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Autore: Ezzy O    31/01/2011    4 recensioni
Era bella.
Bella, debole come non mai…
-Resta…- una sola parola bastò a farlo vacillare.
Si immaginò mentre correva ad abbracciarla, si immaginò sfiorarle la pelle candida come aveva fatto le notti addietro, e tutti i suoi progetti crollarono, castelli di carte nel vento…
Dedicata a una coppia a cui ho pensato spesso negli ultimi giorni: dopo ore di meditazione, ecco il risultato ^^
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Castelli di carte
Castelli di carte

Era appena calato il sole sulle strade di Central City, ogni cosa stava scivolando quieta nel sonno. Tutto si fermava, per poi ricominciare daccapo una volta giorno, ma almeno per qualche ora gli umani potevano dimenticare i loro problemi…
A lui non era concesso.
Mentre si guardava intorno, pensò che fosse una serata davvero banale: le stelle erano ancora al loro posto, la luna sorgeva da est, all’orizzonte nessuna nuvola turbava il paesaggio con la sua promessa di pioggia.
Dolorosamente banale…
Eppure, proprio quella notte, per lui sarebbe finito tutto.
Il trucco è non voltarsi indietro.
Ma ci sarebbe riuscito?
Fece un passo avanti, verso il cancello, poi ancora un altro, c’era quasi: dopo quelle sbarre c’era tutto un mondo nuovo ad aspettarlo, forse meno doloroso di quello che stava lasciando.
Afferrò la maniglia.
Respirò.
La mano tremava.
Non voleva.
Non ci riusciva.
Perché?
Perché no?
La libertà era a due passi da lui, ancora nessuno aveva scoperto la sua fuga, allora cosa stava aspettando?
Non voltarti!
Aveva paura, paura di lei, di ciò che stava cercando di spezzare e allo stesso tempo di mantenere intatto.
Lei non sapeva, non immaginava neppure, ma non sarebbero stati vicini la mattina dopo: svegliandosi avrebbe trovato solo un letto vuoto, lenzuola fredde e neanche una lettera d’addio.
Desiderò tornare indietro, abbracciarla, stringerla a sé per sempre, baciarla fino a non sentire altro che le sue labbra…
Non farlo!
Si era spinto troppo oltre per ripensarci.
Abbassò la maniglia, il cancello di ferro si aprì con un leggero cigolio, e allora lui fece un errore: si voltò, e la vide…
Piangeva.
Lui non l’aveva mai vista piangere, ma adesso dai suoi occhi le lacrime scendevano calde e perfette come gemme.
Era bella.
Bella, debole come non mai…
Il vento leggero faceva danzare le ciocche di capelli, sembravano dolci onde che si infrangevano sul suo viso, dove diventavano bagnate e pesanti.
Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi, deluse, sorprese, imploranti…
-Resta…- una sola parola bastò a farlo vacillare.
Si immaginò mentre correva ad abbracciarla, si immaginò sfiorarle la pelle candida come aveva fatto le notti addietro, e tutti i suoi progetti crollarono, castelli di carte nel vento…
La valigia cadde al suolo con un tonfo leggero.
Delicatamente, prese le mani della donna, se le strinse al petto.
-Non posso.
Dirle la verità pesava, era un macigno nel suo cuore, ma non poteva fare altro.
Lo fissò negl’occhi.
Smarrita.
Sembrava un cucciolo in procinto di essere abbandonato dai suoi padroni.
Provò l’impulso di scuoterla, di farla tornare in se.
Non sei un cane!
Io non sono il tuo padrone, perché non capisci?
Invece la baciò sulla fronte, e ripeté:- Non posso.
-Perché no?- gemette –E’ colpa mia?
-No.
No, lei era perfetta.
Lo stupido sono io…
Ormai il sole era calato del tutto, i lampioni si accendevano uno ad uno, riempiendo le strade di luci.
Anche loro vennero illuminati.
-Allora perché vuoi andare via?
Le sue parole lo disarmavano, annientavano le difese intorno al suo cuore, bastava solo il suono di quella voce… E lei lo sapeva.
Si ritrovò a cercare una scusa, qualunque cosa che la soddisfacesse abbastanza da lasciarlo andare, ma si rese conto, sorpreso, che non aveva nessuna ragione per partire.
E non aveva nemmeno ragioni per restare.
-Mi dispiace.
Fece un passo indietro.
Non gli permise altro: lo abbracciò, lo strinse con tutte le sue forze, provò a dirgli che avrebbe fatto di tutto per renderlo felice, che non si sarebbe pentito se avesse scelto lei.
Provò, ma dalle sue labbra uscirono soltanto singhiozzi dsperati.
Ti prego, no!
Non doveva succedere così.
Non voglio farle del male!
La sua determinazione vacillava di nuovo.
E’ per il suo bene, pensa questo!
Non se ne accorse neppure: si ritrovò a fissare il terreno grigio, via via sempre più bagnato del suo sangue.
Pianse mentre le ferite guarivano da sole.
Pianse quando lo vide aprire finalmente il cancello e sparire.
Pianse.
Pianse.
E urlò:- Greed!!
La sentì, anche se era lontano sapeva che lo stava chiamando in lacrime.
Quando le luci della città non furono più in vista, solo allora riuscì a sfogarsi.
-Perdonami.
Lo faccio per te.
-Lust, perdonami…


Anche gli Homunculus sanno piangere.
Anche loro cadono, come castelli di carte al vento…


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Angolino dell’autrice:
Quando Greed è morto nel volume 8 mi è sembrato che la scusa data al Padre fosse debole, con poco fondamento.
Certo, lui è l’incarnazione dell’avidità, ma l'ho sempre visto come uno di quelli che si nascondono dietro a delle maschere per proteggere i suoi compagni, altrimenti non mi spiego come mai fosse così infuriato con Warth nel volume 20 quando gli sono tornati i ricordi ^_^
Sì, forse Lust è leggermente OOC  XD


Questa è la mia visione, ma vorrei sentire anche la vostra.
  
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