Era notte fonda, il momento in cui preferiva correre. A cavallo della sua gioia nera, una moto veloce quasi quanto lei, Yoruichi si sentiva perfettamente libera e potente, come l’aria fresca che la schiaffeggiava sotto la visiera alzata del casco. Era stata una giornata afosa nel mondo degli uomini, quel gelo sparato in faccia era un sollievo. La superstrada scorreva veloce, lampione dopo lampione. Si sarebbe fermata al prossimo distributore, pigiata dentro la pesante tuta nera non ce la faceva più a resistere. Chissà, magari poteva andare al bagno, spogliarsi come mamma l’aveva fatta, far scappare scandalizzate tutte le normali donnette che c’erano e poi darsi una rinfrescata…il pensiero la fece ridacchiare e l’aria le entrò in bocca deformandole la faccia, continuerò a ridere fino a crepare, pensò. Era una di quelle sere in cui sentiva di poter fare di tutto. Dove stava andando? Da nessuna parte, solo dietro al bisogno di sentirsi la Dea della Velocità anche in quel mondo banale al di fuori della Soul Society.

Alla fine riuscì a mettere da parte l’entusiasmo della corsa e fermarsi. La zona di sosta era deserta e poco illuminata, solo qualche camion era parcheggiato sotto i lampioni rotti. Si avvicinò ai bagni cominciando a togliersi il casco e slacciarsi la giacca di pelle. A quanto pareva, niente mammine da scandalizzare, poteva anche spogliarsi tutta sotto l’unico lampione funzionante e mettersi a ballare la samba, la cosa sarebbe passata perfettamente inosservata. Respinse la tentazione di farlo (sarebbe stata una bella storia da raccontare a Kisuke, al ritorno) e continuò verso il piccolo, squallido edificio ricoperto di mattonelle bianche dei bagni. Aprendo la porta, ebbe un brivido lungo la schiena, la sensazione di non essere la sola in quell’enorme parcheggio, o meglio non la sola ben sveglia. Si immobilizzò e senza voltarsi cercò con l’udito la fonte di quella sensazione. Niente, solo i rumori distanti della strada, qualche clacson, versi di animali notturni molto ma molto lontani. Entrò nella stanzetta buia e puzzolente cercando a tentoni l’interruttore, maledicendo la sporcizia degli umani, ma dovette bloccarsi di nuovo, stavolta per un rumore forte e chiaro, come di vetro contro vetro, ripetuto. Quando finalmente riuscì ad accendere la luce era pronta ad attaccare, controllò con un rapido sguardo la stanza, le porte dei bagni, l’ingresso, i lavandini sbeccati…

“Buonasera Yoruichi!” Ebbene, sui lavandini, seduta a gambe incrociate, shorts strappati e canottiera rossa,con due bottiglie di birra in mano, c’era…

“Kuukaku???”Per quanto la situazione fosse assurda, la tensione svanì completamente, rimpiazzata dalla stizza per la paura che gli aveva fatto prendere “ Cosa diavolo ci fai mezza nuda, nel pieno della notte, nel mondo dei vivi con della birra in mano e seduta sopra un lavandino in superstrada??”

“Innanzitutto non sono affari che riguardino una principessa che va in giro in moto e progetta di fare spogliarelli davanti a famigliole in trasferta – stizza crescente, Shiba non era certo telepatica, la conosceva solo troppo bene – secondo, -continuò - pensavo che visto che mi hai chiamato per nome, non mi avessi scambiato per Soi Fon e quindi non ti stupissi del fatto che giri mezza nuda e con delle birre per ogni evenienza , terzo, sei forse convinta di essere l’unica a poter venire in questo mondo?” Ghignò.

Passato il primo momento di sorpresa, pensò Yoruichi, era la Shiba di sempre, e a rifletterci bene, trovarsi in un cesso su una superstrada nel mezzo della notte non era tra le sue stranezze peggiori. Magari stava pensando di ispirarsi per una di quelle sue belle case così…ehm..personalizzate…

“E no, non sto pensando di farmi una casa a forma di cesso!”

Merda! A questo punto il dubbio era legittimo:“Sei diventata telepatica, Shiba?”

“Naaah, è solo che ti conosco troppo bene. Quella assurda capoccia viola è un libro aperto”

Voleva saperne di più sul perché si trovasse lì, ma era tale l’abitudine al battibecco che dimenticò di chiedere.

“La tipa che va in giro con delle fasciature in testa mi sta dicendo che il mio colore di capelli è strano??” La sfidò. “E comunque, si può sapere cosa sei venuta a fare?”

“Niente di che, ho come avuto la sensazione che qualcuno in questo mondo avesse bisogno di uscire un attimo da quel buco del negozio di Urahara e che, quando lo avesse fatto, avrebbe avuto bisogno della…-sembrò soppesare le parole- …”compagnia”…di una vecchia amica.” Detto questo scese finalmente dal trespolo dei lavandini, le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio “Mi sbaglio?”

Yoruichi si sentì avvampare, ma si rifiutò di lasciarlo trapelare ad una tipa che fino ad un momento prima era stata appollaiata su un sudicio lavandino. Si limitò a stuzzicarla di nuovo: “Sei invadente, Shiba…”

“Come se ti dispiacesse!” Ribattè l’altra con un sorrisone mentre la prendeva a braccetto guidandola fuori e tentando nel frattempo di tenere in mano le birre. La carenza di braccia è una brutta cosa. “Comunque sia, ho un camion. Vieni, dai.”

Questa era veramente l’ultima soglia dell’assurdo. Un camion? Una tipa senza un braccio?? Come lo aveva portato??? Decise che conoscendo Kuukaku porsi domande del genere era inutile se non controproducente, avrebbe iniziato a dirle che la infastidiva l’interrogatorio e non ne sarebbe venuta a capo comunque. E in ogni caso, aveva la sua migliore amica, avevano un camion e due birre…domande? Quali domande?