime, ancora vivido il ricordo dell’uomo che amava in una pozza di sangue e quell’angelo della morte in piedi col suo Shuriken scarlatto. L’aveva riconosciuta, era la Turk assassina. Cissnei si specchiò nella sua angoscia, l’angoscia di una donna, la vittima sopravissuta. L’aria crepitava sul punto di soffocare l’intera Midgar tanto era pesante il gioco beffardo di un fato tessitore di incontri crudeli come quello. Come le dure parole  che sorsero da Reno quando scorse la donna tremante oltre i capelli di Cissnei.

“ Ehi!” trillò nella sua allegria sbronza “ E’ la donna a cui hai ammazzato il marito.”

Apparire, sopravvivere.

Cos’è un Turk?

“ Ehi,donna.” Urlò Reno sventolando una mano “ Dove vai, perché scappi? Ih,ih.”

Cissnei avvertì un bruciore agli occhi. Strinse le mani al petto, come per frenare una copiosa fuoriuscita di sangue. Scosse la testa, tutto girava e sapeva di sale sulle labbra secche.

“ Smettila!” esclamò premendo i pugni nella camicia. “ Smettila, Reno!”

“ Perché? Mi spieghi perché stai piangendo ora? No! Aspetta! Se devi vomitare vai in bagno! Non qui,non qui! Oh…Oh no! Che casino! Che casino,Cissnei! Santo Leviathan…”

In un sudicio bar di Midgar, Cissnei ebbe le sue risposte.

Ma avrebbe realmente sopportato tutto questo?

 

 

 

 

 

Io… ho scritto??? È una novità negli ultimi tempi, nevicherà di sicuro!!

Infatti qui nevica e visto che non ho nulla da fare per una volta ho scritto questa fic. Spero vi piaccia, non è nulla di speciale…

Ciao, grazie a chi commenterà o leggerà solo!!

Un Bacio ^_^

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: shining leviathan