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Autore: Lady Trash    30/01/2011    3 recensioni
Rin è una mezzo demone ;
Sesshomaru è lo stesso di sempre ;
Sango e Miroku fanno i genitori di Rin ;
Kagome è immortale .. o quasi !
vi ho detto tutto , buona lettura :)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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<< Riiiiiiiin!! SVE-GLIA-TI!!! O ti alzi immediatamente o ti arriverà addosso un catino d’acqua gelata! >> questa, era la mia adorabile madre. Dovete comprenderla: è cresciuta sotto un regime rigorista ... Sveglia ogni volta alle sette, corsa mattutina, colazione frugale, scuola, studio, allenamenti, cacciare i demoni quando serve ...
La vita adolescenziale di mia mamma  non è stata di certo facile ma  il problema … il problema è che voi la comprendete ma io, io la devo sorbire!
In questi momenti preferisco mio padre: lui è più calmo, più placido, mi ricorda un gattone che si prende il sole in veranda.
Sango invece è più un topolino, un piccolo topino che corre trafelato di qua e di là sempre preoccupato di aver dimenticato qualcosa. Ma alla fine  gli opposti si attraggono, no?
Stavo dicendo, cos’è che dovevo fare? Ah, si: alzarmi dal letto e andare a comprare il materiale necessario per la scuola e andare dalla sarta per la divisa.
<< Mpf! - borbottai seccata - ok! >> fu così che mi alzai di scatto, mi chiusi in bagno e ne uscì 15 minuti dopo fresca (e insonnolita) come una rosa; mi diressi in cucina, la mia calda, piccola, accogliente cucina, e lì vi trovai i miei che amoreggiavano come ogni mattina: mio padre palpava il sedere di mia mamma, lei gli si strusciava sul petto ed entrambi  si baciavano appassionatamente. Avevano ripreso a farlo da quando era diventata abbastanza grande per capire certe cose, ovvero da circa cinque anni d’anni.
Quando ero piccola se li beccavo mi mettevo a ridacchiare, fu così che Miroku dovette passare molte notti in bianco.
Ricapitolando, quando arrivai in cucina si staccarono,  piuttosto imbarazzati,  e mi salutarono con la solita allegria.
Dopo aver fatto colazione  io e mia mamma uscimmo e ci dirigemmo dalla sarta che lavorava per la scuola.
Ma perchè, vi chiederete voi, perché ti sei dovuta trasferire?
Semplice: per i primi sedici anni della mia vita io e i miei genitori abbiamo vissuto in un paesino del Giappone, immersi nella tranquillità e lontano dai demoni. Il giorno (in piena estate, ecco perché sarò quella nuova) del mio 17esimo compleanno però, una specie di kappa verdognolo è venuto a trovarci dicendoci che sarei dovuta trasferirmi a Tokyo poiché era proprio lì che risiedevano i demoni maggiori più importanti che mi avrebbero introdotto al "nostro" mondo.
Ci trasferimmo allora nella villetta in cui viviamo adesso, è un quartiere di persone benestanti e riusciamo  a pagare il mutuo solo perché sono l’unica erede di miliardi di yen e quindi i soldi che ho ricevuto in eredità, a parte una casa e una villa al mare mi hanno detto, servono per mantenermi e per farmi vivere agevolmente.
Non nascondo che una camera un po’ più larga mi è piaciuta e che la possibilità di avere una domestica non mi è del tutto indifferente ma, se già tutto questo mi sembra lusso ... Quando vedrò le altre proprietà che cosa penserò?
Mi è stato riferito che frequenterò anche un buon liceo che comprende, nel caso ne avessi voglia, anche l’università. Di questo  sono contenta perché studiare, leggere e  acculturarmi a me è sempre piaciuto e ho deciso che se anche dovessi accettare di entrare in un mondo che quasi non conosco  non vivrò come una ricca ereditiera ma riprenderò da dove i miei genitori hanno lasciato.
Ho deciso anche che quando me ne andrò da casa farò in modo che Sango e Miroku restino in quella in cui viviamo ora che per loro è molto più comoda che quella del villaggio. Di queste decisioni ovviamente , non ho parlato a nessuno.
 
Arriviamo presto dalla sarta, durante il tragitto abbiamo parlato riso e scherzato e poco prima di entrare nel negozio mia mamma mi ha detto che, se volevo, eravamo ancora in tempo a tornare indietro  a vivere come prima: semplicemente e senza particolari problemi. Che lei e mio padre mi avrebbero difesa anche da cento demoni maggiori se avessi voluto ma, se invece fossi andata avanti avrei trovato degli ostacoli ma anche delle risposte e forse delle persone con cui sentirmi più a mio agio poiché io con gli umani non avevo mai socializzato molto, tranne che con loro ovviamente.
