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Autore: Hitagi_Crab    30/01/2011    2 recensioni
"Così Dafne scappava senza meta né destinazione dal Dio Apollo, che la seguiva ovunque essa andasse. L'amore del Dio per la fanciulla era insostenibile per la poverina, che, annebbiata dalla punta di piombo che le aveva contaminato il cuore, lo percepiva come un mostro, come un essere pericoloso, una belva che lì, da un momento all'altro avrebbe potuto aggredirla e divorarla."
-Altra storia tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, questa volta vede come protagonisti Apollo e Dafne.
-il titolo vuol dire "Buonanotte" in greco, è un titolo del tutto simbolico per la storia.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Passi svelti, una fanciulla che correva nel bosco; Così comincia questa storia, con una stolta che fugge, accecata dal piombo che qualcuno le aveva inculcato nel cuore contro la sua volontà.

Così Dafne scappava senza meta né destinazione dal Dio Apollo, che di canto suo la seguiva ovunque essa andasse. L'amore del Dio per la fanciulla era insostenibile per la poverina che, annebbiata dalla punta di piombo che le aveva contaminato il cuore, lo percepiva come un mostro, come un essere pericoloso, una belva che lì, da un momento all'altro avrebbe potuto aggredirla e divorarla.
così i riccioli biondi del Dio Apollo si trasformavano in una criniera leonina, sulla sua testa crescevano attorcigliandosi due orribili corna, il corpo andava ingobbendosi ed i suoi lamenti disperati, le sue preghiere alla fanciulla di fermarsi, di aspettarlo, di fargli spiegare i suoi sentimenti, diventavano simili a orribilanti ruggiti.
Un giorno Dafne, stanca, forse assetata o ansimante per il troppo correre, si stese su una radura soleggiata e scoppiò in lacrime. Si trovò da sola ad osservare quel luogo verde e così perfetto nella sua semplicità; carezzò distrattamente i fili d'erba leggermente sollevata e rassicurata al tocco dei soffici arbusti: in quell'istante desiderò ardentemente diventare parte di quel paesaggio. Invocò un Dio, non sapendo di preciso chi pregava davvero, si rivolse alla terra, pregandola di accoglierla nel suo caldo e riposante abbraccio, la pregò ardentemente, impugnando gli arbusti, che fino ad un attimo prima carezzava, così forte da strapparli. Osservava il suolo con gli occhi rigonfi di lacrime: non voleva più vedere quell'orribile creatura, non voleva più avere niente a che fare con il suo incubo peggiore, la sua persecuzione continua.
Alzandosi in piedi, poi, la fanciulla percepì le sue gambe pesanti e troppo statiche; abbassò leggermente la testa e fu presa da sgomento quando vide le dita dei suoi piedi allungarsi e penetrare nella terra.
Non appena le sue estremità entrarono in profondità, la ragazza fu inebriata dal dolce nutrimento che solo la Madre Terra sapeva donare alle sue creature, e quel senso, pari ad una libidine, la fece abbandonare del tutto. Ormai il suo corpo non apparteneva più a lei, ma alla natura.
Il Dio arrivò poco dopo, e da lontano vide la ragazza che pian piano mutava la sua forma:
-No!-
Esclamò di getto non appena intuì quello che di lì a poco sarebbe avvenuto.
La ragazza si voltò lentamente, mentre la freccia di piombo nel suo cuore si sgretolava: la magia di Amore non aveva effetto sugli esseri appartenenti alla Madre Terra.
Così gli occhi della ragazza ritornarono lucidi: quegli artigli si trasformarono in dita, quella criniera si tramutò in riccioli d'oro, quegli occhi cremisi ritornarono del loro azzurro e quel corpo storpio e peloso ritornò bello e scattante.
Così, Dafne vide per la prima volta con i suoi veri occhi l'inseguitore. E allora il suo tormento divenne solo quello di non essere riuscita prima a vedere da cosa stava scappando, e cosa ora, grazie alla metamorfosi, stava per perdere definitivamente.
Alzò leggermente la testa, non smettendo di osservare il Dio, che le correva incontro disperato e tendeva una mano verso la sua figura. In quel momento la giovane maledì l'Amore in tutte le sue forme e due lacrime solitarie le uscirono dagli occhi e corsero giù verso le sue gote di corteccia.
Allungò in modo lento il braccio verso il giovane che ormai l'aveva quasi raggiunta, ma quando Apollo arrivò a stringere la mano della ragazza, si trovò tra le dita solo un esile ramo di dura e ruvida corteccia.
Sul busto dell'albero di alloro scendevano lente due gocce di ninfa fresca che il Dio asciugò con il dorso della mano:
-No, non piangere piccola mia...-
Disse poi all'esile pianta che si innalzava al suo fianco.
-Kαληνύχτα Alberello...-
Disse poi all'albero, carezzandone la corteccia ed allontanandosi lentamente, con il viso rigato dalle lacrime.

-Fine
   
 
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