Quelle parole, quel modo di dirmi io ti proteggerò sempre, mi fecero piangere per la prima volta dopo anni: fu un pianto accompagnato da un sorriso poiché entrambe sapevamo che non mi sarei tirata indietro ma lei, anche se solo per un momento, mi aveva dato l’occasione (o l’illusione, a seconda dei punti di vista) di poterlo fare.
Entrai dentro la bottega con un sorriso in faccia e gli occhi sicuri, pronta ad aprire una delle tante porte di quell' anno.
Un’anziana signora ci accolse dentro al negozio dicendoci di aspettare che fossimo rimaste da sole; quando anche l’ultimo cliente fu andato via, accese delle luci e abbassò le serrande facendoci intuire che dietro tutto quello che stava facendo c’era qualcosa di segreto.
Appena ebbe finito di tappare tutti gli spiragli aprì una botola abilmente nascosta e vi si ci calò dentro facendoci segno di seguirla.
Io e mia mamma avevamo gli occhi fuori dalle orbite, magari quel kappa ci aveva fatto uno scherzo a dirci di presentarci a quell' indirizzo, magari era uno di quei programmi dove ad un certo punto spuntava la telecamera e ti facevano dei segnali nascosti per farti ridere ...
Nonostante questo, la seguimmo.
La botola portava ad un lungo corridoio, in fondo c’era un porta socchiusa, la vecchia era scomparsa. Raggiungemmo la porticina e la aprimmo molto cautamente non aspettandoci chissà che cosa.
L’effetto però, fu quello contrario!
La porticina nascondeva una stanza enorme con ai lati due scaffali in ebano lunghi e alti quasi quanto le pareti; sulle mensole degli scafali  stavano  innumerevoli barattoli di ogni forma e tipo e dentro ogni barattolo si trovavano tre esserini luminosi che contribuivano a rendere la stanza quasi brillante, c’era il rischio di rimanere accecati!
La vecchietta, che intanto stava già seduta ad una scrivania larghissima e controllava diligentemente dei moduli, battè lentamente le mani facendo diminuire la luce che quegli esserini emanavano.
<<  Demoni della luce maligni - ci spiegò come se stesse recitando un copione conosciuto a memoria - li catturai io nella mia lontana giovinezza, da centinaia d’anni le mie antenate li usano per essere illuminate nello studio e nell’arte della tessitura sempre e comunque. Lavoro con demoni, mezzo demoni e compagnia bella da anni care ... Perciò non spaventatevi. Il mio compito cara Rin, è quello di creare una divisa scolastica che appartenga a te e solo a te poiché  nella scuola che frequenterai da domani avrai necessariamente bisogno di un segno di riconoscimento. Fosse anche un kimono di quelli che si usavano nell’epoca Sengoku! >>
Io e mia mamma l’ascoltavamo interdette, la vecchina continuò: << Non sai forse, cara Rin, che la tua nuova scuola è frequentata da demoni e mezzo demoni? Lì ti verrà insegnato a domare le tue capacità, a usarle e a controllarle;  ti verrà impartita una disciplina ferrea ma che, prima o poi, ti agevolerà in determinate situazioni. E ora, cara Rin, vieni qui e fatti prendere le misure. >>
Ero così scioccata che feci l’unica cosa possibile: obbedirle.
Mi spostai come un automa verso di lei che mi prese le misure meticolosamente e  poi, come se non avesse detto niente di particolarmente particolare , mi fece molte domande sui miei gusti.
<< Qual è il tuo colore preferito cara ? >> mi chiese molto gentilmente.
<< Sinceramente non so , cambia ogni giorno! >>
<< Devo dirti una cosa Rin: nella scuola che frequenterai domani  troverai persone mooolto bizzare cara. Ovvero, alcuni ragazzi e ragazze potrebbero portare una divisa abbastanza simile a quelle dei vostri giorni ma, una percentuale notevole potrebbe anche indossare un kimono! >>
<< Davvero??  Ma io adoro i kimono! La prego, mi dica che ne porterò un anche io! Sarebbe fantastico! >> ero al settimo cielo! Forse il mondo demoniaco non era poi così male.
<<  No non penso - non potei impedire  uno sguardo deluso  - però … vieni qui! Ho già disegnato un modello che potrebbe piacerti e che ti starà benissimo! Ma non posso fartelo vedere, tornate qui questo pomeriggio e lo troverai pronto. Ora, potete anche andare. >> con queste semplici parole, ci congedò.
Mia mamma allora, parlò per la prima volta : << Ehm ... Mi scusi ma penserà anche lei alle scarpe ? >> chiese esitando.
<< Ovvio che si! Per chi mi avete presa?! Per una che fa le cose  a metà? Ora andate! Che ho molto lavoro da fare! >>
Ci fece un brusco segno con la mano e noi, rasentando la velocità di una freccia scoccata da Robin Hood, ci dirigemmo fuori da quel posto bizzarro!
   
 
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